Creato da: Ladridicinema il 15/05/2007
Blog di cinema, cultura e comunicazione

sito   

 

Monicelli, senza cultura in Italia...

 
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Maggio 2017 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

tutto il materiale di questo blog può essere liberamente preso, basta citarci nel momento in cui una parte del blog è stata usata.
Ladridicinema

 
 

Ultimi commenti

Contatta l'autore

Nickname: Ladridicinema
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 40
Prov: RM
 
Citazioni nei Blog Amici: 28
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

FILM PREFERITI

Detenuto in attesa di giudizio, Il grande dittatore, Braveheart, Eyes wide shut, I cento passi, I diari della motocicletta, Il marchese del Grillo, Il miglio verde, Il piccolo diavolo, Il postino, Il regista di matrimoni, Il signore degli anelli, La grande guerra, La leggenda del pianista sull'oceano, La mala education, La vita è bella, Nuovo cinema paradiso, Quei bravi ragazzi, Roma città aperta, Romanzo criminale, Rugantino, Un borghese piccolo piccolo, Piano solo, Youth without Youth, Fantasia, Il re leone, Ratatouille, I vicerè, Saturno contro, Il padrino, Volver, Lupin e il castello di cagliostro, Il divo, Che - Guerrilla, Che-The Argentine, Milk, Nell'anno del signore, Ladri di biciclette, Le fate ignoranti, Milk, Alì, La meglio gioventù, C'era una volta in America, Il pianista, La caduta, Quando sei nato non puoi più nasconderti, Le vite degli altri, Baaria, Basta che funzioni, I vicerè, La tela animata, Il caso mattei, Salvatore Giuliano, La grande bellezza, Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Todo Modo, Z - L'orgia del potere

 

Ultime visite al Blog

vento_acquaalex.18trancoacer.250AVV_PORFIRIORUBIROSATEMPESTA_NELLA_MENTESense.8cassetta2surfinia60monellaccio19iltuocognatino1mario_fiyprefazione09LiledeLumiLMiele.Speziato0Ladridicinema
 

Tag

 
 

classifica 

 

Messaggi di Maggio 2017

 

Polanski e l’ossessione per la verità da cinecittànews

Post n°13872 pubblicato il 28 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

CANNES – E’ tra i film più apprezzati del festival quello presentato fuori concorso da Roman PolanskiBased on a True Story, annunciato l’anno scorso proprio a Cannes. Un film nato dalla collaborazione con Olivier Assayas, che ne ha firmato la sceneggiatura: “Mi è molto piaciuto far parte dello staff di Roman, in questo film ho messo me stesso al servizio della sua visione cinematografica”.  Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Delphine de Vigan, rispetto al quale rimane sostanzialmente fedele. “Merito di Assays, sottolinea Polanski, che è riuscito a comprimere nella sceneggiatura un libro di cinquecento pagine, e niente è andato perduto”. Un atteggiamento, quello della fedeltà al materiale originale, tipico di Polanski che rivela di essere stato durante l’infanzia spesso deluso dagli adattamenti cinematografici dei suoi romanzi preferiti, in cui magari proprio i personaggi più amati scomparivano, tanto da riproporsi per la sua carriera futura di rimanere sempre fedele alle storie originali.

Al centro del racconto la crisi creativa e personale di una scrittrice di successo, interpretata dalla moglie di Polanski, Emmanuelle Seigner, autrice di un romanzo dedicato alla madre che è diventato un best-seller. Tormentata da lettere anonime che l’accusano di aver dato la sua famiglia in pasto ai leoni, e in pieno stallo creativo, incontra una giovane donna, Eva Green (Sin City), affascinante ed intelligente ghostwriter che sembra capirla meglio di chiunque altro. Ma man mano che si fa strada nella sua vita, i dubbi su di lei aumentano. “Non ho voluto definire il carattere di questo personaggio che ho lasciato ambiguo - spiega Polanski. Non si sa mai se è o meno un personaggio reale, lascio che sia il pubblico a deciderlo”. A chi chiede, poi, al regista com’è lavorare sul set con sua moglie che ha diretto più volte: “Più facile che viverci insieme”, risponde scherzando. “Abbiamo da sempre sul set una relazione molto professionale, e non ho trovato diverso lavorare con Emanuelle piuttosto che con Eva. Sul piano personale la tentazione per un regista è continuare a dirigere la propria attrice anche nella vita. Ma quando torno a casa dimentico il set e voglio parlare d'altro”. Ed è stata proprio Emmanuelle a proporre a Polanski questa storia in cui, per la prima volta nel suo cinema, sono due donne le protagoniste di un confronto ambiguo che ha affascinato subito Polanski. “Appena ho letto il libro ho pensato che fosse un materiale interessante per Roman e gliel’ho proposto. Ma non sono io la sua fonte d'ispirazione, al contrario è lui la mia”.

Rispetto all’ossessione del pubblico per il racconto della realtà, il regista la ritiene un desiderio amplificato dal continuo bombardamento elettronico che sovraespone tutti alla visione delle vite degli altri. Un appetito dell’audience per la verità che definisce "ambiguo, perché la realtà di un contenuto può essere manipolata, ed esaltato dal fatto che un semplice gesto, come pubblicare una foto, ha la potenzialità di cambiare le sorti di una nazione grazie all’enorme eco della rete”. Ma in internet e nelle sue modalità distributive al centro delle polemiche tra festival e Netflix,  Polanski non vede un nemico da combattere: “Le persone continueranno comunque ad andare al cinema perché è un’esperienza unica di condivisione, e il desiderio di condividere fa parte dell’essere umano. La diffusione del walkman non ha distrutto l'industria dei concerti e così accadrà per il cinema. È diverso vedere Borat da soli a casa piuttosto che in una sala avvolti dalle risate degli altri spettatori”.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar

Post n°13871 pubblicato il 28 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Pirati Dei Caraibi - La vendetta di Salazar non è nient'altro che una ripetizione degli stessi temi del primo capitolo della saga. La vendetta di Salazar funziona se lo si considera un film a se, anche per via di Javier Bardem nei panni del cattivo e grazie agli effetti speciali; ma per il resto assistiamo ad un remake, con una prima parte lenta e la seconda reattiva, ma il risultato è molto deludente con il povero Jake Sparrow che sembra ormai una mascotte più che un pirata

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Truth

Post n°13870 pubblicato il 28 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Locandina Truth - Il prezzo della verità

Nel 2005 Dan Rather, celeberrimo anchorman del network televisivo americano CBS, rassegnò le sue dimissioni in seguito alla controversia esplosa dopo la messa in onda di un servizio che metteva in discussione l'appartenenza dell'allora presidente George W. Bush alla Guardia Nazionale Aerea durante la guerra nel Vietnam. Responsabile di quel servizio era Mary Mapes, una produttrice televisiva che, per il programma giornalistico "60 Minutes", aveva realizzato molti storici scoop con grande intuito giornalistico. Maples ha poi raccontato la storia di quella controversia in un memoriale che è la base su cui James Vanderbilt, sceneggiatore alla sua prima regia (nonché erede della celebre dinastia di bramini newyorkesi), ha strutturato il copione di Truth, solido e coinvolgente dramma nella tradizione americana del cinema hollywoodiano che esplora i rapporti tra politica e giornalismo.
La messiscena è classica e rigorosa, anche se dichiaratamente di parte, ovvero dalla parte di Mary Mapes e di Dan Rather, e racconta con ritmo incalzante e continui colpi di scena ciò che succede in un network televisivo quando il gioco si fa duro e i duri cominciano a giocare. Ma al di là del resoconto della vicenda realmente accaduta, Truth è una riflessione su come sta cambiando la cronaca e come, in particolare, stia scomparendo il giornalismo di inchiesta: troppo costoso, troppo pericoloso, troppo soggetto al fuoco incrociato dei poteri forti e del popolo di Internet, che se da un lato ha fatto da cane da guardia della libertà di informazione (merito cui la sceneggiatura, colpevolmente, non fa cenno), dall'altro ha dato voce a centinaia di anonimi troll e lanciatori di fango, ancor più velenosi quando il bersaglio appartiene al sesso femminile.
In modo artificiale ma efficace, la sceneggiatura di Vanderbilt semina nella prima parte tutti gli ami che andrà a recuperare nella seconda, compresi gli accenni al passato oscuro della Mapes, figlia di un padre retrogrado e violento, e all'importanza del coraggio per un giornalista davvero intenzionato a raccontare quella verità che dà titolo al film (e che Mapes, con ingenuità e un certo grado di faziosità, presupponeva essere unica). La verità è al centro della storia anche perché, nel grande circo multimediatico, sembra contare meno di un'opinione strillata, o di uno scandalo ben confezionato. Spesso dunque si perde di vista la sostanza dei fatti, o la gravità di certe azioni, per dare spazio alle querelle e alle chiacchiere, e quando questo succede a farne le spese è la democrazia.
La regia di Vanderbilt è scolastica nel senso migliore del termine, perché privilegia una narrazione lineare che rinuncia ai tocchi (ma anche ai vezzi) autoriali che un Oliver Stone, ad esempio, avrebbe senz'altro utilizzato per raccontare questa storia. Le complicazioni della trama sono semplificate dagli stessi espedienti visivi che caratterizzano i programmi televisivi di approfondimento politico, e il montaggio serve ad aggiungere spettacolo e pathos ad una storia altrimenti troppo didascalica. 
Truth si colloca su un crinale storico, quello fra informazione vecchio stile, affamata di scoperte e coraggiosa fino all'incoscienza, e informazione nell'epoca in cui le notizie non si cercano ma rimbalzano di sito in sito, di blog in blog, senza che chi le ripropone si prenda la responsabilità di verificarne la veridicità (ma di certo si prende il gusto di fare le pulci alle rivelazioni altrui). Il rischio, afferma il film, è quello di dimenticare l'imperativo deontologico della seconda (e terza, e quarta) domanda per concentrarsi su sterili querelle e gogne mediatiche sempre utili a chi vuole che le notizie, quelle vere, passino in secondo piano. 
Cate Blanchett è efficace come sempre nel ruolo di Mary Mapes, ma risente dell'impostazione classica hollywoodiana della sceneggiatura che le toglie quella libertà di movimento necessaria ad utilizzare le sue corde più sottili. Perfettamente in parte, invece, il liberal Robert Redford, che mette i suoi quasi ottant'anni a frutto nell'incarnare la gravitas (ma anche la fragilità fisica) di un giornalista duro e puro entrato a far parte del mito americano.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

