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Messaggi del 10/01/2016

 

Golden Globes 2016: le cose da sapere da il post

Post n°12890 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

La cerimonia di premiazione è stanotte, dalle due ora italiana: un po' di storie e curiosità per arrivare preparati, e le informazioni per seguire l'evento in streaming

golden-globes
 Jack Nicholson, Helen Hunt e James L. Brooks , alla 55esima edizione dei Golden Globe Awards (HAL GARB/AFP/Getty Images)

Golden Globes 2016 si terranno questa notte: la cerimonia di premiazione inizierà quando in Italia saranno le 2, mentre prima si potrà seguire il red carpet. I Golden Globes sono alla loro 73esima edizione e come ogni anno si terranno al Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills, Los Angeles, in California. I Golden Globes sono i premi televisivi e cinematografici che vengono assegnati dalla Hollywood Foreign Press Association, un’associazione che riunisce i giornalisti internazionali che si occupano di cinema e tv. I vincitori dei Golden Globes vengono decisi in base ai voti di circa 90 tra questi giornalisti. Le categorie dei Golden Globes sono 25: 14 per il cinema e 11 per la televisione. I premi sono divisi in base al genere del film o della serie tv: esistono premi per il il miglior drama e per la miglior comedy, per esempio.

Le nomination dei Golden Globes
Ci sono 40 film e 37 serie tv candidati per almeno un premio. Il film con più nomination è Carol di Todd Haynes, che ne ha ottenute cinque. Seguono, con quattro, i film Steve JobsRedivivo – The Revenant e La Grande Scommessa. Le serie televisive con più nomination sono, con tre nomination ciascuna: Fargo, Mr. Robot, Transparent American Crime, Outlander Wolf Hall (che in realtà è una miniserie). L’unico italiano che potrebbe vincere un Golden Globe è Ennio Morricone, che ha ricevuto la nomination per la miglior colonna sonora per il nuovo film di Quentin Tarantino The Hateful Eight (anche se due anni fa aveva dettoche “non avrebbe mai lavorato con Tarantino”). Ci sono poi due nomination per Youth – La giovinezza, di Paolo Sorrentino: Jane Fonda (che nel film interpreta Brenda Morel) è candidata al premio per la miglior attrice non protagonista, e la canzone Simple Song #3 è tra quelle nominate per il premio alla miglior canzone originale. (La Lista completa delle nomination di ognuna delle 25 categorie è alla fine della pagina).

Cosa cambia rispetto agli Oscar?
Gli Oscar sono i premi più importanti del cinema, i Golden Globes non ci vanno molto lontani e, rispetto agli Oscar, hanno alcune grandi differenze: premiano anche la tv e anche in base al genere e non hanno quelli che agli Oscar vengono definiti premi “tecnici” (per esempio quello per il montaggio, per la fotografia, per il trucco e per i costume). C’è poi un’altra rilevante differenza: gli Oscar si tengono in un teatro, i Golden Globe in una specie di sala conferenze: in pratica li si può definire una cena di gala. Il pubblico – di cui fanno parte gli attori che consegnano e sperano di ricevere i premi – è diviso per tavoli e, a quanto si dice, si beve molto durante la serata.

Chi conduce i Golden Globes?
Ricky Gervais, un comico, sceneggiatore, regista e attore britannico che ha già condotto i Golden Globes dal 2010 al 2012. Gervais torna a condurre i Golden Globes dopo tre anni, in cui il suo posto era stato preso dalle comiche e attrici Tina Fey e Amy Poehler. Negli anni in cui Gervais aveva condotto i Golden Globes si era molto parlato delle sue battute sulla rete che ospitava il programma, sugli attori in sala, sui film candidati e premiati, sul cinema e, a ben vedere, un po’ su tutto. Molte delle battute di Gervais non sono politicamente corrette: a qualcuno piace molto, ad altri poco. Per capirci, non è il comico che – se fosse italiano – verrebbe chiamato a parlare al Festival di Sanremo. L’1 gennaio Gervais si è scusato in anticipo su Twitter per quello che dirà questa notte: «Siccome posso vedere nel futuro, voglio chiedere scusa per le cose che ho detto ai Golden Globes. Ero ubriaco e me ne sono sbattuto».

 

Chi “apre le buste”?
Oltre alle attrici e agli attori nominati, a eventuali partner e eventuali ospiti, ci saranno molte altre “personalità” del cinema statunitense che saliranno sul palco dei Golden Globes per le premiazioni. Tra loro ci sono: Amy Adams, Patricia Arquette, Jim Carrey, Matt Damon, Will Ferrell, Jamie Foxx, Morgan Freeman, Lady Gaga, Mel Gibson, Maggie Gyllenhaal, Tom Hanks, Kate Hudson, Dwayne Johnson, Michael Keaton, Helen Mirren, Julianne Moore, Katy Perry, Eddie Redmayne, Kurt Russell, J. K. Simmons, Channing Tatum e Olivia Wilde.

Qualche record
– L’attrice che ha vinto più premi ai Golden Globes è Meryl Streep: sono otto.
– Contando anche i premi speciali vince però Barbara Streisand, con nove premi.
– Gli attori con più Golden Globes vinti sono Jack Nicholson e Alan Alda.
– Meryl Streep è anche l’attrice che ha ricevuto più nomination: 29.
– Dietro di lei la persona più nominata è il compositore John Williams: 25 nomination.
– Il regista che ha vinto più volte (quattro) il premio alla regia è Elia kazan.
– I film che hanno vinto più premi (cinque) nello stesso anno sono cinque: Il PadrinoIl dottor Živago, Love Story, Qualcuno volò sul nido del cuculo ed È nata una stella.

Dove vedere i Golden Globes, in tv o in streaming
La cerimonia di premiazione dei Golden Globes inizierà quando in California sarà tardo pomeriggio e in Italia saranno le 2 di notte (la notte tra domenica e lunedì). L’unico canale italiano che trasmetterà i Golden Globes è Sky Atlantic, il canale 110 di Sky. Sky Atlantic seguirà anche il red carpet che precede la cerimonia vera e propria, a partire dall’1 di notte. I Golden Globes si potranno anche seguire in streaming grazie all’applicazione Sky Go.

