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I giorni contatir

Post n°12458 pubblicato il 23 Luglio 2015 da Ladridicinema
 

I Giorni Contatiregia di Elio Petri


De­va­stan­te in­ter­ro­ga­ti­vo sul­l'im­por­tan­za della vita. A cosa serve vi­ve­re? Per­chè vi­via­mo per moi mo­ri­re? Qua­l'è lo scopo della no­stra pre­sen­za sulla Terra? Ver­reb­be di pa­ra­fra­sa­re le li­ri­che di una nota can­zo­ne di Fran­co Bat­tia­to:"Pas­sa­no gli ali­men­ti, le vo­glie, i santi, i mal­con­ten­ti / Non ci si può ba­gna­re due volte nello stes­so fiume, né pre­ve­de­re i cam­bia­men­ti di co­stu­me. / E in­tan­to passa igna­ro

il vero senso della vita. / Ci cam­bia­no ca­pel­li, denti e seni, a noi che siamo solo di pas­sag­gio."

Basta poco per pen­sa­re a quan­ti gior­ni man­che­reb­be­ro alla no­stra fine. Non che vo­glia es­se­re vo­la­ti­le di cat­ti­vo au­gu­rio, vale anche per me. Ba­ste­reb­be anche vi­sio­na­re "Il set­ti­mo si­gil­lo", dove la morte ap­pa­re in carne, ossa e car­ti­la­gi­ne, pron­ta a sfi­da­re le vit­ti­me pre­vi­ste in de­sta­bi­liz­zan­ti par­ti­te a scac­chi.

A Ce­sa­re "lo sta­gna­ro" è ba­sta­to sa­li­re sul tram quo­ti­dia­no e as­si­ste­re ad un in­ter­ro­ga­ti­vo ine­va­so di un astan­te alla pras­si della ri­chie­sta del bi­gliet­to. In­far­to. Morto senza ac­cor­ger­se­ne. Dram­ma­ti­ca espe­rien­za che segna pro­fon­da­men­te il pro­ta­go­ni­sta che de­ci­de di "im­paz­zi­re" in­ter­ro­gan­do­si sui gior­ni che gli re­sta­no prima della chia­ma­ta estre­ma. De­ci­de di ve­stir­si con l'a­bi­to mi­glio­re, ghet­te alle scar­pe e di cu­rio­sa­re nella notte sulle vite degli altri. Ma forse non basta. Bi­so­gna fare qual­co­sa di me­glio in que­sta oni­ri­ca corsa con­tro il tempo, ra­ci­mo­la­re più ri­sul­ta­ti utili pos­si­bi­li.

Con­fi­da al­l'a­mi­co Amil­ca­re, im­bian­chi­no not­tur­no, di voler ab­ban­do­na­re il la­vo­ro per de­di­car­si ad altro e co­min­cia ad elen­ca­re una serie di mo­ti­vi che ap­pa­io­no piut­to­sto "stra­ni" a que­st'ul­ti­mo. Di­scor­si fu­ne­rei, pes­si­mi­sti­ci, cupi, anche estre­mi, tin­go­no di nero le gior­na­te di Ce­sa­re che sce­glie di fare ciò che non aveva mai im­ma­gi­na­to prima. O forse non ne aveva avuto mai il tempo. Che pun­tual­men­te scor­re senza alcun freno, vo­len­te o no­len­te.