La verità vi farà male, parola di George W. Bush da la repubblica

Post n°13869 pubblicato il 28 Maggio 2017 da Ladridicinema
 


Per il presidente della destra nazionalista e guerrafondaia, uno scandalo così poteva essere fatale. E invece no. Quando il celebre giornalista televisivo Dan Rather tira fuori quella storia su Cbs News, il 9 settembre 2004 (a due mesi dalle elezioni) la destra comincia un'implacabile «caccia all'errore». Trovano delle contraddizioni in una delle fonti. La storia si rovescia, diventa «lo scandalo Dan Rather». Non importa che le rivelazioni sul finto servizio militare di Bush siano vere, quelle passano in secondo piano. Rather ci rimette l'incarico, la sua lunga e onorata carriera finisce malamente su quell'incidente. Finisce ancora peggio per la sua producer Mary Mapes (autrice del libro da cui è tratta la sceneggiatura, e interpretata nel film da Cate Blanchett).

Alla vigilia dell'uscita di Truth nelle sale in Italia, ne parlo con Robert Redford, che interpreta la parte di Rather. Incontro il quasi-ottantenne attore, regista, attivista e filantropo al Crosby Street Hotel di New York, per questa intervista esclusiva al Venerdì di Repubblica.

In un altro film straordinario su giornalismo e politica, quasi all'inizio della sua carriera, esattamente quarant'anni fa, lei recitò la parte del reporter Bob Woodward in Tutti gli uomini del presidente. Rispetto allo scandalo del Watergate, all'inchiesta del Washington Post che costò la Casa Bianca a Richard Nixon, che cosa è cambiato trent'anni dopo? In Truth non c'è il lieto fine, anzi vincono i cattivi. Colpa degli errori dei giornalisti? Oppure i media nel 2004 contano meno che nel 1974? O, infine, l'establishment che sta dietro Bush è più potente che ai tempi di Nixon?

«È vera la terza ipotesi, penso. Inoltre l'America ha un partito repubblicano molto più ... che ai tempi di Nixon, ha la destra più estremista di tutti i tempi. Una deriva che era cominciata già ai tempi di George W. Bush. Mi ha sempre affascinato lo scontro fra le ragioni del giornalismo investigativo, la ricerca della verità, e la politica. In Tutti gli uomini del presidente in fondo la situazione di partenza era abbastanza simile. Nixon cercò di bloccare le rivelazioni del Washington Post, eccome se ci provò. Anche allora i due reporter impegnati nell'inchiesta si trovarono in difficoltà, come Dan Rather e la sua producer. Ciò che fece la differenza, è che i due giornalisti del Washington Post alla fine ebbero il pieno sostegno dei loro capi e dell'editrice. Dan Rather no, ed è questo il dramma che il film racconta».

Se la Cbs lo avesse difeso, se avesse tenuto duro sulla sostanza delle rivelazioni che erano fondate, Bush poteva perdere la battaglia per la sua rielezione? Avremmo avuto John Kerry come presidente? Una politica estera molto diversa? 

«Queste sono speculazioni, mi è difficile avventurarmi in uno scenario ipotetico. Certo, c'era una possibilità che lo scandalo influisse sugli elettori. Il film ricostruisce la vicenda in modo onesto, obiettivo. Un errore tecnico venne commesso nell'inchiesta della Cbs, non c'è dubbio. Ma è triste che questo errore finì per occultare una storia vera e un problema serio. Dan Rather venne abbandonato, fu lasciato solo, con la sua producer. Alla fine la verità che dà il titolo al film viene sconfitta, rimane nell'ombra. L'Amministrazione Bush era così potente che quel piccolo errore giornalistico fu ingigantito fino a uccidere l'intera inchiesta. Uno sbaglio secondario fece scomparire una storia molto più grande».

Nel finale del film – quando la Cbs organizza un processo interno contro Dan Rather e la producer, chiamando avvocati legati a filo doppio con l'Amministrazione Bush – si capisce un problema che sta a monte: gli interessi economici di chi possiede la tv, l'intreccio di collusioni e scambi di favori con il governo, dunque il problema degli assetti proprietari nel mondo dell'informazione. 

«Questo è un tema a cui voi giornalisti, per primi, dovreste dedicare più attenzione. Il ruolo della proprietà nei media, e come gli interessi economici prevalgono o manipolano l'informazione. Spero che questo film aiuti ad aprire una discussione su questo tema essenziale per la nostra democrazia».

La storia vera di Truth si svolge in un'epoca recente, appena 12 anni fa, e tuttavia il panorama dell'informazione è quasi irriconoscibile oggi rispetto ad allora. Nel 2004 Facebook era nato da pochi mesi, Twitter non esisteva, Google si era appena quotata in Borsa; il loro impatto nel modo d'informare era nullo. Oggi gli stessi problemi di concentrazione si ripropongono, ma con soggetti diversi. Forse perfino più potenti e concentrati. 

«Ne sono certo, il mondo dei media è cambiato profondamente dal 2004. Ma non mi faccia parlare di cose su cui non sono davvero competente. Devo confessarle che non uso neppure un computer, tantomeno Facebook! L'impressione che ho, da osservatore esterno, è che da una parte ci sia stata una proliferazione e moltiplicazione di voci; dall'altra parte sia diventato forse ancora più difficile distinguere il vero dal falso. Ai tempi di Dan Rather, o di un altro leggendario anchorman televisivo come Walter Cronkite, i loro volti personificavano The News, incarnavano una credibilità delle notizie, erano fonti autorevoli e rispettate. Oggi quando accendo lo schermo vedo una faccia parlante, e sotto scorrono le cosiddette banner, strisce di notizie o commenti che distraggono la mia attenzione. È un brusìo nel quale perdiamo concentrazione, facciamo fatica a ricostruire una gerarchia d'importanza delle notizie».

C'è un retroscena personale su Truth. Non è solo la storia della sua attrazione verso il mondo del giornalismo, dai tempi di Tutti gli uomini del presidente. Lei è anche amico di Dan Rather, vi siete conosciuti tanto tempo fa, giusto? 

«Questa è una storia che risale alle origini del mio impegno ambientalista. Erano gli anni Settanta. In alcuni Stati del West, dalla California allo Utah, delle aziende energetiche volevano costruire ben undici centrali elettriche a carbone. Io cercai di fare sentire la mia voce, di organizzare una protesta. Riuscii a entrare in contatto con la redazione di 60 Minutes, il magazine d'inchieste di Dan Rather. Fu così che c'incontrammo la prima volta. Lo aiutai a mettere insieme il materiale per alcune inchieste sui parchi nazionali, la battaglia per la protezione delle nostre riserve naturali. Fu un successo politico. Quando andò in onda l'inchiesta, le aziende energetiche dovettero abbandonare i loro piani. Cosa che non mi rese popolare tra alcune fasce della popolazione locale. Per un po' di tempo divenni un paria, una sorta di nemico pubblico, in quattro Stati».

