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Messaggi di Luglio 2019

 

Film nelle sale da domani

 

Sotto il burqa da everyeye.it

Post n°15247 pubblicato il 30 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

L'undicenne Parvana vive a Kabul, sotto lo stretto controllo delle forze talebane, con la madre, la sorella maggiore, un fratellino piccolo e il padre, monco di una gamba. Proprio mentre sta vendendo degli antichi oggetti di famiglia insieme al genitore la ragazzina è presa di mira da dei soldati, e solo l'intervento della figura paterna evita il peggio. L'azione ha però delle conseguenze e l'uomo viene arrestato per vendetta con false accuse, venendo condotto in un carcere in pieno deserto. In una società nella quale alle donne è vietato uscire di casa senza essere accompagnate da una figura maschile, in Sotto il burqa Parvana è costretta a tagliarsi i capelli e fingere di essere il lontano cuginetto Aatish, riuscendo così a evitare di essere riconosciuta e a comprare il cibo da portare a casa. Scopre inoltre che la compagna di scuola Shauzia ha organizzato il suo stesso stratagemma per girare indisturbata tra le strade cittadine e, grazie all'aiuto di un soldato talebano, cerca di saperne di più sulle sorti del padre.

 

Tra sogni e realtà

Sulla scia di Persepolis (2007) ecco un'altra opera di animazione che scava nel dramma di un Paese dominato dall'integralismo islamico, capace tramite un'estetica minimale e raffinata al contempo di trasportare in un ambiente sociale distante anni e luci dal nostro odierno modo di vivere. Prodotto da Angelina Jolie, da anni dedita a cause umanitarie anche in ambito cinematografico, per lo studio irlandese Cartoon Saloon, l'adattamento dell'omonimo romanzo di Deborah Ellis (anche co-autrice della sceneggiatura) si prodiga con successo nell'evitare patetismi di sorta, dando vita a personaggi vivi e credibili il cui tratto atipicamente dolce affascina sin da subito lo sguardo e conquista il cuore nel procedere di una vicenda via via sempre più drammatica, che pone un duro atto d'accusa contro un oltranzismo maschilista e annebbiato dall'odio verso i più deboli. Sotto il burqa (disponibile su Netflix) offre ad ogni modo uno sguardo a più strati e sfumature, per un talebano cattivo ve ne è uno buono, che trova notevole slancio emotivo nelle relazioni tra i numerosi personaggi, figli di un mondo arcaico in cui lo spettro della guerra contro il nemico americano si palesa brevemente nella parte finale ma è una costante sottotraccia delle dinamiche politiche ricorrenti nella visione. Difficile non affezionarsi alla piccola e coraggiosa Parvana, sorta di moderna Mulan pronta a rischiare la vita pur di prendersi cura della propria famiglia, così com'è impossibile non farsi incuriosire dalla favola che la ragazzina racconta sia al fratellino più piccolo che all'altrettanto temeraria e sognatrice Shauzia, esposta a frammenti nell'arco di tutto il film e dalle profonde connotazioni metaforiche che vanno poi a rispecchiarsi nella relativa realtà narrativa. Per un'opera che, nonostante il clamoroso flop alla sua uscita nei cinema d'Oltreoceano, vale la pena di essere apprezzata e scoperta.

Sotto il burqaAncora una volta il cinema d'animazione è al servizio di una storia matura, ambientata in una società dove vigono le castranti leggi dell'integralismo islamico. Siamo a Kabul e la piccola Parvana è costretta a fingersi maschio per prendersi cura della propria famiglia, mentre il mondo circostante è alle prese con la guerra ad armi impari tra l'esercito talebano e i jet statunitensi. Il conflitto principale di Sotto il burqa è però quello vissuto dalla giovane protagonista, schiava di una società maschilista e violenta, che con coraggio e astuzia sfiderà le attuali convenzioni incontrando sulla sua strada sia figure crudeli che compassionevoli, il tutto in una narrazione dai sussulti emozionali adeguatamente supportati dal particolare, anche se non del tutto nuovo, stile grafico.

 
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Glass

Post n°15246 pubblicato il 30 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

L'orda, ossia Kevin Wendell Crumb e le sue altre numerose personalità, ha catturato un nuovo gruppo di ragazze e si prepara a "sacrificarle" alla Bestia. È però sulle sue tracce il vigilante David Dunn, che grazie all'aiuto del figlio e alle sue visioni psichiche arriva presto a un confronto con il feroce avversario. Entrambi però finiscono catturati dalla polizia e dalla psichiatra Ellie Staple e rinchiusi in un istituto psichiatrico, lo stesso dove da 19 anni è prigioniero "l'uomo di vetro", il geniale Elijah Price. Per lui sarà finalmente l'occasione di dimostrare al mondo che le sue teorie sugli esseri dotati di superpoteri sono reali. Nel mentre il figlio di David, la ragazza sopravvissuta all'Orda e la madre di Elijah cercano di salvare i propri cari dalle cure di Ellie Staple.

Doveva essere il coronamento del più ambizioso progetto di Shyamalan, che porta a compimento due suoi film precedenti, Unbreakable e il più recente Split, ma il risultato è un incredibile pasticcio di sceneggiatura, di autoindulgente lunghezza e con un interminabile numero di epiloghi.

Il disappunto è cocente, perché Shyamalan nella collaborazione con Jason Blum e nel ritorno a budget contenuti sembrava essersi rigenerato dai flop ricchi di effetti speciali come L'ultimo dominatore dell'aria e After Earth, invece qui lo ritroviamo più confuso che mai.

Se Unbreakable trattava in modo relativamente rispettoso la mitologia dei supereroi, ora si mettono invece in bocca ai personaggi così tante assurdità da farli sembrare toccati in testa. Per esempio lascia esterrefatti che la ragazza sfuggita all'Orda prenda come una prova dell'esistenza dei supereroi il fatto che Metropolis sia ispirata a New York (tutt'altro che un segreto per inciso) o che il costume dei primi supereroi era ispirato dagli artisti del circo. Ma ci sono momenti ancora più involontariamente esilaranti, come quando un personaggio dice di appartenere a un'organizzazione che opera da diecimila anni: che si riferisca all'era hyboriana di Conan il barbaro? 

Tutto questo sarebbe ridicolo nel peggior fumettone, eppure Glass si prende dannatamente sul serio. E nonostante il genere in cui si muove il film, la sceneggiatura è tutt'altro che irrilevante visto che si tratta di un'opera dominata da infiniti dialoghi. Gli scontri infatti sono solo due, in mezzo c'è il tentativo di Ellie Staple di convincere i protagonisti di non avere alcun potere speciale e si porta via almeno un'ora di durata (e per altro perché fare un film di questo tipo lungo due ore e dieci minuti se il budget è tanto risicato?).

IL SEQUEL DI UNBREAKABLE E SPLIT.
Overview di Andrea Fornasiero 
giovedì 27 aprile 2017 

David Dunn, un uomo di mezza età che si è scoperto quasi invulnerabile, è destinato a incrociare il proprio destino con quello di Kevin Wendell, affetto da una forma estrema di schizofrenia per cui ha ben 24 differenti personalità. L'ultima tra queste è La Bestia, che causa in lui una mutazione facendone una sorta di super-cannibale. L'unica che conosce dell'esistenza della Bestia è Casey Cooke, che gli sfuggita e ora è in fuga, ma ancora più cruciale è la figura di Elijah Price, ossia "l'uomo di vetro", che custodisce segreti su Dunn e Wendell e li manipolerà per i suoi fini.

È una sorta di film di supereroi, sicuramente lo considero in questo modo, ma è anche molto differente dagli altri. Non somiglierà ai film Marvel. 
Jason Blum

Glass è prodotto ancora una volta da Jason Blum, ossia il principale artefice della rigenerazione di M. Night Shyamalan dopo la serie di flop da Lady in the Water a L'ultimo dominatore dell'aria e After Earth. Blum, campione dell'horror-thriller a piccolo budget è emerso con il clamoroso caso di Paranormal Activity e tutt'ora sulla cresta dell'onda grazie a Scappa - Get Out. È stato lui a fidarsi di Shyamalan e a permettergli di ritrovare se stesso in un cinema più limitato nei mezzi, ma forte nelle idee, prima con The Visit e poi con Split. Proprio di SplitGlass costituisce il seguito - e si tratta per altro del primo sequel nella carriera del regista. Il finale del film precedente aveva però introdotto un elemento inatteso: il personaggio di David Dunn, ossia il protagonista di Unbreakable, che Shyamalan aveva diretto nel 2000. Glass infatti rimanda fin dal titolo a Mr. Glass cioè "l'uomo di vetro", che era la nemesi di Dunn in Unbreakable. Il film è dunque l'insolito caso di un seguito di due altri film tra loro molto distanti nel tempo, che ora compongono un universo condiviso. Shyamalan però non intende tradire la lezione appresa con Jason Blum e infatti anche questo Glass sarà realizzato con il rigore di mezzi di produzione limitati, nonostante il buon successo tanto di Splitquanto a suo tempo di Unbreakable.