Miglior serie tv di genere comedy
Orange is the New Black, Silicon Valley, Transparent, Veep, Casual, Mozart in the Jungle
Miglior film d’animazione
Anomalisa, The Good Dinosaur, Inside Out, The Peanuts Movie, Shaun the Sheep
Miglior attore non protagonista
Michael Shannon, 99 Homes; Mark Ruffalo, Il caso Spotlight; Mark Rylance, Bridge of Spies; Sylvester Stallone, Creed; Idris Elba, Beasts of No Nation
Miglior attrice non protagonista
Jennifer Jason Leigh, The Hateful Eight; Helen Mirren, Trumbo; Kate Winslet, Steve Jobs; Alicia Vikander, Ex-Machina; Jane Fonda, Youth – La giovinezza
Miglior colonna sonora originale
Carter Burwell, Carol; Alexandre Desplat, The Danish Girl; Ennio Morricone, The Hateful Eight; Daniel Pemberton, Steve Jobs; Ryuichi Sakamoto & Alva Noto, The Revenant
Miglior canzone originale
Love Me Like You Do, Cinquanta sfumature di grigio; One Kind of Love, Love & Mercy; See You Again, Fast & Furious 7; Writing on the Wall, Spectre; Simple Song #3, Youth – La giovinezza
Miglior attrice non protagonista in una serie tv, film tv o miniserie
Regina King, American Crime; Uzo Aduba, Orange is the New Black; Joanne Froggatt, Downton Abbey; Maura Tierney, The Affair; Judith Light, Transparent
Miglior attore non protagonista in una serie tv, film tv o miniserie
Damian Lewis, Wolf Hall; Christian Slater, Mr. Robot; Alan Cumming,The Good Wife; Ben Mendelsohn, Bloodline; Tobias Menzies, Outlander
Miglior attrice in una serie tv di genere comedy
Julia Louis-Dreyfus, Veep; Gina Rodriguez, Jane the Virgin; Lily Tomlin,Grace & Frankie; Jamie Lee Curtis, Scream Queens; Rachel Bloom,Crazy Ex-Girlfriend
Miglior attore in una serie tv di genere comedy
Jeffrey Tambor, Transparent; Aziz Ansari, Master of None; Rob Lowe, The Grinder; Will Forte, Last Man on Earth; Patrick Stewart, Blunt Talk; Gael Garcia Bernal, Mozart in the Jungle
Miglior sceneggiatura
Quentin Tarantino, The Hateful Eight; Tom McCarthy e Josh Singer, Il caso Spotlight; Aaron Sorkin, Steve Jobs; Emma Donoghue,Room; Charles Randolph e Adam McKay, La grande scommessa
Miglior film straniero
The Brand New Testament; The Club; The Fencer; Mustang; Son of Saul
Miglior attrice in film di genere drama
Cate Blanchett, Carol; Brie Larson, Room; Rooney Mara, Carol; Saoirse Ronan, Brooklyn; Alicia Vikander, The Danish Girl
Miglior attore in film di genere drama
Leonardo DiCaprio, The Revenant; Michael Fassbender, Steve Jobs; Eddie Redmayne, The Danish Girl; Bryan Cranston, Trumbo; Will Smith, Zona d’ombra
Miglior miniserie o film per la tv
Fargo; American Crime; American Horror Story: Hotel; Wolf Hall; Flesh and Bone
Miglior attrice in una serie tv o miniserie
Queen Latifah, Bessie; Felicity Huffman, American Crime; Lady Gaga,American Horror Story: Hotel;
Sarah Hay, Flesh and Bone; Kirsten Dunst, Fargo
Miglior attore di una serie tv, film tv o miniserie
Idris Elba, Luther; Oscar Isaac, Show Me a Hero; David Oyelowo,Nightingale; Mark Rylance, Wolf Hall; Patrick Wilson, Fargo
Migliore serie tv di genere drama
Empire; Mr. Robot; Game of Thrones; Outlander; Narcos
Miglior attore in una serie tv di genere drama
Liev Schreiber, Ray Donovan; Wagner Moura, Narcos; Bob Odenkirk,Better Call Saul; Rami Malek, Mr. Robot; Jon Hamm, Mad Men
Miglior attrice in una serie tv di genere drama
Taraji P. Henson, Empire; Viola Davis, How to Get Away With Murder; Robin Wright, House of Cards; Caitriona Balfe, Outlander; Eva Green, Penny Dreadful
Miglior film di genere commedia/musical
The Big Short; The Martian; Joy; Spy; Treinwreck
Miglior attrice in un film o musical di genere comedy
Jennifer Lawrence, Joy; Amy Schumer, Trainwreck; Lily Tomlin,Grandma; Melissa McCarthy, Spy; Maggie Smith, The Lady in the Van
Miglior attore in un film o musical
Matt Damon, The Martian; Steve Carell, The Big Short; Al Pacino,Danny Collins; Mark Ruffalo, Infinitely Polar Bear; Christian Bale, The Big Short
Miglior film di genere drama
Carol; Mad Max: Fury Road; The Revenant; Room; Spotlight
Miglior regista
Todd Haynes, Carol; Tom McCarthy, Spotlight; George Miller, Mad Max: Fury Road; Ridley Scott, The Martian; Alejandro Gonzales Inarritu, The Revenant

 
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Pietro Scalia candidato ai bafta da cinecittànews

Post n°12889 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

68ma edizione dei BAFTA Awards, il principale premio britannico: tra i candidati, resi noti stamattina, gli attori Eddie Redmayne, Cate Blanchett, Rooney Mara, Brie Larson, Michael Fassbender e Idris Elba; Carol, Il ponte delle spie The Martian - Sopravvissuto tra i film con il maggior numero di nomination. L'italiano Pietro Scalia è candidato per il montaggio di The Martian - Sopravvissuto. Tra le curiosità: Alicia Vikander è candidata sia come miglior attrice protagonista che non protagonista. La consegna dei premi avrà luogo il 14 febbraio. Ecco le nomination nelle categorie principali:

MIGLIOR FILM 
La grande scommessa
Il ponte delle spie
The Revenant - Redivivo 
Carol
Il caso Spotlight


MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
Brie Larson in Room
Saoirse Ronan in Brooklyn
Cate Blanchett in Carol 
Alicia Vikander in The Danish Girl
Maggie Smith in Lady in the Van 

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Leonardo DiCaprio in The Revenant - Redivivo 
Eddie Redmayne in The Danish Girl
Michael Fassbender in Steve Jobs
Matt Damon in The Martian - Sopravvissuto
Bryan Cranston in Trumbo

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
Kate Winslet in Steve Jobs
Alicia Vikander in Ex Machina
Rooney Mara in Carol
Jennifer Jason Leigh in The Hateful Eight
Julie Walters in Brooklyn

