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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi di Luglio 2018
Post n°14562 pubblicato il 28 Luglio 2018 da Ladridicinema
"Quello che è accaduto in Ucraina è emblematico della deriva di questo processo in corso"... Intervenendo alla conferenza organizzata da Pandora Tv di Giulietto Chiesa alla Sala del Refrettorio della Biblioteca della Camera dal titolo Global Warning, Marcello Foa ha sostenuto come non sia più possibile ragionare con le vecchie distinzioni – destra-sinistra o liberali-socialisti – ma siamo in un'epoca in cui l'alternativa è tra chi vuole difendere la democrazia e per questo si impegna a capire cosa sta accadendo nel mondo e chi, al contrario, si accontenta di accettare una versione che chiaramente non rappresenta la realtà. “E' un'epoca strana in cui io e Giulietto Chiesa possiamo partecipare allo stesso convegno”. La responsabilità principale è, prosegue Foa, dei media, strumento non solo di informazione, ma, oggi, di gestione del mondo. Questo ruolo che hanno assunto storicamente solo in tempi di guerra, ora lo hanno anche in tempi di pace. E questo è possibile attraverso tre elementi che Foa ricorda: la presenza di spin doctors nelle grandi istituzioni della politica e dell'economia; le modalità attraverso cui lavorano i media, in particolare la necessità di “coprire i buchi”, allineandosi spesso ai servizi dei telegiornali che dettano la linea anche di tutti i giornali; l'uso accurato di tecniche sviluppate di psicologia e sociologia per condizionare le masse e far scattare una serie di luoghi comuni (frame) che poi diventano verità assolute per l'opinione pubblica. Quello che è accaduto in Ucraina è emblematico della deriva di questo processo in corso: si sono legittimati gruppi neonazisti, anti-democratici e paramilitari che sono arrivati ad imporre l'elezione di cittadini stanieri nel governo e un Ministero della “Verità” con il pretesto di imporre altri obiettivi di politica estera americana. Da Milosevic ad oggi, afferma Foa, sono stati sistematicamente strumentalizzate le rivolte di piazza per legittimare una serie di colpi di stato che avevano secondi fini. “Ci hanno provato in Libia, hanno fallito e quindi hanno mandato gli aerei. Ci hanno provato anche in Siria, hanno fallito e quindi hanno mandato gli aerei ed ora l'Isis....”. In Ucraina hanno utilizzato l'unico momento in cui sapevano che una reazione russa sarebbe stata impossibile: i giochi invernali di Sochi, quando Putin aveva gli occhi del mondo addosso. E per questo i media rappresentano oggi strumenti di guerra non convenzionali, che sono di fatto uno dei principali elementi della politica estera americana. Il filtro con cui si guarda il mondo va cambiato perché ha fini diversi e il dovere di una stampa libera, ricorda Foa, è proprio questo, comprendere dove sta procedendo il mondo e rindirizzare il filtro verso l'opinione pubblica. Se questo non accadrà, conclude, la democrazia, “già ormai solo perlopiù formale e non sostanziale”, diverrà una specie di reality televisivo con l'apparenza di opinioni diverse, ma nella realtà quelle persone che discutono non hanno alcun potere sostanziale e sono tutte dirette come marionette da altre forze esterne.
Post n°14561 pubblicato il 28 Luglio 2018 da Ladridicinema
Con la nomina di Marcello Foa a presidente Rai ci troviamo davanti, senza esagerare, ad una svolta epocale nel segno del merito e della pluralità, ma da certi antri, già si grida alla lottizzazione selvaggia. di Ascanio Modena Altieri - 27 luglio 2018 Le parole del ministro Tria, hanno portato a risultati già considerati di portata storica. Le indicazioni, pur non seguite alla lettera, sono state ben accolte e tramutate in nomine inaspettate, ma indubbiamente ben accette. Fabrizio Salini – Fox, Sky Italia e La 7 – è il nuovo amministratore delegato Rai, ma la nomina che più colpisce e fa ben sperare è quella per la carica di presidente. Monica Maggioni, attuale vicepresidente dell’Unione europea di radiodiffusione e presidente del gruppo italiano della Commissione Trilaterale, lascia il testimone ad un Giornalista – la maiuscola risulta necessaria – da troppo tempo messo nell’angolo e relegato all’ombra dell’informazione comoda. Marcello Foa, milanese classe 1963, laureato in scienze politiche all’Università degli Studi di Milano, prima ancora che un grande professionista del settore, può a buon titolo essere considerato un valente intellettuale. Discepolo del maestro di noi tutti Indro Montanelli, Foa iniziò il suo percorso – già forte della vittoria del premio giornalistico Lucini nel 1989 all’età di 25 anni – ne Il Giornale, divenendo prima vice-responsabile esteri e successivamente caporedattore della medesima sezione. La geopolitica, gli affari internazionali, l’evoluzione dei sistemi mediatici e le strategie geo-economiche sono da sempre state al centro della sua analisi: divenuto inviato speciale nel 2005 in paesi come Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, ha aggiunto a ciò numerosi reportage in Patria e nell’areale islamico a sud del Mediterraneo. Nel 2011 lascia Il Giornale per divenire direttore generale del gruppo editoriale Timedia Holding SA di Melide e del quotidiano Corriere del Ticino. Non solo giornalista, ma anche accademico, essendo fondatore dell’Osservatorio europeo del giornalismo, presso la facoltà di scienze della comunicazione dell’Università della Svizzera Italiana. Con un curriculum ricchissimo e internazionale, Foa è ed è stato protagonista di una rete di collaborazioni che non può scontentare nessuno: BBC, CNBC, Arte, Rai Radio3, Radio24, La7, Rete4 e Rai1. Ad impreziosire una carriera già impressionante, si aggiunge l’attività di scrittore: il primo saggio del 2006 è Gli stregoni della notizia. Da Kennedy alla guerra in Iraq: come si fabbrica informazione al servizio dei governi, intervallato da due romanzi e seguito nel 2018 da Gli stregoni della notizia – Atto secondo. Come si fabbrica informazione al servizio dei governi, presentato e analizzato, assieme ad Alberto Bagnai e Vladimiro Giacchè, durante la conferenza “L’industria delle fake news” del 21 aprile dello stesso anno, organizzata dal periodico in rete L’Intellettuale Dissidente e da Asimmetrie APS, di cui Foa è vicepresidente. Nello spirito di affiancare il mondo culturale e delle attività giornalistiche più trascurate, Foa è divenuto membro del comitato scientifico di Libropolis, festival dell’editoria e del giornalismo indipendente creato da L’Intellettuale Dissidente e promosso dal Comune di Pietrasanta, ove si svolge annualmente dal 2017. Non se ne faccia una questione politica: la nomina di Marcello Foa alla direzione Rai è un pantagruelico passo in avanti verso una reale pluralità d’informazione, una ardita rivoluzione mirante all’apertura delle polverose e nepotiste stanze di viale Mazzini. Riprendendo le parole dello stesso neo presidente, l’impegno verterà sull’impostare e rinsaldare una linea meritocratica, affinché possa essere fornito a tutti e per tutti, un servizio pubblico alleato e promotore delle istanze della cittadinanza. Se ne fa una questione etica, non di partigianerie: fanno sorridere le puntuali frecciatine e le raffazzonate barricate contro una scelta scomoda e controcorrente; certuni si confondono come difensori della libera informazione, scordandosi di essere stati aguzzini e carcerieri di essa per ben troppo. Che i vari Marcucci, Anzaldi e Gentiloni – quest’ultimo protagonista di una squallidissima boutade – inizino a fare una opposizione seria, o quantomeno si apprestino a far silenzio prima di poter giudicare un lavoro ancora neppure incominciato. In queste ultime ore si accosta il nome di Foa a Berlusconi – in quanto dipendente del giornale di famiglia – e a Salvini – poiché considerato fedelissimo dell’attuale Ministro degli Interni – ma queste strumentalizzazioni, scivolano velocemente via. Foa ci ha già dimostrato – e ci si augura che continui a farlo – come non siano le posizioni politiche il faro di una direzione o di un lavoro da svolgere, bensì i modelli culturali e gli insegnamenti intellettuali ricevuti durante un percorso formativo, in questo caso di eccezionale rilievo. Con Foa alla presidenza, iniziamo ad intravedere indipendenza e obiettivitàergersi sopra il tristemente noto pantano di propaganda distorta e bugiarda. Aria fresca s’appresta ad entrare nella Radiotelevisione nostrana ed era anche ora.
