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Un collettivo per 20 film (l'unità)

Post n°2288 pubblicato il 21 Febbraio 2009 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

di Gabriella Gallozzi L'Italia che non racconta il  Grande fratello, né  Sanremo o gli infiniti talk-show televisivi. E invece  l'Italia reale, quella che non si scopre attraverso i media del pensiero  unico, quella del lavoro e del lavoro che non c'è, della solidarietà e  della perdita di valori. Quella dei conflitti sociali e non solo da  «condominio» come ormai si è ridotta nelle istantanee offerte dalla  televisione. Insomma, un «racconto mirato al recupero della vera conoscenza  di questo paese» attraverso il cinema. Anzi, attraverso 20 film che saranno  realizzati da un «collettivo» di autori, sceneggiatori, scenografi,  produttori volenterosi che, davanti all'«emergenza cultura» che stiamo  vivendo, hanno scelto la via del fare.

È questo il progetto produttivo «Un  paese o no» promosso da Rifondazione comunista e presentato ieri a Roma in  un affollato incontro. Un progetto «aperto» a tutti gli operatori del  settore - cinema, teatro, musica, danza - e al quale, fin qui, hanno già  aderito in una quarantina: da Mario Monicelli a Pasquale Pozzessere, da  Wilma Labate a Daniele Vicari, da Giuliana Gamba a Citto Maselli, da Ugo  Gregoretti a Carmine Amoroso. Un nutrito gruppo destinato a crescere col tempo. «Di fronte ai tagli alla cultura e al sapere operati dal governo Berlusconi, tagli che costituiscono di fatto delle riforme concrete dei  settori di produzione e trasmissione dei saperi», spiega Stefania Brai  responsabile cultura di Rifondazione, «rivolgiamo un appello agli operatori
e ai lavoratori del settore affinché diano vita ad un progetto che consenta  di continuare a raccontare ed interpretare la vita vera del nostro paese».

Perché un paese che non si racconta, non esiste. «Nei reality e in tv si racconta un'altra Italia» spiega lo sceneggiatore  Giorgio Arlorio, «Se pensate che al delitto di Cogne sono state dedicate  addirittura 89 trasmissioni... Noi vogliamo, invece, raccontare il paese che non si conosce. Potrà sembrare utopico ma è un progetto che nasce dalla passione». Dalla «nostra vocazione a non farci chiudere la bocca»,  sottolinea Grazia Volpi, produttrice dei Taviani. Una «opportunità di aggregazione, di scambio, un modo per ritrovare la propria identità», sottolinea Roberto Perpignani, nome illustre del montaggio made in Italy, «perché questo è il cinema, l'impegno condiviso per ridare un'immagine aggiornata e condivisa del paese».

Un'Italia «conflittuata - precisa Citto  Maselli - che rifugga dall'estetica del "carino" dominante ai nostri giorni». Nel concreto, si tratta di realizzare 20 film a basso costo, ma comunque  retribuiti, sottolinea Arlorio «perché fondamentale è amnche la questione
lavoro». L'appello, dunque, in termini di finanziamento è rivolto a tutti i  referenti possibili: istituzioni, enti locali, film commission. «Cerchiamo  per il momento - spiega Grazia Volpi - 8 milioni di euro. Normalmente con  questa cifra si realizza un film. Noi, invece, ne faremo venti, puntanto  comunque sulla qualità». Entro l'anno il «colletivo» si costituirà in associazione culturale proprio per guardare «al futuro». «In tempi in cui  si parla solo di tagli - conclude Arlorio - di mettere in cassa  integrazione e di chiudere, noi vorremmo cominciare ad aprire: è questo lo  scopo del progetto». (Per le adesioni filmtre@tin.it)

 
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