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Benicio Del Toro in Sicario
Christian Bale in La grande scommessa
Idris Elba in Beasts of No Nation
Mark Ruffalo in Il caso Spotlight
Mark Rylance in Il ponte delle spie

MIGLIOR FILM BRITANNICO
45 Years 
Amy 
Brooklyn 
The Danish Girl
Ex Machina
The Lobster 


MIGLIOR FILM IN LINGUA NON INGLESE

The Assassin di Hou Hsiao-Hsien
Forza maggiore di Ruben Ostlund 
Theeb di Naji Abu Nowar e Rupert Lloyd
Timbuktu di Abderrahmane Sissako
Storie pazzesche di Damian Szifron

MIGLIOR REGISTA 
Adam McKay per La grande scommessa
Steven Spielberg per Il ponte delle spie
Todd Haynes per Carol
Ridley Scott per The Martian - Sopravvissuto
Alejandro G. Inarritu The Revenant - Redivivo

MONTAGGIO 
Hank Corwin per La grande scommessa
Michael Kahn per Il ponte delle spie
Margaret Sixel per Mad Max: Fury Road
Pietro Scalia per The Martian - Sopravvissuto
Stephen Mirrione per Revenant - Redivivo

 
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STAR WARS: KASDAN RIVELA QUANDO SARÀ AMBIENTATO IL FILM SU HAN SOLO da movieplayer

Post n°12888 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Lo sceneggiatore ha chiaramente specificato che lo spinoff non sarà un racconto delle origini.

Rogue One: A Star Wars Story si profila come il film più atteso del 2016, ma anche lo spinoff antologico dedicato ad Han Solo, che seguirà nel 2018, desta un grande interesse nei fan.

Come sappiamo, Harrison Ford ha già messo le mani avanti spiegando che non vuole saperne niente del film mentre lo sceneggiatore Lawrence Kasdan ha accettato di scriverlo insieme al figlio specificando, però, che questo sarà il suo ultimo contributo alla saga di Star Wars.

Mentre prosegue la ricerca dell'interprete adeguato, Kasdan si lascia sfuggire i primi dettagli sulla pellicola, anticipando che non sarà una storia delle origini: "Non partiremo raccontando la sua nascita e la sua infanzia, ma credo che mostreremo la vita di Han Solo circa dieci anni prima di Guerre stellari. Una volta Akira Kurosawa ha detto che gli eroi sono quelli che cambiano, mentre i villain sono bloccati e pietrificati in quello che sono. In Star Wars: Il risveglio della forza Harrison Fordinterpreta un personaggio in evoluzione, che non si è ancora fossilizzato."

Il film su Han Solo non ci mostrerà le origini vere e proprie del personaggio, ma scommettiamo che ci rivelerà l'inizio della sua partnership con Chewbacca o la sua amicizia con Lando Calrissian, magari spiegando finalmente al pubblico come Han riesca a ottenere dall'amico il Millennium Falcon.

 
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J.J ABRAMS: "STAR WARS: IL RISVEGLIO DELLA FORZA NON È UN REMAKE" da movieplayer

Post n°12887 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Star Wars: Il risveglio della forza continua a macinare consensi fra il pubblico pagante tanto è vero che, il film diretto da J.J. Abrams, ha superato Avatar nella classifica dei miglior incassi di sempre. Eppure la pellicola - di cui fervono già i lavori per il sequel oltre allo spinoffRogue One: A Star Wars Story - è stata criticata da alcuni fan. In molti ritengono che Il Risveglio della Forza non sia altro che un remake modernizzato di Una Nuova Speranza.

Intervistato da 'Hollywood Reporter, il regista finalmente fa chiarezza su questa difficile questione:"Posso capire che il film non sia piaciuto a tutti ma, nella mia mente, non c'era nessuna intenzione di portare sul grande schermo nè un remake nè un reboot di Una Nuova Speranza. - spiega Abrams - Ho ereditato la storia di George Lucas ed ho realizzato un vero e proprio sequel. Le somiglianze ed i richiami alla trilogia classica sono stati inseriti volutamente, perchè in realtà Star Wars è una storia che costantemente si ripete."

 

 

Leggi anche: Star Wars: Il risveglio della forza, 5 cose che potreste non aver notato

"Quello che mi interessava di più era l'introduzione dei nuovi personaggi- continua il regista - dei volti nuovi di zecca che potessero abbracciare tutto il background di Star Wars per raccontare un qualcosa di intenso e di emozionante. Quindi ho capito che per realizzare un buon sequel, il film doveva trovarsi a suo agio nel grande universo espanso di Lucas e, quanto più possibile, doveva sviluppare una struttura narrativa che ne seguisse i canoni"

Speriamo dunque che queste dichiarazioni possano finalmente far tacere una polemica che, da oltre un mese, sta infiammando il pubblico del web.

 
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toweblock da gli spietati

Post n°12886 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

TOWER BLOCK
di James Nunn, Ronnie Thompson

TRAMA

La morte di un giovane avviene all’interno del Tower Block, un cadente edificio londinese destinato alla demolizione. A quanto pare, nessuno ha visto nulla. Qualche mese dopo un cecchino prende di mira tutti gli abitanti...


RECENSIONIAttack the Tower Block

Il grigio palazzone che si staglia verso il cielo è lo spazio/prigione che delimita l’azione dei personaggi e il teatro del gioco al massacro. Qui il revenge movie incontra l’attualità, la presa d’atto della periferia degradata (non spiegata, semplicemente c’è) rimanda alla rivolta di Londra del 2011, con alcune situazioni di quel periodo come implicita ispirazione di questo film (sopratutto il palazzo in fiamme nel finale, i condomini che concordano: “dovremmo appiccare un incendio”). La comunità chiusa e omertosa si macchia di una Colpa, scatta il contrappasso: se da una parte è la loro indifferenza che innesca il killer dall’altra, dopotutto, essi rifiutano di abbandonare l’edificio per la demolizione quindi vengono sterminati. E’ sempre una guerra tra poveri che - a seconda delle circostanze - dal “tutti contro tutti” iniziale slitta verso la necessità di una coalizione tra ultimi per provare a sopravvivere.
I registi, James Nunn e Ronnie Thompson, ammettono il legame con la contingenza ma negano che sia il fine ultimo della pellicola (Thompson: “Non era mia intenzione dare al film un tono politico, intendevo fare un thriller/horror che fosse molto avvincente”): posizione che suona corretta dato che, a ben vedere, gli espedienti che fanno procedere l’intreccio non sono mai politici, ma sempre drammaturgici. Infatti è nella tenuta narrativa il problema centrale di Tower Block, che si presenta essenzialmente come una ridda di citazioni, rimasticatura di estratti del cinema di genere recente: Attack the Block senza ironia e Sawper il meccanismo “a trappola”, il tranello in ascensore che sembra orchestrato da Jigsaw (“It’s a trap”, dice appunto un personaggio). Ma la lista è lunga e comprende - se vogliamo azzardare - il modello fondante di Cube (il carattere cub-ico della Tower Block è presto evidente) e l’horror transalpino calato nella banlieue come La Horde.
C’è indubbia consapevolezza nella costruzione del quadro, d’altronde Thompson è un ex guardia carceraria che conosce certe realtà, spiegando così la dimensione penitenziaria dello stesso block: ma alla fine la progressione si riduce a un countdown di scrittura grossolana, caratteri scolpiti con la scure e sempre pronti al salto della barricata (litigi, alleanze, rotture e sodalizi sono repentini quanto inspiegati), tracce di gore non particolarmente ardite, sbandate trash che sconfinano nell’improbabile finale. Come sempre è lecito “rifare”, ma questo film resta incollato a un immaginario consunto impaginando la sua replica: in fondo vediamo solo l’ennesimo survival con le ennesime figure al centro del mirino.