Post n°14560 pubblicato il 26 Luglio 2018 da Ladridicinema
Bent - Polizia criminale Bent - DATA USCITA: 25/07/2018
- GENERE: Thriller
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2018
- REGIA: Bobby Moresco
- CAST: Karl Urban, Sofia Vergara, Andy Garcia
Hereditary - Le Radici del Male Hereditary - DATA USCITA: 25/07/2018
- GENERE: Drammatico, Horror
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2018
- REGIA: Ari Aster
- CAST: Toni Collette, Gabriel Byrne, Alex Wolff
Io, Dio e Bin Laden Army of One - DATA USCITA: 25/07/2018
- GENERE: Commedia, Avventura, Biografico
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2016
- REGIA: Larry Charles
- CAST: Nicolas Cage, Wendi McLendon-Covey, Matthew Modine
Le ultime 24 ore 24 Hours to Live - DATA USCITA: 25/07/2018
- GENERE: Thriller
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2017
- REGIA: Brian Smrz
- CAST: Ethan Hawke, Rutger Hauer, Paul Anderson
- DATA USCITA: 26/07/2018
- GENERE: Thriller
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2018
- REGIA: James McTeigue
- CAST: Gabrielle Union, Billy Burke, Richard Cabral
- DATA USCITA: 26/07/2018
- GENERE: Drammatico, Horror
- NAZIONALITA': Francia
- ANNO: 2017
- REGIA: Mathieu Turi
- CAST: Brittany Ashworth, Grégory Fitoussi, Javier Botet
- DATA USCITA: 26/07/2018
- GENERE: Azione, Thriller
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2018
- REGIA: Gary Ross
- CAST: Sandra Bullock, Cate Blanchett, Anne Hathaway
La bella e le bestie Aala Kaf Ifrit - DATA USCITA: 27/07/2018
- GENERE: Drammatico
- NAZIONALITA': Tunisia, Francia, Svezia, Norvegia, Libano, Qatar, Svizzera
- ANNO: 2017
- REGIA: Khaled Walid Barsaoui, Kaouther Ben Hania
- CAST: Mariam Al Ferjani, Ghanem Zrelli, Noomane Hamda
Post n°14559 pubblicato il 26 Luglio 2018 da Ladridicinema
![Christian Bale in una scena de Il cavaliere oscuro d Cristopher Nolan](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2008/06/04/christian-bale-in-una-scena-de-il-cavaliere-oscuro-78963_jpg_351x0_crop_q85.jpg) Una coincidenza, un caso fortuito, oppure un indizio con un significato ben preciso. Nel 2008, sul grande schermo, assistiamo a due conferenze stampa molto diverse. In Iron Manl'istrionico Tony Stark, sfrontato e fiero, ammette senza troppi problemi di essere l'eroe di ferro. Ne Il cavaliere oscuro, invece, Harvey Dent spiazza gli astanti dichiarando di essere Batman, prendendosi la responsabilità di azioni non sue. Bruce Waynerimane in disparte, dietro le quinte, in un gioco della parte in cui la persona e il simbolo dovevano rimanere separati. Involontariamente queste due scene opposte sono diventate due manifesti, due dichiarazioni di intenti. Da una parte la Marvel dava il via al suo universo votato ad un intrattenimento sfacciato, sovraesposto e orgoglioso. Dall'altra Christopher Nolan toccava l'apice della sua trilogiaimpregnata di dolore, paura, caos, epica ed etica. Una trilogia impermeabile, meravigliosamente autosufficiente e chiusa in se stessa. La storia di un uomo, di una città e di un emblema in cui il senso dei paladini va cercato negli anfratti più oscuri, negli angoli più sporchi e fangosi, nel non detto più che nelle parole pronunciate. Per questo non c'è spazio per universi condivisi dietro la maschera del Cavaliere Oscuro. Per questo non c'è bisogno di convivenze tra eroi sotto il mantello del Batman di Nolan. Laddove il cinecomic si riscopriva grande evento corale e interconnesso grazie al grande lavoro in casa Marvel, Il cavaliere oscuro urlava a gran voce il suo bisogno di autonomia. Perché quella delineata da Nolan è una parabola personale e intima, un racconto che scava sottopelle sino a toccare il nervo scoperto di un uomo e il punto debole di un eroe riluttante. Lontano da qualsiasi forma di glorificazione pubblica, Batman viene messo alle strette, ferito nel corpo e violentato nella psiche. Tra lutti, sacrifici, sensi di colpa e menzogne a fin di bene, Il cavaliere oscuro assomiglia a una sala operatoria in cui l'anima di Gotham City e di Bruce Wayne vengono sondate, vivisezionate, spremute sino a ricavare una morale assoluta. ![Heath Ledger nei panni di Joker e Maggie Gyllenhaal in una scena del film The Dark Knight](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2008/06/23/heath-ledger-nei-panni-di-joker-in-una-scena-del-film-the-dark-knight-80380_jpg_1003x0_crop_q85.jpg) Calato in un contesto di estremo realismo in cui ogni singolo elemento ha una sua spiegazione plausibile, il sesto film di Christopher Nolan riesce nell'impresa di farci capire che peso avrebbero davvero gli eroi nel mondo contemporaneo, che cosa accadrebbe se le nostre città fossero scrutate dall'occhio vigile di un paladino che si pone al di sopra della legge. Pochi film come Il cavaliere oscuro sono riusciti a conciliare la sofisticata visione d'autore, grande intrattenimento e adorazione collettiva. Perché il Batman di Nolan, osteggiato soprattutto da chi ritiene tradita e bistrattata la visionaria fonte fumettistica, è amato dalle persone. Ed è per questo che oggi, esattamente dieci anni dopo la sua uscita americana (in Italia arrivò il 23 luglio), siamo qui a celebrare la pietra miliare di un genere ridefinito grazie a una profonda riflessione sul senso dell'eroismo e a un antagonista tanto maledetto quanto memorabile. Perché non moriremo da eroi, ma abbiamo vissuto abbastanza a lungo da goderci Il cavaliere oscuro. Ce lo faremo bastare. Leggi anche: Come il Batman di Nolan ha cambiato per sempre i cinecomic L'uomo, l'eroe, il simbolo ![](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2018/07/18/a5fc82c2d0a624d9de83fef7b2336677_jpg_351x0_crop_q85.jpg) Dividere l'uomo dalla maschera, scindere l'eroe dal simbolo, staccare il paladino dalla persona. Armato di coraggio e bisturi, Nolan ha preso Batman e lo ha fatto a pezzi. Letteralmente. Scomposto in tante parti, l'Uomo Pipistrello gioca a un logorante braccio di ferro con il suo regista lungo tutto il film. Come se mettere in difficoltà l'eroe sia la condizione migliore per tirarne fuori l'essenza. In questo accurato lavoro di sottrazione, l'autore londinese mette subito le cose in chiaro sin dal titolo. Per la prima volta il nome "Batman" non compare. Troppo altisonante per i subdoli intenti del film, il nome pubblico dell'eroe viene omesso per una ragione ben precisa: Nolan punta a ribaltare il punto di vista dell'icona. Batman, svestito del prefisso super, non viene guardato dalla gente dal basso verso l'alto, non viene innalzato a paladino senza macchia, ma calato in un contesto sociale e politico talmente balordo da intaccarne ogni percezione immacolata. Se Batman Begins era stato un faticoso viatico personale, in cui un uomo fronteggiava e dominava le proprie paure, Il cavaliere oscuro allarga i suoi orizzonti per diventare un affresco cittadino. ![Christian Bale nei panni di Batman in una scena de Il cavaliere oscuro](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2008/06/23/christian-bale-nei-panni-di-batman-in-una-scena-de-il-cavaliere-oscuro-80394_jpg_351x0_crop_q85.jpg) Per una volta l'eroe non ispira il bene, ma ispira il Male. Così la criminalità di una Gotham City condannata alla perdizione genera un anticorpo instabile di nome Joker. Ed ecco che il cinecomic nolaniano ci mostra le più inaspettate e scomode conseguenze dell'essere Batman, dell'aver creato un simbolo intimidatorio per i criminali ma in cui è difficile identificarsi per le persone. Da qui la scelta di eleggere Harvey Dent a simbolo accessibile per la gente, da qui la sottile differenza tra ciò che è giusto e quello di cui c'è bisogno. Spaziando tra il privato e il pubblico con equilibrio invidiabile, in sole due ore e mezza Il cavaliere oscuro riesce a mettere in scena tante facce di Bruce Wayne e di Batman. Del primo vediamo il rampollo dall'aria superficiale che si circonda di belle donne e si addormenta alle riunioni, il figlio putativo protetto dall'immancabile figura paterna di Alfred, l'innamorato costretto a dire addio alla sua Rachel. Dell'uomo mascherato apprezziamo le entrate in scena inaspettate, la furia spaventosa riversata sulle fecce di Gotham e persino le doti da investigatore troppo spesso dimenticate dal cinema. Tutti elementi che fanno de Il cavaliere oscuro un film sui supereroi, non con i supereroi. Sull'esempio del suo protagonista che si ricuce da solo per imparare dai propri errori, Nolan solleva per sempre un'icona e le insegna a rimettersi in piedi. Leggi anche: Dalla speranza di Dunkirk al ritorno del Cavaliere Oscuro: imparare a resistere con Christopher Nolan O muori da eroe, o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo L'equità del caos nel ghigno del Joker ![](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2018/07/18/joker-heath-ledger_jpg_351x0_crop_q85.jpg) Una figura inquietante se ne sta immobile all'angolo di una strada, ripresa di spalle. L'inquadratura si avvicina lentamente. Scorgiamo soltanto pochi dettagli: dei lunghi capelli oleosi, un grande borsone e poi una maschera da clown. Dieci anni dopo, possiamo dire che la prima immagine del mellifluo, straordinario e indimenticabile Joker di Heath Ledger è entrata nell'immaginario collettivo. Perché, in realtà, quell'anima in pena che ama leccarsi le labbra e ridere senza contegno delle disgrazie altrui non aveva bisogno né di quella maschera, né di quel borsone pieno di soldi. Il Joker non ha bisogno di nascondersi, perché è fiero di essere una disturbante eccezione alla regola. Al Joker non servono soldi, perché lui non è un semplice criminale. La storia ci ha insegnato che la gente del crimine non è complicata. Loro vogliono danaro, potere, controllo, libertà assoluta. Il Joker è diverso, perché irride con gusto il tessuto criminale di Gotham, così vincolato ai suoi riti e alle sue abitudini, per elevarsi a inquietante agente del caos. Mina vagante dal ghigno