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Dal carcere a Cannes: storia di attore fine-pena-mai

Post n°10822 pubblicato il 20 Dicembre 2013 da Ladridicinema
 

Stefano Stefanutto Rosa19/12/2013

Matteo Garrone l’avrebbe voluto per Gomorra, ma allora l’ergastolano Aniello Arena non poteva ancora uscire dal carcere di Volterra dove aveva iniziato da qualche anno il suo percorso di rinascita attraverso la Compagnia della fortezza, il gruppo teatrale diretto da Armando Punzo. L’occasione con Garrone si ripresentò nel 2011 indossando i panni del protagonista di Reality: Luciano che vende la pescheria per seguire il sogno anzi l’ossessione di partecipare al 'Grande Fratello'. A Cannes 2012 Arena partecipò via telefono con il regista e gli attori ai festeggiamenti in sala per il Grand Prix della giuria, poi finalmente presenziò alla conferenza stampa di Reality a Roma poco prima dell’uscita in sala. Ora la storia di questo riscatto di un fine-pena-mai attraverso il teatro e il cinema, è narrata, con la collaborazione di Maria Cristina Olati nel volume “L’aria è ottima (quando riesce a passare)”, edito da Rizzoli, di cui pubblichiamo qui un brano.

Quello raccontato da Arena è un viaggio che comincia dall’infanzia di scugnizzo a Barra, periferia orientale di Napoli: la passione per la chitarra e il ballo, l’amata maestra elementare, il padre scafista per il contrabbando di sigarette, la madre operaia in una fabbrica di scarpe. Infanzia che termina a 12anni con l’abbandono della scuola media alla prima bocciatura e l’ingresso nel mondo dei lavori saltuari. L’arresto del padre, il fascino per i soldi facili, lo spirito di rivolta lo spingono 16enne ad arrangiarsi con gli scippi, i borseggi sulla Circumvesuviana e arriva il primo arresto a 19 anni con il ‘battesimo’ nel carcere di Poggioreale.

Si alternano periodi di detenzione e di libertà, finché una rapina finita male e soprattutto l’ergastolo per la presunta partecipazione a un regolamento di conti tra alcune famiglie di Barra, finito con tre omicidi, chiudono definitivamente per Aniello i cancelli delle patrie galere. Da inizio 1993 il suo carattere ribelle e mai domo fa i conti con le ferree regole e la dura realtà del carcere.

Il racconto del libro percorre cronologicamente il tour nelle varie prigioni: Poggioreale, Bologna, Piacenza, Campobasso, Vasto, Viterbo, Secondigliano. Fino al penitenziario di Volterra. Un carcere uguale a tutti gli altri? Un rimedio peggiore del male che dovrebbe curare? No, perché lì comincia la risalita, la rinascita di Aniello che in tutti questi anni non ha mai perso la sua vitalità e forse la speranza di una vita diversa, ‘regolare’.
Il cambiamento arriva così nel 2001 incontrando la Compagnia della fortezza, il gruppo teatrale che Armando Punzo dal 1988 ha creato con i detenuti di Volterra, con l’idea che “le persone si possono trasformare, se anche le istituzioni si trasformano”.
Pubblichiamo di seguito un brano del libro.


In quelle settimane Armando spiegò di voler mettere in scena L’opera da tre soldi, quella in cui Brecht si chiede ironicamente se è peggio rapinare una banca o fondarla. Durante i preparativi dello spettacolo la coreografa, Pascale, ci disse - eravamo una cinquantina - che cercava qualcuno a cui far ballare la rumba. Io non mi feci avanti ma dalla sedia sentivo che quel ruolo era mio. Appena Pascale fece partire la musica, i candidati si misero in fila per provare a turno su una piccola pedana rotonda al centro della sala. Mentre la coreografa e Armando parlavano tra loro, mi alzai. Giravo intorno alla pedana, ero tentato, ma non avevo il coraggio di salire. Ce l’avevo dentro, ormai. Così iniziai a ballare, facendo rimanere tutti con gli occhi spalancati. Pascale si avvicinò e mi disse: “Aniello, questa parte è tua”.

Non sentivo di aver recitato, avevo solo seguito il mio istinto, il piacere di ballare che avevo sin da quand’ero piccolo.

“Per questa parte dovrai vestirti in rosso, da donna”, aggiunse subito Armando.

“Non se ne parla proprio. Levatevelo proprio dalla capa! Io da femmina non mi vesto” risposi.

“Aniello, non devi metterla sul personale… Il teatro è tutta un’altra cosa”.

“Che significa, non capisco…”.

“Persona e personaggio sono due cose diverse. Tu resti Aniello anche se interpreti il ruolo di una donna” mi spiegò con la sua voce calma ma decisa.

“Da donnaaaaaa” fecero in coro gli altri.

Le parole di Armando mi innervosirono, non le capivo. Però lui seppe convincermi. Perché Armando è così, ti contagia. All’inizio fu uno sforzo esagerato, maronna mia, volevo morire di vergogna. Ma la vera tragedia fu che ben presto ci presi gusto e andavo addirittura a cercarmi quei vestiti da donna che potessero starmi bene!

Nella mia vita stava succedendo qualcosa di nuovo senza che l’avessi previsto. Iniziò un periodo bellissimo: gli abiti da cucire, le scene da costruire, dipingere, allestire…

 
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