Emanuele Di Nicola
Voto: 4.5
   

 
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Una promessa

Post n°12885 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

 
Locandina Una Promessa

Germania, 1912. Friedrich è un giovane uomo di umili origini. Laureato in chimica viene assunto nell'acciaieria di Karl Hoffmeister, che ne intuisce subito il carattere e le potenzialità. Affetto da una grave malattia al cuore, Karl è costretto a lavorare a casa, dove vive con la moglie Lotte e il figlio Otto. Colpito dallo zelo di Friedrich lo promuove a segretario personale, invitandolo a trasferirsi nella sua grande villa. Contento ma confuso dal sentimento che nutre per la giovane moglie del suo benefattore, il ragazzo accetta comunque alloggio e sfida. La vicinanza alimenta il sentimento e rivela un'affinità difficile da dominare almeno fino alla decisione di Hoffmeister di trasferirlo in Messico a gestire un nuovo e importante progetto. Convinto che partire sia la cosa giusta da fare, Friedrich promette a Lotte di tornare e di realizzare il loro amore. Ma la Grande Guerra e il blocco navale fanno di Friedrich un esiliato, costringendolo per sei lunghi anni lontano da Lotte. Rientrato in patria, dovrà fare i conti col tempo che ha lavorato crudelmente sul loro desiderio.
Trasposizione del romanzo di Stefan Zweig ("Viaggio nel passato"), Una promessa è un (melo)dramma su un amore che diventa irrimediabilmente impossibile per quanto intenso e travolgente fosse al principio. La promessa del titolo raccorda allora lo 'stato nascente' di un sentimento e la protezione di quel sentimento dal passare del tempo. Perché ai due protagonisti non è concesso vedere crescere un amore che all'inizio era solo passione. La tensione e l'intenzione vengono spazzate via dalla guerra e dal vertice legittimo del triangolo, che ha un cuore grande ma troppo malato per reggere l'abbaglio del loro sentimento. Suggestionata da una netta caratterizzazione ambientale e temporale, la relazione tra Lotte e Friedrich si sviluppa attraverso una drammaturgia 'da camera' che esplora il loro desiderio e la loro vita mancata. Patrice Leconte guarda ancora una volta l'amore che si lascia guardare, circoscrivendo i suoi amanti in uno spazio chiuso dove godere della persona amata in un eccesso che preclude però la soddisfazione. Diversamente dal romanzo, concentrato sul giovane amante e silente sul punto di vista del marito, il film di Leconte si apre a una visione più globale dei sentimenti che comprende ogni vertice del triangolo.
Rebecca Hall, Richard Madden e Alan Rickman sono i credibili interpreti di una storia di attesa amorosa, che suggerisce ed evoca, senza mai scoprire la passione e il desiderio. Trattenuto e composto dentro il 'costume', Una promessa diluisce il sentimento nel tempo, vincendo la sfida di filmare i non detti e trovando un brandello di voce (e speranza) nel finale. Girato in Belgio, per ragioni di co-produzione, e recitato in inglese, lingua universale che meglio del francese secondo l'autore era in grado di 'parlare' una storia ambientata in Germania, Una promessa pone una domanda vertiginosa circa la resistenza del desiderio amoroso, e non dell'amore, al tempo. Come RidiculeUna promessa è un film in costume ma diversamente dal primo, poggiato sui dialoghi e sull'umorismo, è pieno di silenzi che catturano magistralmente i turbamenti dell'anima, i trasalimenti dei volti, lo sguardo che si attarda un istante di troppo tradendosi o la sollecitudine incontrollabile a ritrovare l'amato. Patrice Leconte ancora una volta si rinnova, donando una modernità effervescente a un adattamento che correva il rischio di scivolare nell'accademismo. 
Svolto come una composizione musicale, A Promise alterna un movimento ostinato a un altro andante, passaggi dove il tempo si contrae e accelera o al contrario si dilata e spiega le sue ali cupe sugli amanti, sfiniti dalla separazione. Leconte fa del sentimento amoroso la materia stessa del suo cinema senza concedere nulla al sentimentalismo e restituendoci la percezione del tempo che passa o che non passa più.

 
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Lo sciacallo

Post n°12884 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Locandina Lo sciacallo - The Nightcrawler