largo e slabbrato, peccatore che vive ogni attentato come un orgasmo libidinoso, l'immenso Joker di Ledger è senza dubbio uno degli antagonisti più inquietanti e complessi della storia del cinema. ![](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2018/07/18/ledger_jpg_351x0_crop_q85.jpg) Pura essenza del male, il pagliaccio di Gotham è astuto, imprevedibile, portatore di una filosofia di vita tutta sua, ma capace di minare le certezze di Batman. La sua vocazione per il caos, equo e giusto nella sua anarchia, è il credo destabilizzante di un terrorista dotato di grande abilità manipolatorie. Deridendo l'iconografia di Batman attraverso i mass media e imponendo la sua tappezzando Gotham di carte da gioco, Joker non si accontenta di seminare dubbi e rabbia nel Cavaliere Oscuro, ma utilizza il prossimo come cartina al tornasole della sua visione distorta del mondo. Da bravo parassita qual è, Joker usa Harvey Dent per dimostrare a tutta Gotham che non esistono incorruttibili, mette in scena quel sottile gioco di società tra le due navi per urlare in faccia a Batman che la gente si nutre di egoismo, diffidenza e pregiudizi. E come dimenticare le storie incoerenti sull'origine delle sue cicatrici? Un padre troppo odiato o una moglie troppo amata? L'impossibilità di scovare un'origine a quest'uomo è la chiave della sua stessa maledizione. Una condanna resa ancora più beffarda dalla morte prematura di Heath Ledger il cui sorriso gentile, purtroppo, verrà spesso offuscato da un'atroce risata. Leggi anche: Fino all'ultima risata: i volti (e le voci) del Joker sullo schermo Quello che non ti uccide ti rende più strano La nobile arte del compromesso ![Aaron Eckhart in una scena de Il cavaliere oscuro](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2008/06/27/aaron-eckhart-in-una-scena-de-il-cavaliere-oscuro-80707_jpg_351x0_crop_q85.jpg) Schiacciato dal senso del dovere nei confronti della sua stessa icona. Dilaniato dal senso di appartenenza a una città da salvare a tutti i costi. Il Batman di Christian Bale verrà ricordato come quello più tormentato di sempre, perché costretto a fronteggiare conflitti su più piani. Dall'amore alla famiglia, da un'azienda da gestire a una comunità di cui si è autoeletto salvatore. Ne Il cavaliere oscuro Batman viene messo davanti a due specchi, stretto tra due figure che è costretta a fronteggiare. Da una parte il caos, dall'altra il caso. Da una parte l'anarchico Joker, dall'altra Harvey Dent, l'uomo che affidava ogni sua scelta al lancio di una moneta. Il Joker, come detto, è la nemesi perfetta di Batman, un germe che si insinua dentro l'eroe per minarne ogni certezza e ogni principio. Subdolo nel cercare punti di contatto tra due freaks, due reietti messi in modo diversi ai bordi della società, il criminale dai capelli rancidi deride l'etica batmaniana piena di regole e gode nel martellare il Cavaliere Oscuro a suon di sensi di colpa. Se Joker è tutto quello che un uomo disilluso ha paura di diventare, Harvey Dent è tutto ciò che Bruce Wayne non può essere, ovvero una figura pubblica che vive alla luce del sole i suoi successi e il suo impegno civile, un uomo straordinariamente normale che ha conquistato la stima e il cuore della sua Rachel, stanca di aspettare il giorno in cui Gotham non avrà più bisogno di Batman. Messo in discussione da questo duplice confronto, Batman trova finalmente la sua apoteosi eroica nel meraviglioso epilogo del film. ![](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2018/07/18/the-dark-knight-the-batpod_jpg_351x0_crop_q85.jpg) Il Cavaliere Oscuro comprende che alcuni eroi non sono destinati alla gloria, ma costretti a scoprire la nobile arte del compromesso. Stretto di un abbraccio notturno, Nolan ci dice che l'eroismo può essere anche un fardello, una scelta scomoda, un vincolo all'ombra e all'oblio in grado di tradire persino la verità. Batman si prende la colpa di azioni non sue. Perché lui può sopportarlo, perché lui ha capito che c'è un abisso sottile ma profondo tra quello che la gente merita e quello di cui la gente ha bisogno. Sostenuto da un Hans Zimmer in vena di note poetiche, enfatiche e trascinanti, Il cavaliere oscuro si chiude con un gesto di meraviglioso altruismo. Ovvero con la presa di coscienza di un uomo che implode nel suo stesso simbolo, di un eroe più umano dell'umano che si sporca la coscienza per ripulire l'anima di una città intera. Dieci anni dopo, siamo ancora lì, alle spalle di quel tunnel con uno spiraglio di luce, ad applaudire con gli occhi lucidi e la pelle d'oca. O di pipistrello. Fate voi.
Post n°14558 pubblicato il 18 Luglio 2018 da Ladridicinema
Post n°14557 pubblicato il 18 Luglio 2018 da Ladridicinema
Domenica in ribasso e weekend deludente un po' per tutti: film, esercenti e pubblico. Quello appena trascorso è stato uno dei fine settimana più "poveri" degli ultimi anni. 12 Soldiers è al primo posto, seguito da La prima notte del giudizio e da Jurassic World - Il regno distrutto (guarda la video recensione), che ha retto bene con i suoi quasi 10 milioni di euro per oltre un mese. L'unica nota positiva, in termini di fatturato, è la performance di Muse: Drones world tour, che in soli due giorni di programmazione ha incassato oltre 120mila euro (al successo ha contribuito anche il costo del biglietto). Dati medi per Luis e gli alieni, che incassa 123mila euro dal giorno del suo arrivo nelle sale, Chiudi gli occhi - All I See is You ottiene 112mila euro complessivi, mentre sono prossimi ai saluti Prendimi!, Obbligo o verità (guarda la video recensione) e Il sacrificio del cervo sacro (guarda la video recensione). Dopo quasi un mese di uscite numerose sotto il profilo quantitativo, questa settimana in sala arrivano solo due film: Overboard, commedia sentimentale con Anna Faris e Skyscraper, action con The Rock che ha esordito venerdì negli Usa e in mezzo mondo. Quest'ultimo dovrebbe ottenere la vetta della classifica senza faticare troppo. La stagione si chiuderà il 26 luglio con l'arrivo in sala di Ocean's 8 e Hereditary, mentre tutti i film maggiori usciti negli Usa durante l'estate americana, a cominciare da Ant-Man and the Wasp e Gli Incredibili 2 saranno il piatto forte di agosto e settembre.
Post n°14556 pubblicato il 11 Luglio 2018 da Ladridicinema
06.07.2018 13:00 di Rosa Doro Twitter: © foto di Daniele Buffa/Image Sport ![Su Netflix la seconda parte di First Team, Juventus: la docuserie sui bianconeri](https://net-storage.tccstatic.com/storage/tuttojuve.com/img_notizie/thumb1/3e/3eca24756dfc46e5d78c5a9acacdbfa4-93483-8087c39faad72121becb6d1778778c8e.jpeg) |
Dopo aver pubblicato la prima parte della docuserie sulla Juventus, Netflix ha annunciato che è disponibile ora anche la seconda parte. Si tratta di First Team, una docuserie composta da tre episodi per parte che racconta la scorsa stagione vissuta dalla Juventus. Ora i tifosi potranno vedere anche la seconda parte della serie che annuncia il trionfo dei bianconeri in Coppa Italia e in campionato.
Post n°14555 pubblicato il 10 Luglio 2018 da Ladridicinema
![](https://pad.mymovies.it/filmclub/2015/04/029/locandina.jpg) Simon e Robyn si trasferiscono a Chicago in una nuova e bellissima casa. In un centro commerciale si imbattono in Gordon, un ex compagno di scuola di Simon: la coppia lo invita a cena e Gordon si comporta in maniera curiosa, così come bizzarra è la sua abitudine di lasciare dei regali davanti al loro uscio di casa. Nel momento in cui la presenza di Gordon comincia a farsi troppo assidua, specie quando Robyn è in casa da sola, Simon decide di parlargli e di chiedergli di non farsi più vedere. Un gesto dalle conseguenze inaspettate. Una prova sorprendente quella di Joel Edgerton, qui in veste di regista, sceneggiatore e attore, nei panni del presunto stalker Gordon, detto Gordo. Se per il ruolo adotta un look confuso e disturbante come il suo personaggio - orecchino, tinta rossiccia dei capelli, sguardo fisso - il lavoro a livello di messa in scena è mirabile. Edgerton confeziona un B-movie che non si vergogna dei propri ingombranti riferimenti - Cape Fear per il disturbo della quiete domestica, Cattive compagnie per il rapporto che si instaura tra i due personaggi maschili - ma se esteriormente riprende tecniche di tensione e situazioni tipiche del thriller classico, il lavoro sui simboli e su ciò che non si vede è molto più sottile. Tra Simon e Gordon da subito si instaura una dinamica servo-padrone sottolineata dall'uso delle inquadrature: Gordon occupa lo sfondo del campo o i suoi bordi, si pone fisicamente ai margini del quadro, come si è posto ai margini dell'esistenza. La sua è una natura remissiva, benché disturbata, il suo sentimento di rivalsa non si esprime secondo i binari consueti. Al contrario Simon e Robyn (o meglio l'idea che Simon ha di Robyn nella coppia) ostentano il loro successo sociale ed esistenziale attraverso una casa dove le finestre sostituiscono le pareti e sono sempre presenti ospiti gradevoli ed eleganti per festeggiare qualcosa. Una relazione di interdipendenza (ogni aguzzino ha bisogno di una vittima, meglio se consensuale) quella tra Simon e Gordon, che rimanda a un segreto sul loro passato celato agli occhi di Robyn (e del mondo). L'ambizione figlia dell'esasperata competitività del reaganismo, che attraversava il succitato Cattive compagnie, ha lasciato il posto a una coazione a ripetere insensata. Sembra che non si sappia più perché si sgomiti pur di "arrivare" a qualsiasi costo, quasi si trattasse di una reazione pavloviana alla società, più che qualcosa di pianificato. Questa insolita componente autodistruttiva, che accompagna personaggi che vanno al di là delle loro maschere consuete, porta a sorvolare su alcune manchevolezze e semplificazioni del plot, che abbondano soprattutto nell'ultima parte, facendo di Edgerton un'interessante voce nuova del contesto sub-hollywoodiano.