 
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Disney sta scrivendo la storia con un 2019 da sogno

Post n°15245 pubblicato il 30 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Disney è ineluttabile. Un paio d'anni fa, quando osservammo le release date delle produzioni di quest'anno, ci rendemmo subito conto che il 2019 sarebbe potuto passare alla storia... e così è stato: siamo a fine luglio e Disney questo weekend ha raggiunto e superato il record di tutti i tempi per quanto concerne l'incasso globale di una casa di produzione in un singolo anno solare, 7,6 miliardi di dollari, peraltro battendo sé stessa, che aveva ottenuto questo dato nel 2016. Il bello è che mancano ancora almeno altri due incassi sicuramente miliardari come Frozen 2 e Star Wars IX: L'ascesa di Skywalker, senza contare Maleficent - Signora del male ed il fatto che Il Re Leone è ben lontano dal terminare la sua corsa al box office internazionale. I 10 miliardi a fine anno, obiettivo che fino a qualche tempo fa sarebbe stato pura fantascienza per chiunque, sono comodamente alla portata.? 

Avevamo previsto che questo weekend sarebbe stato "miliardario" e...lo è stato! Spider-Man: Far From Home (guarda la video recensione) è arrivato a quota 1 miliardo e 36 milioni, Aladdin (guarda la video recensione) lo ha passato con un margine di 9 milioni, mentre per ora hanno mancato l'obiettivo Il Re Leone, che ci è andato vicinissimo, chiudendo a 962 milioni e Toy Story 4 (guarda la video recensione), che si è fermato a 917 milioni di dollari ma che potrebbe riuscire nell'impresa, anche se una chiusura a 950-970 milioni pare più probabile. Negli USA vince Il Re Leone con 75,5 milioni di dollari, in calo del 60% rispetto alla settimana scorsa ed è già a 350 milioni di dollari. C'era una volta... a Hollywood (guarda la video recensione) permette a Tarantino di ottenere il miglior esordio della sua carriera con 40 milioni di dollari. In calo piuttosto contenuto gli altri film: Spider-Man: Far from Hometocca quota 344 milioni, Toy Story 4 è a 395 milioni, Aladdin a 345. Ottimi dati per Yesterday (guarda la video recensione), che arriva a 65 milioni e The Farewell, che entra in top ten con la seconda migliore media per sala. La prossima settimana arriva l'ultima, vera, grande release di questa incredibile estate: Fast & Furious - Hobbs & Shaw

In Italia, il box office del weekend fa segnare un ottimo +75% rispetto allo stesso dell'anno scorso, con un incremento su base annua che ora è quasi del 10%. Sia Men in Black International (guarda la video recensione) che Spider-Man: Far from home (guarda la video recensione) passano il milione di euro, ma a spuntarla, è il primo, anche se il secondo entra in zona 10 milioni di euro. Benino Toy Story 4 e Serenity (guarda la video recensione), con quest'ultimo che ottiene il terzo posto del weekend con 373mila euro. Balzo in avanti per Birba - Micio combinaguai (guarda la video recensione), che grazie ad una domenica da quasi 100mila euro sale fino al quinto posto, scavalcando Edison (guarda la video recensione). Esordio discreto ma non eccezionale per Midsommar. Il maltempo ha aiutato parecchio, specie di domenica: mercoledì finisce la stagione e sarà tempo di tirare le somme... 

 
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Film nelle sale da ieri

 

Il castello di vetro

Post n°15243 pubblicato il 23 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Mary Rose dipinge assorta e dice alla figlia Jeanette di cucinare, ma la gonna di lei, salita su una sedia, prende fuoco a contatto con il fornello. È solo la prima di una serie di situazioni in cui la genitorialità distratta ed eccentrica di Mary Rose e di Rex causa problemi ai figli, che a volte sfociano nell'abuso. Come quando Rex "insegna" a nuotare a Jeanette buttandola in acqua ripetutamente, in piscina di fronte all'orrore degli astanti. Rex del resto è un fallito alcolizzato che sogna - e promette ai figli - di costruire un giorno una casa con ampie vetrate, alimentata da energia solare, ma fatica a trovare lavoretti che fruttino anche solo il pane per la cena. Negli anni 80 però Jeanette è cresicuta ed è diventata una donna che frequenta la buona società e sembra essersi lasciata indietro i propri genitori, anche se questi l'hanno seguita fino a New York...

Tratto dall'omonimo libro di memorie di Jeanette Walls, caso letterario di enorme successo negli Usa, Il castello di vetro è un adattamento fedele più nello spirito che nella lettera. Nonostante la collaborazione della stessa scrittrice infatti evita o ammorbidisce diversi tra i passaggi più crudi, arrivando comunque alla stessa consolatoria conclusione.

Il racconto nel presente, ambientato negli edonistici anni 80 dove Jeanette è fidanzata a un giovane ambizioso che le chiede di mentire sulla sua famiglia alle cene d'affari, sembra fare da cornice ai flashback ma si rivela presto qualcosa di più. Il materialismo come simbolo di successo cozza infatti con la filosofia di libertà che i genitori di Jeanette hanno cercato di impartirle, il lato diciamo più nobile e umano del loro controverso insegnamento. Jeanette fa il possibile per ignorare questa contraddizione, ma in fondo non sembra mai davvero convinta della direzione che sta dando alla sua vita. La sua è una reazione quasi di pura rimozione verso la propria infanzia, che come tutti noi non può però mai davvero lasciarsi alle spalle. 

Questa impasse è ben trasmessa da Brie Larson nei panni della protagonista, che riesce a sembrare allo stesso tempo determinata e decisa eppure attraversata da una crepa interiore e incapace di abbracciare davvero del tutto la sua nuova vita. Le sue reazioni sono così dure e secche che sembrano voler convincere più lei stessa, che non chi le sta intorno, della convinzione nelle proprie intenzioni.

 
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Tutti in piedi

Post n°15242 pubblicato il 23 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Jocelyn mente tutto il tempo, ci prova tutto il tempo. Con tutte. Bionde, rosse, brune, indigene, straniere, alte, piccine, il catalogo è infinito e disparato. Appassionato corridore e playboy con azienda florida e Porsche fiammante, Jocelyn incontra Florence, una violinista con l'hobby del tennis costretta sulla sedia a rotelle. Un concorso di circostanze, affatto nobili e a cui proprio non riesce a sottrarsi, lo spingono a sedurla fingendosi paraplegico. Ma il sentimento che insorge improvvisamente per la donna complica dannatamente le cose e rimanda (troppo) a lungo il momento della verità. Colta e sensibile, Florence gli servirà un rovescio, costringendolo all'errore e alla resa totale.

Indimenticabile Patrick Chirac nella saga Camping, Franck Dubosc converte il Pastis in Champagne e debutta alla regia.

L'eroe delle commedie popolari francesi e di un cinema espansivo dirige una commedia romantica che riposa su una grande menzogna. Una menzogna che procede spedita verso il politicamente scorretto eludendo alla fine ogni insidia e trovando infine la sua misura. 

Una donna paraplegica è (rischiosamente) al centro del dispositivo comico e del cuore del protagonista, consumato tombeur che adesso ha occhi solo per lei, unico e irripetibile oggetto del suo desiderio. Franck Dubosc, di nuovo mitomane e draguer, presta il fianco a un'alleata di peso dentro una commedia in cui circola qualcosa di frizzante e dolcemente balordo. Protagonista inavvertito del suo film, Dubosc ha cura di offrire ad Alexandra Lamy, saldamente in campo, una 'partitura' luminosa. Il suo personaggio avveduto e carismatico compensa a meraviglia la codardia trita del compagno di viaggio. 

In pieno spirito post Weinstein e zelo riformista, è lecito chiedersi se sia ancora possibile giocare con lo stereotipo del dongiovanni misogino e ossessivo. Tutti in piedi denuncia e dissolve il gioco alla prima sequenza, quando Jocelyn attraversa l'aeroporto col suo fluire ricco e colorato di facce, occasioni e storie diverse che stimolano le sue performance da bugiardo gaglioffo, esaltando il posticcio e rimandando la verità (sentimentale). Jocelyn passa il suo tempo a mentire a se stesso per sfuggirsi e sfuggire la vita del cuore. A fornirgli lo scatto esplosivo sono d'altra parte le scarpe running che produce con successo e calza con disinvoltura. Almeno fino al giorno in cui incrocia Florence, eroina romantica e lucida che segna commedia e cuore di un seduttore impenitente.

