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Esplora il significato del termine: Abel Ferrara: Pasolini, mio maestro da http://cinema-tv.corriere.it/

Post n°11703 pubblicato il 08 Settembre 2014 da Ladridicinema
 

Tiepida accoglienza per il biopic in concorso. Ma Willem Dafoe convince tutti. 
E Ninetto Davoli dà lezioni a Scamarcio

di Stefania Ulivi, inviata a Venezia

shadow

Tiepidi applausi alla proiezione stampa, accoglienza molto più calorosa agli incontri stampa. Arriva in concorso Pasolini di Abel Ferrara, l’ambizioso, pure troppo, film del regista americano (Il cattivo tenente, Welcome to New York). Quello che ha messo d’accordo tutti è l’interpretazione di Willem Dafoe. Per dare vita sullo schermo a Pier Paolo Pasolini, ha spiegato, ha provato ad «abitare i suoi pensieri, le sue parola. Il nostro è un omaggio onesto». Ferrara si è imbarcato nell'impresa cofinanziata da italiani e begli (uscirà nelle sale il 24 settembre) perché considera PPP - l’ha ripetuto più volte - il suo maestro. Nel film ne racconta gli ultimi giorni, prima della morte il 2 novembre all’idroscalo di Ostia. Mescola frammenti di Petrolio alle parole delle ultime interviste, come quella, profetica. a Furio Colombio che suggerì di intitolare «Siamo tutti in pericolo». Affida a Ninetto Davoli e Riccardo Scamarcio una possibile messa in scena del film che Pasolini non riuscì a girare, Porno-Teo-Kolossal, con Davoli e Eduardo De Filippo. Ce lo mostra nella sua casa con la madre (Adriana Asti), Laura Betti (Maria De Medeiros), Nico Naldini (Valerio Mastandrea) , la cugina Graziella (Giada Colagrande). Ci mostra le uscite sull’Alfa Romeo in cerca di avventure e le ultime fatali ore sulla spiaggia di Ostia. Sgombra subito il campo da un equivoco. «Non ho mai detto di sapere chi l’ha ucciso, è una grande balla dei giornalisti, chi ha scritto quella bugia? Volevo parlare della sua vita, delle sue passioni, il suo lavoro». Un uomo impavido lo definisce. «Non aveva paura di nulla, era un uomo di un’altra generazione, cresciuto omosessuale in un mondo pre e post bellico, ha vissuto il mondo dominato dal consumismo portato da noi americani». Osteggiato ancora oggi. «Cercano di distruggerlo in tutti modi, ma lui è stato sempre ed è ancora capace di reinventarsi». Un intellettuale universale. «Questo film non è solo Pasolini, Roma, 1975, per me potrebbe essere a New York ieri notte, con un ricco e famoso su una bella macchina che a Brooklyn rimorchia ragazzi dominicani». Ferrara respinge le perplessità di molti sul fatto che Dafoe e gli altri recitino un po’ in italiano un po’ in inglese (ma la versione italiana sarà tutta doppiata nella nostra lingua): «Io e Willem siamo americani, abbiamo usato la nostra lingua madre quando occorreva» spiega senza convincere troppo. Quello che è chiaro è che l’intenzione del regista è suggerire un parallelo tra le due vicende artistiche. «Voglio solo fare cinema, i film sono la mia vita», fa dire a Defoe. Il riferimento a se stesso è tanto chiaro quanto poco condivisibile.

 

Ninetto e Riccardo

Per Riccardo Scamarcio chiamato a interpretare Ninetto Davoli dal regista colpisce il senso di militanza: è molto energetico sul set, gira ogni scena come se fosse l’ultima. «Da buon soldatino quando chiama vado e seguo il maestro». Il vero Ninetto (che nel film è Epifanio, ovvero il personaggio che avrebbe dovuto recitare Eduardo) gli ha dato un solo consiglio: «Sii te stesso, fai il guaglione pugliese che sei». È un Davoli che si prende la scena. «Pier Paolo ha affrontato la vita a modo suo, era allegro, non è vero che ha descritto la sua morte: Voleva vivere e aveva tante cose da fare. Mi sono trovato bene con Abel, a parte per la lingua, ci siamo interpellati e ci siamo capiti. Ma non basta un film per raccontare Pasolini ce ne vorrebbero almeno dieci».

 

 

 

Immortale

Lo sceneggiatore Massimo Braucci precisa: «Questa non è un’inchiesta giudiziaria, bensì letteraria, accoglie l’esito del primo processo del ‘76, basato sul lavoro di Faustino Durante: un buon processo, con il verdetto di omicidio in concorso con ignoti». Adriana Asti (la madre Susanna) ricorda l’amico: «Quando parlo di lui mi metto a piangere. Quando Abel mi ha chiesto di essere nel film ho avuto paura di non farcela. Pier Paolo aveva una magia misteriosa, gli attori diventavano personaggi, lo stesso succede con Ferrara. Ricordo bene quando ricevetti la notizia della sua morte nel 1975: stavo girando L’eredità Ferramonti, mi hanno detto che era stato ucciso è stato durissimo. Io credevo che fosse immortale».

 
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