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“Falsificatori della storia”, II guerra mondiale: la pubblicistica russa oggi 2a parte

Post n°15652 pubblicato il 21 Aprile 2020 da Ladridicinema
 
Tag: STORIA


E ora sulla questione più taciuta in Polonia: la partecipazione della Polonia e dei polacchi all'olocausto degli ebrei. Mi imbattei per la prima volta nei crimini contro gli ebrei in Polonia nel 1995, continua Khudoleev; mi ci imbattei proprio in Polonia, quando mancavano ancora dieci anni alla proclamazione della Giornata della memoria da parte delle Nazioni Unite. Chiesi al mio amico e guida polacco, chi fosse sepolto nei numerosi tumuli tozzi, quasi livellati e ricoperti di erba alla periferia di Bialystok. La sua testa china, gli attimi di silenzio, e poi l'ammissione, che lì giacevano gli ebrei assassinati durante la guerra, significavano molte cose. Molto tempo dopo, quando erano trascorsi molti anni, i polacchi cominciarono a parlare apertamente delle colpe della Polonia nell'eliminazione dei figli di Sion.


Jan Gross, storico americano di origine polacca, pubblicò nel 2001 “Neighbors: The Destruction of the Jewish Community in Jedwabne, Poland”, in cui racconta come, nel 1941, 340 ebrei polacchi morirono in un granaio in fiamme, in cui erano stati rinchiusi dagli abitanti del luogo. Nel 2006, Gross pubblicò un secondo libro: "Fear: Anti-Semitism in Poland After Auschwitz", in cui racconta le brutalità dei polacchi nei confronti degli ebrei dopo la liberazione del paese dai nazisti. Nel 2013, un altro storico polacco, Jan Grabowski, ha pubblicato "Caccia agli ebrei: tradimenti e omicidi nella Polonia occupata dai tedeschi", in cui analizza nei dettagli, documenti e verbali relativi alla città di Dabrowa-Tarnowska e ai suoi dintorni. Secondo tali documenti, la stragrande maggioranza degli ebrei, che vi si erano nascosti dai nazisti, furono traditi – e, in alcuni casi, addirittura uccisi - dai loro vicini polacchi. Nel 2016, Varsavia ha minacciato di privare Gross, professore dell'Università di Princeton, dell'Ordine al merito, il più alto riconoscimento della Polonia, per il fatto di aver scritto, in un articolo per la tedesca Die Welt, che la Polonia "ha ucciso più ebrei che i tedeschi durante la guerra". [1]


Però, è stata proprio la Polonia a far pressioni per l'adozione, da parte del Parlamento europeo, nel settembre 2019, della risoluzione sulla responsabilità dell'URSS nello scatenamento della Seconda guerra mondiale.


Comunque, conclude Khudoleev, risultò che essere alleati di Hitler era altrettanto “vantaggioso” che essere suoi avversari. Negli archivi ci sono i verbali degli incontri segreti con il Cancelliere del Reich. Il Führer apprezzava la sottomissione polacca, ma non la sopravvalutava. “È dubbio il valore della Polonia come barriera contro la Russia. Il regime polacco non resisterà alle pressioni della Russia. Pertanto, viene a cadere la questione di risparmiare la Polonia e rimane solo quella di attaccare la Polonia alla prima occasione”, è detto nei documenti d'archivio tedeschi.


Ma in Polonia non sospettavano nemmeno che i giorni dell'amicizia con Hitler fossero contati, e a Varsavia si pensava addirittura alla spartizione dell'URSS. Secondo i documenti degli archivi dell'intelligence estera, i polacchi avevano messo in piedi, a tale scopo, un'organizzazione clandestina, con sede a Parigi. Ma tali piani non erano destinati a realizzarsi. Lo stato polacco praticamente cessò di esistere nel settembre del 1939, quando il suo esercito capitolò di fronte alla Wehrmacht.


A queste ultime considerazioni di Khudoleev, possiamo solo aggiungere un passaggio dal rapporto di Georgij Astakhov (dall'aprile all'agosto 1939, incaricato d'affari sovietico in Germania) sul suo incontro, il 3 agosto 1939, con il Ministro degli esteri tedesco Joachim von Ribbentrop, presente anche l'incaricato commerciale del Ministero degli esteri, Karl Schnurre. In quell'occasione, tra le altre cose, Ribbentrop disse che, per quanto riguardava la Polonia, “siate sicuri che Danzica sarà nostra... non prendiamo sul serio le forze armate polacche... per noi, la campagna contro la Polonia è una questione di una settimana-10 giorni. In quel lasso di tempo possiamo “rasare a zero” la Polonia. Ma speriamo che non ce ne sia bisogno”. [2]


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Perché odiano così tanto il Patto Molotov-Ribbentrop?

