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MORDINI: IL MIO NOIR PRODOTTO E INTERPRETATO DA SCAMARCIO

Post n°13175 pubblicato il 08 Maggio 2016 da Ladridicinema
 

"E’ STATO SCAMARCIO, CON LA BUENA ONDA, A PROPORMI PERICLE IL NERO LIBERAMENTE TRATTO DALL'OMONIMO ROMANZO DI FERRANDINO" SPIEGA IL REGISTA CHE SARÀ A CANNES IN UN CERTAIN REGARD. IN SALA IL 12 MAGGIO
“Parlarvi di Pericle il nero che sarà a Cannes in concorso in Un Certain Regard è la coronazione di un sogno grande e largo che comprende le persone che sono qui al mio fianco, manca purtroppo Valeria che è New York con Per amor vostro. Significa che abbiamo allora fatto bene a lavorare due anni e mezzo come dei matti per realizzare questo film”. Così Riccardo Scamarcio che oltre ad essere il protagonista, è anche il produttore con Buena Onda (Valeria Golino e Viola Prestieri), insieme a Rai Cinema, del film di Stefano Mordini, un mix di noir, dramma, humor e una certa teatralità. 

Pericle il nero
, tratto liberamente dall’omonimo romanzo di Giuseppe Ferrandino, è un progetto che risale ai primi mesi del 2013 quando la Buena Onda, su suggerimento dello stesso Scamarcio, opzionò i diritti del libro che in passato aveva interessato Abel Ferrara e Francesco Patierno.
Pericle Scalzone, detto Il nero, di lavoro 'fa il culo alla gente' per conto di un boss camorrista emigrato in Belgio. Pericle stordisce la vittima colpendolo con un sacchetto di sabbia e poi la sodomizza. "Quando la persona è svergognata capisce e riga diritto”. Pericle è un orfano che ha trovato accoglienza e protezione nella Famiglia di Don Luigi (Gigio Morra). E’ un reietto della società, un uomo apparentemente sgradevole, considerato uno stupido dai componenti del gruppo camorrista. Durante una spedizione punitiva per conto del boss, Pericle commette un grave errore. Scatta la sua condanna a morte. In una rocambolesca fuga che lo porterà fino a Calais, Pericle incontra Anastasia (Marina Foïs), una donna separata che mantiene con fatica due figli e che lo accoglie senza giudicarlo e gli mostra la possibilità di una nuova esistenza. Ma Pericle dovrà fare i conti con un passato ingombrante.

Pericle il nero, in sala il 12 maggio con Bim, come spiega una delle sceneggiatrici Francesca Marciano è diviso in tre atti: il primo rimanda a un film noir, il secondo è costruito sui sentimenti intimi, il terzo ha un ritmo teatrale. Più volte la voce fuori campo di Scamarcio esprime il continuo flusso di pensieri ed emotività di Pericle che fa da contrappunto alla sua incapacità di esprimersi.

Mordini, come è nato il film?
E’ stato Scamarcio a propormi l’idea di portare sul grande schermo il libro di Ferrandino, cosa non facile perché la struttura del racconto è un flusso di pensieri del protagonista all’interno di un plot non molto chiaro. Ho spostato la vicenda in Belgio e Francia perché l’ambientazione a Napoli del libro richiedeva una conoscenza e un approfondimento delle logiche delle relazioni che in quanto non napoletano non avrei affrontato nella maniera corretta. La collocazione nel nord Europa mi ha consentito così di lavorare in un mondo di emigrati dall’Italia, di azzerare il contesto del libro e scoprire questa storia in una sorta di non luogo dove Pericle, quest'orfano, potesse costruirsi una sua memoria, una sua famiglia e un luogo in cui stare.

Nel film il tema centrale non sembra essere la criminalità?

Fin dall’inizio volevo prendere le distanze dalla violenza raccontata in forma di eroismo e mostrare la miseria della criminalità. Tutto questo partendo da alcuni personaggi del libro - la madre di Pericle o Signorinella - abbiamo ricercato e ricostruito le storie autentiche che li hanno ispirati. E’ importante farlo, perché siamo invasi da gangster movies che raccontano giustamente un certo tipo di realtà, ma poi manca anche l’altro tipo di rapporto. Pericle da subito ha abbracciato questo punto di vista.

E’ soprattutto un film sulla solitudine di un uomo?
Il racconto della solitudine è un po’ la mia ossessione e nel libro essa è forte, con Pericle che proviene da una ‘famiglia’ più grande che lo vuole morto e trova rifugio in una famiglia vera.

Lei ha scelto di misurarsi con il noir.
Lavorare con i generi è divertente, perché puoi trasformare gli stilemi. Qui mi sono confrontato con il noir: la voce fuori campo per il travaglio esistenziale, la città di notte, senza tuttavia appoggiarmi in modo completo a questo genere.

Come è stato il rapporto con i fratelli Dardenne?
Non è la prima volta che producono generi diversi dal loro cinema. Il vero rapporto è stato sul territorio e con alcuni loro collaboratori. Abbiamo girato a Liegi, e hanno apprezzato da subito la sceneggiatura, facendo solo due appunti su dettagli importanti.

E il lavoro con gli attori?

Abbiamo avuto un approccio fatto di grande preparazione e grande rimozione, ci siamo presi il rischio di scoprire che cosa stava succedendo in scena, mantenendo sempre la linea dettata dalla scrittura, ma non avendo paura di dare ai personaggi la possibilità di prendersi sul set i propri spazi di crescita. Al personaggio di Pericle abbiamo sempre aggiunto elementi.

Come ha sviluppato il finale?

Nella parte conclusiva del film c’è un eccesso di parole che funzionano, non tanto per spiegare quanto è accaduto, quanto come azione e inquadrature per mettere in scena verità che non esistono. O meglio uno scontro di verità dal quale Pericle si chiama fuori per trovare finalmente la sua identità e un suo punto di vista.
 
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