Louis è un ladro di materiali edili quando lo incontriamo, non è chiaro cosa abbia fatto prima ma ora ruba rame, ferro e simili per rivenderli sottoprezzo ai cantieri con un obiettivo più grande: trovare un vero lavoro in una congiuntura economica non facile. Tuttavia nessuno assume un ladro. Un giorno è testimone di un incidente stradale e vede una troupe televisiva accorsa per riprendere l'accaduto, capisce che è un vero lavoro e uno che paga ma nemmeno in questo caso trova qualcuno pronto ad assumerlo così pensa di poter fare da sè e con i propri metodi (il furto) ruba il necessario per comprare un'attrezzatura di base e iniziare a girare le strade di Los Angeles in cerca di incidenti, furti e cronaca dura da rivendere ad un'emittente locale con pochi scrupoli. Quando il business si fa più serio aumenta anche la sua abilità ma non il suo senso del limite e dell'etica verso le vittime.
É molto bella la maniera in cui l'imprenditore invasato di sogno americano di Jake Gyllenhaal parla con gli occhi spalancati, ascolta quel che gli viene detto, fa tesoro di ogni batosta e ogni insegnamento per arrivare al proprio traguardo. Uno svantaggiato che non ha avuto un'educazione vera e propria ma che ha imparato a trovare su internet tutte le nozioni di cui ha bisogno. Si applica, studia e lavora senza sosta, è insomma concepito come l'ideale statunitense Louis e appare a tutti gli effetti come un personaggio positivo, non fosse per quel dettaglio della mancanza di scrupoli e della sete di ambizione che ci viene rivelata fin dalla prima scena.
Intorno a lui si muove tutto un film che quando non lo accompagna nelle lunghe nottate passate ad ascoltare la radio della polizia, lo riprende mentre lui stesso si sforza di riuscire a riprendere qualcosa o ancora lo guarda mentre gli altri gli parlano, in piani d'ascolto che sono l'arma vera di Jake Gyllenhaal. Faccia scavata e taglio di capelli che tradiscono un'origine popolare, modo di parlare controllato e un'eccessiva sicurezza in sè che tradiscono l'opposto, se la storia diLo sciacallo è la più classica critica al cinismo dei media, nel protagonista c'è una complessità di intenti e di stimoli che non è frequente.
Consapevole delle proprie azioni, sempre dotato di un piano molto preciso e calcolatore di ogni mossa, Louis appare tuttavia costantemente agito dall'esterno, come se qualcos'altro lo condizionasse e non fosse fino in fondo padrone di sè. Sono dettagli che non risiedono nella sceneggiatura ma in quel corpo indifeso costruito da Gyllenhaal tramite dieta e postura, in quel modo di parlare e in come sembri succhiare con gli occhi tutto quel che vede per poi rifarlo o portarlo alle estreme conseguenze. 
Sarebbe facile individuare in lui un prodotto di questa società e della mancanza di guide (non un'istruzione canonica ma solo nozioni imparate autonomamente e non un superiore che lo guidi nell'apprendere il mestiere), una strada cheLo sciacallo (scritto ma anche diretto da Dan Gilroy) non disdegna di battere, tuttavia è anche il percorso più ordinario per un film che a tratti dimostra di voler essere qualcosa di più. C'è un senso di profonda vacuità nelle strade deserte in cui non si incontra nessuno se non criminali e polizia, una sete di umanità profonda negli occhi spietati del protagonista, una che mette in secondo piano anche tutta quella parte di intreccio che coinvolge il network televisivo. Lentamente importa sempre meno se Louis possa o no arrivare ai vertici della sua scalata e sempre di più in quale mondo si muova.
Un film statunitense del genere negli anni '90 sarebbe finito con un tragico risultato dell'intraprendenza scapestrata del protagonista, il flim che infligge al suo personaggio emblematico la rigida morale della vita o della società. Lo sciacalloinvece sceglie di andare da altre parti, di non sottomettere i propri personaggi a nessuna forma di giustizia e anzi gli lascia il mondo per guardare cosa ne fanno.

 
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Boxtrolles

Post n°12883 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

 

Locandina Boxtrolls - Le scatole magiche

La società di Pontecacio è guidata da Lord Gorgon-Zole e dai suoi pochissimi sodali (l'élite in tuba bianca), e terrorizzata dalle leggende spaventose sui Boxtrolls che l'invidioso Archibald Arraffa sparge senza sosta da più di dieci anni. Con l'aiuto dei suoi tirapiedi, Arraffa si propone infatti di sterminare fino all'ultimo membro dei Boxtrolls, una comunità gentile e ingegnosa, e di poter ambire così al privilegio di possedere una tuba bianca e sedere al tavolo dei formaggi più saporiti del mondo. Non ha fatto però i conti con Uovo, il ragazzino cresciuto sottoterra dai Boxtrolls, né con Winnie Gorgon-Zole, sua coetanea, stanca dell'insensibilità del padre e decisa a scoprire tutta la verità sulle "terribili" creaturine che hanno imposto il coprifuoco alla città e movimentato il suo immaginario. 
Dopo Coraline e La Porta Magica e ParaNorman, lo studio LAIKA "anima" (in stop motion) alla propria maniera il libro di Alan Snow "Here Be Monsters!" ed è difficile pensare che si potesse fare meglio. Come già nei titoli precedenti, il mondo di riferimento è diviso in due e la barriera di separazione non è mai tanto fisica quanto ideologica. Timidi al punto da vivere dentro le scatole di cartone che un tempo contenevano oggetti o alimenti, i Boxtrolls sono a loro volta collezionisti indefessi di rifiuti che poi però trasformano in nuove invenzioni. Una premessa che anticipa tematicamente la venuta dell'unico eroe possibile: il freak, l'ibrido umano/non umano, colui che non ha tradizione né dunque pre-giudizio e può farsi motore di una rivoluzione della specie. Generato da un padre inventore e cresciuto da un boxtroll di nome Fish, Uovo è il tramite perfetto per "passare all'altro mondo" e dare una raddrizzata ad una mentalità storta e cristallizzata, mantenuta tale da chi ne trae il proprio comodo. 
Salta all'occhio, in breve, la forte continuità del terzo film con la storia cinematografica dello studio, oltre che la sintonia tematica con un altro progetto di animazione recente e particolarmente riuscito qual è Hotel Transylvania. Si conferma qui anche la scelta tecnica de 3D stereoscopico, già in fase di concezione e fotografia del film. Detto questo, a fare però di Boxtrolls qualcosa di piacevolmente unico, è l'aspetto visivo: un colorato ensemble di costumi vittoriani e immaginario steampunk, vicino a Burton e Selick ma più chiaro e leggero, ammorbidito e profumato dal vizio ghiottone del formaggio, che ispira anche l'esilarante canzone finale del Monty Phyton Eric Idle.

