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LA SOVRANITA' POPOLARE E LA COSTITUZIONE

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IL CASO DRAMMATICO LEGATO AL NO SECCO DELLA DITTATURA TURCA ALL’INGRESSO NELLA NATO DELLA FINLANDIA E DELLA SVEZIA

Post n°822 pubblicato il 17 Maggio 2022 da Caino2007dgl

 

 

IL CASO DRAMMATICO LEGATO AL NO SECCO DELLA DITTATURA TURCA ALL’INGRESSO NELLA NATO DELLA FINLANDIA E DELLA SVEZIA:

 

 

 

AMMETTERE LA DITTATURA TURCA ISLAMISTA NELLA NATO, FU UN GRANDISSIMO E PERICOLOSISSIMO ERRORE SIA SOCIALE CHE CIVILE MA ANCHE CULTURALE E POLITICO.

 

E QUESTO ERRORE ADESSO LO STIAMO PAGANDO AD UN PREZZO SALATISSIMO CON IL DITTATORE ERDOGAN TURCO CHE S’E’ MESSO DI TRAVERSO ALL’INGRESSO NELLA NATO DELLA FINLANDIA E DELLA SVEZIA CON MOTIVAZIONI DAVVERO DISCUTIBILI CHE SONO RIFERITE AL FATTO CHE QUESTI DUE NAZIONI, NEL PASSATO, AVREBBERO DATO ASILO POLITICO AD ESPONENTI DEL PKK CURDO CHE DA ANNI LOTTA STRENUAMENTE E CON EROISMO PER OTTENERE IL PROPRIO STATO INDIPENDENTE AL PARI DEI PALESTINESI ED ALTRI POPOLI, IN FORZA DEL PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE DELLE GENTI PREVISTE DALLO STATUTO ONU.

 

INFATTI, ECCO COSA SI LEGGE SUL WEB SU TALE FORTISSIMA OPPOSIZIONE TURCA ISLAMISTA ALL’ACCESSO DELLA FINLANDIA E DELLA SVEZIA CHE, DOPO ANNI LUNGHISSIMI DI NEUTRALITA’, VISTO QUANTO ACCADUTO DI MALE IN DANNO DELLO STATO UCRAINO PER COLPA DEL NAZISTA PUTIN E DELLA SUA BANDA CRIMINALE, ORA HANNO DECISO DI FARE DOMANDA PER ESSERE ANCHE LORO AMMESSI SOTTO L’OMBRELLO PROTETTIVO DELLA NATO E QUINDI PRESERVARE LA LORO INTEGRITA’ TERRITORIALE CHE OGGI PER GLI UCRAINI E’ FORTEMENTE A RISCHIO VISTO CHE UNA LARGHISSIMA FASCIA DEL LORO TERRITORIO AD EST E’ ORMAI COMPROMESSA PER L’OCCUPAZIONE MILITARE ILLEGALE DELLA GRANDE ARMATA RUSSA NAZISTA.

 

 

Nato, perché la Turchia non vuole che Svezia e Finlandia entrino nell’Alleanza

Mondo fotogallery

17 mag 2022

 

Erdogan ha opposto un secco “no” alla richiesta dei due Paesi. "Sono un vivaio di organizzazioni terroriste". Tra le richieste, lo stop all'embargo alle esportazioni di armi e lo stop al sostegno al Pkk. Sul tavolo ci sono anche negoziati tra Russia e Ucraina a Istanbul. Il veto rischia di spaccare la Nato

 

Stoccolma rinuncia ufficialmente alla sua storica neutralità e tenta la carta della diplomazia per convincere la Turchia a dare il proprio assenso alle richieste di ingresso nella Nato di Svezia e dalla Finlandia, mandando una delegazione di diplomatici per discutere della situazione con Ankara e "trovare una via d'uscita", ha detto il ministro della Difesa svedese, Peter Hultqvist

 