La ri­sco­per­ta di un vec­chio amore al­l'om­bra di una to­let­ta pub­bli­ca o ma­ga­ri la pos­si­bi­li­tà di son­dar­ne uno mer­ce­na­rio tra le put­ta­ne che cal­ca­no il Lun­go­te­ve­re alla luce del sole e ti in­vi­ta­no a se­guir­le tra i cocci del ci­mi­te­ro degli otri. Op­pu­re sco­pri­re che la fi­glia della por­tie­ra vuole fu­ma­re di na­sco­sto e si pro­sti­tui­sce con adul­ti be­ne­stan­ti. O l'ar­te astrat­ta del mer­can­te me­ri­dio­na­le che ti in­fa­tua con di­scor­si fi­lo­so­fi­ci per poi crol­la­re dra­sti­ca­men­te nella ri­pa­ra­zio­ne di un la­va­bo ot­tu­ra­to dagli smal­ti. Ma cos'è la vita? Che va­lo­re ha? Che senso ha vi­ve­re per poi mo­ri­re da un mo­men­to al­l'al­tro? Que­sti sono gli in­ter­ro­ga­ti­vi che os­ses­sio­na­no Ce­sa­re che sta ormai sfio­ran­do il pa­ros­si­smo in que­sta in­quie­tan­te tesi. Gli amici lo "te­mo­no" an­nun­cian­do­lo ad­di­rit­tu­ra per an­ne­ga­to a causa di una ef­fi­me­ra ca­pa­ti­na alle ba­le­re di uno sta­bi­li­men­to bal­nea­re. Nes­sun ri­sul­ta­to fa­vo­ri­sce le aspet­ta­ti­ve di Ce­sa­re che de­ci­de di porre fine alla fol­lia ri­co­min­cian­do, senza trop­pa con­vin­zio­ne, a la­vo­ra­re. Ri­pren­de il tram tutte le mat­ti­ne e per­cor­re tutte le fer­ma­te, fino a quan­do dopo aver vi­sio­na­to la pel­li­co­la della vita alla stre­gua di "Re­vo­lu­tion 9" de­ci­de di scen­de­re al ca­po­li­nea. In tutti i sensi.

Ec­cel­len­te film del rim­pian­tis­si­mo Elio Petri sulla fu­ti­li­tà della vita in vista del­l'e­stem­po­ra­nea in­com­ben­za della morte. Pro­ta­go­ni­sta è il pur­trop­po di­men­ti­ca­to Salvo Ran­do­ne, at­to­re di al­tis­si­mo pre­gio che me­dian­te una sce­neg­gia­tu­ra so­stan­zial­men­te arida, do­mi­na il film in un mo­no­lo­go quasi co­stan­te. Nel senso che gli altri at­to­ri, tutti bra­vis­si­mi e pur­trop­po se­mi­sco­no­sciu­ti, (tran­ne Vit­to­rio Ca­prio­lifun­go­no da sa­tel­li­ti ri­spon­den­ti. Si af­fac­cia­no ai ro­vel­li del pro­ta­go­ni­sta al solo scopo di for­ni­re una ipo­te­si, un con­si­glio, una pos­si­bi­li­tà di usci­ta dai tor­men­ti per poi scom­pa­ri­re dalla scena. Tutto ciò crea una rea­zio­ne a ca­te­na nella mente di Ce­sa­re che lo porta a con­si­de­ra­re se­ria­men­te l'i­dea di va­lu­ta­re la morte per de­tro­niz­za­re vo­lon­ta­ria­men­te la vita co­stel­la­ta da trop­pe scon­fit­te.

Per bef­far­da coin­ci­den­za o per fato arit­me­ti­co l'a­ni­ma del film cela ad­di­rit­tu­ra qual­co­sa di in­quie­tan­te, qual­co­sa di ter­ri­bil­men­te pro­fe­ti­co per il re­gi­sta, tanto da non sot­to­va­lu­ta­re l'i­po­te­si di con­si­de­rar­lo come una sorta di "film-te­sta­men­to". Il pro­ta­go­ni­sta del film di­chia­ra di avere 53 anni nel mo­men­to in cui sente il peso dei gior­ni con­ta­ti. Petri fu con­su­ma­to da una ma­lat­tia alla stes­sa età.

Da ria­bi­li­ta­re Salvo Ran­do­ne, con Vo­lon­tè uno degli in­ter­pre­ti pre­di­let­ti da Petri, no­te­vo­le ar­ti­sta tea­tra­le e at­to­re di gran­de spes­so­re mai con­si­de­ra­to per le doti real­men­te espres­se.

 
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