E quando vi siete ritrovati per la realizzazione di Truth

«Gli ho chiesto dei consigli prima d'interpretare il suo personaggio. Lui mi ha detto: "Questa è una storia che al fondo è basata sulla lealtà.C'è un rapporto di lealtà molto profonda, che rimane intatta, tra me e la mia producer Mary Mapes. C'è una storia di lealtà da parte nostra verso i nostri capi. Non ricambiata, da parte loro"».

(4 marzo 2016)

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Cannes 70: L'inganno di Sofia Coppola e Nicole Kidman da http://www.mondofox.it

Post n°13868 pubblicato il 28 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

 di  - 3 giorni fa

L'inganno è il film che divide Cannes, le donne lo amano, gli uomini lo temono, e tutti sperano che il film di Sofia Coppola porti a casa un premio.

 

Come ogni film che si rispetti, o almeno, come ogni film in questa settantesima edizione del Festival di Cannes, anche il film di Sofia Coppola divide.

A fine proiezione gli applausi sono stati tanti, e durante lo screening riservato alla stampa i giornalisti si sono divertiti e hanno riso molto su battute come "Ti piace la torta di mele?" o "passami il libro di anatomia!".

Battute che estrapolate dal contesto ci rendiamo conto possono non far ridere, ma che all'interno del narrazione orchestrata magistralmente da Sofia Coppola acquistano un senso e danno valore al racconto narrato da L'inganno. Tratto dal romanzo di Thomas P. Cullinan, il racconto fu trasposto per il grande schermo nel 1971 da Don Siegel e il suo interprete fu Clint Eastwood, ruolo che oggi ricopre Colin Farrell al fianco di Nicole KidmanKirsten Dunst e Elle Fanning.

Durante la guerra di secessione negli Stati Uniti un soldato Yankee ferito viene accolta in un collegio femminile, una casa coloniale di proprietà di Martha Farnsworth (Nicole Kidman) che accoglie il soldato in casa, John McBurney (Colin Farrell), che, vista la soluzione favorevole, vuole tentare in tutti i modi di rimanere in quella situazione ottimale, lontano dalla guerra che imperversa in Virginia. Per farlo comincia a dedicare "romantiche" attenzioni a tutte le maggiorenni presenti in casa, in particolare con Edwina (Kirsten Dunst), ma non ha fatto i conti con una dura verità, mai mettersi contro un gruppo di donne!

Il film arriverà a settembre in Italia distribuito dalla Universal

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar

Post n°13867 pubblicato il 25 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Pirates of the Caribbean: Dead Men Tell No Tales

Poster

I pericoli del mare non finiscono mai per lo sventurato Jack Sparrow (Johnny Depp) - pardon, lo sventurato Capitan Jack Sparrow - che in Pirati dei Caraibi 5 La vendetta di Salazar diventa nuovamente bersaglio di un'indicibile orda nemica a caccia di pirati. La flotta di marinai fantasma capitanata dal temibile Armando Salazar (Javier Bardem) è intenzionata a ripulire i mari dall'infestazione pirata, distruggendo tutti i vascelli sulla rotta che esibiscono la bandiera nera con teschio e ossa, e condannando i banditi che si trovano a bordo a una fine tremenda. Fuggito dal Triangolo del Diavolo a bordo della Silent Mary, un tempo maestosa, ora oscura e decadente, Salazar sembra avere un conto in sospeso proprio con lo svampito Sparrow, la unica speranza di sopravvivenza risiede nel leggendario Tridente di Poseidone ma per riuscire a trovarlo sarà costretto ad allearsi con la brillante e affascinante astronoma Carina Smyth (Kaya Scodelario) e il risoluto Henry Turner (Brenton Thwaites), giovane marinaio della Royal Navy. Al timone di una nave piccola e malandata, Jack si prepara ad affrontare l'oceano, rassegnato alla sorte avversa e allo scontro con i nemici passati che proprio non ne vogliono sapere di morire definitivamente. Ritroviamo anche Hector Barbossa (Geoffrey Rush), come sempre indeciso se spalleggiare il suo vecchio capitano o venderlo al miglior offerente.

  • DATA USCITA: 24 maggio 2017

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Noi eravamo

Post n°13866 pubblicato il 25 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Poster

Italia, tra la fine della Grande Guerra nel 1918 fino al 1933. 15 anni nella vita del paese e di tre ragazzi. Guglielmo e Luciano, uniti e divisi da una guerra cui hanno scelto di partecipare da volontari, e dall'amore per Agnese, giovanissima luminosa presenza delle loro vite, anche lei volontaria nel corpo delle amatissime crocerossine. Un intreccio di destini personali in una grande storia, uniti dal personaggio chiave e narratore della vicenda: Fiorello La Guardia, figlio di emigrati italiani, arrivato dall'America assieme a un centinaio di connazionali per combattere sui mitici aerei Caproni. Nella sua voce carismatica, nel suo fascino che sa di vecchia Europa e Nuovo Mondo, tra radici incancellabili e aspirazione al futuro, sta questa storia, che intreccia sorprendentemente eccezionali materiali dell’archivio Luce, colorizzati in modo da farne immagini di grande cinema, con scene di finzione che ci restituiscono tutta l’epica di un grande film di guerra, pace, e sentimenti.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Film nelle sale da oggi

Post n°13865 pubblicato il 25 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

2 night

Post n°13864 pubblicato il 25 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Poster

È un venerdì notte a Roma. Il tempo è mite e il popolo della notte è pronto a uscire e a divertirsi. La città si anima e si colora dei neon dei locali, dei fari delle macchine, delle luci che illuminano i più importanti monumenti. In un locale di uno dei quartieri più vivi della città, due sconosciuti s’incontrano. Entrambi hanno circa trent'anni, sono soli e in cerca di qualcuno con cui passare la serata e forse, chissà, anche la notte. Lei chiede un passaggio e lui accetta di accompagnarla in macchina fino all'altro capo della città. Eccoli insieme che si fanno largo attraverso la notte. Lei è il prototipo della ragazza consapevole e autonoma, decisa, in questa serata che anticipa l'estate, a regalarsi una notte di sesso con uno sconosciuto, per poi, domani, continuare, più forte e sicura di sé, la sua vita senza legami. Lui sembra incarnare il trentenne di oggi, piuttosto timido, più calmo e riflessivo e con una strana inquietudine. Per arrivare all'abitazione, i due viaggiano attraversano i diversi quartieri di Roma: da quelli più alla moda, densi di locali, ai più residenziali, al centro storico, fino ad arrivare ai quartieri più periferici. Una volta giunti nelle vicinanze di casa di lei, i due non riescono però a trovare parcheggio. Più il tempo che sono costretti a trascorrere in macchina e a conversare si dilata, più il destino di quella notte sembra condurli in una direzione inaspettata... Sarà una notte di solo sesso per poi scordarsi l'un l'altro appena dopo o un sentimento nascente e imprevisto cambierà i loro destini?

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Alamar

Post n°13863 pubblicato il 25 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Poster

In un atollo dal mare incontaminato vive un vecchio pescatore. Si chiama Matraca ed esercita la pesca con metodi antichi nel Banco Chinchorro, un’estesa barriera corallina nei mari del Messico. Un giorno suo figlio Jorge lo raggiunge con Natan, il nipotino di 5 anni che vive in Italia con la mamma. Prima che il piccolo inizi ad andare a scuola, Jorge vuole fargli conoscere le sue origini e il luogo in cui vive. Giunti a Banco Chinchorro, Natan e Jorge accompagnano ogni giorno il nonno a pescare, scoprendo una profonda connessione con la natura, imparando a perlustrare l’affascinante mondo che si cela sotto la superficie marina. Quel che Natan imparerà in mare in questo viaggio ancestrale rimarrà con lui per sempre.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Milano in the Cage - The movie

Post n°13862 pubblicato il 25 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Poster

Alberto, o Al, 36 anni, esperto di arti marziali, combattente di boxe thailandese, guardia del corpo e buttafuori, non si è risparmiato nulla, nemmeno lo scendere a compromessi con la malavita. La disciplina estrema di MMA rappresenta per lui una possibile via di fuga da quel mondo di clandestinità. L'occasione per riscattarsi arriva con la finale del torneo Milano in the Cage, un incontro realmente combattuto per il film e il cui risultato finale si scoprirà solo al suono del gong.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Oggi sono trascorsi 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui vennero uccisi da cameralook