L'annuncio della partenza di una delegazione è arrivato ieri, a meno di 48 ore dal vertice Nato per l'allargamento e dopo il secco “no” opposto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan ai due Paesi scandinavi. “La Turchia non cederà sul no, sono un vivaio di organizzazioni terroriste", ha dichiarato Erdogan

 

"Non diremo sì a quei Paesi che applicano sanzioni alla Turchia" e che non prendono una posizione chiara contro "il terrorismo", ha avvertito il presidente turco Erdogan, che dai due governi scandinavi vuole delle "garanzie di sicurezza": lo stop all'embargo alle esportazioni di armi e lo stop al sostegno sul loro territorio ai curdi del Pkk

 

Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha definito "inaccettabile e oltraggiosa" la domanda, alla luce del sostegno dei due Paesi a persone di cui Ankara chiede da anni l'estradizione, come numerosi membri dell’organizzazione Pkk, inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche di Usa e Ue

 

"Parliamo di due Paesi che sostengono apertamente il Pkk e Ypg (curdi siriani che controllano la Rojava nel nord Siria). Organizzazioni terroristiche che attaccano le nostre truppe tutti giorni e questo rende la richiesta inaccettabile e oltraggiosa. Ne discuteremo con gli alleati Nato e con i due Paesi interessati", è stata la prima dichiarazione di Cavusoglu al vertice di Berlino

 

Ankara è in guerra con il Pkk dal 1984: una “linea rossa” per Erdogan e la Turchia che ora complica i piani di allargamento della Nato. Per l’Alleanza atlantica l'allargamento a Svezia e Finlandia potrebbe rappresentare un passo di grande peso

 

Allo stesso tempo la Turchia rimane fondamentale: vanta il secondo esercito dopo gli Usa, riveste il ruolo di scudo del fianco est nel sistema di difesa Nato ed è l'unico Paese a mantenere un canale di dialogo sia con Mosca sia con Kiev

 

l veto di Erdogan, espresso venerdì e ribadito lunedì, rischia di spaccare la Nato. Per questo il portavoce del presidente turco, Ibrahim Kalin, specifica che la Turchia "non chiude la porta alla richiesta di Finlandia e Svezia". L'intervento di Kalin lascia intendere che Ankara è disposta a parlarne, a patto però di negoziati con i due Paesi

 

Tra le richieste c’è in primis quella di abbandonare qualsiasi forma di sostegno al Pkk. Ma sul tavolo ci sono anche negoziati tra Russia e Ucraina, faticosamente imbastito da Erdogan e Cavusoglu, che hanno subito un brusco rallentamento

 

Il sostegno pieno e diretto della Turchia all'allargamento sarebbe uno sbilanciamento a favore della Nato nel difficile esercizio di equilibrio compiuto da Erdogan nel conflitto e l'ingresso di Finlandia e Svezia potrebbe mettere fine al negoziato e far saltare il tentativo di mediare turco.

 

La risposta di Mosca è stata dura. Vladimir Putin ha spiegato che di per sé la mossa di Svezia e Finlandia "non rappresenta una minaccia diretta" per la Russia, ma lo è invece "l'espansione delle infrastrutture militari in questi territori". In quel caso, ci sarà "sicuramente una nostra risposta, che dipenderà dalla natura delle minacce nei nostri confronti", ha avvertito il presidente russo.

 

NOTIZIA TRATTA DAL SITO WEB: https://tg24.sky.it/mondo/2022/05/17/nato-turchia-svezia-finlandia#11

 

 

ED ECCO COS’E’ IL NOTO MOVIMENTO MILITARE CURDO DEFINITO PKK:

 

Cos’è il PKK e che ruolo ha nella lotta contro l’Isis

By

Lorena Cacace

-

9 Agosto 2016

 