Post n°14554 pubblicato il 10 Luglio 2018 da Ladridicinema
Il film La prima notte del giudizio vince il weekend e incassa oltre mezzo milione dal primo giorno di programmazione. Anche ieri l'horror Universal è stato l'unico film a superare i 100mila euro, segno che la programmazione di luglio sta facendo veramente fatica ad incontrare il favore del pubblico. Al secondo posto c'è Jurassic World - Il regno distrutto (guarda la video recensione), che ha raggiunto un totale di 9,7 milioni di euro con 1,4 milioni di spettatori ed ha scalzato Come un gatto in tangenziale dal decimo posto della classifica assoluta stagionale italiana. Per il secondo anno consecutivo il cinema italiano è fuori dalla top ten, confermando la difficoltà a realizzare prodotti che incontrino il gusto del pubblico. Poco incisive le new entry di questa settimana: dietro a Papillon e Obbligo o verità (guarda la video recensione) troviamo Prendimi! che, nell'arco della settimana, ha incassato 141mila euro, Stronger - Io sono più forte (guarda la video recensione) con 128mila, mentre Doraemon - La grande avventura in Antartide si è fermato a 80 mila euro complessivi. Incasi deboli per Il sacrificio del cervo sacro (guarda la video recensione), L'incredibile viaggio del fachiro (guarda la video recensione) e Hurricane - Allerta uragano. Questa settimana le uscite sono forse ancora più deboli rispetto alla precedente, con i soli 12 Soldiers (guarda la video recensione) e Chiudi gli occhi capaci di entrare in classifica. Aspettiamoci incassi a quattro cifre e attendiamo pazientemente l'arrivo della prossima stagione.
Post n°14553 pubblicato il 08 Luglio 2018 da Ladridicinema
L'annuncio su Facebook: ai 'vecchi' solo il ruolo 'amatoriale' di tutor. Per tutti gli altri contratto regolare. "Parte dei soldi li metterò io" Enrico Mentana ha deciso di lanciare un giornale online. L'annuncio lo ha dato su Facebook, spiegando di voler aiutare i giovani giornalisti a trovare uno spazio. "E' giunto per me il momento di fare qualcosa di tangibile: far nascere un quotidiano digitale realizzato solo da giovani regolarmente contrattualizzati, che possa riaprire il mercato della scrittura e della lettura giornalistica per le nuove generazioni" ha scritto in un post. Cosa farà Mentana Per sé e per "qualche "vecchio", Mentana riserva il ruolo di "tutela redazionale, magari a titolo amatoriale (ribaltando la logica dello stage!)" e per quanto riguarda i contenuti "una parte del finanziamento e il contributo quotidiano di scritti che fino a oggi ho postato su Facebook". Perché fondare un giornale Mentana spiega nel post che "la generazione degli anni '50 e '60" ha potuto realizzare il sogno di fare i giornalisti, quel che è ormai precluso anche ai più bravi tra i giovani di oggi". "Ho cercato di spiegare perché si sia operata questa chiusura pressoché totale (peraltro simile a quella di tante altre professioni). Crisi della stampa tradizionale, crollo della pubblicità, abbattimento dei profitti per l'invalersi del web, costo sempre più alto del lavoro giornalistico già in essere in rapporto alle entrate degli editori, e tanto altro. Il risultato però è che noi siamo ancora seduti, tutelati da contratti che ci tutelano, ben pagati, con una cassa sanitaria autonoma e una pensione che ci aspetta. Fuori tanti giovani, potenzialmente più che meritevoli, aspettano in piedi e senza garanzie. E anche lettori e telespettatori sono come noi: del resto un prodotto fatto da sessantenni, con modalità novecentesche, è seguito per consuetudine, tradizione e simili coordinate politico-culturali da un pubblico in cui i giovani proprio non ci sono o quasi". Con quali soldi? "Se con contributi economici e pubblicità si reggerà, bene. Se - come inevitabile almeno all'inizio- sarà in passivo, ci penserò io. Se - come spero - diventerà profittevole, tutto l'attivo sarà usato per nuove assunzioni e collaborazioni. Se per motivi loro ci saranno aziende o mecenati in grado di aiutare senza nulla pretendere saranno benvenuti. Per la raccolta pubblicitaria sarà scelto chi farà l'offerta migliore. Chiederò all'ordine dei giornalisti e alla FNSI quali possano essere le griglie normative e contributive più corrette e solo allora penserò a come avviare il reclutamento". Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it
Post n°14552 pubblicato il 08 Luglio 2018 da Ladridicinema
A dare la notizia la famiglia. 'Ha regalato allegria, umorismo e uno sguardo affettuoso per capire il nostro Paese' Addio a Carlo Vanzina. Il regista, che, insieme al fratello, ha raccontato in oltre 60 film un'Italia spensierata e da commedia, si è spento a Roma. A dare la notizia sono la moglie Lisa e il fratello Enrico. "Nella sua amata Roma, dov'era nato, ancora troppo giovane e nel pieno della maturità intellettuale, dopo una lotta lucida e coraggiosa contro la malattia - si legge nella nota della famiglia - ci ha lasciati il grande regista Carlo Vanzina amato da milioni di spettatori ai quali, con i suoi film, ha regalato allegria, umorismo e uno sguardo affettuoso per capire il nostro Paese". ![](http://www.ansa.it/webimages/img_700/2016/5/26/4ed628c6d07589da0e42f4b49fd336a0.jpg)
Regista, sceneggiatore e produttore, insieme al fratello Enrico che si è dedicato più alla scrittura, nato a Roma il 13 marzo del 1951, Carlo è vissuto nel mondo del cinema fin dall'infanzia (già a un anno era il piccolo Filippo in 'Totò e le donne' diretto dal padre). Ma del fatto di essere stato favorito, per le sue origini, nella carriera nel mondo del cinema non si vergognava affatto. Anzi ad ogni occasione ricordava, riconoscente, la figura del padre e il fatto che nella sua casa fossero passati tutti: personaggi come Totò, Ugo Tognazzi, Mario Monicelli, Ennio Flaiano, Mario Camerini e Dino Risi. Ecco una recente intervista a La7 in occasione della presentazione del suo ultimo film, 'Caccia al tesoro'. Diplomatosi alla scuola francese Chateaubriand di Roma, Carlo inizia la carriera nel cinema nei primi anni '70 come aiuto regista di Mario Monicelli nei film 'Brancaleone alle crociate' (1970) e poi ne 'La mortadella' (1971). Dopo aver collaborato con il padre ('Anastasia mio fratello', 1973) e con Alberto Sordi ('Polvere di stelle', 1973), nel 1976 dirige il suo primo film, 'Luna di miele in tre', scritto dal fratello Enrico e con protagonista Renato Pozzetto. Da allora ha realizzato, nel corso di circa quarant'anni di carriera una sessantina di film. Si va dalla scoperta di Diego Abatantuono nel 1982 ('Eccezzziunale... veramente' e 'Viuuulentemente mia, entrambi del 1982'), a quel 'Sapore di mare' uscito in sala l'anno dopo che è sempre stato il suo film più amato. Un anno fortunato comunque il 1983 per i prolifici fratelli della commedia all'italiana, mai troppo amati dai critici con cui ebbero sempre a discutere tra mille polemiche. Esce infatti, sempre nel 1983, quel Vacanze di Natale considerato il padre di tutti i 'cinepanettoni'. "Carlo Vanzina è stato il signore della commedia all'italiana". Il ministro della cultura Alberto Bonisoli ricorda così, in un post su Facebook il regista scomparso oggi. "La notizia della scomparsa mi addolora - scrive - il cinema italiano perde un grande regista, che ha saputo cogliere con abilità e intelligenza gli aspetti tipici della commedia all'italiana. E' stato il Signore della commedia all'italiana, le sue pellicole hanno lasciato il segno e caratterizzato un'epoca. Porgo le mie più sincere condoglianze a tutti i suoi familiari e amici".![](http://www.ansa.it/sito/photogallery/primopiano/2018/07/08/da-vacanze-di-natale-a-sapore-di-mare-le-locandine_1403eade-ec0b-46c1-83c8-36fd608d4a9e.html)
Post n°14551 pubblicato il 08 Luglio 2018 da Ladridicinema
Incendio nella notte a Cinecittà dove intorno alle 3 le fiamme hanno invaso la ricostruzione di Roma antica che si trova all'interno degli studios, in via Vincenzo Lamaro. Sul posto i vigili del fuoco con almeno 6 mezzi. Non ci sarebbero feriti. Ad andare a fuoco è stata una parte del set lasciato dalla serie tv "Rome", prodotta dall'americana Hbo. L'incendio si è propagato con il vento sulla struttura di vetro resina, fanno sapere dagli Studios: a prendere fuoco è stata la zona che si chiamava Basilica Aemilia e l'entrata del set di Roma, cioè l'ingresso che portava alla via Sacra, dove di solito si organizzano anche convention e feste private. Sospese le visite guidate nell'area coinvolta nell'incendio, mentre le visite nel resto degli studios e le altre attività sono attive.
