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Wolf children

Post n°10992 pubblicato il 24 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Locandina Wolf Children

Dal momento in cui i genitori si conoscono fino alla maturità, Yuki con la sua voce fuoricampo accompagna il racconto di come sua madre si sia innamorata di un uomo lupo (l'ultimo rimasto) e abbia così partorito lei e suo fratello Ame, bambini lupo capaci di trasformarsi (prima involontariamente, successivamente a comando) da lupi in umani e viceversa. Attraverso una vita prima in città e poi in campagna, prima isolata e poi necessariamente in mezzo agli altri bambini Yuki e Ame sviluppano personalità diverse e modi diversi di venire a patti con la propria doppia natura sotto lo sguardo della madre. 
Quasi 7 anni dopo La ragazza che saltava nel tempo Mamoru Hosoda torna ad un lungometraggio che racconta la realtà inserendovi un elemento fantastico a fare da perturbatore ed enfatizzare i problemi e le idiosincrasie della vita umana. Wolf children è probabilmente la sorpresa di quest'annata cinematografica (e il merito di averlo portato in Italia va al Future Film Festival), un film dalle ambizioni smisurate che si propone di raccontare la vita nel suo svolgersi, con particolare enfasi sui complicatissimi rapporti familiari tra una madre e due figli, riuscendo a toccare tutte le corde possibili con una leggerezza e una delicatezza commoventi. Tocco evidente (tra le molte cose) nella maniera sottile con cui i bambini sono disegnati e animati nel loro crescere ed essere, di scena in scena, sempre un po' più grandi e un po' diversi, fino ad arrivare a scambiarsi ruoli e personalità.
Hosoda non cerca la svolta clamorosa o lo svolgimento inconsueto (tutto anzi è abbastanza prevedibile) ma semmai quell'impossibile trionfo dell'arte del racconto che è riuscire a parlare ad ogni spettatore attingendo, tramite una storia inventata, alla sua vita e alla sua esperienza per smuovere piccoli tasselli interiori. In questo senso l'elemento fantastico della trasformazione in lupo è usato con molteplici finalità, prima per sottolineare il senso d'inadeguatezza di un genitore verso il compito di crescere dei bambini, poi per mostrare le difficoltà degli adolescenti nel conoscere se stessi e infine l'obbligo per ognuno a compiere scelte per il proprio futuro.
Ma non sono solo i bambini lupo l'oggetto delle attenzioni di Hosoda, la mamma è altrettanto importante e proprio a lei sono riservate alcune delle scene più emozionanti, in cui i sentimenti esplodono di colpo, rivelati da gesti di ordinaria fragilità (come la confessione di fronte al lupo in gabbia).
E' così che questa straordinaria opera d'arte, che rifiuta ogni idea di avventura, invece che elevare l'ordinario a straordinario in un banale tentativo di glorificazione della vita di ognuno, riesce a rendere gli spettatori partecipi del proprio sguardo, portandoli cioè non a giudicare, non ad ammirare ma solo a capire e partecipare.
L'ambientazione, la presenza di una natura salvifica, la trasformazione in animale e il rapporto quieto e delicato con il sentimentalismo non possono non far pensare ad Hayao Miyazaki (sebbene il film sia privo della capacità di creare immagini del maestro dell'animazione e anzi da quel punto di vista sia abbastanza ordinario), ma il paragone regge solo fino ad un certo punto, perchè Hosoda ha un modo personale di procedere e insegue un realismo delle relazioni personali molto lontano dai voli del cinema miyazakiano.

 
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