 
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Spettacolare weekend per Il Re Leone negli USA. In Italia Spider-Man vola

Post n°15241 pubblicato il 23 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Che weekend! È successo davvero di tutto nelle ultime 72 ore e quindi, come capita per eventi eccezionali, iniziamo la nostra analisi dai mercati esteri, sui quali è piombato come un meteorite l'annuncio da San Diego dei prossimi film e serie tv del Marvel Cinematic Universe, che da ieri ha un nuovo, l'ennesimo, motivo per festeggiare: dopo una lunga rincorsa Avengers: Endgame (guarda la video recensione) è diventato, pur senza considerare l'inflazione, il film col maggior incasso di sempre: 2,790,216,193 dollari. E potrebbe arrivare a 2,8 miliardi: in ogni caso è nella storia del cinema. I due eventi del fine settimana sono stati l'arrivo nella stragrande maggioranza dei mercati mondiali de Il Re Leone e quello di Weathering With You in Giappone (di cui ci occuperemo più in dettaglio domani, anticipiamo che è andato molto bene). Il Re Leone ha fatto il botto, con 185 milioni di dollari negli USA, quinto miglior esordio di sempre per un film a luglio e perfettamente aderente alle attese di Disney. Il weekend ha visto ottimi dati per Spider-Man: Far from Home (guarda la video recensione), che ha incassato 21 milioni ed è arrivato a 319 milioni complessivi, per Toy Story 4 (guarda la video recensione), che ha ottenuto 14,6 milioni per un totale di 375, mentre tra i non-blockbuster regge benissimo Yesterday (guarda la video recensione), arrivato a 57 milioni complessivi. Fuori dalla top ten, sempre eccezionali le medie per schermo di The Farewell, superiori ai 30mila dollari. La prossima settimana arriva C'era una volta a... Hollywood (guarda la video recensione) di Quentin Tarantino, penultimo blockbuster della stagione estiva prima di Hobbs & Shaw

Completamente stravolta la top ten mondiale: Il Re Leone fa il suo ingresso trionfale al settimo posto, avendo raggiunto quota 531 milioni complessivi. La pattuglia Disney trionfa con Toy Story 4, che arriva a 859 milioni e Aladdin(guarda la video recensione), oramai prossimo a raggiungere il miliardo, con 988 milioni complessivi. Boom per Spider-Man: Far From Home che arriva a fino a 970 milioni e pare essere, assieme a Il Re Leone, il candidato più credibile per soffiare il secondo posto assoluto a Captain Marvel (guarda la video recensione). Disney spadroneggia, con 5 film nei primi 7 posti della top ten assoluta. 

Concludiamo con l'Italia, dove va in archivio un altro weekend migliore rispetto a quello dello stesso periodo dell'anno scorso (+59%) con un dato su base annua che vede un incremento di quasi 9 punti percentuali dal 1 gennaio. Portare in sala quasi tutti i grandi titoli dell'Estate Americana ha pagato, al netto di alcune performance sotto le attese (Toy Story 4 su tutti). Spider-Man: Far From Home ottiene quasi 1,5 milioni di euro e si avvicina ai 9 complessivi, mentre il podio è completato da Serenity (guarda la video recensione) con 388mila euro e Edison con 384mila. Ancora solidi Toy Story 4 e Annabelle 3, briciole per tutti gli altri film. La stagione 2018/2019 si chiude questa settimana con l'arrivo di Men in Black International (guarda la video recensione) e Midsommar

 
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Baby gang

Post n°15240 pubblicato il 22 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Regista: Stefano Calvagna
Genere: Drammatico
Anno: 2019
Paese: Italia
Baby gang è un film di genere drammatico del 2019, diretto da Stefano Calvagna, con Daniele Lelli e Raffaele Sola. Uscita al cinema il 17 luglio 2019. Distribuito da Lake Film.
Data di uscita:17 luglio 2019
Genere:Drammatico
Anno:2019
Paese:Italia
Distribuzione:Lake Film
Sceneggiatura:Stefano Calvagna
Produzione:Calvagna

TRAMA BABY GANG:

Baby gang, il film diretto da Stefano Calvagna, è ambientato in una cruda e attualissima Roma, un film che punta l’obiettivo della macchina da presa su una baby gangche vuole prendere il controllo del quartiere e fare soldi, intrecciandone le vite dei componenti con quelle dei coetanei che svolgono, invece, una vita da normali sedicenni. Ispirato a fatti reali relativi alla criminalità e alla prostituzione minorile, fenomeni purtroppo in costante aumento in Italia, è un’opera che affronta un percorso nella psicologia e nelle storie dei ragazzi che vivono intorno a noi.

 
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Di Tutti i Colori

Post n°15239 pubblicato il 22 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Locandina Di Tutti i Colori
Regista: Max Nardari
Genere: Commedia
Anno: 2017
Paese: Italia
Durata: 100 min
Di Tutti i Colori è un film di genere commedia del 2017, diretto da Max Nardari, con Andrea Preti e Olga Pogodina. Uscita al cinema il 18 luglio 2019. Durata 100 minuti. Distribuito da Whale Pictures.
Data di uscita:18 luglio 2019
Genere:Commedia
Anno:2017
Paese:Italia
Durata:100 min
Distribuzione:Whale Pictures
Produzione:Bell Film, White Wolf Production, Oda Film e Zori Film

Di Tutti i Colori, il film diretto da Max Nardari, segue la storia di Giorgio (Andrea Preti) è un giovane ambizioso disposto a tutto pur di trovare lavoro all'interno di una casa di moda, persino fingersi gay. Olga (Olga Pogodina), invece, è una ragazza russa, arrivata in Italia per ricoprire il ruolo di vice presidente nella stessa maison a cui ambisce Giorgio. Ma, per conquistare il suo cuore, il giovane sarà costretto a lottare con la sincerità...

 
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Il mangiatore di pietre

Post n°15238 pubblicato il 22 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Regista: Nicola Bellucci
Genere: Drammatico
Anno: 2018
Paese: Svizzera, Italia
Durata: 109 min
Il mangiatore di pietre è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Nicola Bellucci, con Luigi Lo Cascio e Vincenzo Crea. Uscita al cinema il 18 luglio 2019. Durata 109 minuti. Distribuito da Achab Film.
Data di uscita:18 luglio 2019
Genere:Drammatico
Anno:2018
Paese:Svizzera, Italia
Durata:109 min
Distribuzione:Achab Film
Musiche:Teho Teardo
Produzione:Achab Film, Rai Cinema, Cineworx Filmproduktion con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte

TRAMA IL MANGIATORE DI PIETRE:

Il mangiatore di pietre, film diretto da Nicola Bellucci, è ambientato in Piemonte, in una valle ai confini con la Francia. Qui in una notte di autunno dalle acque di un torrente emerge il corpo senza vita di un uomo, ucciso da due colpi di fucile. A rinvenire il cadavere è Cesare (Luigi Lo Cascio), ex contrabbandiere e trafficante di esseri umani, e il morto non è altro che Fausto (Emiliano Audisio), suo nipote che lui stesso aveva introdotto sulla strada della criminalità. Quando Fausto aveva deciso di dedicarsi al narcotraffico dall'Italia alla Svizzera, i due si erano persi completamenti di vista.
Le indagini vengono affidate al maresciallo Boerio (Leonardo Nigro) e Cesare con il suo passato e la sua attuale vita quasi eremitica viene immediatamente inserito tra i sospettati, nonostante si dichiari innocente. L'unica che sembra credergli è la commissaria Sonia Di Meo (Ursina Lardi), anche perché Cesare è deciso a trovare l'omicida del suo figlioccio e vendicare la sua morte.

Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Davide Longo.

 
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Passpartu’ - Operazione Doppiozero

Post n°15237 pubblicato il 22 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Regista: Lucio Bastolla
Genere: Commedia
Anno: 2019
Paese: Italia
Durata: 90 min
Passpartu’ - Operazione Doppiozero è un film di genere commedia del 2019, diretto da Lucio Bastolla, con Giacomo Rizzo e Maurizio Mattioli. Uscita al cinema il 18 luglio 2019. Durata 90 minuti. Distribuito da Conform Scarl.
Data di uscita:18 luglio 2019
Genere:Commedia
Anno:2019
Paese:Italia
Durata:90 min
Distribuzione:Conform Scarl
Fotografia:Andrea Lunesu
Montaggio:Luigi Scaringi
Produzione:Prism Consulting Srl
Guardalo al cinema
Passpartu’ - Operazione Doppiozero ora al cinema: 10 sale cinematografiche

Passpartu’ - Operazione Doppiozero, film diretto da Lucio Bastolla, è ambientato nel borgo di Ceraso, al'interno del Parco del Cilento, dove la vita scorre tranquilla, a parte i continui scontri tra il parroco Don Cataldo (Gianni Parisi) e il sindaco Nicola Mariotti (Giacomo Rizzo). Quando il comune emana un bando per la concessione in gestione di un albergo, Giulia (Carola Santopaolo) e Rossella (Ilaria Galizia), incerte sul loro futuro lavorativo, decidono di partecipare - sperando in una svolta di vita - insieme a due loro amici, Antonio (Antonio Santaniello) e Umberto(Vincenzo Esposito).
A partecipare al bando è anche l'imprenditore romano Romolo Perretti (Maurizio Mattioli), che mosso da altri interessi cercherà a tutti costi di arrivare alla vittoria, anche screditando i quattro ragazzi tramite l'aiuto del suo fidato segretario. La quiete di Ceraso sarà improvvisamente sconvolta, ma a dare supporto a Giulia, Rossella, Antonio e Umberto ci saranno anche Carlo (Emiliano De Martino), giovane attore e regista che deve scontare una condanna ai servizi sociali nel paesino, e Valeria(Veronica Maya), capo redattrice di una nota rivista. Riusciranno tutti insieme a prevalere sul potente Romolo e vincere il bando gestionale?