Post n°14550 pubblicato il 04 Luglio 2018 da Ladridicinema
Cara lettrice, caro lettore, Il 5 luglio 2018 il Parlamento europeo in seduta plenaria deciderà se accelerare l'approvazione della direttiva sul copyright. Tale direttiva, se promulgata, limiterà significativamente la libertà di Internet. Anziché aggiornare le leggi sul diritto d'autore in Europa per promuovere la partecipazione di tutti alla società dell'informazione, essa minaccia la libertà online e crea ostacoli all'accesso alla Rete imponendo nuove barriere, filtri e restrizioni. Se la proposta fosse approvata, potrebbe essere impossibile condividere un articolo di giornale sui social network o trovarlo su un motore di ricerca. Wikipedia stessa rischierebbe di chiudere. La proposta ha già incontrato la ferma disapprovazione di oltre 70 studiosi informatici, tra i quali il creatore del web Tim Berners-Lee (qui), 169 accademici (qui), 145 organizzazioni operanti nei campi dei diritti umani, libertà di stampa, ricerca scientifica e industria informatica (qui) e di Wikimedia Foundation (qui). Per questi motivi, la comunità italiana di Wikipedia ha deciso di oscurare tutte le pagine dell'enciclopedia. Vogliamo poter continuare a offrire un'enciclopedia libera, aperta, collaborativa e con contenuti verificabili. Chiediamo perciò a tutti i deputati del Parlamento europeo di respingere l'attuale testo della direttiva e di riaprire la discussione vagliando le tante proposte delle associazioni Wikimedia, a partire dall'abolizione degli artt. 11 e 13, nonché l'estensione della libertà di panorama a tutta l'UE e la protezione del pubblico dominio. https://meta.wikimedia.org/wiki/SaveYourInternet La comunità italiana di Wikipedia
Post n°14549 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
di Fabio Nobile Domenico Moro, La gabbia dell’euro. Perché uscirne è internazionalista e di sinistra, Imprimatur, 2018 Con molto piacere scrivo del nuovo lavoro di Domenico Moro: "La gabbia dell'euro. Perché uscirne è internazionalista e di sinistra.". Questo nuovo libro è in continuità con il punto di vista da lui esplicitato in questi ultimi anni sulla natura dell’euro e la necessità di un suo superamento. La chiave è però originale rispetto al consueto approccio economico con cui è affrontato il tema dalle diverse impostazioni che si confrontano ormai da tempo. Prova ad affrontare la questione partendo dalle radici strutturali del nazionalismo contestualizzandolo nelle diverse fasi storiche in cui questo ha assunto diverse connotazioni. Costruisce una risposta razionale a quelle obiezioni che provengono anche da sinistra all’uscita dall’euro. Obiezioni che indicano questa scelta come regressiva e portatrice del “ritorno alla nazione” contrapposta ad un campo sovranazionale che, in qualche modo, anche la moneta unica garantirebbe seppure con politiche da contrastare. Ed è proprio la connotazione negativa che la nazione assume nella prima metà del Novecento, ci dice Moro, che determina una tale rigida lettura. Ma in questo ragionamento si sottovaluta che in quella fase storica la base nazionale di accumulazione rendeva “utile” per le borghesie dominanti il nazionalismo che deflagherà nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. Mentre nel XXI secolo la tendenza all’internazionalizzazione del capitale è estremamente avanzata e preponderante. L'esempio della Fiat, oggi FCA-Crysler è estremamente esemplificativo. Mentre prima il mercato decisivo per la crescita dell’azienda (prima con sede a Torino, oggi a Londra e Amsterdam) era l’Italia, oggi con tutta evidenza sia gli assetti proprietari, che la produzione e la circolazione hanno una base globale ed integrata sul piano sovranazionale. In questo filo di ragionamento si inserisce la netta distinzione tra internazionalismo e cosmopolitismo. Il primo come parte del pensiero socialista . “L’internazionalismo, come parte del pensiero socialista del XIX e del XX secolo, non prescinde dall’esistenza delle nazioni e dagli stati e ha un carattere collettivo e di classe. Infatti, si propone di superare le differenze e le rivalità nazionali e statali mediante la costruzione di una solidarietà e di una unità di intenti economici e politici tra classi subalterne e lavoratori salariati appartenenti a nazionalità differenti, nei confronti del capitale. L’internazionalismo tiene conto dell’esistenza delle nazionalità e sostiene il principio dell’autodeterminazione dei popoli, cioè il diritto alla separazione, come strumento di lotta contro l’oppressione dell’imperialismo e dei regimi autoritari e arretrati." Il secondo “ …nasce come ideologia nel periodo illuminista ed è fatto proprio dalla massoneria, organizzazione segreta che nasce con una impostazione universalistica, e in genere delle élite capitalistiche legate a interessi globali e a reti di relazioni sovranazionali, piuttosto che soltanto a specifiche relazioni territoriali”. La lettura dialettica della realtà lo porta a soppesare gli ingredienti della miscela che nelle diverse fasi storiche hanno determinato il concetto di nazione e il peso dell’internazionalizzazione del capitale. Da quello ottocentesco in cui la borghesia consolidava il suo potere, a quello della prima metà del novecento accennato prima, fino a quello contemporaneo in cui il peso dello Stato nazionale non perde la sua funzione di tutela delle frazioni dominanti della borghesia come dimostrano i contrasti franco-italiani sulla Libia, quindi nella stessa Europa, o quelli tra Germania ed Usa sul piano commerciale, ma in cui l’elemento transnazionale è centrale e con esso il cosmopolitismo che diviene la base ideologica dell’attuale integrazione economica e valutaria in Europa. Nella sostanza quello che condivido a fondo con Moro è che i pericoli reazionari che provengono dalle classi dominanti non sono tanto legati al riemergere della nazione ma alla capacità del capitale e della borghesia transnazionale di utilizzare con grande disinvoltura la nazione insieme allo spirito cosmopolita finalizzandolo al dominio di classe, togliendo alle classi subalterne qualsiasi capacità di resistenza e di difesa che nel corso del novecento in particolare in Europa erano riuscite a conquistarsi. In questo senso lo strumento di dominio è il trasferimento di funzioni statali a organismi sovranazionali, spesso non eletti, che aggirano gli organismi nazionali e la democrazia rappresentativa, in primis il Parlamento, nei quali i rapporti di forza più favorevoli ai lavoratori. Da tale punto di vista il recupero dello spirito internazionalista passa per l’individuazione di un nemico e di obiettivi comuni tra i lavoratori e i proletari nel nostro campo d’azione che è l’Europa, che ne permettano in primo luogo la riconquista del senso di se. E certamente, se questi ragionamenti hanno una loro linearità, non è la sinistra che da battaglia contro l’integrazione valutaria a favorire o ad andare incontro al riemergere del nazionalismo di destra e della xenofobia, ma è proprio l’attuale integrazione ad allevare quel tipo di risposta irrazionale con l’aumento delle divergenze economiche tra i Paesi e l’assoluta assenza di sovranità democratica condita da un impoverimento di massa. Un lettura attenta di questo testo può aiutare a superare alcuni dei nodi che attraversano il dibattito a sinistra su questo cruciale argomento e fare dei passi avanti. Lo consiglio.
