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Mine

Post n°14957 pubblicato il 14 Marzo 2019 da Ladridicinema
 

Mike è un tiratore scelto dei marines che assieme a Tommy, compagno e amico di sempre, viene inviato segretamente nel deserto per uccidere un pericoloso terrorista. Durante la missione qualcosa non funziona e i due soldati, si perdono in una tempesta di sabbia e restano isolati dal comando. Alla ricerca di una via di fuga, con i terroristi alle spalle, finiscono in un campo minato e Mike calpesta accidentalmente una mina mentre il compagno viene dilaniato. Bloccato nel mezzo del deserto, in campo nemico e senza rifornimenti, dovrà cercare di sopravvivere.
Fabio Guaglione e Fabio Resinaro al loro esordio come registi hanno deciso di porre l'asticella decisamente in alto. Perché la decisione iniziale era quella di conservare unità di tempo e di luogo nlla narrazione essendo consapevoli che c'era già chi, con Buried - Sepolto, aveva toccato i vertici chiudendo il protagonista in una bara. Hanno così deciso di invertire la situazione ponendo il loro protagonista in uno spazio aperto ma al contempo aspro bloccandolo in una condizione di immobilità. Nel passato c'era già stato un film che collocava un personaggio su una mina che poteva esplodere al minimo movimento. Si tratta di No Man'S Land opera prima di Danis Tanovic. Mentre però in quel contesto (la guerra serbo-bosniaca) la riflessione si orientava sul versante politico qui la scelta è decisamente diversa. Perché i due Fabio (come si firmano nei titoli di testa) hanno deciso di affrontare il tema delle mine con un'ottica del tutto particolare. Mentre non ci fanno dimenticare che diversi territori del nostro pianeta sono disseminati di ordigni che seminano morte per anni, dopo che le guerre sono formalmente terminate, allargano il campo e, grazie a un Armie Hammer decisamente all'altezza del ruolo, aprono il film alla dimensione psicologica. Perché non solo un soldato in zona di conflitto può trovarsi bloccato su una mina rischiando la propria esistenza. 
Tutti noi possiamo aver vissuto, nel corso delle nostre vite, uno o più momenti in cui ci sentivamo paralizzati dinanzi alla paura che ci imponeva una scelta o a un ricordo negativo del passato che ci impediva di andare avanti. I due registi sanno tradurre in immagini, senza perdere mai di tensione (perché questo era il rischio), questa condizione interiore. Il deserto si trasforma così in uno spazio in cui, come nell'astronave di Solaris di Andrei Tarkovsky, l'inconscio si materializza non consentendo fughe.

 
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