 
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Vita segreta di Maria Capasso

Post n°15236 pubblicato il 21 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Genere: Drammatico
Anno: 2019
Paese: Italia
Durata: 96 min
Vita segreta di Maria Capasso è un film di genere drammatico del 2019, diretto da Salvatore Piscicelli, con Luisa Ranieri e Daniele Russo. Uscita al cinema il 18 luglio 2019. Durata 96 minuti. Distribuito da Vision Distribution.
Data di uscita:18 luglio 2019
Genere:Drammatico
Anno:2019
Paese:Italia
Durata:96 min
Distribuzione:Vision Distribution
Sceneggiatura:Carla Apuzzo
Fotografia:Saverio Guarna
Produzione:Palomar, Zocotoco con Vision Distribution
TRAMA VITA SEGRETA DI MARIA CAPASSO:

Vita segreta di Maria Capasso, il film diretto da Salvatore Piscicelli, segue la storia di Maria (Luisa Ranieri) estetista part time, sposata giovanissima con un onesto lavoratore da cui ha avuto tre figli. Quella di Maria è una vita come tante di quelle della periferia popolare di Napoli, che nella fatica quotidiana di arrivare a fine mese ti fa abituare a tutto. Quando al marito viene diagnosticata una malattia in fase terminale, Maria accetta l’aiuto di Gennaro (Daniele Russo), ricco proprietario di un autosalone. Da lui si lascia corteggiare fino a diventarne l’amante. Un giorno lui le propone di diventare partner in affari: trasporterà un carico di cocaina fino in Svizzera. Una volta divenuta vedova, il legame con Gennaro la farà precipitare in un vortice criminale, che le permetterà finalmente di vivere nuove possibilità e coronare vecchi sogni. Ma la strada scelta da Maria per la sua personale rivincita lascerà dietro di sé le sue inevitabili vittime, proprio come in una guerra che non guarda in faccia nessuno.

 

Tratto dal romanzo omonimo di Salvatore Piscicelli edito per l'Italia da Edizioni E/O.

 
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Addio ad Andrea Camilleri, scrittore popolare, intellettuale civile, comunista italiano da pci

Post n°15235 pubblicato il 18 Luglio 2019 da Ladridicinema
 
Tag: news, STORIA

Da
  

di Alex Höbel, segreteria nazionale Pci

 

Con Andrea Camilleri scompare uno degli ultimi scrittori autenticamente popolari, un autore che è stato al tempo stesso uno scrittore civile, un intellettuale generosamente e tenacemente impegnato nello sconfortante scenario politico dell’Italia attuale.

Camilleri è stato comunista fin da ragazzo, allorché la vicinanza istintiva alle classi subalterne, la lettura di testi come La condizione umana di André Malraux e la raggiunta consapevolezza del progetto nazifascista lo indussero a prendere le distanze dalla cultura del regime, e a passare dalla parte dei suoi antagonisti più radicali; diventò quindi un comunista italiano, il che, osservò nel 2017, “significa molte cose”[1]. Iscrittosi al partito all’indomani della liberazione della Sicilia, da allora in avanti rimase “sempre con il Pci, ora da iscritto ora da compagno di strada ora da simpatizzante”[2]. Non a caso i suoi primi racconti furono pubblicati da testate come L’Italia socialista e L’Ora di Palermo.

Diplomatosi come regista all’Accademia di arte drammatica di Roma, poeta, scrittore, dopo una prima stroncatura dovuta proprio al suo essere comunista, nel 1957 entrò in Rai, dove lavorò a lungo contribuendo alla produzione di vari sceneggiati[3] negli anni in cui la tv pubblica svolgeva un ruolo prezioso di alfabetizzazione e acculturazione di massa.

Da sempre vicino all’area ingraiana, il suo impegno politico compì un salto di qualità dinanzi al crescere del fenomeno Berlusconi, che gli parve determinare una trasformazione profonda del senso comune e della stessa antropologia del Paese. Intanto il suo successo editoriale – grazie al personaggio del commissario Montalbano, alla sapiente commistione tra lingua italiana e dialetto siciliano e al sostegno dell’editrice Elvira Sellerio – diventava enorme, il che accresceva la dimensione pubblica del suo lavoro di intellettuale.

Scrittore capace di parlare al grande pubblico con immediatezza e profondità, coi romanzi ma anche con le interviste, Camilleri non ha cessato anche negli ultimi anni di denunciare l’imbarbarimento culturale, civile e politico dell’Italia di oggi, prendendo posizione su questioni al centro del dibattito come l’immigrazione e le condizioni dei migranti, non esitando a polemizzare con Salvini e la sua strategia della paura per costruire un consenso artificiale tra le masse popolari[4]: prese di posizione coraggiose, che gli hanno attirato l’odio e gli insulti di fascisti e razzisti, intolleranti verso chiunque contesti il loro “capitano”[5].

Negli ultimi tempi Camilleri, che aveva ormai perso la vista, ha utilizzato la figura di Tiresia[6], l’indovino cieco della mitologia greca e dell’Odissea, in grado di intuire e profetizzare gli eventi: una metafora efficace per descrivere un tempo nel quale la cecità (simbolo utilizzato anche da un altro grande scrittore comunista, il portoghese José Saramago) pare essere sempre di più una “malattia sociale”, un fenomeno di massa, mentre solo pochi “non vedenti” sembrano riuscire a percepire la realtà e la gravità della situazione.

Quello di Camilleri è stato un messaggio fortemente umanistico: un richiamo energico a non smarrire la consapevolezza e il sentimento di quella comune “condizione umana” che aveva iniziato a conoscere e su cui aveva cominciato a riflettere da ragazzo. È questa forse la sua lezione più importante, assieme alla coraggiosa coerenza nel rivendicare la sua appartenenza e la sua identità comunista: “Chi non sa cambiare idea – affermava in un’intervista – è uno stupido, sento proclamare in questi nostri felici giorni: pazienza, sarò infinitamente stupido perché non riesco a cambiare idea né sulle mie convinzioni politiche né sul mio vivere privato né sulle norme della convivenza civile”[7].

Di questa capacità critica, di questo coraggio, di questa coerenza sentiremo certamente la mancanza. C’è solo da sperare che l’esempio di Andrea Camilleri possa spingere tanti altri intellettuali, magari ora giovanissimi come quando egli si iscrisse al Pci, ad affiancare al loro lavoro un impegno civile e politico che diventi parte essenziale della loro stessa vita.


[1] https://it.blastingnews.com/politica/2017/09/camilleri-da-giovane-fascista-diventai-comunista-no-a-europa-che-alza-muri-002004937.html.

[2] A. Camilleri, Perché posso dire di essere comunista, in “l’Unità”, 18 gennaio 2002.

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Camilleri.

[4]https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2018/07/07/news/camilleri_salvini_estremismo_fascismo-201166737/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P6-S1.8-T1;https://stranieriinitalia.it/attualita/attualita-sp-754/camilleri-limmigrazione-n-mutamento-cosmico/?cn-reloaded=1http://www.ilgiornale.it/news/politica/camilleri-paragona-ai-gerarchi-fascisti-salvini-sinistri-1657384.html.

[5] https://www.ilsussidiario.net/news/andrea-camilleri-insulti-choc-dopo-malore-affoga-nel-vomito-lo-vegliano-migranti/1895447/.

[6] http://www.vigata.org/teatro/convtiresia.shtml.

[7] A. Camilleri, Perché posso dire di essere comunista, in “l’Unità”, 18 gennaio 2002.

 
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Debunking: i 48 più clamorosi errori storici della serie “The Last Czars” su Netflix da

Post n°15234 pubblicato il 18 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Adrian J. McDowall/Netflix, 20Il fatto più conosciuto per il quale la produzione americana è stata sbeffeggiata è la presenza del Mausoleo di Lenin in scene relative al 1905. Ma non è la sola castroneria. Ecco le altre

Gli eventi storici descritti in “The Last Czars”/“Gli Ultimi zar” di Netflix, ovvero la Rivoluzione russa e la successiva uccisione della famiglia imperiale russa, sono stati fenomeni così complessi e ricchi di elementi, che semplicemente non ci si poteva aspettare che fossero fedelmente riprodotti con il budget e i mezzi di questa serie.

