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Un amore di Wes da il cinematografo

Post n°11070 pubblicato il 07 Febbraio 2014 da Ladridicinema
 

Giovedì 6 Febbraio 2014
"L'ho fatto pensando alla mia prima cotta", dice Anderson di The Grand Budapest Hotel. Che apre Berlino 64 mandando al tappeto (rosso) una parata di star
È la nuova commedia di Wes Anderson, The Grand Budapest Hotel, ad aprire la corsa all’Orso d’Oro della Berlinale numero 64.
Anderson è arrivato con Ralph Fiennes, il brillante e giovanissimo Tony Revolori, Willem Dafoe, Bill Murray, Jeff Goldblum, Tilda Swinton, Edward Norton e Saoirse Ronan. Insomma il grande Ensemble firmato Anderson quasi al completo. L’umore surreale e un po‘ sovversivo è il segno di riconoscimento del regista americano. Questa volta è una storia surreale e precipitosa che gira intorno a un Hotel di lusso ma in rovina, da qualche parte al centro dell’Europa. Il film è stato girato nella bellissima città medievale di Görlitz, in Sassonia, a due ore da Berlino. A fianco del concierge Gustave-Ralph Fiennes, oltre alle già citate star, anche Adrian Brody, Jude Law, Owen Wilson, Jason Schwartzman, Harvey Kietel, Léa Seydoux e il francese Mathieu Amalric. Il cast è stellare e funziona come un orologio svizzero. 
Nel rosa confetto Grand Budapest Hotel il mondo gira più lento della storia che, tutt’intorno, sta precipitando. È infatti il 1932. E il Paese mitteleuropeo inventato verrà presto invaso da una potenza straniera che parla Tedesco. La commedia resta intatta e non diventa tragica né per gli eventi sullo sfondo, dalla presa del potere dei fascisti, al comunismo successivo, né per l’omicidio di un’anziana miliardaria, l’evento su cui Anderson costruisce la sua pirotecnica Babele. Il merito di Wes Anderson? Aver conservato negli ultimi dodici anni, da I Tenenbaum (2001), passando per Il treno per il Darjeeling (2007), un’anima da bambino.
I suoi film sono colorati e vanno visti con lo sguardo sgranato, altrimenti non funzionano. Fa quello che si permette solo Tarantino: collezionare le cose che sgraffigna in giro, il cinema francese, i romanzi d’Avventura, i Beat degli anni sessanta, J. D. Salinger, trattati di biologia marina, o i Peanuts, per poi mischiare tutto insieme. Il risultato è l’Ensemble à la Anderson. A commento del film ha detto: "L’ho fatto pensando al mio primo amore“. Anche se dal suo cappello magico poi è uscito fuori un thriller comico sullo sfondo della guerra. "I ricordi e le sensazioni sono il collante dei miei film“. Anche il Grand Budapest Hotel è nient’altro che questo: un interregno malinconico sospeso tra infanzia e età adulta.

 

Simone Porrovecchio

 
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