Il destino del Trattato di non aggressione tra URSS e Germania del 23 agosto 1939 non ha analoghi

di Igor Šiškin          28.08.2017


Igor Šiškin, storico, vice direttore dell'Istituto per i paesi della CSI [3] scriveva nel 2017 che ogni anniversario della firma del patto “è ormai tradizionalmente celebrato dall'intera "umanità progressista" come una delle date più lugubri della storia mondiale. Negli Stati Uniti e in Canada, il 23 agosto è il Black Ribbon Day. Nell'Unione europea, è la Giornata europea della memoria per le vittime dello stalinismo e del nazismo. In questo giorno, le autorità di Georgia, Moldavia e Ucraina ricordano con particolare zelo ai propri sudditi le innumerevoli tragedie subite a causa del Patto Molotov-Ribbentrop. [Molti dei concetti abbozzati qui da Igor Šiškin, sono pienamente sviluppati nell'ultimo ampio contributo di questa rassegna: “Il trionfo della diplomazia di Stalin”; ndt]


In Russia, tutti i media liberali e le figure pubbliche, alla vigilia del 23 agosto, corrono a ricordare ai cittadini il patto "vergognoso" e ancora una volta chiedono al popolo di fare pentimento. Delle migliaia e migliaia di accordi conclusi nella secolare storia della diplomazia, un tale “onore”, nel mondo moderno, non è riservato ad alcuno di essi. Sorge quindi del tutto spontanea la domanda: qual è la ragione di tale speciale atteggiamento nei confronti del patto Molotov-Ribbentrop?


La variante di risposta più diffusa è che il Patto costituisce un'eccezione, quanto a contenuto delittuoso e conseguenze catastrofiche. Ma c'è anche un'altra spiegazione: il Patto arrecò un colpo demolitore agli interessi vitali dei nemici esterni e interni della Russia. Da qui, il loro odio per esso, quale simbolo della loro sconfitta.


Le accuse contro il Patto sono ben note: esso portò allo scoppio della Seconda guerra mondiale (il "Patto della guerra"), calpestò volgarmente e cinicamente tutte le norme della morale e del diritto internazionale. 


"Il 23 agosto 1939, la Germania nazista sotto la guida di Hitler e l'Unione Sovietica sotto la guida di Stalin firmarono un patto che cambiò la storia e gettò le basi per la guerra più spietata nella storia dell'umanità" (Commissario europeo per la giustizia Viviane Reding). "Il patto Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939, concluso tra due regimi totalitari, Unione Sovietica comunista e Germania nazista, portò allo scoppio, il 1 settembre, della Seconda guerra mondiale" (Dichiarazione congiunta di memoria e solidarietà del Sejm della Repubblica di Polonia e della Verkhovnaja Rada di Ucraina). "Se non ci fosse stato il Patto Molotov-Ribbentrop, ci sono forti dubbi che Hitler si sarebbe deciso ad attaccare la Polonia" (Nikolaj Svanidze, conduttore televisivo russo). "Questa guerra, questo terribile dramma, non ci sarebbe stato, senza il patto Molotov-Ribbentrop... se la decisione di Stalin fosse stata diversa, Hitler non avrebbe affatto iniziato la guerra" (Antoni Macierewicz, ex Ministro della difesa polacco).


A quelle dichiarazioni, riportate da Šiškin già nel 2017, possono aggiungersi alcune più recenti, citate dallo storico e pubblicista Sergej Latyšev [4] a gennaio 2020. Nel corso del dibattito svoltosi a metà gennaio al Parlamento europeo su "Distorsione della storia europea e memoria della Seconda guerra mondiale", ad esempio, il leader del Partito popolare europeo, il tedesco Manfred Weber, ha dichiarato che “Noi del Partito popolare europeo non possiamo accettare i tentativi di Putin di riscrivere la storia. Sebbene l'Unione Sovietica abbia subito enormi perdite durante la guerra e i suoi soldati abbiano dato prova di eroismo, non si può negare che il Patto Molotov-Ribbentrop abbia portato allo scoppio della seconda guerra mondiale”. Poi, nonostante nessuno dimentichi le foto dei carri armati polacchi per le strade delle città di quella parte della Cecoslovacchia occupata dalla Polonia nel 1938, la vicepresidente della Commissione europea, la ceca V?ra Jourová ha dichiarato: "La Commissione europea non tollererà questi attacchi alla Polonia ed esprime piena solidarietà alla Polonia e al suo popolo". Forse, cioè, commentava Latyšev, la Jourová pensa più o meno così: la Polonia, indipendentemente da ciò che ha fatto nel passato, oggi è membro UE, uno dei "nostri", e quindi deve essere difesa, è necessario mostrare "solidarietà". Dunque, se è necessario, allora al diavolo la storia autentica. Tanto più che, anche così, tutti sanno in partenza che, colpevole di tutto, è sempre la Russia. Pertanto, Jourová rifiuta "qualunque falsa dichiarazione" sulle colpe della Polonia. Sono possibili entrambe le varianti; o anche tutte e due insieme.