Quindi è forse inutile star lì a sottolineare il gran numero di inesattezze storiche nella rappresentazione dell’epoca, anche se questa superficialità ha deluso i russi. Il problema principale è che la vita della famiglia Romanov nella serie è fatta per assomigliare a quella di una famiglia americana dell’alta borghesia, e la vita politica dell’Impero russo viene fatta sembrare un circo itinerante, con gente che salta e urla, e fa a botte dappertutto. Tutte le cerimonie e le regole di condotta di corte a cui erano soggetti gli zar russi nella vita di tutti i giorni sono completamente trascurate, e le condizioni di vita mostrate sono piuttosto modeste, mentre Nicola e la sua famiglia vivevano nel lusso estremo.

Ma, oltre a questa questione generale, ci sono alcuni errori importanti che non possiamo non rimarcare.

Episodio 1

1) Uno zar non poteva bere in chiesa

Lo zar Nicola viene mostrato mentre beve in chiesa durante i funerali di suo padre. Basta dare un’occhiata alle foto storiche di Nicola nelle chiese. È sempre circondato dagli uomini di corte e dai suoi funzionari. In queste circostanze, lo zar non avrebbe avuto tempo e modo di bere senza farsene accorgere. E tenendo conto del suo status e della natura formale della cerimonia funebre, lo zar non si sarebbe mai potuto permettere di fare una cosa del genere!

2) Sergej Aleksandrovich non disse “Puzza!” della salma dell’imperatore

È impossibile che Sergej Aleksandrovic abbia detto: “Puzza!” riferendosi alla salma dell’imperatore defunto. Ciò avrebbe portato a un grande tumulto nella famiglia.

3) Lo zar non controllava tutto

Simon Montefiore, che interpreta il ruolo del narratore nella serie, dice erroneamente che lo zar controllava tutto, che era il Papa, il primo ministro, ecc. uniti in una sola persona. Questo è lontano dalla verità storica: gli zar, in particolare Nicola II, si servivano dell’aiuto dei consiglieri e consultavano i membri del governo per tutte le decisioni. Le sue azioni dipendevano dalla nobiltà russa, anche perché senza di essa, sarebbe rimasto senza alcun potere reale. In breve, lo zar era sempre il primo tra i nobili, ma non controllava la situazione da solo.

4) L’imperatrice vedova non incoronò l’imperatrice Aleksandra

Maria Fjodorovna (vedova di Alessandro III) viene mostrata mentre mette la corona sulla testa di Aleksandra (Alix) e dice “ora sei una di noi”. In nessun caso questo sarebbe potuto accadere in privato. L’incoronazione era un evento pubblico. Inoltre, solo lo zar, portatore della sovranità, poteva incoronare la sua consorte, la zarina. Il 14 maggio 1896 fu officiato il fastoso rito dell’incoronazione della coppia all’interno del Cremlino di Mosca

5) L’alfabeto è sbagliato

Rasputin legge il Vangelo nella nuova ortografia dopo la riforma bolscevica, senza le lettere russe pre-rivoluzionarie. Inoltre, prega davanti a un crocifisso chiaramente cattolico. La croce ortodossa ha tre barre trasversali: oltre a quella delle braccia, quella più corta per la scritta Inri e una obliqua “poggiapiedi”.

6) La tragedia di Khodynka e l’incoronazione non avvennero nello stesso giorno

La tragedia di Khodynka nella serie di Netflix si svolge simultaneamente con l’incoronazione. L’incoronazione avvenne il 14 maggio (26 maggio del calendario gregoriano) e la tragedia quattro giorni dopo, il 18 maggio (30 maggio). Schiacciate nella ressa morirono 1.389 persone.

7) Il monastero di Verkhoturje è completamente diverso

Invece del monastero di Verkhoturje, alle porte della Siberia, viene mostrato Khor Virap in Armenia. L’ambiente del Caucaso, con alte montagne alle spalle dell’isolato complesso religioso, è completamente diverso. In Siberia non c’è niente del genere.

8) Non fu un’incoronazione low cost

L’incoronazione mostrata nella serie è completamente fittizia. L’incoronazione di Nicola e Alessandra fu una delle più sontuose della storia russa. Sicuramente non sembrava una cerimonia normale in una chiesa russa in presenza dei membri più stretti della famiglia.

Basta leggere qualche resoconto dell’epoca e dare un’occhiata alle foto della vera incoronazione. Un altro grave errore è il fatto che il prete faccia il segno della croce sulla testa del monarca con la Corona Imperiale, il che è assolutamente assurdo: la Corona Imperiale non è un attributo religioso o un’icona su cui si può fare il segno della croce.

9) La catena al collo è sbagliata

La catena dell’Ordine di Sant’Andrea era effettivamente al collo di Nicola durante la cerimonia, ma non assomigliava per niente a quella mostrata nella serie. Date un’occhiata alla vera catena nella foto. Inoltre, nessuno, nemmeno lo zar, poteva calpestarla, come fanno gli attori che hanno interpretato Nicola e Aleksandra nell’episodio.

10) Lo zar e sua moglie visitarono gli ospedali dopo la tragedia di Khodynka

Simon Montefiore sostiene che Nicola e Aleksandra “avrebbero dovuto visitare gli ospedali dopo la tragedia di Khodynka”. Ma lo fecero! E la coppia imperiale regalò ai feriti 80.000 rubli e 1.000 bottiglie di vino di Madeira, e il 19 e 20 maggio zar e zarina visitarono due ospedali dove venivano curati i feriti, insieme al granduca Sergej Aleksandrovich.

11) Il granduca Sergej Aleksandrovich era completamente diverso

Nella serie, il granduca Sergej Aleksandrovich è raffigurato (qui un confronto tra i personaggi storici e gli attori) come un uomo di bassa statura, sempre di cattivo umore e furiosamente conservatore. Secondo la serie, è stato ucciso perché era l’incarnazione dell’autocrazia. In realtà, il Granduca era completamente diverso e probabilmente una persona molto più complicata.

In effetti, era fermamente contrario alle riforme democratiche. Ma aveva un aspetto differente e si comportava in altro modo. Il Granduca era più alto di Nicola (foto). Aveva tratti del viso gentili ed era biondo. In effetti era però caustico. E per questo non piaceva a molte persone.

Inoltre, c’erano voci insistenti sul fatto che il granduca Sergej Aleksandrovich fosse omosessuale. “Questo uomo arido, cattivo… portava in faccia i segni acuti del vizio che lo divorava, il vizio che aveva reso la vita di sua moglie, Elizaveta Fjodorovna, insopportabile e la spinse… alla vita monastica”, scrisse Viktor Obninskij, un politico del suo tempo. Le voci sull’omosessualità di Sergej Aleksandovich sono ripetute in varie memorie dell’epoca. Lui e sua moglie non ebbero figli.

12) L’incoronazione non avvenne il primo giorno del regno di Nicola

Contrariamente a quanto dice Pablo de Orellana nell’intro all’episodio, il giorno dell’incoronazione e quello della tragedia di Khodynka non furono i primi giorni del regno di Nicola. Nicola divenne zar e imperatore nell’ottobre 1894, subito dopo la scomparsa del padre. L’incoronazione avvenne un anno e mezzo dopo, nel maggio del 1896.

***

Episodio 2

13) La coppia reale non era sola a Sarov

Nicola e Aleksandra vengono mostrati mentre vanno in pellegrinaggio a Sarov per pregare per la fertilità di lei. La visita a Sarov fu organizzata per la beatificazione di San Serafino di Sarov. Questa beatificazione fu tra le mosse più vincenti di Nicola, poiché Serafino era molto venerato dai russi. Date un’occhiata alle foto di questo viaggio. In nessun caso Aleksandra e Nicola avrebbero potuto rimanere da soli, vestiti con abiti semplici, a pregare (almeno 15.000 fanti furono coinvolti nella protezione della famiglia imperiale durante questa visita. C’erano letteralmente soldati dappertutto).

Qualsiasi tipo di rapporto sessuale (mostrato nel film) durante una tale visita sarebbe stato del tutto impossibile, così come la possibilità per lo zar e sua moglie di vestirsi in abiti civili, persino nella loro camera da letto.

14) Il Granduca non era il principale consigliere di guerra di Nicola

Il granduca Sergej Aleksandrovich non era il consigliere dell’imperatore per le questioni di guerra. Molto probabilmente fu il ministro dell’Interno, Vjacheslav Plehve, a sostenere che la guerra con il Giappone sarebbe stata utile.