Post n°14548 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
L'incredibile viaggio del fachiro The Extraordinary Journey of the Fakir - DATA USCITA: 04/07/2018
- GENERE: Drammatico
- NAZIONALITA': Francia
- ANNO: 2018
- REGIA: Ken Scott
- CAST: Bérénice Bejo, Dhanush, Erin Moriarty
Stronger - Io sono più forte Stronger - DATA USCITA: 04/07/2018
- GENERE: Drammatico, Biografico
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2017
- REGIA: David Gordon Green
- CAST: Jake Gyllenhaal, Tatiana Maslany, Clancy Brown
Doraemon il film - Nobita e la grande avventura in Antartide Eiga Doraemon: Nobita no nankyoku kachikochi daibouken - DATA USCITA: 05/07/2018
- GENERE: Animazione, Avventura, Commedia, Family, Fantascienza, Fantasy
- NAZIONALITA': Giappone
- ANNO: 2017
- REGIA: Atsushi Takahashi
- DATA USCITA: 05/07/2018
- GENERE: Drammatico
- NAZIONALITA': Spagna
- ANNO: 2017
- REGIA: Carla Simón
- CAST: Laia Artigas, Paula Robles, Bruna Cusì
Post n°14547 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Jurassic World - Il regno distrutto (guarda la video recensione) vince il weekend e arriva a quota 9,3 milioni di Euro con 1,3 milioni di spettatori, superando A casa tutti bene (guarda la video recensione) e mettendosi in scia a Come un gatto in tangenziale, che ora dista solo 200mila euro. A questo punto il sorpasso dovrebbe essere cosa fatta entro la fine di luglio, anche visto che non ci saranno uscite di rilievo almeno fino alla fine del mese: l'Italia perderà l'ultimo esponente del suo cinema nella top ten stagionale, mancando l'obiettivo di piazzare almeno un film tra i migliori della stagione per il secondo anno consecutivo. Nel weekend vanno abbastanza bene Obbligo o verità (guarda la video recensione), che si avvicina al milione e mezzo di euro e Papillon, cresciuto giorno dopo giorno, che chiude con quasi 300mila euro complessivi. Buoni gli incassi de Il sacrificio del cervo sacro (guarda la video recensione), che ha incassato complessivamente 174mila euro, battendo un po' a sorpresa Hurricane - Allerta uragano, che si è fermato a 154mila euro. Briciole per tutti gli altri film in classifica, a cominciare da Solo: A Star Wars Story (guarda la video recensione), che anche in Italia ha confermato il trend non positivo avuto nel resto del mondo. Questa settimana arrivano in sala Stronger - Io sono più forte (guarda la video recensione) dal 4 luglio e Prendimi!, Unsane, La prima notte del giudizio e Doraemon - La grande avventura in Antartide che potrebbero fare leggermente meglio delle uscite della settimana scorsa.
Post n°14546 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Pubblichiamo qui il ricordo della Rete dei Comunisti e di Stefano G. Azzarà, che con Losurdo ha studiato e lavorato. La morte dello studioso, del compagno Domenico Losurdo è una perdita che pesa. Particolarmente in una fase storica, come quella che viviamo, in cui le ragioni dell’alternativa, del riscatto sociale e della liberazione dal lavoro salariato sembrano offuscate e smarrite sotto il peso e la evidente pervasività dell’offensiva borghese. Losurdo è stato un intellettuale comunista a tutto tondo. Losurdo è stato uno scienziato della teoria il quale – da materialista e, quindi, da marxista autentico – non si è mai tolto il cappello a fronte delle ideologie dominanti e delle loro mastodontiche forme di esercizio e di comando. Mai banale, mai dogmatico, mai impressionistico nei confronti della materia sociale che ha studiato, interpretato e, quando necessario, sapientemente demistificato. In questo contesto Domenico Losurdo ha dato un notevole contributo al generale processo di critica del liberalismo in tutte le sue diversificate rappresentazioni e del capitalismo. Sul versante filosofico e storico lo studio e la rigorosa ricerca di Losurdo ha contribuito allo smantellamento di alcune (forti) narrazioni capitalistiche su temi e snodi di fondamentale importanza non solo per disarticolare il sistema ideologico di pensiero dominante ma anche per mantenere aperta – su tutto l’arco delle contraddizioni – la strada del cambiamento societario, dell’alternativa di sistema e del socialismo. Nei suoi scritti la spinta al mutamento ed alla necessità della rottura rivoluzionaria è sempre presente senza mai dimenticare la storia, l’epopea ma anche la necessità di un bilancio del movimento comunista internazionale e di alcuni suoi grandi interpreti che hanno segnato, in ogni caso, la nostra contemporaneità. Enormi sono i suoi lavori editoriali e lo studio accumulato nei decenni, sia in Italia e sia in altri paesi. Non a caso Domenico Losurdo è stato apprezzato anche da chi, pur da posizioni teoriche distanti dal marxismo, riconosceva la qualità e la serietà del contributo ideale ed intellettuale di Domenico. Ora è il momento del lutto e del cordoglio ma ritorneremo, in maniera più sistematica, sul contributo elaborato da Losurdo con l’auspicio di mantenere viva la “battaglia delle idee” e la lotta a fondo ad ogni tentativo di voler affermare il modo di produzione capitalistico come “fine della storia”. Rete dei Comunisti ***** Dall’intervista che chiude il mio libro “L”humanité commune: Dialectique hégélienne, critique du libéralisme et reconstruction du matérialisme historique chez Domenico Losurdo” (Delga, Paris 2012). Grazie di tutto. _________________ Azzarà. Come incide questa debolezza teorica sullo stato della sinistra attuale? LEuropa si confronta oggi con trasformazioni imponenti che stanno mutando il volto del mondo. Sono trasformazioni che riguardano i rapporti di forza internazionali sul piano politico e su quello economico, ma anche lequilibrio tra Stato e mercato, la natura della democrazia, le grandi migrazioni. La sinistra non sembra avere oggi né idee, né prospettive politiche. Losurdo. Con la crisi prima e col crollo poi del «socialismo reale», in Occidente e in Italia in modo particolare la sinistra ha smarrito ogni reale autonomia. Sul piano storico ha sostanzialmente desunto dai vincitori il bilancio storico del Novecento. Due sono i punti centrali di tale bilancio: per larghissima parte della sua storia, la Russia sovietica è il paese dell’orrore e persino della follia criminale. Per quanto riguarda la Cina, il prodigioso sviluppo economico che si verifica a partire dalla fine degli anni 70 non ha nulla a che fare col socialismo ma si spiega soltanto con la conversione del grande paese asiatico al capitalismo. A partire da questi due capisaldi ogni tentativo di costruire una società post-capitalistica è oggetto di totale liquidazione e persino di criminalizzazione, e l’unica possibile salvezza risiede nella difesa o nel ristabilimento del capitalismo. E paradossale, ma sia pure con sfumature e giudizi di valore talvolta diversi, questo bilancio viene spesso sottoscritto dalla sinistra, compresa quella «radicale». Ancora più grave è la subalternità di cui la sinistra dà prova sul piano più propriamente teorico. Nellanalizzare la grande crisi storica che si sviluppa nel Novecento, l’ideologia dominante evita accuratamente di parlare di capitalismo, socialismo, colonialismo, imperialismo, militarismo. Queste categorie sono considerate troppo volgari. I terribili conflitti e le tragedie del Novecento sono invece spiegate con l’avvento delle «religioni politiche» (Voegelin), delle «ideologie» e degli «stili di pensiero totalitari» (Bracher), dell«assolutismo filosofico» ovvero del «totalitarismo epistemologico» (Kelsen), della pretesa di «visione totale» e di «sapere totale» che già in Marx produce il «fanatismo della certezza» (Jaspers), della «pretesa di validità totale» avanzata dalle ideologie novecentesche (Arendt). Se questa è l’origine della malattia novecentesca, il rimedio è a portata di mano: è sufficiente un’iniezione di «pensiero debole», di «relativismo» e di «nichilismo» (penso al Vattimo degli anni Ottanta). In tal modo non solo la sinistra fornisce il suo bravo contributo alla cancellazione di capitoli fondamentali di storia: i massacri e i genocidi coloniali sono stati tranquillamente teorizzati e messi in pratica in un periodo di tempo in cui il liberalismo si coniugava spesso con l’empirismo e il problematicismo; prima ancora dell’avvento del pensiero forte novecentesco, la prima guerra mondiale ha imposto col terrore a tutta la popolazione maschile adulta la disponibilità e la prontezza ad uccidere e ad essere uccisi. Per di più, come medico per eccellenza della malattia novecentesca viene spesso celebrato Nietzsche, che pure si attribuisce il merito di essersi opposto «ad una falsità che dura da millenni» e che aggiunge: «Io per primo ho scoperto la verità, proprio perché per primo ho sentito la menzogna come menzogna, la ho fiutata» (Ecce homo, Perché io sono un destino, 1). Così enfatica è l’idea di verità, che coloro i quali sono riluttanti ad accoglierla sono da considerare folli: sì, si tratta di farla finita con le «malattie mentali» e con il «manicomio di interi millenni» (L’Anticristo, § 38). D’altro canto, il presunto campione del «pensiero debole» e del «relativismo» non esita a lanciare parole d’ordine ultimative: difesa della schiavitù quale fondamento ineludibile della civiltà; «annientamento di milioni di malriusciti»; «annientamento delle razze decadenti»! La piattaforma teorico-politica suggerita a suo tempo da Vattimo – ma che Vattimo stesso pare oggi mettere in discussione – mi sembra insostenibile da ogni punto di vista. Altre correnti del pensiero