 
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Nero infinito

Post n°12882 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Locandina Nero infinito

Due agenti della polizia sono incaricati di indagare su una serie di omicidi il cui svolgimento e le cui dinamiche sembrano ricalcare le storie dei libri di una nota scrittrice, al momento all'opera sul suo nuovo romanzo. 
Nero e infinito come una moltiplicazione continua e senza termine del colore che identifica sia la cronaca più spietata che quel cinema confinante con la criminalità spicciola. Poliziesco e thriller nelle loro accezioni più strette e di genere sono infatti l'ispirazione di questo film che in nessun momento fa mistero di voler ritrarre più che dei personaggi degli archetipi narrativi, poliziotti e criminali che non esistono nella realtà ma che sono stati formati nei decenni dal cinema.
Tuttavia l'operazione intellettuale non trova attuazione pratica. La riflessione sul genere e sui suoi meccanismi canonizzati e cristallizzati dal cinema rimane al grado zero, ovvero quello del mero racconto di una storia, senza possibilità di ulteriori livelli di lettura. E anche volendo considerare Nero infinito unicamente come una storia, messa in immagini e racconta per il gusto di intrattenere, è impossibile non notare un tono sciatto e monocorde che appiattisce e annulla tutto.
Se un budget infelice è quel che nega al film la possibilità di avere attori di livello (cioè capaci di interpretare e non solo ripetere le battute), gli altri comparti invece non hanno scuse per una cronica mancanza di idee e di attenzione (le quali, è noto, non vanno pagate). Fotografia, montaggio e sceneggiatura (per soffermarsi sui più fondamentali) sembrano non essere diretti in alcuna maniera. Non solo non contribuiscono allo svolgimento della storia lasciando indizi, suggerendo o di volta in volta facendosi carico di rilasciare informazioni sulla trama, ma a tratti paiono remare contro il film, per come sono stranianti e modellati su un immaginario raffazzonato di brutta televisione.
Nero infinito sembra così guradare al cinema peggiore, basato su strutture che quasi mai hanno dato vita a racconti interessanti. Non si tratta di genere o serie B (che anzi sarebbe la matrice migliore), quanto di un immaginario poliziesco di marca statunitense a psicologia zero, non certo quello problematico (in bilico tra ordine disordine) ma quello autoesaltante, sicuro della propria morale, trincerato dietro occhiali scuri a specchio, culto della personalità e marcato da inseguimenti insensati.
Se già i modelli sono sconfortanti una loro imitazione sciatta e senza fantasia cosa può essere?

 
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Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma

Post n°12881 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Locandina Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma

Il regno pacifico di Naboo denuncia l'imminente invasione da parte della Lega dei Commercianti, ma la Repubblica, paralizzata dalla corruzione dilagante e dalla burocrazia del Senato, sceglie di non intervenire. Solo i Cavalieri Jedi Qui-gon Jin e Obi-wan Kenobi si recano a Naboo per proteggere la regina Amidala, in pericolo di vita, e condurla in salvo sul pianeta Tatooine. Qui i Jedi faranno la conoscenza di un bambino fuori dall'ordinario, Anakin Skywalker: Qui-gon è convinto che si tratti del Prescelto, destinato un giorno a riportare equilibrio nella Forza.
Pochi film come Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma nella storia del cinema hanno dovuto affrontare una missione altrettanto impossibile in termini di soddisfazione dello spettatore. Arrivare dopo 16 anni di silenzio (l'ultimo film uscito della saga di Guerre stellaririsaliva al 1983) e cercare di essere all'altezza di una trilogia adorata da una fetta consistente della popolazione del globo è un compito improbo persino per lo stesso creatore della saga. George Lucas lo affronta a viso aperto, incurante delle inevitabili critiche, in ogni caso inferiori a quelle copiose (e meritate) per aver rivisitato la trilogia originale, aggiungendovi ossimorici inserti digitali. La computer graphics sfoggiata in Episodio I corrisponde al massimo sforzo tecnologico possibile a cavallo dei due millenni e permette di trasformare i nuovi scenari immaginati da Lucas in mondi incantati di grande fascino. Lo spirito del meraviglioso, tra Meliès e il Barone di Münchausen, guida Lucas al punto di allontanarlo sempre più dallo spirito della trilogia originaria, pessimista e "sporca" dove la nuova creazione è asettica e rasserenante. 
La stranezza di utilizzare effetti speciali molto più avanzati per raccontare una storia ambientata in un'epoca antecedente non influisce sull'intento di Lucas, interessato solo a realizzare quel che ha sempre avuto in mente, senza più limiti di budget e tecnologia. Così facendo, però, il regista dimentica come la presenza di quei limiti stimolasse forzatamente la creatività, obbligasse, forse, ad approfondire una trama che in questo capitolo sembra troppo spesso procedere con il pilota automatico. In Episodio I lo stupore lascia spazio alla complicità del fan saccente, e questo è solo in parte dovuto alla natura di prequel dell'opera, visto che abbondano nuovi personaggi e sottotrame. Ma i primi non si avvicinano lontanamente alla statura degli eroi degli altri episodi, mentre le seconde espandono la cosmogonia senza andare oltre il mero accumulo di informazioni marginali nel complesso della saga. Qui-gon, maestro di Obi-wan Kenobi, non si discosta dall'idea stereotipata di cavaliere Jedi, e Jar Jar Binks, la bizzarra creatura che parla in esperanto e dovrebbe costituire il lato comico della vicenda, spicca principalmente per la sua inutilità e assenza di empatia presso grandi e piccini (nel giro di breve tempo Jar Jar diverrà il personaggio più detestato della saga). 
George Lucas sceglie evidentemente di rimandare la componente sostanziale della vicenda agli episodi successivi, utilizzando Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma per sfoggiare una tecnologia avanzata, introdurre il pubblico a una nuova trilogia e correre veloce sulle ali dell'entusiasmo per la riapertura di una saga, che pareva chiusa per sempre e destinata a sopravvivere solo nei ricordi (e nelle continue re-visioni). 
Solo una sequenza spicca e si lascia ricordare a lungo: la corsa degli "sgusci", un chiaro omaggio alla corsa delle bighe di Ben Hur ricca di strizzate d'occhio alla contemporaneità - la telecronaca - e al prosieguo della saga - la presenza di Jabba The Hutt - , con protagonista il piccolo Anakin, condannato al triste e inesorabile destino di diventare Darth Vader. 
Troppo poco per un ambizioso blockbuster di fantascienza, molto meno per un film che si fregia del marchio immortale di Star Wars.