Post n°13861 pubblicato il 25 Maggio 2017 da Ladridicinema
 
Tag: news

 Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per ricordarli, Rai Uno trasmetterà il prossimo 29 maggio Era d’Estate, il film scritto e diretto da Fiorella Infascelli che ripercorre l’esilio nell’estate del 1985 dei due giudici all’Asinara. Protagonisti sono gli straordinari Giuseppe Fiorello e Massimo PopolizioL’Asinara, 1985. In una notte come tante sbarcano sull’isola Giovanni Falcone (Massimo Popolizio) e Paolo Borsellino (Giuseppe Fiorello) con le proprie famiglie. Il trasferimento è improvviso, rapido, non c’è nemmeno tempo di fare i bagagli, d’altronde la minaccia, intercettata dai Carabinieri dell’Ucciardone, è grave: un attentato contro i due giudici e i loro familiari partito dai vertici di Cosa Nostra. È un’estate calda, come non se ne vedevano da tempo, e nella piccola foresteria di Cala d’Oliva, i due magistrati e le loro famiglie vivono completamente isolati dalla piccola comunità di civili dell’Asinara, controllati a vista da una pilotina e dalle guardie penitenziare. Una condizione che non tutti riescono a sopportare.

Così accade che Lucia (Elvira Camarrone), la figlia più grande dei Borsellino, cada lentamente in uno stato di così grande malessere che dovrà essere riportata a Palermo, dove Paolo, imponendosi ai suoi superiori, la accompagnerà. Così accade che Manfredi (Giovanni D’Aleo), scosso anche da quello che è successo alla sorella Lucia, si avventuri in una fuga senza meta alla scoperta dell’isola, e verrà ritrovato in mezzo ai detenuti che distribuisce nutella e racconta barzellette.

Massimo Popolizio

Massimo Popolizio

Passano i giorni, ci si organizza, i rapporti a poco a poco fra tutti diventano più intimi, ed è come se quella vacanza obbligata desse modo ad ognuno di scoprire l’altro. Così trascorre un mese fatto di notti insonni, di sorrisi, di scherzi, di pensieri, una lunga, inaspettata tregua in attesa di riprendere il lavoro, in attesa che il ministero fornisca le carte per continuare la stesura dell’ordinanza-sentenza del maxi processo, il capolavoro di Falcone e Borsellino che affermerà una volta per tutte che la mafia esiste e ha un nome “Cosa Nostra”.

Finalmente le carte arriveranno, Paolo e Giovanni ricominceranno a lavorare giorno e notte e una nuova, sconosciuta armonia sembra nascere in quell’angolo di mondo, un’inedita serenità familiare che potrebbe durare anche per sempre. Invece poi succede che rientrato il pericolo, arriva l’ordine di tornare di nuovo Palermo. E, nello stesso modo improvviso in cui erano partiti, così all’improvviso devono ripartire.  Tornare verso Palermo.  Tutti verso l’inesorabile sorte che li colpirà nel 1992.

Giuseppe Fiorello

Giuseppe Fiorello

Lasciamo ora spazio alle note di regia di Fiorella Infascelli:

Tutto è cominciato all’Asinara, dove qualche anno fa stavo girando un documentario, Pugni Chiusi. Ero all’interno del vecchio carcere dove gli operai del Petrolchimico si erano autoreclusi per protesta. Un pomeriggio uno di loro mi portò a vedere una casa rossa sul mare e mi disse che lì Falcone e Borsellino nel 1985 avevano scritto parte dell’ordinanza del maxi processo. Dopo qualche giorno cercando altre notizie lessi un articolo di Caponnetto che ribaltava completamente quella versione:  il vero motivo di quella strana e improvvisa vacanza era una soffiata arrivata da alcuni detenuti dell’Ucciardone sulla preparazione di un attentato ai due giudici e alle loro famiglie. Beppe Montana e Ninni Cassarà erano stati appena uccisi”.

Nel giro di poche ore Caponnetto diede ordine ai servizi di portare Falcone e Borsellino in un luogo sicuro. E il più sicuro di tutti sembrò l’isola dell’Asinara, dove all’epoca c’era il supercarcere di massima sicurezza. Sempre Caponnetto raccontava che i due giudici non avevano con loro le carte del processo, e che quindi per molti giorni non poterono lavorare”.

Valeria Solarino

Valeria Solarino

È stato questo dettaglio a farmi venire l’idea del film.  Immaginare Falcone e Borsellino a tre mesi dall’inizio di uno dei più grandi processi del secolo, con l’ordinanza da finire, costretti a non lavorare. Costretti a quell’esilio. Come avevano reagito? Fuori dal turbinio delle scorte, delle sirene, lontano da Palermo, dove vivevano ormai blindati da anni, loro e le loro famiglie, in quel luogo così diverso…cosa provavano? Quali le loro fantasie? Le angosce? Le emozioni? ”.

Lì lo sguardo poteva spaziare verso il mare, verso l’orizzonte, ma poteva anche posarsi su se stessi, sulle mogli, sui figli. C’era il tempo per indagare sui loro affetti.  Questo racconta e inventa il film: la loro intimità, Paolo e Giovanni che raccolgono i ricci e intanto parlano della morte, Paolo che recita la Divina Commedia, le liti, i conflitti, le freddure di Giovanni, Manfredi che scappa, le cene sul mare, le paure, e le notti svegli in attesa di notizie”.

“Falcone e Borsellino facevano lo stesso lavoro, con la stessa incredibile passione etica, erano legati da mille cose, ma non avevano mai passato una vacanza insieme. Ogni volta che guardavo le loro fotografie, quelle che tutti conosciamo, la cosa che mi colpiva era la loro complicità, il loro modo di guardarsi ridacchiando, la loro ironia, spesso dimenticata, e che invece era una parte così importante della loro vita. Ecco ho provato a portare queste cose nel film. Entrare in quella intimità. E nello stesso tempo entrare in quel luogo, l’isola dell’Asinara, misteriosa, arcaica”.

Ho conosciuto Manfredi Borsellino, abbiamo cominciato a parlare, sempre di più, con sempre più familiarità… poi Agnese Borsellino, ed è stato un incontro fondamentale, importante, e dai suoi racconti ho capito tante cose, e poi gli amici, le persone che avevano lavorato con loro, i giornalisti che per anni li hanno seguiti… ho conosciuto Lucia e Fiammetta Borsellino, il direttore del carcere che li aveva accolti e protetti, perché come sempre diceva Agnese Borsellino, allora lo Stato era con loro e li aveva salvati”Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Così, unendo frammenti veri e inventando una quotidianità sconosciuta, è nata la sceneggiatura, e inventare i dialoghi è stata forse la cosa più difficile. Quando siamo entrati in quella foresteria, la stessa in cui loro avevano abitato, siamo stati travolti dal lavoro, ma ogni tanto come una folata di vento, arrivava una forte emozione, credo che abbia attraversato tutti quanti.  Guardavo gli attori e pensavo a Falcone e Borsellino, che da quelle stesse finestre avevano guardato quello stesso mare. Il mare che tutti e due amavano tanto”.

“E mentre giravo ho sempre avvertito in tutti un senso di responsabilità, un grande affetto, e un sentimento di grande mancanza. Affetto e ironia che credo si riassumano in una battuta del film, quando Falcone, al barista che gli chiede se lui sia il giudice Borsellino, risponde sorridendo “Non completamente””.

Fiorella Infascelli

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Cuori di periferia alla Quinzaine da cinecittànews

Post n°13860 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

CANNES - Nella prima scena del film, di grande impatto, vediamo il classico "boy meets girl" in una versione piuttosto inedita: lei ha rubato un telefonino, lui, guardia giurata dentro al centro commerciale, la insegue e la raggiunge, ma alla fine decide di cedere alle sue preghiere e la lascia andare. Siamo nell'estrema periferia romana, a Tor Sapienza, in uno di quei mondi dove la guerra tra poveri è più lampante, con Cuori puri, l'opera prima di Roberto De Paolis (leggi l'intervista di Cinecittà News) che debutta alla Quinzaine. Un film che mette insieme tanti tasselli di un'identità marginale (ed è un po' una costante del cinema italiano in questo festival): il campo rom e i difficili rapporti tra gli "zingari" e i coatti, che spacciano e non disdegnano la piccola rapina al negozietto di frutta del bangla, ma anche quei ragazzi che cercano di rigare dritto, in un mondo dove è sempre più difficile trovare un lavoro e conservarlo. Così sono i due protagonisti: Stefano (Simone Liberati), un venticinquenne che si guadagna da vivere come guardiano con una famiglia disastrata alle spalle, e Agnese (Selene Caramazza), appena maggiorenne, allevata dalla mamma single (Barbora Bobulova) secondo rigidi valori cattolici, frequenta la parrocchia di Don Luca (Stefano Fresi) ed è in procinto di fare il voto di castità fino alle nozze, insieme all'amica più cara.

