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Quando meno te lo aspetti da mymovies

Post n°10886 pubblicato il 05 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

C'era una volta una ragazzina romantica di nome Laura, che una sera ballò a una festa con un principe azzurro di nome Sandro, il quale scappò a mezzanotte lasciando una scarpa sulle scale. E c'era una volta il padre di Sandro, Pierre, a cui tanti anni prima una donna aveva predetto la data della morte, che ora si è fatta imminente. E poi Maxime, affascinante lupo solitario, affamato di giovinette, e la sua vicina di casa Marianne, aspirante attrice, impegnata nell'allestimento di una recita di bambini, dentro la scenografia cartonata di un bosco incantato.
La coppia d'oro della commedia intellettuale francese s'immerge nel contesto della fiaba tradizionale per esplorare in realtà i retroscena tragicomici delle credenze, delle superstizioni e delle paure contemporanee, molte delle quali affondano le loro radici in modelli antichi e desueti, eppure duri a morire. 
Al di là delle facili associazioni tra i reali di una volta e l'industriale di oggi, a capo di un piccolo impero e al fianco di una donna che non invecchia mai, grazie ai prodigi del botox, il film dà il suo meglio nella presentazione di un mondo adulto sconvolto dalle stesse incertezze di quello dei ragazzi, pronto ad aggrapparsi a sogni altrettanto ideali e incapace di non perseverare nell'errore e di trovare la retta via per uscire dalla selva oscura della crisi di mezz'età. 
Quelli indossati da Jaoui e Bacri sono anche i personaggi più veri e teneri, più soli e incorreggibili e, nonostante si apprezzi lo spazio che, come autori, regalano alle nuove generazioni, il cuore del film batte più forte quando sono loro ad incrociarsi sulla scena, ad un party elegante, dentro il campo medio della commedia corale, o nell'abitacolo di un'automobile, dentro il piano ristretto che esalta le loro doti di dialoghisti brillanti, cui la fata madrina ha offerto alla nascita il sacro dono del ritmo. 
La cornice ispirata al mondo fantasioso ma anche subdolamente normativo della fiaba, da un lato presta alla messa in scena un'idea formale che scuote la regista dalla sua fedeltà alla trasparenza e al minimalismo (che però, probabilmente, le confacevano di più), dall'altro lato irreggimenta il film come mai prima, privandolo di quei momenti di digressione che avevano fatto di Parlez-moi de la pluie un'opera meno strutturata ma anche più libera delle precedenti, forse il vero "credo" degli autori: nel dominio dell'assurdo.

 
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