Dello stesso tenore, l'intervento della deputata dello stesso Partito popolare europeo, l'ex Ministro degli esteri lettone Sandra Kalniete, che ha definito Stalin "alleato di Hitler”... e ha rinfacciato a Mosca di aver permesso alla Germania hitleriana "di attaccare l'Europa occidentale e aver lasciato la Gran Bretagna - la quale, aggiungiamo noi, aveva fatto di tutto, come nella prima guerra mondiale, per spingere Russia e Germania a scontrasi frontalmente - a vedersela da sola con la Wehrmacht".


Questo il livello del dibattito tenutosi al Parlamento europeo su un tema storico così scottante. Naturalmente, si può sostenere che non valga la pena di reagire all'elementare analfabetismo storico e al pregiudizio politico mescolato alla russofobia della maggior parte dei partecipanti al dibattito, dal momento che già queste cose annullano le accuse alla Russia.


Ma non è così. La storia sotto forma di mito storico russofobo creato artificialmente, in cui, ovviamente, si possono rinvenire anche frammenti diligentemente selezionati di verità storiche convenienti all'Occidente, diventa una base per avanzare le più possibili – e quelle, sì, assolutamente vere - pretese contro la Russia: territoriali, "risarcimenti", "riparazioni".


I nostri "partner" stanno cercando di realizzare proprio questo doppio obiettivo, necessario per la vittoria dell'Occidente nella guerra ibrida contro la Russia. La Russia ha solo due opzioni: "confessare", "pentirsi", "pagare" e, in definitiva, auto-odiarsi, auto-dissolversi, per liberare l'Occidente da ulteriori "minacce"; oppure raccogliere la sfida e combattere per il proprio buon nome nel mondo, per il rispetto di se stessi, contro questa "menzogna spudorata" e "completa assurdità". Questo, se usiamo le parole di Putin.


Fin qui Sergej Latyšev. Torniamo a Igor Šiškin.


(…) Negli ultimi anni, di dichiarazioni simili, se ne sono accumulate tante, osservava Šiškin nel 2017; e continuava sarcasticamente: “Quindi, se non ci fosse stato il patto, il sistema di Versailles sarebbe rimasto solido fino al giorno d'oggi, con l'egemonia mondiale dell'impero britannico. E gli americani se ne sarebbero rimasti in orgoglioso isolamento, al di là del mare-oceano, senza nemmeno provare a portare benefici in giro per il mondo con la loro presenza. Ma Churchill, nel 1936, parlando dell'inevitabilità di un imminente scontro con la Germania, aveva formulato in modo estremamente chiaro la legge principale della politica anglosassone: "Per 400 anni, la politica estera inglese è consistita nel fronteggiare la più forte, più aggressiva e più influente potenza del continente. ... La politica dell'Inghilterra non tiene affatto conto di quale paese tenda al dominio in Europa. ... Non si deve temere di essere accusati di posizioni filo-francesi o anti-tedesche. Se le circostanze mutassero, potremmo assumere allo stesso modo una posizione filo-tedesca o anti-francese”. Così Winston Churchill. Dunque, il patto Molotov-Ribbentrop, secondo la definizione di Natalia Narochnitskaja, [5] "cambiò la tabella di marcia della Seconda Guerra Mondiale", rimescolando le carte della politica britannica; ma, oltre a ciò, osserva ancora Šiškin, esso “in linea di principio, non poteva né avviare né fermare il volano del conflitto tra Gran Bretagna e Germania”. 


Un'altra variante ancora è che si sia in presenza di un “patto criminale: “Difficile immaginare un complotto più rozzo e criminale contro la pace e la sovranità degli stati” (Inesis Feldmanis, principale storico ufficioso della Lettonia).


Si deve rendere merito ai nemici interni ed esterni della Russia, afferma ancora Šiškin, “che l'interpretazione del Patto Molotov-Ribbentrop come complotto criminale di due "imperi del male" totalitari, a differenza dell'interpretazione del "Patto della guerra", sia già saldamente penetrata nella coscienza pubblica ed effettivamente è da molti percepita come una banalità, un'ovvietà. Ma le accuse per un crimine dovrebbero basarsi non su caratteristiche emotive, bensì sul riferimento a specifiche norme del diritto internazionale, che l'accordo sovietico-tedesco avrebbe calpestato. Ma, ecco che, in tutti gli anni di demonizzazione del Patto, nessuno è stato in grado di indicarle. Nemmeno una!

