17 aprile 2016

«La verità è che non potevo dire no a un’esperienza nata per raccontare la Liberazione ai bambini». Bernardo Bertolucci spiega così la sua partecipazione a “I miei primi 25 aprile”, piccolo grande libro della casa editrice bolognese L’Io e il Mondo di TJ, che il regista premio Oscar ha scritto insieme ai partigiani Rina (Ibes Pioli) e Italiano (Renato Romagnoli). «Un libro semplice, non semplificatorio», ha continuato il Maestro, che da domani al 24 verrà distribuito gratuitamente nei supermercati Coop alle famiglie, per avvicinare la prima generazione i cui nonni non hanno vissuto il fascismo a concetti come Liberazione, «una guerra alla guerra», e Resistenza, ossia lo «stare fermi e saldi». E, naturalmente, il 25 aprile: «un fatto storico che è diventato anche un’emozione».

E’ questo il valore aggiunto dell’opera. Che al di là della grande Storia, narrata con precisione, scandita da date e fatti, grazie alla consulenza di Claudio Silingardi, direttore dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione italiano, allinea i ricordi, gli aneddoti, le battaglie di chi quella stagione la visse in prima persona. Gli stessi ricordi che hanno dato vita a “Novecento”. «Un mio vecchio film, la gente non se lo ricorda nemmeno, in cui tutto ruota intorno al 25 aprile del 1945». Ma è soprattutto il 25 aprile di Bernardo bambino a confluire nel volume. «Avevo quattro anni – continua – di quel giorno ricordo la mamma che mi accompagna al terzo piano della casa del nonno per mostrarmi una cosa che non avevo mai visto: un carro armato. C’era anche un gruppo di persone che gridava in dialetto: “c’è la stella bianca”. Voleva dire che erano gli americani. Così tutti contenti gli si avvicinarono per far festa, ma i soldati si misero a sparare, scambiandoli per fascisti e ne ferirono due. Sparirono tutti. Erano giornate anche di grande confusione».

È uno degli episodi ripreso dal volume, così come ci sono i tanti incontri coi partigiani nella casa del padre Attilio. «Vivevamo nelle campagne intorno a Parma, dove dopo la guerra c’erano ancora moltissimi ex partigiani. Venivano a trovare papà: in particolare Ubaldo Bertoli, della 47° brigata Garibaldi, ci affascinava con narrazioni straordinarie. Mostrando a noi bambini la Resistenza come qualcosa di avventuroso».

Un’avventura, avverte Bertolucci insieme a Rina e a Italiano, che è un dovere anche per le nuove generazioni. Un dovere che significa opporsi
 a mafie, terrorismi, razzismi, fanatismi religiosi, corruzione. Così come a chi bombarda città «dicendo che lo si fa per la democrazia». «Oggi infatti – conclude il regista – diventa molto difficile capire quale è la realtà assoluta rispetto alle false realtà che in ogni momento ci vengono proposte, distinguere i veri valori, rispetto a valori che non esistono. Valori contro i quali io personalmente vorrei resistere».