De Paolis racconta con un certo orgoglio il lungo lavoro di preparazione del film, che ha una base quasi documentaristica e che ha portato i due giovani interpreti a frequentare il quartiere di Tor Sapienza. Simone Liberati (Suburra, Il permesso 48 ore fuori) rivela: "Avevo un sacco di pregiudizi, temevo di essere respinto, addirittura picchiato, invece ho conosciuto un ragazzo della zona che è diventato un vero amico. Quelle persone ci hanno aperto le porte di casa loro, volevamo raccontarsi. In fondo io vengo da Ciampino, non tanto lontano. E durante la preparazione del film mi sono reso conto di quanto la geografia urbana condizioni il mio personaggio". De Paolis spiega così la fascinazione di certo cinema italiano per la marginalità (qui a Cannes gli esempi si moltiplicano, seppure in forme e stili diversi, da A Ciambra di Jonas Carpignano a Fortunata di Sergio Castellitto): "Sono vite difficili e rischiose, personaggi messi all'angolo, in cui c'è molto da indagare e soprattutto c'è più azione e meno elucubrazioni mentali". Per Selene Caramazza - il cui personaggio per l'ambivalenza con cui vive il rapporto tra la fede e l'istinto di libertà ci ha fatto pensare alla protagonista de La ragazza del mondo - è stato importante fare un percorso di fede: "Per quattro mesi ho frequentato una comunità di credenti, non volevo simulare la preghiera. Ho ripreso ad andare a messa, ho conosciuto Don Fabio Rosini, che ha ispirato il prete del film. Questi ragazzi mi hanno accolto benissimo". E sulla ribellione di Agnese: "Sta crescendo, sta diventando donna ed è una ragazza come le altre. E' normale che le vada stretta una scelta così forte". Quanto a Stefano Fresi, bravissimo nel ruolo del prete pieno di carisma e capace di comunicare il Vangelo ai ragazzi anche con le barzellette, dice: "Sono cresciuto in periferia, a Centocelle, e in un ambiente cattolico. A 9 anni andavo in chiesa a suonare l'organo alla messa del mattino. Al mio personaggio riconosco la capacità di relazionarsi con i ragazzi. Non li plagia, li coinvolge veramente". 

Cuori puri
, interpretato anche da Edoardo Pesce, arriva in sala da domani distribuito da Cinema, la società del padre di Roberto, Valerio De Paolis, storico produttore e distributore. "Ho cercato di tenere fuori mio padre da questo progetto - racconta il regista - l'ho prodotto da solo anche se poi sarà lui a distribuirlo. Questo era il mio primo lungometraggio e avevo bisogno di misurarmi con le mie forze e le mie risorse", rivela. E sul proliferare di personaggi adolescenti in questo festival di Cannes, lancia una riflessione: "L'adolescenza è il momento più drammatico che viviamo, si diventa adulti, ci si lascia l'infanzia alle spalle, il corpo si trasforma. Forse, arrivato a 35 anni, anche io avevo bisogno di fare questo percorso". 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Twin Peaks: i riferimenti al passato e gli easter egg dei primi due episodi DA BADTV

Post n°13859 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

*Attenzione: contiene numerosi spoiler per coloro che non hanno ancora visto i primi due episodi della nuova stagione di Twin Peaks*

 

Siamo finalmente tornati a Twin Peaks, e dopo tutti questi anni il regista David Lynch ci ha consegnato una première e un secondo episodio ricchi di elementi nuovi, vecchi, personaggi conosciuti e altri completamente nuovi.

Qui di seguito un primo recap dei riferimenti e degli easter egg che le prime due puntate di questa attesa terza stagione ci hanno offerto.

  • Partiamo dal principio e cioè dai primissimi fotogrammi della première. Riprendiamo da dove, in pratica, Twin Peaks ci aveva lasciato, con Laura Palmer che dà appuntamento all’Agente Cooper a distanza di 25 anni.
  •  

  • Arriva la sigla, ed è un ulteriore salto nel passato: il tema musicale di Angelo Badalamenti è accompagnato dai crediti di apertura che mostrano lo stesso font utilizzato da sempre. Ma presto vediamo le immagini già conosciute mischiarsi con quelle della Loggia Nera e in particolare con il suo pavimento quasi psichedelico.
  • Il Gigante (ma è davvero lui? Nei crediti di chiusura il suo interprete, Carel Struycken, viene affiancato da diversi punti interrogativi…) ci appare in bianco e nero e continua a dare all’Agente Cooper delle indicazioni sotto forma di indovinelli. E adesso siamo qui a chiederci chi siano Richard e Linda…
  • Rivediamo l’eccentrico Dottor Lawrence Jacoby, ovvero lo psichiatra che aveva in cura Laura prima che venisse uccisa. Non lavora più e vive in un camper nella foresta, ma porta ancora i suoi famosi occhiali con una lente di colore blu e una rossa.
  • Nella stanza in cui Sam Colby (Ben Rosenfield) e Tracey (Madeline Zima) vanno incontro al loro terribile destino, vediamo la presenza di un bonsai. È un dettaglio curioso, perché la stanza in cui Sam deve sorvegliare il cubo di vetro da cui poi emergerà la misteriosa ed estremamente violenta creatura che ucciderà lui e la ragazza è tutto fuorché decorata. Nella seconda stagione, Windom Earle (lo psicotico ex mentore dell’agente Cooper) spia l’ufficio dello sceriffo di Twin Peaks utilizzando un microfono nascosto in un bonsai. E tornando con la mente proprio alla seconda stagione, qualcuno di voi ricorderà lo stesso Lynch quando – nei panni del direttore dell’ FBI Gordon Cole – in una scena memorabile urla la parola “BONSAI” dentro il piccolo albero. A questo punto è lecito chiedersi se la pianta ha annunciato il coinvolgimento di Windom Earle o se si tratta di un piccolo depistaggio. Staremo a vedere.
  • Il Great Northen Hotel è ancora in attività e sembra andare bene. Jerry Horne, padre di Audrey, lo continua a dirigere ed è, ancora oggi, alle prese con il suo singolare fratello, Ben.
  • Sarah Palmer vive ancora nella stessa casa. Fuma e beve, e la vediamo mentre guarda un cruento documentario sul mondo animale. Le scene che la donna osserva in TV, appaiono in modo inquietante nei riflessi degli specchi che sono appesi alle sue spalle
  • Lucy lavora ancora all’accettazione del dipartimento dello sceriffo di Twin Peaks, ma adesso è Lucy Brennan, perché ha sposato il vice sceriffo Andrew “Andy” Brennan, e i due hanno un figlio. Con un fare che richiama chiaramente il pilot dello show, Lucy dà ancora informazioni molto dettagliate su come rispondere al telefono.
  • Quando Hawk dice a Lucy e Andy di aiutarlo a recuperare tutta la documentazione relativa al caso di Laura Palmer, dà loro appuntamento all’indomani mattina con la promessa di fargli trovare sul tavolo caffè e ciambelle, una tradizione che torna.Twin Peaks
  • Catherine Coulson è scomparsa nel 2015, ma è riuscita a girare le sue scene per il revival. E c’è da dire che il contributo della Signora del Ceppo si è ancora una volta confermato come potente e decisamente importante.

CORRELATO – Twin Peaks: molta l’emozione per il ritorno di uno dei personaggi più amati dal pubblico

  • La Laura Palmer che l’Agente Cooper vede nella Loggia Nera indossa lo stesso abito che aveva al loro ultimo incontro nello stesso luogo. Così come aveva fatto in passato, si avvicina all’agente e gli sussurra qualcosa nell’orecchio. Si tratta di un gesto che potrebbe rivelarsi importante, perché a suo tempo Laura rivelò a Cooper l’identità del suo assassino proprio in questo modo. Alla fine, inoltre, la donna ripete l’iconica battuta: “Mi sembra di conoscerla, ma ogni tanto le mie braccia si piegano all’indietro“- che si riferisce al modo in cui era stata legata la sera in cui venne assassinata.
  • Nella Loggia Nera l’Agente Cooper incontra anche Leland Palmer, il quale lo supplica di trovare sua figlia. Dettaglio saltato all’occhio: l’uomo non ha più i capelli completamente bianchi, bensì appaiono grigi.
  • Nella stanza del motel in cui si trova, il doppelganger malvagio di Cooper chiama qualcuno che crede sia Phillip Jeffries, ovvero l’agente dell’FBI scomparso che venne interpretato da David Bowie in Fuoco Cammina con Me. Jeffries scomparve in Argentina alla fine degli anni Ottanta, prima che ricomparisse – nel 1989 – nell’ufficio dell’FBI di Philadelphia office in 1989. Inoltre la voce al telefono parla di un recente incontro tra il doppelgänger e il sindaco Garland Briggs.

