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I nostri ragazzi

Post n°12939 pubblicato il 31 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 


Due fratelli dai caratteri opposti (uno chirurgo pediatrico e l'altro avvocato) si incontrano a cena ogni mese in un ristorante stellato con le reciproche mogli che si detestano senza nasconderlo troppo. Il pediatra ha un figlio, Michele, e l'avvocato una figlia, Benedetta, nata da un precedente matrimonio. I due adolescenti si frequentano spesso. Una notte una telecamera di sicurezza riprende (senza che se ne possa ricostruire l'identità) l'aggressione a calci e pugni da parte di un ragazzo e di una ragazza nei confronti di una mendicante che finisce inizialmente in coma. Le immagini vengono messe in onda da "Chi l'ha visto?" e in breve tempo le due coppie acquisiscono la certezza che gli autori dell'atto delittuoso sono i reciproci figli. Che fare?
Ivano De Matteo con La bella gente e Gli equilibristi aveva raccontato l'irrompere di un elemento che veniva da fuori in un nucleo familiare apparentemente ben assestato. Ora invece la sfida si fa ancora più complessa. Cosa accade se invece ciò che sconvolge assetti ormai consolidati irrompe dall'interno? La sequenza che apre il film appartiene all'ordinaria follia quotidiana che trova spazio nella cronaca o nei Tg specializzati in disgrazie, finendo col collocarsi non solo come elemento che attraversa il film (il chirurgo si occupa di una delle vittime) ma soprattutto come occasione di riflessione sullo scatenarsi di una violenza incontrollata mirante a risolvere in tempi brevi qualsiasi questione e a rimuovere letteralmente dalla faccia della Terra ciò che rischia di rappresentare un pericolo. 
Lo spettatore viene però posto in una condizione di estraneità al fatto che gli viene consentito di giudicare nella sua dinamica assegnando torti e ragioni. È quanto accade dopo che invece l'accaduto costringe ognuno a porsi la domanda: io come mi comporterei? La totale amoralità dei due ragazzi ci può spaventare spingendoci quasi a rifiutarne le modalità di espressione. De Matteo ci chiede piuttosto di guardarla in faccia senza nascondere la testa sotto la sabbia. Perché è su questo piano che ai genitori viene chiesto di intervenire, senza prediche inutili ma anche senza cedimenti. A questo si intreccia l'ulteriore e fondamentale domanda: il degrado morale, l'assenza di punti fermi va imputata a una gioventù ormai lasciata in balia dei social network o ha le sue radici in un falso perbenismo incapace di reggere al maglio della realtà? I genitori di Michele e Benedetta non sono 'cattive persone', non possono neppure imputare alla società (visto il loro status) un degrado sociale a cui attribuire le proprie opzioni. 
Dentro di loro alberga però (e ha messo radici) la convinzione di poter aggirare ogni ostacolo azzittendo qualsiasi sussulto di coscienza. Forse non in tutti e forse non nello stesso modo. De Matteo ci accompagna nell'osservazione delle loro reazioni suggerendoci pre-giudizi con i quali confrontarci.

 
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