 
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Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni

Post n°12880 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

 

Locandina Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni

Dieci anni dopo gli eventi di Episodio I, Padme Amidala da Regina di Naboo è divenuta Senatrice della Repubblica. I Jedi Obi-wan Kenobi e Anakin Skywalker sventano un attentato ai suoi danni, che li conduce alla scoperta di una cospirazione su vasta scala di separatisti anti-repubblicani. Mentre Obi-wan indaga fino al remoto sistema Camino, dove scopre un esercito di cloni assemblato dalla Repubblica senza che il Consiglio dei Jedi sia stato informato, tra Anakin e Padme nasce l'amore, clandestino ma impossibile da estinguere. 
Dopo la parziale delusione di Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma, sulle spalle del secondo episodio della trilogia prequel di George Lucas gravava il fardello di ristabilire il feeling con i fan della prima ora di Guerre stellari e insieme conquistare nuovi adepti. Un compito ostacolato da un'altra trilogia di enorme successo uscita contemporaneamente: Il Signore degli Anelli di Peter Jackson, capace di ridefinire il concetto di blockbuster contemporaneo nell'era del digitale (e che curiosamente condivide un villain interpretato da Christopher Lee, qui in un goffo e vampiresco omaggio ai suoi personaggi dell'era Hammer). Ma la "corsa agli armamenti" di Star Wars verso il primato nell'avanguardia tecnologica e nella perizia degli effetti speciali rischia di trasformarlo nella cosa più lontana che esista dallo spirito originario della saga che fu di Han Solo e Chewbacca. L'episodio della saga che in assoluto dovrebbe essere più emozionale, incentrato su una storia d'amore maledetta fin dalla sua nascita, come le liaisons tra Lancillotto e Ginevra o Romeo e Giulietta, si traduce in un'algida macchina dello spettacolo, in cui di fronte alla tecnologia recedono non solo i sentimenti ma lo stesso storytelling.
Girato completamente in digitale e concepito per una visione ideale se riprodotto attraverso dispositivi numerici, Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni cade vittima della sua innovazione. Come già nelle Special Edition della trilogia originale, discusse rielaborazioni digitali di titoli che avrebbero dovuto essere intoccabili, George Lucas cede al "lato oscuro" della tecnologia e procede per accumulo di meraviglie. Il conseguente sovraffollamento di oggetti in ogni singola inquadratura distrae eccessivamente dal soggetto principale, alterando il feeling che si dovrebbe instaurare tra spettatore e filmico. L'esatto contrario della fantascienza antropocentrica della trilogia originale, figlia della space opera di Flash Gordon e di uno spirito avventuroso capace di comunicare con il pubblico di tutto il mondo. Come è possibile stabilire un contatto analogo con protagonisti irrigiditi e smarriti di fronte a un blue screen inutilmente riempito di "cose" in post-produzione?
Persino i dialoghi, asse portante del capolavoro della saga, L'Impero colpisce ancora, e della sua sceneggiatura scritta da Lawrence Kasdan e Leigh Brackett, raggiungono in Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni un inconcepibile nadir. Gli scambi tra gli innamorati sul pianeta Tatooine sono più imbarazzanti e posticci dei corteggiamenti del peggior young adult movie e la recitazione di Natalie Portman e di un inadeguato Hayden Christensen allontana sempre più l'epopea degli Skywalker dall'immagine che apparteneva ai sogni di miriadi di fan della saga. Il distacco tra il creatore, la sua creazione e le milioni di persone da essa coinvolte rischia di farsi irreparabile.
Solo la componente action compie dei passi avanti rispetto a Episodio I, specie nella sequenza iniziale di inseguimento in città e in quella successiva nello spazio, tra le astronavi di Obi-wan - impressionante l'effetto spacca-woofer dell'audio del suo reattore - e di Jango Fett, ma a conti fatti la sensazione che resta dopo la visione è quella di due impalpabili ore, trascorse in compagnia di personaggi poco più che bidimensionali. L'antitesi delle aspettative riposte dai fan su un episodio che doveva essere indimenticabile e che si traduce in un prolisso videogioco non interattivo, che rimanda astutamente il confronto con gli attesi temi cruciali all'ultimo atto di una sempre più deludente trilogia.

 
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Star Wars: episodio III - La vendetta dei Sith

Post n°12879 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

 
Locandina Star Wars: episodio III - La vendetta dei Sith

Anakin Skywalker e Obi-wan Kenobi liberano il Cancelliere Palpatine, prigioniero del Conte Dooku, e assestano un colpo decisivo ai separatisti, nella guerra dei Cloni combattuta tra questi e la Repubblica. Ma troppe sono le ansie che occupano la mente di Anakin: Padme è incinta e le visioni dal futuro promettono sciagure, mentre il Consiglio dei Jedi si rifiuta di nominarlo Maestro Jedi e lo incarica di sorvegliare il Cancelliere, sospettato di essere il Signore Oscuro dei Sith. Anakin sarà presto costretto a scegliere se attenersi ai principi impartiti da Obi-wan, in cui ha sempre creduto, o se cedere alla tentazione di una presunta onnipotenza per correggere il futuro.
Il momento più atteso della trilogia prequel di Guerre stellari, annunciato sin dal trailer del primo episodio, è quello in cui Anakin Skywalker cede il passo a Darth Vader, trasfigurazione biomeccanica al servizio dell'Impero, capace solo di dispensare morte e dolore. Un climax troppo a lungo rimandato, ma dal fascino tale da giustificare una trilogia di film costellata di momenti pleonastici. George Lucas pospone più che può il redde rationem, occupando quasi un'ora di film nel tentativo di ricongiungere i diversi fili rimasti pendenti: in primis la Guerra dei Cloni, approfondita nel lungometraggio di animazione Star Wars: Clone Wars, da cui viene recuperato il capo dei droidi General Grievous. Tutti i difetti che gravavano sugli episodi precedenti della trilogia prequel si ripresentano immutati, finché l'angoscia di Anakin sul futuro suo e di Padme ha narrativamente il sopravvento e determina l'esito, attesissimo benché arcinoto, del destino suo e dei Cavalieri Jedi. 
L'uso della tecnologia appare più in armonia, rispetto al passato, nei confronti della materia trattata, guidato da una cappa di oscurità crescente, man mano che la Repubblica completa la sua transizione verso il sinistro Impero Galattico. Seppure i termini in cui è raccontata restino semplicistici, la metamorfosi politica che domina Episodio III, ovvero la nascita di un regime dittatoriale sotto scrosci di applausi, è guidata da uno spirito sinceramente democratico che restituisce umanità alla saga di Lucas e che, in ultima analisi, permette di (ri)accostarla alla contemporaneità e ai pericoli che affliggono la nostra società. L'universo di Star Wars non sembra più un sistema isolato in cui le emozioni sono coltivate in vitro come nei capitoli precedenti della trilogia, ma torna a rappresentare, o quantomeno prova a farlo, lo specchio di un animo umano, tormentato dai dubbi e dalle tentazioni che affliggono i comuni mortali. Benché Lucas confermi la sua inadeguatezza a scrivere dialoghi memorabili sul piano emozionale, l'intensità della vicenda cresce con l'avvicinamento del suo climax, fino a ricongiungersi con la magia della trilogia originale. Riaffiorano così antiche sensazioni sopite, mentre personaggi ridotti a silhouette semoventi, come Obi-wan Kenobi o Yoda, riprendono vita e riacquisiscono senso. Ancora una volta la saga di George Lucas prospera nella tragedia, guadagnando in spessore quanto più si avvicina ai temi ancestrali che già furono di Eschilo e Sofocle: non a caso gli episodi narrativamente più completi e drammaticamente più intensi sono quelli segnati dal Lato Oscuro e da un destino avverso, ossia Star Wars: Episodio V - L'impero colpisce ancora e questo terzo episodio. 
Con Episodio III Star Wars getta definitivamente la maschera e accetta il suo ruolo di tragedia epica di una famiglia dannata, nata in una condizione di servitù e segnata inesorabilmente dal dolore e dalla perdita. L'impossibilità per Anakin di poter soddisfare un'ambizione inesauribile e appagare una passione così antitetica al suo ruolo di Jedi ne indeboliscono la volontà, conducendolo inevitabilmente verso la via - rapida, immediata e istintiva - che conduce al Male. Ma la maschera nera da samurai trasfigurato di Darth Vader, che popolava gli incubi dei bambini di trent'anni prima, non induce più all'odio, bensì alla pietà: persino di fronte agli esecrabili delitti di cui Anakin si macchia, a prevalere è la sua natura di pupazzo nelle mani di un Fato beffardo, che lo priva di una reale scelta.
Se non si fosse trattato dell'episodio di gran lunga più atteso della trilogia prequel di Guerre stellari, destinato a ricongiungere tutti i fili rimasti in sospeso, probabilmente ben pochi avrebbero riposto delle speranze in Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith dopo le cocenti delusioni dei primi due capitoli. Ma l'incanto di personaggi e situazioni che hanno cambiato per sempre la storia del cinema è tale da risollevare la trilogia di Lucas, prima della sua conclusione, sino a vette ormai impensabili.
Se si rimuove di netto il primo segmento, con la chirurgica precisione di una spada laser Jedi, Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith dimostra di avere le carte in regola per riguadagnare il ruolo di degno prequel della saga cinematografica più famosa del mondo. E il respiro, inconfondibile e immortale, su cui si chiude lascia pensare - o sperare - che la storia degli Skywalker non sia destinata a terminare qui.