Nel complesso scenario della lotta all’Isis emerge sempre più con chiarezza il ruolo del PKK, stretto tra i miliziani dell’auto proclamato califfato e le bombe di Recep Tayyp Erdogan. La Turchia ha usato la guerra al terrorismo come scudo per bombardare le basi del PKK che, ancora oggi, è considerata un’organizzazione terroristica da Ankara, Stati Uniti e Unione Europea. Per Erdogan dunque, la lotta contro gli storici avversari politici è più importante di quella all’Isis. Sono i curdi il vero obiettivo del governo turco che non esita a usare armi e uomini per colpire i guerriglieri del PKK e delle altre formazioni curde (come i peshmerga e i combattenti dell’YPG) piuttosto che concentrare gli sforzi contro gli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi. Ma cos’è il PKK e che ruolo ha nella lotta all’Isis ?

 

Il PKK è l’acronimo del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (in curdo Partiya Karkerén Kurdistan) ed è una formazione di estrema sinistra che ha scelto la lotta armata per l’indipendenza del Kurdistan. Il contesto è quello della questione curda che rappresenta il vero problema per la Turchia di Erdogan e non solo per le mire indipendentiste.

Come altre formazioni legate alla lotta del Kurdistan, il PKK si presenta come un partito sì di sinistra ma con idee moderne aperte al femminismo e all’ecologia e basato oggi più sul municipalismo libertario di Murray Bookchin (la cosiddetta democrazia diretta tramite assemblee popolari in villaggi, paesi, quartieri e città, federate in una confederazione di municipalità libertarie) più che ai principi del marxismo-leninismo. Non è solo una questione territoriale: è soprattutto la visione politica così aperta a preoccupare l’attuale presidente turco, fautore della recente islamizzazione del paese.

 

Il PKK nasce da un’organizzazione maoista che si era opposta al golpe del 1971, ma è solo nel 1978, sotto la guida di Abdullah Ocalan, all’epoca studente di scienze politiche ad Ankara, e di suo fratello Osman, che diventa un partito a tutti gli effetti. L’ispirazione iniziale si rifà ai principi marxisti-leninisti che si uniscono alla lotta per la creazione di un Kurdistan indipendente.

La svolta arriva dopo il golpe dei militari del 1980 quando Ankara arriva a vietare l’uso della lingua curda, sia scritta che orale, oltre alla diffusione della stessa cultura curda. La violenza dei militari si accanisce contro i curdi e i partiti di sinistra: in tre anni vengono eseguite 89 condanne a morte, centinaia di militanti vengono arrestati e migliaia vennero indagati per una presunta “cospirazione” contro lo stato turco.

Il regime militare viene sconfitto nel 1984 ma il ritorno alla democratica sembra esserci solo sulla carta, con la presenza costante dell’esercito nei ruoli chiave dei partiti: mentre le altre formazioni curde (il PDK e l’UPK) si allineano alle decisione del governo centrale, il PKK decide di imbracciare la lotta armata con il solo obiettivo di un Kurdistan indipendente.

Nel 1993 raggiunge un accordo con gli altri due partiti indipendentisti curdi per una tregua in cambio di un negoziato di pace che preveda l’indipendenza dei curdi: il governo turco non solo non accetta ma continua l’opera di repressione con sempre più violenza.

25 anni della lotta del PKK

La tomba di un giovane guerrigliero del PKK

C’è poi la vicenda di Ocalan, lo storico leader che arriva in Italia nel 1998 per fuggire alla cattura da parte del governo turco, chiedendo asilo politico: in Turchia c’è ancora la pena capitale ed esponenti dell’allora Rifondazione Comunista si fanno portavoce della sua richiesta. Ad assisterlo come legale c’è l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ma il governo D’Alema non riesce a prendere posizione e, mentre sta ancora valutando la richiesta d’asilo, lo rimanda ad Ankara dove viene condannato a morte il 29 giugno 1999 per attività separatista armata, pena commutata all’ergastolo nel 2002 con l’abolizione della pena capitale nel paese.