Cosa ne pensate di tutti questi riferimenti? Voi avete notato qualche altro dettaglio oltre quelli che vi abbiamo riportato?

La nuova stagione di Twin Peaks – ambientata 25 anni dopo quanto accaduto nella serie originale – vede come autori David Lynch e Mark Frost ed è stata girata come un unico, lungo film che è stato diviso in 18 episodi in fase di montaggio. Alla regia di tutti gli episodi lo stesso Lynch.

Nel cast figurano oltre 200 attori, tra cui ovviamente Kyle MacLachlandchen AmickRay WiseAlicia WittWarren FrostDana AshbrookSherilyn FennDavid DuchovnyJames BelushiChrysta BellRobert KnepperMichael CeraEddie VedderAmanda SeyfriedTom SizemoreBalthazar GettyNaomi WattsLaura DernIn questa pagina trovate la lista completa degli attori che torneranno nella serie, e dei sorprendenti nuovi ingressi nel cast.

Il revival di Twin Peaks ha preso il via il 21 maggio con un doppio episodio su Showtime; in Italia lo show viene trasmesso in contemporanea con gli Stati Uniti da Sky Atlantic.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

CANNES 70: È QUI LA FESTA? TRA KIDMAN E HUPPERT SPUNTA PURE ELTON JOHN da welovecinema

Post n°13858 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

di Laura Delli Colli

Cose che si vedono solo sulla Croisette: solo in un acquario imprevedibile come Cannes può capitare che tra i divi del cinema a sorpresa spunti, per esempio, Elton John

È successo (e non bastava evidentemente che tra le star apparisse Rihanna) ma il mitico Elton, avendo deciso di ‘giocare’ col cinema, pare abbia trasformato in video tre dei suoi brani più celebri, buon motivo per lanciarli al Festival intervistato in pubblico, per pochi happy few, nientemeno che da Spike Lee.

Sono di nuovo le donne però a monopolizzare l’attenzione di Cannes 70, aspettando la soirée speciale che domani accenderà i riflettori sulla serata del 70°, un compleanno memorabile per il quale sta rientrando a Cannes anche la madrina del Festival, Monica Bellucci.

Donne bellissime e superstar come Nicole Kidman o Isabelle Huppert e Claudia Cardinale, sempre amatissima dai francesi e oggi protagonista nello spazio italiano del Festival per lanciare un nuovo film, ma anche protagoniste delle storie, decisamente meno patinate della loro immagine, che il Festival sta raccontando.

Se Huppert, nel nuovo film di Michael Haneke Happy End è una matriarca – guarda caso, come spesso le capita nei film, manager alla guida dell’azienda di famiglia – Nicole Kidman, nel giro di 24 ore, è apparsa sugli schermi della Croisette in versione punk, regina dark in una Londra già d’epoca (How to Talk to Girls at Parties di John Cameron Mitchell), poi stimata oftalmologa moglie del chirurgo (Colin Farrell) e madre di due figli adolescenti. Divorato dai sensi di colpa per un errore che ha compiuto operando, lui finisce per far entrare in famiglia il figlio di quella vittima e le cose si complicano non poco tra tutti.

“La sceneggiatura di The Killing of a Sacred Deer mi ha letteralmente ipnotizzata” dice Kidman. E il regista, riferendosi anche all’Ifigenia di Euripide: “Ho trovato interessante insistere sul senso della tragedia e del sacrificio, così radicato nella cultura occidentale”. Kidman è a Cannes con quattro film, ma pensa che sia “solo un caso” e ora aspetta il debutto di The Beguiled di Sofia Coppola, e Top of the Lake di Jane Campion.

Tra le star di queste giornate mostri sacri, grandi vecchi e qualche outsider: spunta – come Elton John- per parlare di ambiente perfino Al Gore.

Accanto a Huppert la vera star del film di Haneke è Jean Louis Trintignant, che, un po’ come il vecchio patriarca del film, vive in un suo mondo, nella vita ormai ritirato in un eremo lontano dai festival e dai set. Nel film finisce sulla sedia a rotelle, patriarca di una famiglia che sente di non meritare. E quando non litiga con le assenze dell’Alzheimer medita di farla finita. A tanti anni dai film che l’hanno reso amatissimo e popolare anche in Italia è difficile riconoscerlo ma ruggisce ancora come un vecchio leone.

Per il resto, altri due i titoli italiani da segnalare: domani per Un certain regard debutta Dopo la guerra di Annarita Zambrano, con Giuseppe Battiston. Oggi intanto è il giorno de L’intrusa di Leonardo Di Costanzo, un’altra presenza italiana al Festival nella Quinzaine Des Réalisateurs. La storia è ambientata nel napoletano, ma soprattutto in un’area minata dal controllo e dal potere della camorra. È qui che Giovanna (è Raffaella Giordano) coordinatrice e animatrice di un Centro di accoglienza e volontariato della periferia dove i bambini crescono sfuggendo al clima camorristico, consuma la sua guerra quotidiana per la giustizia e l’integrazione.

Un tema che il regista considera universale.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Alamar di Pedro González-Rubio, un viaggio verso la natura incontaminata da cameralook

Post n°13857 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Giunti a Banco Chinchorro, Natan e Jorge accompagnano ogni giorno il nonno a pescare. Natan scopre una profonda connessione con la natura, imparando a perlustrare l’affascinante mondo che si cela sotto la superficie marina. Fa anche amicizia con un uccello marino, che chiama Blanquita. Quando Blanquita un giorno scompare Natan capisce che è giunto il momento di salutarsi. Ma quel che ha imparato in mare in questo viaggio ancestrale rimarrà con lui per sempre.

alamar-1

Vi proponiamo ora un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Pedro González-Rubio.

Come hai iniziato a interessarti ai temi del film?

Volevo esplorare la relazione d’amore tra un padre e un figlio e allo stesso tempo la relazione di armonia tra uomo e natura. Volevo raccontare una storia che evocasse il ritorno alle origini dell’umanità e addentrarmi tra le attività basilari della vita, con la pesca che è proprio una delle attività più ancestrali. Ho deciso di usare Banco Chinchorro per via dei suoi scenari minimali. Questa semplicità mi permetteva di focalizzare la mia attenzione sulle relazioni tra i personaggi.

Qual è l’importanza dei luoghi in cui hai ambientato il tuo film? La presenza della barriera corallina non sembra solo uno sfondo per l’incontro tra Jorge e Natan ma un vero e proprio personaggio che entra in relazione con loro.

Fin dall’inizio volevo esplorare la fragilità delle cose belle che ci circondano. Scegliere di girare un film all’interno di un ambiente così delicato e farlo dal punto di vista di un bambino mi permetteva di costruire un’immagine molto potente. L’idea di scegliere la barriera mi è venuta perché mi ero accorto di quanto la costa caraibica del Messico avesse cominciato ad essere invasa dal turismo di massa, che distrugge ogni cosa sul suo cammino: dai modi di vita dei pescatori all’equilibrio dell’ecosistema. Tempo fa Playa del Carmen somigliava ai luoghi dove abbiamo girato Alamar, ma ormai le mangrovie sono scomparse. Al loro posto ci sono discoteche sul mare, bar e alberghi con tutte le tipiche comodità cittadine.

© Mantarraya

© Mantarraya

Che significato assume Banco Chinchorro in Alamar?