15) Nicola non mostrò suo figlio a una festa

Nicola e Aleksandra vengono mostrati mentre fanno vedere il loro tanto atteso figlio ed erede al trono al pubblico durante un cocktail party nel palazzo. Lo stesso Nicola porta in giro il ragazzo per mostrarlo alla famiglia. Questo è semplicemente ridicolo. Ogni apparizione dell’erede al trono in pubblico era una cerimonia molto formale.

16) Lo zar non fumava sigarette

È vero, Nicola II fumava davvero molto, ma fumava le papirosi, un tipo speciale di sigarette russe con più carta (o cartoncino) che tabacco. Le sigarette alla occidentale che tutti fumano nella serie sono chiaramente un anacronismo.

17) Il soprannome “Principesse nere” è falso

Katherine Antonova è una dei pochi consulenti della serie che insegna Storia russa, ma dice una grande castroneria, chiamando la principessa Milica e la principessa Anastasia del Montenegro “le cosiddette principesse nere”. Erano nate nella famiglia di un principe montenegrino e si erano poi sposate con dei principi della famiglia Romanov. Sebbene non fossero così nobili quanto i Romanov, erano comunque considerate delle altezze reali e non furono mai chiamate “nere”. Sembra che gli sceneggiatori abbiano semplicemente confuso le parole “Chernogorija” (“Montenegro” in russo) e chernyj (“nero” in russo). Che peccato!

18) Nicola indossa un ordine che non aveva ancora ricevuto

Per tutta la serie, Nicola viene mostrato con una medaglia sul petto. È l’Ordine di San Giorgio, di quarta classe. Il problema è che Nicola ricevette questo ordine solo nel 1915, per sollevare gli spiriti di battaglia dell’esercito. Ma nella serie, lo indossa fin dall’inizio.

19) I pantaloni sbagliati

Durante un consiglio militare in presenza dello zar, vengono mostrati i comandanti militari in pantaloni blu a righe. Sembra che appartengano tutti all’armata dei cosacchi (i pantaloni blu a strisce erano la loro uniforme). La divisa dei più alti ufficiali militari aveva invece pantaloni neri.

20) Nicola non aveva abiti tanto modesti

Lo zar Nicola era un uomo molto alla moda, uno dei dandy più belli e ricchi dell’Europa della sua epoca. Come imperatore, era a capo di molti reggimenti e poteva indossare qualsiasi uniforme da parata di uno qualsiasi di essi. Ma durante tutta la serie, ha sempre la stessa uniforme, come se fosse solo un normale militare. Date un’occhiata a Nicola nelle sue varie divise.

21) Sergej Aleksandrovich aveva le guardie del corpo

Il granduca Sergej Aleksandrovic, zio dello zar, era una delle persone più odiate del Paese. E per questo era scortato continuamente. Nella serie è mostrato da solo alla guida di una semplice carrozza, con persone che bussavano ai finestrini. In realtà, nessuno poteva nemmeno avvicinarsi alla carrozza a piedi (sì, Sergej Aleksandrovich fu ucciso in un attentato, ma Ivan Kaljaev lanciò una bomba nella sua carrozza con grande destrezza, mentre il convoglio aveva rallentato un po’ a un incrocio).

Più tardi, nella serie, Sergej Aleksandrovich viene visto uscire da casa con sua moglie, come un uomo comune che va a passeggio. Una guardia solitaria se ne sta in veranda. Questo è semplicemente ridicolo. Girava sotto scorta di uomini armati fino ai denti.

22) Le parole di Pablo de Orellana sulla rivoluzione scorrono su un filmato degli anni Trenta 

Mentre lo storico parla degli eventi del 1905, il filmato mostra gente russa degli anni Trenta, come si può chiaramente capire dai cavi elettrici mostrati nel filmato. Le strade russe furono elettrificate solo negli anni Venti e Trenta del Novecento. Lo stesso si può dire delle fabbriche mostrate numerose volte nel filmato. Inoltre, a un certo punto, vediamo persino una persona africana affamata. Ci sono alcuni sostanziali dubbi sul fatto che il filmato sia storicamente accurato (sebbene ci siano sicuramente parti di filmati reali della Rivoluzione del 1905 e del 1917-1918).

23) Nicola non era a San Pietroburgo nei giorni precedenti alla “Domenica di Sangue”

Non ci fu dibattito sul fatto se lo zar dovesse rimanere a Pietroburgo il 9 gennaio 1905 (in seguito noto come “Domenica di Sangue”). Infatti, aveva lasciato la capitale giorni prima, temendo per la sua vita. Il 6 gennaio, giorno della celebrazione ortodossa del Battesimo di Gesù, durante la cerimonia religiosa nelle acque del fiume Neva, ci fu un tentativo di attentato alla vita dello zar (cercavano sempre di assassinare lo zar, prima ancora dei bolscevichi ), quando uno dei cannoni cerimoniali sparò in direzione della tenda dell’imperatore. Si scoprì che era armato non a salve. Sul terreno rimase un poliziotto ferito e diverse finestre nel palazzo d’Inverno andarono in pezzi. Quella stessa sera, l’imperatore e la sua famiglia furono trasportati a Tsarskoe Selò.

24) Nicola non discuteva di tutto con sua madre e sua moglie

Non sta né in piedi né in terra che lo zar Nicola potesse discutere con sua madre e sua moglie se la famiglia dovesse trasferirsi o restare a Pietroburgo. La sicurezza dello zar era una questione di Stato.

25) Il dovere dello zar era nei confronti del suo Paese, non della famiglia

“Il tuo primo dovere è nei confronti della tua famiglia”, dice Aleksandra a Nicola, il che è sostanzialmente sbagliato. L’essenza della vocazione dello zar, incarnata nel processo della sua incoronazione, è il suo “matrimonio” con lo Stato. Il Paese e il suo popolo devono essere la preoccupazione principale dello zar e della sua famiglia. Facendo dire ad Aleksandra queste parole, gli sceneggiatori minano del tutto il significato del potere dello zar. Se la sua famiglia fosse stato il suo primo dovere, sarebbero fuggiti in Europa prima del precipitare degli eventi, ma non lo fecero, a causa della sua responsabilità come zar e dello scoramento in cui sarebbe caduta la nazione se fosse partito.

26) La “Domenica di sangue” è mal rappresentata

De Orellana parla di alcuni bambini seduti sui rami degli alberi che furono uccisi, a cui seguirono disordini e un massacro. Non ci sono fatti storici per dimostrare quello che afferma. In realtà, il 9 gennaio (22 gennaio per il calendario attuale) del 1905 si verificò una massiccia rivolta con migliaia di morti e feriti, sia tra il popolo che tra le file dell’esercito. La portata e l’importanza di questa giornata sono fortemente indebolite nella serie, facendo sembrare la “Domenica di sangue” una rivolta di poco conto.

27) Il numero di vittime è troppo basso

De Orellana indica erroneamente il numero delle vittime del 9 gennaio. Il numero esatto è ancora oggetto di discussione; tuttavia, è probabilmente superiore a duemila o anche vicino a tremila persone.

28) La Duma non era un governo

La dottoressa Philippa Hetherington probabilmente commette l’errore più marchiano della serie, definendo la Duma un “governo eletto”, mentre era un corpo legislativo e non esecutivo. Inoltre, nel quinto episodio, sentiamo parlare di un “presidente della Duma”, il che è piuttosto divertente: non  esisteva una tale carica!

29) Kaljaev fu impiccato, non fucilato

Ivan Kaljaev, il socialista rivoluzionario responsabile dell’attentato mortale contro Sergej Aleksandrovich fu impiccato, non giustiziato da un plotone di esecuzione.

30) La rivoluzione bolscevica non avvenne immediatamente dopo il 1905

La serie lascia chiaramente intendere che dopo la rivoluzione del 1905 la Russia “sfugge completamente al controllo”. Non è esatto. Tra il 1905 e gli eventi rivoluzionari del 1917, ci sono stati anni in cui il governo russo tenne sotto controllo la situazione: venne formata la Duma e si svolsero delle elezioni, con la Russia che vide anche una certa fioritura industriale e culturale, almeno fino allo scoppio della Prima guerra mondiale.

31) La battaglia di Tsushima è rappresentata falsamente

De Orellana afferma che la battaglia navale di Tsushima durò 40 minuti, mentre in realtà ai giapponesi ci vollero due giorni, il 27 maggio e il 28 maggio 1905, per distruggere la flotta russa. 

***

Episodio 3

32) Nicola non finanziava i pogrom

Nicola II non finanziava i pogrom (le rivolte antiebraiche con violenze nei confronti della comunità). Durante il regno di Nicola, i pogrom si intensificarono, e c’erano molti antisemiti all’interno dell’esercito russo e della polizia russa, che rendevano difficile la soppressione del fenomeno. È ancora dibattuto se il governo russo fosse davvero riluttante a fermare i pogrom. Ma le accuse di finanziamento sono oltraggiose.