dominante indicano il rimedio alle tragedie del Novecento non già nel relativismo, ma, al contrario, nel recupero della saldezza delle norme morali, sacrificate da comunisti e nazisti sull’altare del machiavellismo e della Realpolitik (Aron e Bobbio) ovvero della filosofia della storia e della presunta necessità storica (Berlin e Arendt). Nella sinistra e nella stessa sinistra radicale (si pensi a «Empire» di Hardt e Negri) è divenuta un punto di riferimento soprattutto Arendt. Rimossa o sottoscritta è la liquidazione a cui lei procede di Marx e della rivoluzione francese con la connessa celebrazione della rivoluzione americana (e il conseguente indiretto omaggio al mito genealogico che trasfigura gli Usa quale «impero per la libertà», secondo la definizione cara a Jefferson, che pure era proprietario di schiavi). In questo caso ancora più assordante è il silenzio sulla tradizione colonialista e imperialista alle spalle delle tragedie del Novecento. Arendt condanna l’idea di necessità storica nella rivoluzione francese, e soprattutto in Marx e nel movimento comunista; dimentica però che il movimento comunista si è formato nel corso della lotta contro la tesi del carattere ineluttabile e provvidenziale dell’assoggettamento e talvolta dell’annientamento delle «razze inferiori» ad opera dell’Occidente, si è formato nel corso della lotta contro il «partito del destino», secondo le definizione cara a Hobson, il critico inglese dell’imperialismo, letto e apprezzato da Lenin. Arendt contrappone negativamente la rivoluzione francese, sviluppatasi all’insegna dell’idea di necessità storica, alla rivoluzione americana, che trionfa all’insegna dell’idea di libertà. In realtà l’idea di necessità storica agisce con modalità diverse in entrambe le rivoluzioni: se in Francia viene considerata ineludibile anche l’emancipazione degli schiavi, che è in effetti è sancita dalla Convenzione giacobina, negli Usa il motivo del Manifest Destiny consacra la conquista dell’Ovest, inarrestabile nonostante la riluttanza e la resistenza dei pellerossa, già agli occhi di Franklin destinati dalla «Provvidenza» ad essere spazzati via. Arendt muore nel 1975, non ancora settantenne. In questa morte precoce c’è un elemento paradossale di fortuna sul piano filosofico. Solo successivamente intervengono gli sviluppi storici che falsificano totalmente la piattaforma teorica della filosofa scomparsa: a partire dalla presidenza Reagan sono proprio gli Stati Uniti a impugnare la bandiera della filosofia della storia contro l’Urss e i paesi che si richiamano al comunismo, destinati a finire nella «spazzatura della storia» e comunque collocati ai giorni nostri lo proclamano Obama e Hillary Clinton «dalla parte sbagliata della storia». Più longevi ma meno fortunati sul piano filosofico sono i devoti di Arendt, che continuano a ripetere la vecchia filastrocca, senza accorgersi del radicale rovesciamento di posizioni che nel frattempo si è verificato sul piano mondiale. Subalterna sul piano del bilancio storico così come delle categorie filosofiche, la sinistra (compresa quella radicale) è chiaramente incapace di procedere a un«analisi concreta della situazione concreta». Tanto più, se teniamo presente che alla catastrofe teorico-politica ha contribuito ulteriormente una mossa sciagurata, quella che contrappone negativamente il «marxismo orientale» al «marxismo occidentale». Alle spalle di questa mossa agisce una lunga e infausta tradizione. In Italia, subito dopo la rivoluzione d’ottobre, Filippo Turati, che continua a fare professione di marxismo, non riesce a vedere nei Soviet null’altro che l’espressione politica di un’«orda» barbarica (estranea e ostile all’Occidente). A partire dagli anni 70 del secolo scorso, la divaricazione tra marxisti orientali e marxisti occidentali ha visto contrapporsi da un lato marxisti che esercitano il potere e dall’altro marxisti che sono all’opposizione e che si concentrano sempre più sulla «teoria critica», sulla «decostruzione», anzi sulla denuncia del potere e dei rapporti di potere in quanto tali, e che progressivamente nella loro lontananza dal potere e dalla lotta per il potere ritengono di individuare la condizione privilegiata per la riscoperta del marxismo «autentico». E’ una tendenza che ai giorni nostri raggiunge il suo apice nella tesi formulata da Holloway, in base alla quale il problema reale è di «cambiare il mondo senza prendere il potere»! A partire da tali presupposti, cosa si può capire di un partito come il Partito comunista cinese che, gestendo il potere in un paese-continente, lo libera dalla dipendenza economica (oltre che politica), dal sottosviluppo e dalla miseria di massa, chiude il lungo ciclo storico caratterizzato dall’assoggettamento e annientamento delle civiltà extra-europee ad opera dell’Occidente colonialista e imperialista, dichiarando al tempo stesso che tutto ciò è solo la prima tappa di un lungo processo all’insegna della costruzione di una società post-capitalistica? * da Facebook
Post n°14545 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Otto riconoscimenti per il film di Matteo Garrone, tra cui la regia e i due protagonisti Fonte e Pesce, dal Sindacato Giornalisti: cerimonia questa sera a Taormina ![Dogman stravince ai Nastri](https://www.cinematografo.it/wp-content/uploads/2018/04/DOGMAN-di-Matteo-Garrone_foto-di-Greta-De-Lazzaris_MG_5005-1-700x430.jpg) Stravince Dogman di Matteo Garrone ai Nastri d’Argento 2018 che chiudono a Taormina stasera la 72.ma edizione. Otto i riconoscimenti al ‘miglior film’, premiato anche per la regia, la produzione (lo stesso Garrone con Paolo Del Brocco per Rai Cinema), la scenografia, il sonoro, il montaggio (ex aequo con Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino) e anche per il casting director e, soprattutto, per i due attori protagonisti: Marcello Fonte, premiato a Cannes poche settimane fa, e Edoardo Pesce. Un trionfo assoluto in un’edizione – come sempre realizzata con il sostegno del Mibact – Dg Cinema, main sponsor BNL Gruppo Bnp Paribas – che ha visto candidati cinque film tra i più significativi della stagione e ben sette ‘grandi firme’ della regia, a cominciare, con Garrone, da Luca Guadagnino, arrivato quest’anno anche al traguardo degli Academy Awards e Paolo Sorrentino che vince per Loro – scritto insieme a Umberto Contarello – il Nastro per la migliore sceneggiatura e tre premi per gli attori: Elena Sofia Ricci migliore protagonista (che riceve anche il Premio Wella per l’immagine), Kasia Smutniak e Riccardo Scamarcio, non protagonisti dell’anno. Ancora: è Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani la commedia 2018 per la quale, nel decennale del premio dedicato alla commedia, i Nastri premiano come migliori attori Paola Cortellesi e Antonio Albanese. Sul palcoscenico del Teatro Antico – in un’edizione come negli ultimi anni realizzata a Taormina con il supporto della Regione Siciliana, Assessorato al Turismo, Sport e Spettacolo, Sicilia Film Commission, nell’ambito del progetto Sensi Contemporanei, Fondazione Taormina Arte – due premi per la Musica a Pivio e Aldo De Scalzi con le liriche di Nelson, e per la migliore canzone – Bang Bang interpretata da Serena Rossi, Giampaolo Morelli e Franco Ricciardi – vanno a Ammore e malavita dei Manetti Bros. Proprio tra gli interpreti del musical – che aveva già ricevuto tra l’altro dai giornalisti il ‘Pasinetti’ a Venezia – il Premio Nino Manfredi va a Claudia Gerini, anche protagonista quest’anno di A casa tutti bene (premiato eccezionalmente per il cast) e dell’opera prima (di Michela Andreozzi) Nove lune e mezza. Nel ventennale del suo esordio con Radiofreccia, per il suo terzo film, Made in Italy, interpretato da Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, vince per il miglior soggetto Luciano Ligabue, il rocker che a Taormina sale sul palco da regista anche per il Nastri d’Argento – Hamilton Behind the camera award, prestigioso riconoscimento importato da Hollywood che ha già premiato Alessandro Gassmann, Pif, Luca Zingaretti, Gabriele Muccino e ancora una volta festeggia un grande ritorno dietro la macchina da presa. Tra i riconoscimenti decisi dal Direttivo due i ‘Nastri alla carriera’ 2018: dopo Gigi Proietti premiato a Roma da Alessandro Gassmann (che l’ha diretto quest’anno ne Il Premio), i giornalisti cinematografici festeggiano a Taormina, per i suoi primi quarant’anni di carriera, Massimo Ghini. E dopo aver consegnato a Roma Nastri speciali a Paolo Taviani (Una questione privata) ultimo film firmato con il fratello Vittorio, e a Gatta Cenerentola (per l’innovazione e il coraggio produttivo), i Nastri premiano a Taormina Nome di donna che grazie al soggetto di Cristiana Mainardi, alla produzione di Lionello Cerri e soprattutto alla regia di Marco Tullio Giordana e all’interpretazione dell’attrice protagonista, Cristiana Capotondi, ha toccato il tema delle molestie sul lavoro non solo con il taglio della denuncia sociale, ma con un invito a rompere l’omertà di un silenzio ormai fuori del tempo eppure spesso ancora ‘complice’. Tra gli attori, a Edoardo Leo per una performance speciale, quest’anno, non solo come protagonista in Smetto quando voglio – Ad Honorem ma anche come autore e interprete di Io c’è, va il Persol – Personaggio dell’anno che ha già premiato negli anni Pierfrancesco Favino, Maria Sole Tognazzi, Claudio Santamaria, Elio Germano, Luca Marinelli e Alessandro Borghi, Claudio Amendola e Luca Argentero Premi