Ho vissuto sette anni a Playa del Carmen, sulla costa caraibica, dove avevo girato il mio primo film, Toro Negro, cinque anni fa. In quel lavoro avevo approfondito gli aspetti più intimi della vita del protagonista, un torero con una storia molto travagliata e difficile. Con Alamar invece volevo fare qualcosa di diverso, un film più solare, che potesse suggerire un possibile equilibrio, come tra lo Yin e lo Yang. Alamar è di nuovo la storia di una famiglia, ma con una prospettiva diversa. Volevo girare una storia di amore puro e incondizionato. In un primo momento, avevo immaginato la vicenda di un uomo che avrebbe trascorso i suoi ultimi giorni nel luogo in cui era nato. Quando ho incontrato Jorge (padre), mi ha subito affascinato, ma mi son detto che era troppo giovane per interpretare la parte di un uomo alla fine della sua vita. Ben presto, però, ho capito perché volevo filmare in quel luogo preciso e con quel preciso personaggio: potevo raccontare una storia di amore per la natura e sulla natura che portiamo dentro di noi. E poi ho incontrato Natan, il figlio di Jorge. A quel punto ho capito che si trattava della possibilità di raccontare la vita che continua.

Il film sembra così reale che viene da chiedersi se ti sei ispirato ad una storia vera …

No, perché in realtà Jorge è una guida turistica e non ha mai pescato l’aragosta. D’altra parte, nemmeno nel film pesca realmente le aragoste… Questa è la magia del cinema! Ma allo stesso tempo, se si guarda da vicino, la linea narrativa è molto tenue e si concentra sulle piccole cose del quotidiano. Ho collocato i personaggi in situazione e poi hanno agito secondo il proprio carattere. Erano molto liberi. Durante la traversata in battello fino all’isola, per esempio, Jorge e Natan stavano davvero male, come noi tutti, del resto.

© Mantarraya

© Mantarraya

Questa scelta di una finzione così vicina al documentario può essere un po’ destabilizzante per lo spettatore.

Lo è per lo spettatore che tiene le distanze. Ma se si lascia trasportare dalla storia non si chiede più nemmeno se si tratta di una finzione o un documentario. In realtà, preferirei fare a meno delle definizioni. D’altronde, il film è stato presentato in concorso al festival Cinéma du Réel come documentario e al Festival del Cinema di Parigi come finzione. La cosa migliore è vederlo semplicemente come un film, un’esperienza cinematografica.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

25 ANNI DALLA STRAGE DI CAPACI: PER UNA CONTRO-NARRAZIONE DELL’ANTIMAFIA ISTITUZIONALE da radioondadurto

Post n°13856 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema

Venticinque anni fa, il 23 maggio 1992, la strage mafiosa di Capaci (Palermo) con l’uccisione in autostrada dei magistrati Falcone e Morvillo e di tre agenti di scorta: Montinaro, Di Cillo e Schifani. I sismografi di quel giorno, alle 17.56, registrano una fortissima esplosione, paragonabile a una scossa di terremoto.

Una carica di 572 chili di esplosivo viene fatta saltare sotto un condotto dell’autostrada in direzione di Palermo, vicino allo svincolo di Capaci. L’esplosione prende in pieno la prima delle tre auto blindate che formano il corteo su cui viaggiano Falcone e la moglie Morvillo. A bordo i tre agenti di scorta. La loro Fiat Croma verrà ritrovata in un campo adiacente all’autostrada, fatta volare per oltre un centinaio di metri. Accanto alla voragine, invece, l’auto con i magistrati. Falcone e Morvillo, sono seduti ai posti di guida e del passeggero. Dietro, invece, l’autista giudiziario, Costanza, che sopravviverà alla strage.

Un quarto di secolo dopo, la retorica legalitaria dell’antimafia istituzionale si prende tutta la scena. A Palermo ci sono i massimi vertici dello Stato, con Mattarella e Grasso, e stasera – martedì – pure una diretta Rai. Il tutto mentre, nelle strade, proprio ieri – lunedì – si è tornati a sparare, con l’omicidio in pieno giorno boss Dainotti, colpito mentre era in sella a una bicicletta nel quartiere Zisa.

Nulla trapela, dalla narrazione mainstream degli “eroi dell’antimafia”, sul sedime politico in cui maturò la linea stragista di Riina and Co, andata avanti per buona parte del biennio 1992 – 1993. Continua a funzionare il muro di gomma alzato da un quarto di secolo sui legami politici – con l’uccisione di Salvo Lima e la “rottura” del patto tra mafiosi e la Dc andreottiana -, il ruolo dei servizi d’intelligence – e la fantomatica sigla “Falange armata” attiva in quegli anni -, gli addentellati con ambienti dell’estrema destra, come ricordato oggi, martedì, su “Il Fatto Quotidiano” – dal procuratore generale  della Corte d’Appello di Palermo, Roberto Scarpinato, che riprende le parole di inizio 1992 pronunciate da Elio Ciolini, già comparso dentro le inchieste sulla strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Scarpinato dice: “Ciolini, ambiguo personaggio legato ai servizi segreti, alla massoneria e all’eversione nera, che dal carcere di Bologna il 4 e il 18 marzo 1992 anticipò ai magistrati quanto sarebbe accaduto…”. E ancora: “Assieme a Riina, Messina Denaro, i fratelli Graviano e altri boss che perseguivano interessi propri di Cosa Nostra, si mossero altre forze che utilizzarono la  come braccio armato, instrumentum regnii e causale copertura” per destabilizzare il quadro politico e sociale italiano post-crollo del muro di Berlino.

Per parlare di tutto questo abbiamo intervistato il professor Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata a Roma Tre, autore di numerosi libri, tra cui il recente “Mafie del mio Stivale. Storia delle organizzazioni criminali italiane e straniere nel nostro Paese”.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Falcone e Borsellino, 70 mila studenti uniti 25 anni dopo le stragi

Post n°13855 pubblicato il 23 Maggio 2017 da Ladridicinema

Tante iniziative di Miur, Rai e Fondazione Falcone

Redazione ANSA  23 maggio 201710:51


"#PalermochiamaItalia significa che il problema del sud non può essere relegato in seconda posizione, significa pensare alla lotta alla criminalità come uno degli impegni principali del nostro governo". In queste parole Maria Falcone, presidente della Fondazione Falcone e sorella del magistrato, racchiude il significato delle celebrazioni, in programma il 23 maggio, per il 25/o anniversario delle stragi di Capaci e Via D'Amelio in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Celebrazioni che - come spiegato in conferenza stampa a Viale Mazzini - vedono la sua fondazione, il ministero dell'Istruzione e la Rai uniti per lanciare un messaggio rivolto al futuro. Protagonisti saranno, infatti, i giovani: 70.000 studenti animeranno #PalermoChiamaItalia, l'iniziativa, prima concentrata a Palermo, e dal 2015 estesa a tutto il Paese, attraverso le 'Piazze della Legalità'.

Torna anche il viaggio della Nave della Legalità, sulla quale oltre mille ragazzi incontreranno le istituzioni. La Nave salperà da Civitavecchia il pomeriggio del 22 maggio per approdare a Palermo la mattina del 23, dando ufficialmente il via alle celebrazioni. Sulla Nave saranno presenti, tra gli altri, il presidente del Senato Pietro Grasso e la ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli. "Legalità, libertà e giustizia - ha detto quest'ultima in conferenza stampa - sono valori di sempre e per sempre, ma ricordarli nell'anniversario delle stragi di Capaci e di via d'Amelio è un impegno che il mondo della scuola ha fatto suo, perché non c'è educazione senza un corretto senso civico".

Le commemorazioni proseguiranno con la cerimonia istituzionale presso l'Aula Bunker del carcere dell'Ucciardone, luogo simbolo del Maxiprocesso a Cosa nostra, dalle 10.00 fino alle 12.30 alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La cerimonia potrà essere seguita in diretta televisiva su Rai Uno. Per la prima volta l'Aula Bunker si trasformerà in una galleria d'arte, ospitando le opere recuperate dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Alla Chiesa dello Spasimo si terrà anche la mostra fotografica dell'ANSA "L'eredità di Falcone e Borsellino".

Il ricordo di Falcone, Borsellino, di Francesca Morvillo e delle loro scorte animerà il 23 maggio l'intera città di Palermo. Nel pomeriggio si terranno i due tradizionali cortei contro le mafie che vedono protagoniste le scuole, ma sono aperti a tutta la città. Il primo partirà alle ore 15.30 da via D'Amelio. Il secondo si muoverà alle ore 16.00 dall'Aula Bunker. Entrambi si ricongiungeranno sotto l'Albero Falcone, in via Notarbartolo, per il momento del Silenzio, alle ore 17.58, l'ora in cui è avvenuta la strage di Capaci. Tante le iniziative Rai.