33) Nessuno poteva gridare contro lo zar, nemmeno il Primo Ministro

Pjotr Stolypin (così come alcuni altri personaggi della serie) sono mostrati nell’atto di urlare all’indirizzo dello zar, il che era impossibile, per via del sistema di regole dei ranghi civili russi, almeno fino all’abdicazione dello zar.

34) Stolypin rimase illeso dopo l’attentato

Pjotr Stolypin viene mostrato con lividi dopo l’esplosione nella sua dacia. Tuttavia, non riportò ferite, e era solo imbrattato di inchiostro dopo che il calamaio gli volò sulla testa per l’onda d’urto.

35) Rasputin non cercò di molestare la figlia di Stolypin

Questa è pura finzione. In effetti, Stolypin era molto sospettoso nei confronti di Rasputin e ordinò che il “monaco” fosse messo sotto sorveglianza, ma non sono noti contatti tra Rasputin e la figlia di Stolypin.

36) La casa di Rasputin è un falso storico

***

Episodio 4

37) Dire “Granduca Nikolasha” è un’assurdità

Quando de Orellana dice il “Granduca Nikolasha”, suona come se chiamassimo la regina Elisabetta II “Queen Lizzy”, e ci dispiace sentirlo dire da uno storico. ‘Nikolasha’ era il soprannome usato in famiglia per Nikolaj Nikolaevich, e non poteva essere usato normalmente associato con il suo titolo nobiliare.

38) Aleksandra non ha governato il Paese

Il potere imperiale russo viene mostrato nella serie come un semplice lavoro che la moglie può svolgere mentre il marito è assente. “Concentrati sulla guerra”, dice Aleksandra a Nicola, “mi prenderò cura io di tutto il resto qui”, come se la guerra stesse accadendo in qualche altro Paese. Dopo queste parole, Aleksandra occupa il tavolo di lavoro di Nicola e “inizia a governare”, il che è fuori luogo. L’Impero aveva il governo, la Duma, il Senato, un esercito di funzionari e servitori statali che l’Imperatrice, più o meno, poteva provare a manipolare attraverso una vasta rete di aiutanti e funzionari, ma non controllò mai ufficialmente il governo.

39) L’imperatore non poteva avere un servo africano

Quando l’imperatrice vedova Maria Feodorovna arriva a Mogilev per incontrare il figlio deposto, una domestica africana viene ad aprirle la porta. L’imperatore Nicola II non ebbe mai domestici di colore nei suoi appartamenti privati, anche se era esistito in Russia il fenomeno dei mori di corte

40) La pistola con cui Rasputin viene ucciso è un anacronismo

È strano come il conte Jusupov usi chiaramente una pistola moderna contro Rasputin. Rasputin fu probabilmente ucciso da un revolver Webley calibro 455. Non è un oggetto molto difficile da procurarsi.

***

Episodio 5

41) De Orellana descrive eventi falsi

“Un bambino è trivellato di colpi sul recinto del Palazzo d’Inverno”, dice il dottor Orellana, riferendosi non a fatti, ma a una storia o una leggenda che nemmeno i russi conoscono!

42) Non c’era la “Guardia Marina” in Russia

Nicola II dispiega la “Guardia Marina” per garantire la sicurezza della sua famiglia. Non c’era un tale reggimento o forza nell’esercito russo. Durante i giorni della Rivoluzione, i reggimenti che custodivano la famiglia imperiale a Tsarskoe Selò erano il Convoglio di Sua Maestà Imperiale e il Reggimento di Sua Maestà Imperiale. In realtà, non hanno disertato e hanno protetto la famiglia fino al suo arresto da parte del governo provvisorio.

43) Si perde traccia degli eventi

Con il quinto episodio, gli eventi della serie si mescolano fino al punto di diventare una farsa. Fatti di diversi anni sono uniti in una narrazione senza filo logico. Il professor Sean McMeekin del Bard College afferma: “In poco tempo, un gran numero di soldati è sceso in piazza. Alcuni di loro iniziano a sventolare bandiere rosse, requisiscono veicoli e, alla sera, è chiaro che il governo ha perso il controllo dell’ordine pubblico a Pietrogrado.” Non è chiaro, tuttavia, quale giorno intenda.

A detta di tutti, durante i tumulti della rivoluzione infuriarono una vasta serie di sommosse per diversi giorni. Certo che devono aver sventolato bandiere rosse! Ma ce n’erano migliaia! E certo che furono requisiti veicoli. E persino treni. E navi! Era la rivoluzione russa, uno degli eventi più sanguinosi nella storia politica dell’umanità, non una rivolta operaia in una lontana città del nord!

E quando il dottor de Orellana dice che l’esercito ha iniziato a disertare “a un certo punto”, ci chiediamo che cosa intenda, dato che diverse divisioni dell’esercito e varie guarnigioni disertarono caoticamente, mentre molte rimasero fedeli allo zar.

***

Episodio 6

44) La famiglia imperiale non era così povera

Quando i Romanov si sistemano nella casa Ipatjev a Ekaterinburg, nella serie sembrano al verde. In realtà, erano molto più ricchi: quando i bambini furono portati a casa Ipatjev seguendo i loro genitori, viaggiavano con 26 persone della corte, a quanto dice Nikolaj Sokolov, l’investigatore sovietico dell’uccisione della famiglia imperiale.

45) L’alfabeto sbagliato (ancora un volta!)

Mentre Nicola legge la lettera di un misterioso benefattore, possiamo vedere che è scritta nell’ortografia russa contemporanea, quella dopo la riforma post rivoluzione.

46) L’imperatrice non poteva inginocchiarsi alla presenza delle guardie bolsceviche

Mentre le guardie di casa Ipatjev cercano le proprietà di Romanov, Aleksandra si mette in ginocchio a pregare, cosa che non avrebbe mai fatto in presenza di guardie comuniste. Anche se ex zarina, dentro rimaneva tale.

47) I bolscevichi dovettero proteggere la famiglia imperiale dal popolo

Parlando del destino della famiglia imperiale a Ekaterinburg, gli storici della serie non menzionano che i Romanov dovettero essere protetti anche del popolo infuriato. Quando Nicola e Aleksandra arrivarono a Ekaterinburg da Tobolsk, i bolscevichi che li sorvegliavano dovettero trattenere una folla di persone desiderose di vendicarsi dello zar. Solo la vista di molte mitragliatrici Gatling fermò la rivolta, e il treno con lo zar poté dirigersi verso la stazione successiva per salvare Nicola e Aleksandra dalla folla.

48) Lo zar non era il “rappresentante sulla terra” di Dio

Il dottor Hetherington si riferisce a Nicola come “rappresentante di Dio sulla terra”. È una visione distorta del ruolo dello zar. Durante la cerimonia dell’incoronazione, gli zar russi venivano battezzati per la seconda volta nella loro vita “per servire la volontà di Dio di essere lo zar russo”; una missione e una vocazione paragonabili a quella del sacerdozio.

 
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Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - ANPI - CIAO COMANDANTE!!!

Post n°15233 pubblicato il 18 Luglio 2019 da Ladridicinema

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - ANPI

Ciao comandante. Hai condotto tante lettrici e lettori, tante cittadine e cittadini, su preziosi sentieri di cultura, passione democratica, partecipazione. Di vita civile. Ti terremo nel cuore e nella coscienza.

 
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Spie russe dietro FaceApp? La paranoia dei media colpisce ancora da sputnik

Post n°15232 pubblicato il 18 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

© Sputnik . Natalia Seliverstova

È colpa di Putin anche stavolta! La app dell'AgeChallenge, secondo i media, altro non sarebbe che un piano di spionaggio portato avanti dai soliti "troll russi".

Secondo la stampa mainstream, la AgeChallenge di FaceApp non sarebbe altro che uno strumento di spionaggio per rubare informazioni, dati personali e persino immagini utili al riconoscimento facciale, camuffato da innocua app. Una app che si è diffusa con forza virale e a cui nessuno è riuscito a resistere, neanche i più scettici.

Nessuno, infatti, neanche quelli che hanno più ritrosie a utilizzare le le app di Facebook, è riuscito a resistere alla tentazione di scoprire che faccia avrà nel lontano futuro

A lanciare l'allarme è stata la rivista Forbes. Ma nonostante abbia presto ridimensionato il tutto, spiegando che l'applicazione è sì russa, ma i server che contengono i dati si trovano negli Stati Uniti, il contagio da "teoria del complotto" è sfuggito di mano.

New York TimesWashington PostFox, non hanno dubbi: c'è lo zampino degli hacker di Putin. Gli stessi che avrebbero truccato le elezioni statunitensi e che diffondono messaggi pro-russi ai bambini, attraverso il cartone animato di Masha e Orso. Questa volta, attraverso la app gli hacker violerebbero la privacy degli utenti e acquisirebbero informazioni sulle loro abitudini. 

