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5 motivi per cui Narcos è sopravvissuta alla morte di Pablo Escobar

Post n°13992 pubblicato il 11 Settembre 2017 da Ladridicinema
 

 

La terza stagione, orfana di Pablo Escobar, riesce comunque a mettere in scena una storia emozionante e trasformandosi in un racconto corale sulla lotta alla droga

Con la fine della seconda stagione e la morte di Pablo Escobar, in molti pensavano che Narcos si sarebbe conclusa, ma pensavano male, perché la storia del narcotraffico offre sempre nuovi e interessanti spunti per un drug drama ricco di tensione, scene splatter e qualche malparido urlato al momento giusto.

Tuttavia i dubbi per questa terza stagione di Narcos erano molti, la figura di Pablo Escobar, il suo fascino, il suo carisma e l’interpretazione dell’attore brasiliano Wagner Moura non sono proprio facilissime da rimpiazzare. Il rischio di una serie priva mordente era dietro l’angolo e nelle prime puntate si avverte una mancanza, come se la storia girasse a vuoto, alla ricerca di un’anima.

Poi per fortuna le cose si rimettono presto in carreggiata e il risultato finale è un ottimo show che pur indugiando nei cliché delle parabole criminali li ribalta, se prima la Dea era un’organizzazione ricca di contraddizioni ora queste si trovano all’interno di Cali, che si prepara a mettere in atto un’assurda quanto improbabile patteggiamento col Governo.

In questo modo la serie trova una sua forza e una sua identità, che possiamo riassumere in questi cinque punti cardine.

1. Pedro Pascalnarcos-3

Senza nulla togliere a Boyd Hollbrook, che con la sua faccia da biondino americano standard sembrava sempre un po’ fuori posto, la scelta di usare l’attore cileno Pedro Pascal come nuova voce narrante si è rivelata vincente. Dal punto di vista recitativo, come abbiamo scoperto in Game of Thrones, Pascal è bravo e il suo accento ispanico nelle parti narrative dona a tutto maggiore credibilità rispetto all’accento sudista e un po’ strascicato di Hollbrook.

Inoltre è senza dubbio molto convincente nel mettere in scena un agente ossessionato dalla cattura dei narcotrafficanti, sia dal punto di vista del personaggio. Peña vive nel mezzo tra i due mondi, tra gli Stati Uniti e il Sudamerica, tra la legalità e la necessità, incarna tutte le contraddizioni di una lotta alla droga che si è dovuta alleare con personaggi discutibili per detronizzare Escobar e adesso ne paga il prezzo.

2. Un protagonista che emerge sulla distanzaNARCOS

In questa terza stagione tutto sembra ruotare attorno all’agente Peña e al suo conflitto col cartello di Cali, ma dopo qualche puntata il vero centro della storia diventa Jorge Salcedo, responsabile della sicurezza del cartello, un uomo normale gettato in mezzo ai lupi che cerca di mantenere la sua umanità e che col tempo finirà per diventare l’arma più importante della Dea. In mezzo a trafficanti senza scrupoli, poliziotti corrotti e agenti ossessionati la figura di Salcedo emerge come qualcosa di nuovo all’interno della classica narrazione di genere e si rivela sostanzialmente come il vero protagonista di un racconto che in teoria dovrebbe ruotare attorno ai quattro di Cali. Non a caso il vero Salcedo, che oggi è vivo grazie al programma di protezione testimoni, è stato coinvolto come consulente per questa terza stagione.

3. Incertezza, sempreNARCOS

Fino a poco prima di morire, Escobar è sempre sembrato un personaggio col pieno controllo della situazione, niente poteva scalfirlo, tutti lo temevano e la sua mania di grandezza non sembrava avere fine. Nella terza stagione di Narcos invece nessuno è al sicuro, i quattro di Cali sono costantemente braccati dalla Dea, nonostante il loro incredibile apparato di sicurezza, tutti corrono il rischio di una retata, un colpo in testa o un licenziamento da parte dei proprio superiori, su entrambi i fronti della lotta alla droga. Questa continua incertezza rendere la storia molto più ricca di svolte e colpi di scena. Non siamo di fronte all’inarrestabile salita al potere di una forza che nessuno può contrastare, ma stiamo assistendo allo spettacolare crollo di un enorme ghiacciaio fatto di cocaina.

4. Un racconto coraleiuiaAx5wNlbDCAO0wiQy0RIlUt

Wagner Moura offriva senza dubbio una prova attoriale importante, ma tendeva a catalizzare su di sé tutta l’attenzione, il risultato è che ogni scena in cui non era presente perdeva subito interesse. Senza il suo fardello, Narcos è libera di dare spazio a personaggi di ogni tipo, arricchendone la caratterizzazione e offrendo allo spettatore un affresco più variegato e particolareggiato. I quattro membri del cartello di Cali incarnano quattro volti di Escobar: il calcolo, la violenza, la voglia di riscatto e il carisma, ma ognuno lo fa a modo suo, con una propria personalità, rendendo il tutto ancora più eterogeneo. Accanto a loro si sviluppano un sacco di altre storie che non offuscano il quadro generale, ma lo rendono più interessante, più vivo e reale.

5. L’azione

In media questa terza stagione sembra aver maggiormente bilanciato le sue componenti tra azione e riflessione, tra dialogo e gesto. Ogni puntata riesce dunque a offrire momenti in cui viene messa in mostra tutta la violenza del Cartello o la tensione per una retata che potrebbe finire malissimo, ma allo stesso tempo non vengono meno scambi di battute sul filo del rasoio in cui la posta in gioco è sempre altissima. Avere a che fare con un’associazione come quella di Cali voleva dire mettere ogni giorno la propria vita in mano a persone con un grandissimo potere, dotata di una incredibile rete di spie e che non ci avrebbe pensato neppure un secondo a farti a pezzi e ogni battuta e là per ricordarcelo.

 
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