Tra gli appuntamenti più importanti, "FalconeeBorsellino" in onda dalle 20.30 su Rai1: un'orazione civile in ricordo dei due magistrati e delle loro scorte, condotto da Fabio Fazio con Pif e Roberto Saviano, in diretta da Palermo. A seguire, sempre su Rai1, il documentario di Rai Cultura "Maxi. Il Grande Processo a Cosa Nostra" che propone immagini inedite e digitalizzate, selezionate tra le oltre 1400 ore di riprese Rai del Maxiprocesso. Su Rai3, dopo la puntata speciale di Blob "FalconeBorsellino" del 20 maggio, la programmazione del 23 maggio prevede il ricordo dell'anniversario in "Agorà" con Gerardo Greco, alle 8.00, e con Pif e il suo "Caro Marziano", alle 20.30.

Nel pomeriggio, alle 15.15, "Gli Archivi del '900" con Paolo Mieli propongono "Falcone e Riina - Caccia mortale", mentre alle 16.15 il film di Alberto Negrin "Paolo Borsellino. I 57 giorni" ripercorre i giorni che separano gli omicidi dei due magistrati. Alle 18 una puntata speciale di #Cartabianca con Bianca Berlinguer. Alla ricorrenza, inoltre, è dedicata la Campagna Sociale della Testata Giornalistica Regionale "Legalità, una scelta di vita quotidiana" in onda dal 22 al 26 maggio, mentre Rai Cultura - il 22 maggio in prima serata - propone su Rai Storia il doc "Giovanni Falcone - C'era una volta a Palermo" e, il giorno successivo, dedica l'intera programmazione di Rai Storia all'anniversario delle stragi.

"Tutto quello che stiamo facendo, lo facciamo per far in modo che il ricordo di quei giorni si traduca in futuro", ha detto la presidente Rai Monica Maggioni. "La Rai è un tassello importante di questa cultura condivisa - ha aggiunto il dg Antonio Campo Dall'Orto -. Vogliamo riuscire a trasferire a tutti gli italiani i valori che stanno dietro a questi eventi".

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Castellitto e Mazzantini: "Fortunata, tragedia greca a Tor Pignattara" da cinecittà news

Post n°13854 pubblicato il 22 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

CANNES – “Gli intellettuali si vestono di nero, i poveri si vestono colorati. La mia Fortunata, incarnata da Jasmine Trinca con minigonna e canottiera, e’ depositaria di una meravigliosa coatteria interiore”. Nel giorno in cui Fortunata si presenta al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, il suo regista Sergio Castellitto spiega come ha cucito questo ruolo di donna verace di periferia sulla pelle di Jasmine Trinca, gia’ sua protagonista in Nessuno si salva da solo. Tra i palazzi di cemento di Tor Pignattara, Fortunata cerca di alzare la testa da un matrimonio finito male (con la guardia giurata interpretata, magnificamente, da Edoardo Pesce) e dalle difficolta’ di assicurare una vita dignitosa alla figlia di 8 anni Barbara (Nicole Centanni). Entra nelle case degli altri con il suo talento di parrucchiera e con il sogno di aprire un negozio tutto suo, miraggio di emancipazione di cui e’ complice l’amico Chicano (Alessandro Borghi), tatuatore gentile e instabile che deve badare a una mamma con l’Alzheimer (Hanna Schygulla). Ma la famiglia traballa sotto i colpi della precarieta’ e Fortunata e’ costretta a portare la figlia da uno psicologo, il rassicurante Patrizio (Stefano Accorsi). Poco prima di attraversare il tappeto rosso avendo gia’ in tasca la soddisfazione di un buon risultato al box office nel primo giorno di uscita nelle sale con Universal, Sergio Castellitto e la moglie Margaret Mazzantini, autrice della sceneggiatura, hanno risposto in tandem alle domande sulla genesi di questa storia di emarginazione e resistenza, per cui in molti hanno evocato Mamma Roma

Mazzantini, da quali suggestioni nasce questo personaggio cosi’ forte? 
M.M.: Coltivo da 20 anni l’idea di una figura femminile come questa, che potrebbe essere figlia di Italia, la protagonista di Non ti muovere interpretata da Penelope Cruz. Anche Fortunata, infatti, doveva essere portata sullo schermo dall’attrice spagnola, poi e’ passato tempo, ho conosciuto Jasmine, scoperto una donna di forza e talento e riscritto la storia. 

Fortunata e’ una donna caparbia in un mondo poco tenero con le donne… 

M.M.: La vedo come un animale selvatico che lotta per sopravvivere, come la protagonista femminile di un western che sfida un mondo maschile piuttosto misogino, anche se tutti gli uomini di questa storia sono attraversati dalla disperazione, sono onesti e disonesti insieme. Fortunata cerca di sopravvivere in una giungla di relazioni e la sua forza sta anche nella sua vulnerabilita’, nei suoi difetti. Le sue mancanze la rendono umanissima. 

E’ anche un donna frutto del contesto in cui vive, una societa’ complessa e multietnica… 
M.M.: E’ un gladiatore che combatte nel fango a mani nude, immersa in una periferia fatta di arabi che pregano e cinesi che fanno thai chi, una sorta di armata simbolica che ha colonizzato la nostra periferia. E’ una tragedia greca a Tor Pignattara. 

Castellitto, dopo tanti film insieme come si evolve il vostro lavoro creativo di coppia? 
S.C.: Film dopo film considero Margaret autrice come e piu’ di me. La sua prima scrittura subisce altri interventi, come la scrittura degli attori e il montaggio, di cui si e’ occupata lei quando io, esausto alla fine delle riprese, sono andato a Londra a trovare nostra figlia. Fortunata e' stato un film molto scritto, ma come una gabbia col cancello aperto, pronto ad accogliere suggestioni esterne strada facendo. 

Torna a osservare la periferia… 
S.C.: Anche questa attenzione appartiene alla scrittura di Margaret, che si e’ sempre occupata degli ultimi, delle zone deragliate della societa’. Bisogna ricordare che le classi esistono, nonostante ci dicano il contrario, e che esistono ancora la destra e la sinistra, altrimenti non esisterebbero gli spaventosi conflitti sociali cui assistiamo. Provate ad andare a Tor Pignattara partendo dai Parioli, troverete un mondo diverso, popolato di cingalesi e cinesi. Dove prima c’era l’Accattone di Pasolini ora c’e’ un cingalese. Nella scena di apertura di Fortunata vediamo una distesa di cemento in cui i cinesi si riuniscono per fare attivita' fisica, poi l'acquedotto romano e poi ancora un condominio di architettura fascista: questa e' Roma.

Cosa rispondete a chi vi imputa di rendere troppo popolare il racconto letterario e cinematografico? 
S.C.: Che siamo legati all’essenza divulgativa del cinema e che per fortuna abbiamo sempre avuto una buona risposta dal pubblico. Riconosco a lettori e spettatori una grande intelligenza, non sono una massa indistinta come pensano in tanti. E poi da ieri sera, con l’uscita nei cinema italiani, stiamo ricevendo messaggi via tweet di molte donne che si riconoscono in Fortunata…

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Fortunata, quasi mezzo milione in due giorni

Post n°13853 pubblicato il 22 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Box Office Italia
Weekend meno che memorabile quello appena trascorso al boxoffice italiano. A parte il buon esordio di Fortunata, il film di Sergio Castellitto con la coppia Accorsi-Trinca, capace di sfiorare il mezzo milione in due giorni, gli incassi sono rimasti generalmente molto bassi, più di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi durante questo periodo dell'anno. 
Deludono, in assoluto, sia Alien: Covenant, che supera i 2 milioni di euro (vincendo il weekend) ma che difficilmente passerà i 3, che King Arthur - Il potere della spada, che vede ancora lontani i 2 milioni complessivi. Buon esordio invece per Scappa - Get Out, che forse potrà contare su un passaparola positivo. Il film apre con più di mezzo milione dal giorno della release: forse non diventerà un fenomeno come negli States (o in Corea del Sud, dove è partito fortissimo), ma potrebbe riservare qualche sorpresa, un po' alla Famiglia all'improvviso - Istruzioni non incluse, unico film che ha sovraperformato in questo periodo (oltre 6 milioni di euro incassati). Guardiani della Galassia Vol. 2 supera i 6 milioni di euro, un dato buono ma non eccezionale: tra le performance "negative" di questo periodo va ascritta anche la resa del film Disney che ha fatto meglio dell'originale ma da cui forse sarebbe stato lecito aspettarsi di più. Briciole e delusioni per tutti gli altri film in classifica. Servono nomi più forti e uno di questi sarà anche l'unica vera, grande new entry della settimana: Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar, che arriverà in sala dopodomani e che monopolizzerà le sale italiane. Il brand in passato è andato bene nel nostro Paese e l'obiettivo dei 10 milioni complessivi dovrebbe essere alla portata del film. 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963