Nonostante l’arresto del leader e l’oppressione continua da parte del governo turco (condannato tra l’altro nel 2004 dalla Corte europea per i diritti dell’uomo per il trattamento disumano riservato in carcere a Ocalan), il PKK non ha mai smesso di lottare per l’indipendenza del Kurdistan, imbracciando le armi contro i miliziani dell’Isis che hanno esteso il loro controllo ai territori curdi.

Come i peshmerga (combattenti del governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno, quindi sotto il controllo di Baghdad) e l’YPG (gruppo militare del Rojava, regione a nord della Siria dove si concentrano i curdi siriani), i combattenti del PKK sono il primo e spesso unico avamposto militare sul terreno, la vera opposizione all’avanzata dei terroristi, che respingono dai territori di quello che dovrebbe essere il loro Kurdistan indipendente e autonomo.

Il PKK nasce da un’organizzazione maoista che si era opposta al golpe del 1971, ma è solo nel 1978, sotto la guida di Abdullah Ocalan, all’epoca studente di scienze politiche ad Ankara, e di suo fratello Osman, che diventa un partito a tutti gli effetti. L’ispirazione iniziale si rifà ai principi marxisti-leninisti che si uniscono alla lotta per la creazione di un Kurdistan indipendente.

La svolta arriva dopo il golpe dei militari del 1980 quando Ankara arriva a vietare l’uso della lingua curda, sia scritta che orale, oltre alla diffusione della stessa cultura curda. La violenza dei militari si accanisce contro i curdi e i partiti di sinistra: in tre anni vengono eseguite 89 condanne a morte, centinaia di militanti vengono arrestati e migliaia vennero indagati per una presunta “cospirazione” contro lo stato turco.

Il regime militare viene sconfitto nel 1984 ma il ritorno alla democratica sembra esserci solo sulla carta, con la presenza costante dell’esercito nei ruoli chiave dei partiti: mentre le altre formazioni curde (il PDK e l’UPK) si allineano alle decisione del governo centrale, il PKK decide di imbracciare la lotta armata con il solo obiettivo di un Kurdistan indipendente.

Nel 1993 raggiunge un accordo con gli altri due partiti indipendentisti curdi per una tregua in cambio di un negoziato di pace che preveda l’indipendenza dei curdi: il governo turco non solo non accetta ma continua l’opera di repressione con sempre più violenza.

25 anni della lotta del PKK

La tomba di un giovane guerrigliero del PKK

C’è poi la vicenda di Ocalan, lo storico leader che arriva in Italia nel 1998 per fuggire alla cattura da parte del governo turco, chiedendo asilo politico: in Turchia c’è ancora la pena capitale ed esponenti dell’allora Rifondazione Comunista si fanno portavoce della sua richiesta. Ad assisterlo come legale c’è l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ma il governo D’Alema non riesce a prendere posizione e, mentre sta ancora valutando la richiesta d’asilo, lo rimanda ad Ankara dove viene condannato a morte il 29 giugno 1999 per attività separatista armata, pena commutata all’ergastolo nel 2002 con l’abolizione della pena capitale nel paese.

Nonostante l’arresto del leader e l’oppressione continua da parte del governo turco (condannato tra l’altro nel 2004 dalla Corte europea per i diritti dell’uomo per il trattamento disumano riservato in carcere a Ocalan), il PKK non ha mai smesso di lottare per l’indipendenza del Kurdistan, imbracciando le armi contro i miliziani dell’Isis che hanno esteso il loro controllo ai territori curdi.

Come i peshmerga (combattenti del governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno, quindi sotto il controllo di Baghdad) e l’YPG (gruppo militare del Rojava, regione a nord della Siria dove si concentrano i curdi siriani), i combattenti del PKK sono il primo e spesso unico avamposto militare sul terreno, la vera opposizione all’avanzata dei terroristi, che respingono dai territori di quello che dovrebbe essere il loro Kurdistan indipendente e autonomo.

