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Notizie dallo spazio
Fonte: articolo riportato dall'Internet
Così i buchi neri forgiano le galassie
Fonte: INAF/Università di Tor Vergata
Rappresentazione artistica di un outflow prodotto da un
buco nero supermassiccio. (ESA/ATG medialab)
Analizzando i dati raccolti dal telescopio spaziale per raggi X
XMM-Newton dell'ESA, un team di scienziati guidato da Roberto
Serafinelli dell'Istituto Nazionale di Astrofisica ha mostrato come
i buchi neri supermassicci modellino le loro galassie ospiti con
venti potenti che spazzano via la materia interstellare rallentando
il ritmo di formazione di nuove stelle
Otto anni di osservazioni condotte con XMM-Newton sul buco nero
che si trova nel cuore della galassia attiva PG 1114+445 hanno
consentito di mostrare come i venti ultraveloci - outflows (deflussi) di
gas emessi dal disco di accrescimento, nella regione prossima al buco
nero stesso - interagiscano con la materia interstellare vicino al centro
della galassia.
Questi outflows erano già stati individuati in precedenza, ma il nuovo studio
identifica chiaramente, per la prima volta, tre fasi della loro interazione
con la galassia ospite.
«Questi venti potrebbero spiegare alcune sorprendenti correlazioni note da
anni ma che gli scienziati ancora non sono riusciti a giustificare», dice il
primo autore dello studio pubblicato su Astronomy & Astrophysics, Roberto
Serafinelli dell'Istituto Nazionale di Astrofisica di Milano, che ha condotto
la maggior parte della ricerca durante il suo dottorato all'Università degli
Studi di Roma Tor Vergata.
«Osserviamo, per esempio, una correlazione tra le masse di buchi neri super-
massicci e la dispersione di velocità delle stelle presenti nelle regioni interne
delle galassie ospiti.
Questo però non può essere dovuto all'attrazione gravitazionale del buco nero,
a causa dell'elevata distanza del gas dallo stesso.
Il nostro studio, per la prima volta, mostra come i venti del buco nero abbiano
sulla galassia un impatto su una scala più grande, fornendo probabilmente il
collegamento mancante».
Già gli astronomi avevano identificato due tipi di outflows negli spettri a raggi
X emessi dai nuclei galattici attivi, le dense regioni centrali delle galassie con
buchi neri supermassicci al centro. I cosiddetti outflows ultraveloci (UFO,
ultra-fast outflow), fatti di gas altamente ionizzato, viaggiano a velocità che
possono raggiungere il 40 per cento di quella della luce, e si osservano in
prossimità del buco nero centrale.
Gli outflows più lenti, chiamati anche "assorbitori tiepidi" (warm absorbers),
viaggiano invece a velocità assai più basse, nell'ordine delle centinaia di km/s,
e mostrano caratteristiche fisiche - come la densità delle particelle, o la loro
ionizzazione - simili a quelle della materia interstellare circostante.
Questi outflows più lenti hanno una probabilità più elevata di essere rilevati a
distanze maggiori dal centro della galassia.
Nel nuovo studio, gli scienziati descrivono un terzo tipo di outflow che combina
le caratteristiche dei due precedenti: la velocità di un UFO e le proprietà fisiche
di un assorbitore tiepido. «Riteniamo che si tratti della zona in cui l'UFO entra
in contatto la materia interstellare e la trascina via come fosse uno spazzaneve»,
spiega Serafinelli.
«È ciò che chiamiamo un outflows ultraveloce "trascinato", perché l'UFO, in
questa fase, sta penetrando nella materia interstellare.
Un po' come il vento quando sospinge la vela di una barca».
Il trascinamento avviene a una distanza dal buco nero che va da decine a centinaia
di anni luce.
L'UFO sospinge gradualmente la materia interstellare allontanandola dalle regioni
centrali della galassia, liberando queste zone dal gas e rallentando così
l'accrescimento della materia attorno al buco nero supermassiccio.
Un processo, questo, già previsto dai modelli, ma mai prima d'ora osservato nelle sue
tre fasi.
«Nei dati di XMM-Newton possiamo vedere - a grandi distanze dal centro della
galassia - materia ancora indisturbata dall'UFO proveniente dell'interno», osserva
Francesco Tombesi, dell'Università di Roma Tor Vergata e del Goddard Space Flight
Center della NASA, secondo autore dello studio. «Possiamo vedere anche nubi di gas
a minor distanza dal buco nero, vicino al nucleo della galassia, dove l'UFO ha iniziato
a interagire con la materia interstellare».
Una prima interazione, questa alla quale accenna Tombesi, che avviene a parecchi
anni di distanza da quando l'UFO ha lasciato il buco nero. Ma l'energia dell'UFO
consente al buco nero - un oggetto relativamente piccolo rispetto alla galassia - di
estendere la sua influenza su materia che si trova ben oltre la portata della sua
forza gravitazionale.
Secondo gli scienziati, attraverso gli outflows i buchi neri supermassicci
trasferiscono la loro energia nell'ambiente circostante, spazzando via gradualmente il
gas dalle regioni centrali della galassia, che potrebbe quindi arrestare la formazione
stellare.
E, in effetti, oggi le galassie producono stelle a un ritmo assai inferiore rispetto a quanto
non facessero nelle prime fasi della loro evoluzione.
«Questa è la sesta volta in cui questo tipo di outflows vengono rivelati», ricorda Serafinelli.
«Dunque è tutta scienza nuovissima.
Le fasi dell'outflows erano state osservate inprecedenza, ma separatamente: questa è la
prima volta in cui si riesce a chiarire come siano collegate l'un l'altra».
Il fattore chiave che ha consentito di distinguere i tre tipi di outflows è la risoluzione
energetica senza precedenti di XMM-Newton.
In futuro, con nuovi e più potenti osservatori come Athena, l'Advanced Telescope for
High ENergy Astrophysics dell'ESA, gli astronomi saranno in grado di osservare
centinaia di migliaia di buchi neri supermassicci, rilevando gli outflows con grande facilità.
Cento volte più sensibile di XMM-Newton, Athena dovrebbe essere lanciato nel 2030.
«Trovare una sorgente è fantastico, ma la vera svolta sarebbe scoprire che questo
fenomeno è comune nell'universo», dice Norbert Schartel, project scientist di XMM
-Newton all'ESA. «Anche con XMM-Newton, nel prossimo decennio, potremmo
essere in grado di trovare altre sorgenti come questa».
Ottenere ulteriori dati aiuterà in futuro gli scienziati a comprendere in dettaglio le
complesse interazioni tra i buchi neri supermassicci e le loro galassie ospiti, e a
capire le ragioni della riduzione - nel corso di miliardi di anni - del tasso di formazione
stellare osservata dagli astronomi.
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Inviato da: cassetta2
il 30/04/2020 alle 12:34
Inviato da: cassetta2
il 20/08/2019 alle 21:06
Inviato da: amico_per_sempre1964
il 10/06/2018 alle 20:06