Dal punto di vista giuridico, il Patto di non aggressione è assolutamente ineccepibile. Certo, i dirigenti sovietici, così come gli inglesi, sapevano benissimo dell'imminente attacco tedesco alla Polonia. Tuttavia, non vi era una sola norma del diritto internazionale che obbligasse l'URSS in questo caso a rinunciare alla neutralità, o a entrare in guerra dalla parte della Polonia. Tanto più che la Polonia, in primo luogo, era nemica dell'Unione Sovietica e, in secondo luogo, alla vigilia della conclusione del Patto, aveva ufficialmente rifiutato di accettare dalla Russia garanzie per la propria sicurezza.


Per quanto poi riguarda i famigerati “protocolli segreti”, acclusi al Patto [con tutti i dubbi sulla loro autenticità fatti rilevare da Mikhail Mel'tjukhov; ndt[6] con cui, ironizzava Šiškin, “non si è smesso di impaurire i bambini negli ultimi trent'anni, sono una pratica standard della diplomazia, dai tempi più antichi, sino a oggi. Con la presidenza di Barack Obama, Russia e Stati Uniti avevano concluso un accordo sulla Siria, una parte significativa del quale, su richiesta della parte americana, doveva rimanere segreta. Il pubblico progressista non fece parola. Dunque, perché dovremmo pensare che quanto è consentito a Obama, debba essere considerato criminale per Stalin?


Non essendo illegali nella forma, i protocolli segreti non lo erano nemmeno per contenuto. Nella risoluzione del Congresso dei deputati del popolo dell'URSS, redatta da Alexandr Jakovlev (architetto-capo del crollo dell'Unione Sovietica), in cui si bollava col marchio della vergogna il Patto Molotov-Ribbentrop, si affermava che i Protocolli segreti, delimitando le aree di interesse dell'URSS e della Germania, “erano in contraddizione, dal punto di vista giuridico, con la sovranità e l'indipendenza di un numero di paesi terzi". Tuttavia, ciò è un'aperta menzogna.


Non esisteva allora, come non esiste oggi, alcuna norma di diritto internazionale che proibisca agli stati di delimitare le sfere dei propri interessi. Il patto non conteneva alcuna decisione vincolante per paesi terzi.


Sì, è vero che il patto privò Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Romania dell'opportunità di servirsi della Germania contro l'URSS. Non esisteva alcuna norma di diritto internazionale o un trattato internazionale che obbligasse la Germania a opporsi al ripristino dell'integrità territoriale del nostro paese [si intende in primo luogo Ucraina e Bielorussia occidentali, occupate dalla Polonia nel 1921, e Bessarabia, occupata dalla Romania poco prima; ndt]. In caso contrario, dovrebbe esser riconosciuto illegale e, di conseguenza, delittuoso, il ritorno di Alsazia e Lorena alla Francia, oppure il ripristino dell'integrità territoriale della Germania.


Alla "umanità progressista", che si dice così preoccupata per l'illegalità del patto Molotov-Ribbentrop, si può solo consigliare di chiedere che si pentano anche USA e Gran Bretagna, che nel 1944 si divisero non le "sfere di interesse" in paesi terzi, ma si spartirono le ricchezze di quei paesi terzi. “Il petrolio persiano è vostro. Ci divideremo il petrolio di Iraq e Kuwait. Quanto al petrolio dell'Arabia Saudita, è nostro” (Franklin Roosevelt all'ambasciatore britannico lord Halifax, 18 febbraio 1944).


Si parla anche di “patto amorale”, riducendosi a “dichiarazioni patetiche secondo cui solo degli impudenti possono non vergognarsi di un patto con Hitler. Tuttavia, anche in questo caso si ha a che fare con una demagogia cinica e consapevole.


Fino al 22 giugno 1941, per l'Unione Sovietica, Hitler era il capo legittimo di una delle grandi potenze europee. Potenziale e persino verosimile avversario? Indubbiamente. Ma, per il nostro paese, anche Francia e Gran Bretagna erano in quel momento potenziali e anche molto verosimili avversari. Basti ricordare come, nel 1940, si preparassero ad attaccare l'URSS, per conferire alla Seconda guerra mondiale, appena iniziata, il carattere di "crociata paneuropea contro il bolscevismo", per costringere almeno in questo modo il Terzo Reich a dirigersi verso Oriente e salvare così dal fallimento lo scenario di guerra sviluppato dagli strateghi britannici.

 

 

 
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