Questi rumors sono bastati per gettare il panico tra gli utenti dei social. Qualcuno ha scritto "FaceApp viene dalla Russia. Il paese che ha truccato le elezioni del 2016 per far vincere Trump, adesso sta acquisendo la tua identità per truccare future elezioni".

Altri denunciavano violazioni dell'account, dopo aver scaricato l'app. "Ho scaricato FaceApp e in meno di trenta minuti qualcuno ha cercato di accedere al mio profilo Apple dalla Cina. Non solo rubano i nostri dati, ma li usano per venderli", mette in guardia un utente.

​Altri invece suggeriscono di "dimenticare per un momento la politica e godere della vita". 

Agli utenti hanno già risposto gli sviluppatori di FaceApp, rassicurando del fatto che nessuno dei dati è ceduto, che nessuna immagine è trasferita nei cloud e che le immagini non sono conservate nei database russi.

 
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Volano gli incassi di Spider-Man che trascina con sé tutto il box office

Post n°15231 pubblicato il 18 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

Volano gli incassi di Spider-Man: Far from home (guarda la video recensione), che trascina con sé tutto il box office e fa chiudere il weekend con un fantastico +240% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e un +8% complessivo su base annua. Insomma, pare che la scommessa di portare film forti in sala anche nei mesi più caldi abbia pagato. 

Spider-Man: Far from home stravince il weekend con 3,7 milioni, chiude un'ottima domenica da quasi 1 milione e arriva ad un totale di circa 5,3 milioni di euro, decisamente cifre poco "estive". Sul podio del weekend restano anche Annabelle 3, con 534mila euro, e Toy Story 4 (guarda la video recensione) con 499mila (il film Pixar è riuscito a scavalcare l'horror la domenica, ma non è bastato a recuperare il gap accumulato negli altri giorni, ora è a quota 4,5 milioni complessivi). Chiude al quarto posto Domino (guarda la video recensione), che ottiene 161mila euro nel weekend. Tutti gli altri film finiscono sotto i 100mila euro complessivi e non incidono particolarmente in una classifica fortemente polarizzata. Questa settimana arrivano in sala Serenity (guarda la video recensione), Edison - L'uomo che illuminò il mondo e Birba - Micio combinaguaiSpider-Man: Far from home vince come previsto il weekend americano con 45,3 milioni di dollari e arriva a 274,5 milioni complessivi dopo appena 13 giorni di programmazione. Il film sta viaggiando con il 18% di incassi in più rispetto a Spider-Man: Homecoming (guarda la video recensione). Toy Story (guarda la video recensione) è ottimo secondo, con 20,7 milioni e un totale di 346,7 milioni, il 2% in più rispetto a Toy Story 3. I 400 milioni non dovrebbero essere un problema. Le due new entry della settimana finiscono con risultati misti: benino Crawl (guarda la video recensione), che si riprende dopo un inizio stentato e chiude con 12 milioni, insufficiente Stuber, che ottiene appena 8 milioni e che verrà dimenticato in fretta: Dave Bautista non è The Rock. Ottimi incassi per Yesterday (guarda la video recensione), che sfiora i 50 milioni. Aladdin (guarda la video recensione) arriva a 331,5 milioni e continua a stupire. Buone tenute per gli horror Midsommar e Annabelle 3, mentre escono dalla top ten Pets - Vita da Animali 2 (guarda la video recensione) e Men in Black: International (guarda la video recensione). Da segnalare il sensazionale esordio di The Farewell, dramedy di A24, che apre con una media per schermo di 87mila dollari, la più alta dell'anno. La prossima settimana arriva Il Re Leone

Sul fronte internazionale è boom per Spider-Man: Far from home che raggiunge quota 880 milioni e scavalca nella top ten assoluta sia The Wandering Earth che Toy Story 4. A questo punto il film può concretamente puntare al secondo posto della classifica assoluta del 2019, visto che Captain Marvel (guarda la video recensione) è sì lontano con 1,128 milioni ma non lontanissimo. Ottimi dati anche per Toy Story 4 che arriva a 771 milioni. Il film non riuscirà a superare il miliardo di dollari come il predecessore, visto che fuori dagli USA è andato bene ma non benissimo (vedi il mercato italiano, ad esempio) ma resta un eccellente risultato. Aladdin arriva a 960 milioni e potrebbe riuscire a passare il miliardo. Avengers: Endgame (guarda la video recensione) tocca quota 851 milioni negli USA e 2,780 a livello globale, a soli 7 milioni da Avatar (senza considerare l'inflazione, ovviamente). Male, molto male Dark Phoenix (guarda la video recensione) con 249,6 milioni e Men in Black International (guarda la video recensione) con 239,5. Il Re Leone incassa 54,7 milioni in Cina. 

Box Office Italia del 14/07/2019
1. Spider-Man: Far From Home: Euro 950.591
2. Toy Story 4: Euro 150.972
3. Annabelle 3: Euro 124.815
4. Domino: Euro 59.470
5. Pets 2 - Vita da animali: Euro 30.080
6. Aladdin: Euro 26.250
7. Nureyev - The White Crow: Euro 23.158
8. Restiamo amici: Euro 18.862
9. Arrivederci Professore: Euro 16.932
10. Welcome Home: Euro 16.531

 
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Film nelle sale dal 15

Post n°15230 pubblicato il 18 Luglio 2019 da Ladridicinema
 

 
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Il cinema in crisi secondo la SIAE da cinecittà news

Post n°15229 pubblicato il 12 Luglio 2019 da Ladridicinema
 
Tag: news

L'Italia si allontana dal cinema, riscoprendo teatro, musica classica e concerti anche se il prezzo dei biglietti è lievitato ben più dell'inflazione. Ma anche un paese spaccato a metà, sempre più diviso tra ricchi e poveri, da una parte il Nord esigente e disposto a spendere, dall'altra il Sud con le Isole, dove le sale rimangono vuote perché sempre più persone non possono permetterselo. Luci e ombre il 2018 dello spettacolo che racconta la Siae nel suo Annuario presentato a Roma dal presidente Mogol con il vicepresidente Salvo Nastasi e il dg Gaetano Blandini.

Ma soprattutto, è una grande crisi per il grande schermo, che in un anno perde 8 milioni di biglietti e 40 milioni di incassi, e i film italiani che per la prima volta non entrano neppure nella Top Ten. In compenso, ben tre                spettacoli per bambini si affacciano nella blasonata e ricca classifica della lirica.

Al netto della debacle del cinema, fanno notare nell'introduzione Mogol e Blandini, i conti tornano un po' per tutti, con la spesa al botteghino che sale del 5,90% rispetto al 2017 e la spesa del pubblico che sfoggia un +5,70%. Segno che l'investimento delle famiglie per intrattenimento e cultura, almeno globalmente, non è cambiato.Va bene al teatro, che vive una sorta di riscossa con tutti gli indicatori in su (+2,06% la spesa al botteghino, +2,84% la spesa del pubblico) e ottime performance della prosa, della lirica e del musical.

Va benissimo alla musica, soprattutto quella leggera, che traina un po' tutto il settore e vive un momento di boom con i concerti live sfoggiando incrementi del 9% degli ingressi, del 16,25% della spesa al botteghino del 15,81% della spesa del pubblico. Non si può lamentare lo sport, dove il calcio la fa da padrone e dove a fronte di una contrazione dell'offerta (-4,21%) gli spettatori rimangono più o meno gli stessi adattandosi a spendere parecchio di più (+7,41% la spesa al botteghino, +15,45% la spesa del pubblico).

A fare paura è la distanza che sembra crescere tra due parti dello stesso Paese, tra nord e sud, ricchi e poveri. Tra chi può spendere per il tempo libero e chi non può. Nella top five delle città, tradizionalmente realizzata nel rapporto Siae, non compare nessun centro sotto Roma. Ci sono Milano, Roma, Torino, Firenze e Bologna. Non c'è Napoli, non ci sono Bari, Cagliari e Palermo. E il capoluogo lombardo straccia tutti, prima per il teatro, la musica, il cinema, lo sport. Se Roma continua a mantenere il primato dell'offerta, con 460 mila eventi (140 mila in più di Milano) la città della Madonnina fa sempre più la parte della capitale economica con 100 milioni di euro in più di spesa al botteghino e quasi 300 milioni in più di spesa del pubblico. E trascina il Nord con gli indicatori economici riccamente in crescita, a fronte di un centro in calo e di un meridione in crisi nera, almeno cinque regioni d'Italia dove in controtendenza rispetto ai dati nazionali aumenta l'offerta di spettacoli ma crollano gli ingressi (-6,65%), la spesa al botteghino (-5,06%), la spesa del pubblico (-2,68%).

Una fotografia che quantomeno dovrebbe far riflettere. Forte di una tradizione lunga ormai 85 anni l'Annuario dello Spettacolo Siae ambisce anche a questo.                                                                                   

 
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