 

ELEMENTI INFORMATIVI TRATTI DAL SITO WEB: https://www.nanopress.it/articolo/cos-e-il-pkk-e-che-ruolo-ha-nella-lotta-contro-l-isis/85366/

 

 

ADESSO LA SITUAZIONE NELLA NATO , SI COMPLICHERA’ PROFONDAMENTE E FORTEMENTE E DIFFICILMENTE L’ISLAMISTA ERDOGAN DITTATORE DELLA TURCHIA COME, DI RECENTE, LO DEFINI’ ANCHE IL DR. MARIO DRAGHI, IL NOSTRO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI MOLERA’ LA PRESA ED, ALLA FINE, DOPO AVERE RICEVUTO CHISSA’ QUALI RASSICURAZIONI SPECIALMENTE RISPETTO ALLA VICINANZA AL MONDO SOCIALE E CIVILE DEL PKK CURDO, FORSE SI RIUSCIRA’ A CONVINCERLO DELL’ASSOLUTA NECESSITA’ DI PERMETTERE ANCHE ALLA FINLANDIA ED ALLA SVEZIA DI FARE PARTE DELLA NATO STESSA.

 

RICORDO CHE , PUR ESSENDO PAESE DELLA NATO , NESSUNO QUI IN EUROPA, DESIDERA LA TURCHIA ISLAMISTA CHE CI ODIA E CI DISPREZZA PER COLPA DELLA PROPAGANDA ANTI OCCIDENTALE DIFFUSA FINORA DAL GOVERNO DITTATORIALE TURCO A GUIDA DI FONDAMENTALISTI ISLAMICI, NON HA CONDANNATO IN SEDE ONU L’INVASIONE ILLEGALE DEL NAZISTA PUTIN DELL’UCRAINA NE’ PARTECIPA ALLE SANZIONI DISPOSTE PER QUESTO GRAVISSIMO FATTO A CARICO DELLA RUSSIA CON LA QUALE EGLI , DA BUON PERICOLOSO SOGGETTO “GIANO” , MANTIENE A TUTT’OGGI OTTIMI RAPPORTI DIRETTI ED INDIRETTI.

 

E’ OVVIO CHE FRA “SIMILI” CI SI RICONOSCE E CI SI RISPETTA SEMPRE OVUNQUE E DOVUNQUE SCANDALOSAMENTE.

 

NOTA: Giano

Giano (latino: Ianus) è il dio degli inizi, materiali e immateriali, ed è una delle divinità più antiche e più importanti della religione romana, latina e italica. Solitamente è raffigurato con due volti (il cosiddetto Giano Bifronte), poiché il dio può guardare il futuro e il passato.

 

 

PURTROPPO L’OCCIDENTE DA ANNI STA COMMETTENDO ERRORI GRAVISSIMI SE SI PENSA PER ESEMPIO AL VERGOGNOSO E SCANDALOSO APPOGGIO CHE ESSO, A COMINCIARE DAGLI USA E DELLA NATO , HA FORNITO A PAESI CHIARAMENTE DITTATORIALI CHE NEL PASSATO ERANO FINITI SOTTO BRUTALI E DISUMANE DITTATURE SOCIALI E CIVILI COME PER ESEMPIO IL CILE E L’ARGENTINA CON LA SCUSANTE DI DOVERE COMBATTERE I REGIMI COMUNISTI OVVERO ESPORTARE LA COSIDDETTA DEMOCRAZIA LIBERALE.

 

ED IL CASO TURCHIA NON SI DISCOSTA MOLTO DA QUESTO PERICOLOSO ED ASSURDO CLICHE’ CHE VA CONDANNATO SENZA SE E SENZA MA CON FORZA , DECISIONE E CONVINZIONE.

 

VERGOGNA VERGOGNA VERGOGNA VERGOGNA VERGOGNA VERGOGNA

 

Cuneo,li 17.05.2022

 

Rinaldo

 

 

 

 

 
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