tecnici di quest’edizione, infine, per la fotografia (Gianfilippo Corticelli) a Napoli velata di Ferzan Ozpetek, per i costumi (con Nicoletta Taranta) a Agadah e A ciambra, per il sonoro in presa diretta (Maricetta Lombardo) ex aequo a Dogman e L’intrusa. E a Dogman è andato anche il premio per la scenografia (Dimitri Capuani). A Taormina l’ultima manche di un palmarès che in un anno speciale per il cinema italiano ha segnalato anche il talento e il valore di protagonisti dell’annata come Gabriele Salvatores (Nastro ‘Argentovivo’ cinema&ragazzi) autore de Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, ma anche Paolo Virzì (Ella&John – The leisure seeker) e Vittorio Storaro per la ‘cinematografia’ del film di Woody Allen La ruota delle meraviglie. Ancora: a Roma per la fiction e a Lamezia Terme sono stati consegnati i Nastri della legalità, nati quest’anno in collaborazione con il festival Trame: premiati Prima che la notte di Daniele Vicari con Fabizio Gifunie Nato a Casal di Principe di Bruno Oliviero, prodotto Amedeo Letizia e Mariella Li Sacchi, con Alessio Lapice, Massimiliano Gallo, Donatella Finocchiaro, Lucia Sardo. I Premi ‘Guglielmo Biraghi’ per gli esordienti sono andati a Euridice Axen (Loro) con la ‘borsa’ di formazione del Nuovo Imaie 2018, che il SNGCI ringrazia per la collaborazione. Per il terzo anno, infine, SIAE affianca i Nastri d’Argento sulla giovane sceneggiatura segnalando, con un’altra ‘borsa’ di formazione, i fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo, anche vincitori della migliore opera prima, La terra dell’abbastanza. Sempre per il talento giovane, alla terza edizione il ‘Premio Graziella Bonacchi’, destinato ad un attore rivelazione di quest’anno, ha segnalato il giovane protagonista di Quanto basta, Luigi Fedele. Graziella Bonacchi, è stata l’agente che ha sostenuto i giovani con affetto, attenzione e amicizia. Un sostegno interrotto troppo presto. Il bilancio del voto, le scelte dei Giornalisti “Troppi premi? Forse, ma segnalazioni decisamente importanti, significative e meritate: la scelta del Direttivo ha voluto sottolineare la qualità di un anno speciale, di ripresa assoluta nella qualità del cinema italiano, in netta controtendenza sull’andamento dei dati nelle sale” spiega Laura Delli Colli, Presidente, a nome del Direttivo Nazionale. “E’ indubbio che un’ondata positiva di talento, di novità e di rilancio abbia segnato, infatti, con una fortissima visibilità, il successo del cinema italiano negli appuntamenti con i premi internazionali e i grandi festival, con un effetto positivo non solo di immagine ma anche di mercato avviato fin dalla notte degli Oscar®. La stessa ‘cinquina’ del miglior film ha il limite in questo senso di aver sacrificato titoli e autori che si sono misurati in Italia e nel mondo segnando davvero con l’affermazione, così si augurano i Giornalisti Cinematografici, un nuovo inizio.” Un esempio per tutti – si legge nella nota del Sindacato che accompagna l’annuncio dei Premi – è il film di Luca GuadagninoChiamami col tuo nome, ‘Film dell’anno’ per il Sngci che gli aveva attribuito il riconoscimento, non assegnato, al quale il regista ha voluto però rinunciare, non accettandolo, preferendo la competizione. “Se abbiamo voluto sottolineare la stagione appena conclusa, straordinariamente, con un eccesso di segnalazioni e omaggi dilatando in qualche caso anche a 7 le tradizionali ‘cinquine’ (che non a caso abbiamo chiamato più correttamente quest’anno ‘candidature’) – spiega Laura Delli Colli a nome del Direttivo Nazionale – è proprio per l’eccezionalità di un passaggio che merita attenzione. E i premi servono a darla perché sono il solo modo, a volte, di fronte alla crisi degli spettatori, per aiutare il pubblico a scegliere e a riscoprire il piacere del cinema in sala. Fare cronaca, segnalando fenomeni, eccellenze, novità, scoperte – e denunciando, certo, omissioni e censure anche nel mercato – è il nostro mestiere. Un piacere farlo quest’anno, anche se non è detto che la quantità sia, nella stagione in arrivo, la giusta misura della qualità complessiva che quest’annata rende già irripetibile”. Il voto, i Nastri in tv su Rai 1, Rai Movie e Rai Italia Le candidature, anche su segnalazione degli iscritti al SNGCI, sono state scelte quest’anno, come i premi speciali, dal Direttivo presieduto da Laura Delli Colli e composto da: Fulvia Caprara (vicepresidente), Oscar Cosulich, Paolo Sommaruga, Stefania Ulivi, Romano Milani (Segretario generale) e Franco Mariotti (Sindaco). Li affiancano nel Consiglio Nazionale, con Titta Fiore e Maurizio Turrioni (rispettivamente delegati per l’area Sud e Nord del Sngci), Maurizio di Rienzo, delegato per documentari e cortometraggi, Fabio Falzone e Susanna Rotunno (tv) e Miriam Mauti (web). Del Consiglio fa parte con l’ex presidente Mario Di Francesco, Carlo Muscatello in rappresentanza della FNSI. Le candidature sono state votate dal 1° al 15 Giugno quando lo spoglio del notaio dei Nastri, Alessandra Temperini ha decretato i vincitori. Da Taormina in tv con la Rai I premi, come sempre negli ultimi anni, dal Teatro Antico di Taormina, andranno in onda su Raiuno venerdì 6 Luglio prossimo in una serata a cura di Laura Delli Colli per il Sngci, condotta da Carlotta Proietti, con la regia di Luca Alcini che ne è anche autore con Giancarlo De Andreis. E la collaborazione tecnica per le riprese di Videobank. La serata di Raiuno sarà anticipata da un numero speciale di Movie Mag che ne conclude la stagione su Rai Movie. Replica nel mondo, il 6 e 7 Luglio, con Rai Italia.
Post n°14544 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
![marx21 sfondo 500px](http://www.marx21.it/images/simboli_loghi/marx21_sfondo_500px.jpg) di Marco Pondrelli, direttore di Marx21.iInizia oggi la mia avventura come direttore di questo sito. Il mio primo pensiero ed il mio primo ringraziamento va all'amico ed al compagno Mauro Gemma, che ringrazio per le belle parole che ha speso su di me. Lo ringrazio, come tante e tanti hanno fatto in questi giorni, per il lavoro che ha profuso in questi 10 anni: un lavoro guidato dalla professionalità e dalla passione. So che non sarò all'altezza del suo esempio ma spero ugualmente di riuscire a profondere tutte le mie energie in questo percorso. Dirigere un sito che si richiama a Karl Marx in questo momento non è affatto facile. La sinistra in tutte le sue forme (comunista, radicale, riformista...) non è mai stata così debole. Debolezza che è, prima che elettorale, culturale.
In questi anni la sinistra ha smarrito la bussola arrivando perfino a sommare la propria voce a quella degli aggressori imperialisti (qualcuno si è già scordato le manifestazioni sotto l'ambasciata libica al tempo della guerra?). In nome di un nuovismo, che è stato in realtà il peggio che il passato ci ha consegnato, abbiamo disconosciuto la nostra identità. Qualcuno rifletterà seriamente sul perché la sinistra vince nei quartieri bene delle città e perde nelle periferie?
Il nostro sito si colloca dentro questa battaglia. Una battaglia teorica che vuole smontare i dogmi liberisti e guerrafondai. Vorremmo una sinistra che tornasse a capire che la minaccia alla pace oggi arriva dalla Nato e non dalla Russia, vorremmo una sinistra che capisse che la Cina non è la causa della nostra crisi ma potrà esserne la soluzione, vorremmo una sinistra che non barattasse i diritti del lavoro con quelli di genere (non essendovi nessuna contraddizione fra di essi).
Marx XXI sarà sempre più il luogo in cui, senza paure e senza anatemi, chi non si riconosce nel pensiero unico si confronterà portando, dall'Italia e dall'estero, il suo contributo, la sua esperienza e la sua storia.
Mentre scrivo queste righe mi ha raggiunto la notizia della morte del compagno Domenico Losurdo. Non sprecherò parole per dire quanto lo stimavamo e quanto il suo contributo teorico ci mancherà. Voglio ricordarlo quando lo vidi per l'ultima volta più di un anno fa alla presentazione del suo libro un mondo senza guerre assieme al professor Carlo Galli. Lo ricordo come sempre lucido ed impeccabile. Si capiva, e tutti i presenti lo capirono, come ogni parola non fosse scelta casualmente ma fosse il prodotto di un attento ragionamento. Di questo rigore intellettuale di questa coerenza politica tenteremo di essere all'altezza.
Post n°14543 pubblicato il 02 Luglio 2018 da Ladridicinema
Martedì #3luglio ore 22:15 su #SkyArte Paolo Villaggio, nella sua ultima commovente prova d’attore: "La Voce di Fantozzi". Il film prodotto da Volume Audiobooks con la regia di Mario Sesti, raccoglie anche le testimonianze di sua moglie Maura, Diego Abatantuono, Bruno Altissimi, Renzo Arbore, Lino Banfi, Maurizio Battista, Roberto Benigni, Antonino Cannavacciuolo, Gianni Canova, Maurizio Costanzo, Domenico De Masi, Dario Fo, con la sua ultima intervista, Anna Foglietta, Fiorello, Nino Frassica, Francesco Giorgino, Michele Mirabella, Neri Parenti, Andrea G.Pinketts, Christian Raimo, Emanuele Salce, Emilio Schroeder, Marco Travaglio, Enrico Vaime e Fabio Volo. Nei panni dei personaggi storici della saga fantozziana, con dialoghi inediti scritti da Paolo Villaggio, la partecipazione straordinaria di Milena Vukotic (nel ruolo di Pina Fantozzi), Plinio Fernando (Mariangela Fantozzi), Paolo Paoloni (Mega Direttore Galattico) Piero Villaggio(l’hooligan) e Clemente Ukmar (controfigura di Villaggio in tutti i film di Fantozzi).
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45