 
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Star Wars: Episodio IV - Una nuova speranza

Post n°12878 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Locandina Star Wars: Episodio IV - Una nuova speranza

Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana Luke Skywalker è un giovane orfano del pianeta Tatooine che, acquistati due droidi dai predoni, scopre che uno di questi porta dentro di sè il messaggio di una principessa in pericolo. L'unico a poterne sapere qualcosa è il vecchio Obi Wan Kenobi, saggio anziano, ultimo rimasto dell'ordine dei cavalieri Jedi. Kenobi comprende il pericolo e vede in Skywalker qualcosa di più di quello che è, motivo per il quale decide di portarlo con sè. Con l'aiuto del mercenario Han Solo e del wookiee Chewbecca i quattro tentano il salvataggio della principessa entrando a contatto con l'Impero, la grande forza che tiene in scacco la galassia, e con il suo generale più potente, Darth Vader, anch'egli a suo tempo un Jedi.
L'esperienza cambierà definitivamente Luke Skywalker risvegliando in lui la Forza, un antico potere che scorre in tutti i cavalieri Jedi. Si unirà così alla resistenza e lotterà per distruggere la Morte Nera (roccaforte e al tempo stesso arma dell'Impero) assieme alla principessa Leia e Han Solo.
Nato come progetto commerciale che alimentasse la ricerca più sperimentale che George Lucas stava portando avanti, sia con la fantascienza di L'uomo che fuggì dal futuro sia con il period movie di American graffitiGuerre stellaridiventerà un impero a sè, più grande delle intenzioni dello stesso creatore e ben presto fuori dal suo comando.
Creato a partire dalle teorie sulla narrativa di Joseph Campbell espresse in "L'eroe dai mille volti" e ispirandosi sia al cinema di samurai di Akira Kurosawa (in particolare La fortezza nascosta) che agli archetipi del western, Guerre stellariè l'araldo del nuovo cinema commerciale, il profeta che chiude un'era e annuncia ciò che verrà.
Parzialmente finanziato prevendendo il merchandising e poi gonfiato in sequel, saghe, videogiochi, spin off, attrazioni da parco giochi e quante più declinazioni è possibile, già il primo capitolo (da sempre identificato come Episodio IV) definisce l'idea di un film-mondo rielaborando le grandi saghe medievali e i poemi epici. Lucas ha infatti immaginato un futuro passato (il film inizia con la dicitura "tanto tempo fa"), una space opera che rifiuti il rigore scientifico della fantascienza ma abbracci l'epica del fantasy, rimodulandone creature e luoghi topici in chiave spaziale. Sostituendo le spade (laser) alle armi futuristiche e impostando la propria storia non sulla ragione ma sullo spirito e sul trionfo di un animismo inventato da zero, Guerre stellari crea un cinema d'avventura contemporaneamente vecchio e nuovo, saldamente ancorato a tutto ciò che l'arte audiovisiva ha saputo produrre e la narrativa è riuscita a canonizzare nei decenni passati ma anche proiettato in avanti. Nel suo film Lucas inserisce gli effetti speciali analogici allo stato dell'arte, i pupazzi, i robot e le miniature ma anche i primi esperimenti mai tentati di effetti speciali digitali e in esso è presente una visione nuova di come il cinema possa uscire dalle sale e riprodursi in altri media.
Nonostante la regia esprima poca personalità, tutti i reparti sono organizzati e diretti al meglio. Avendo ben chiara in testa un'idea di design futuro dotato di una coerenza cromatica e visiva che vengono più dal cinema sperimentale che da quello commerciale e la voglia di narrare la storia di formazione di un nuovo eroe, Lucas crea il piano regolatore per tutto il cinema d'intrattenimento a venire. Nel farlo si avvale di collaborazioni fondamentali da parte di Ben Burtt (che crea un universo sonoro unico e molto influente) e John Williams, autore di una delle più grandi colonne sonore di sempre.
Il primo film della saga ha dunque il raro privilegio di fondare una mitologia di successo e l'ancor più raro merito di farlo stando seduto sulle spalle dei giganti. Apoteosi e termine del cinema della Nuova Hollywood, quello per la prima volta conscio di ciò che accaduto prima di esso, Guerre stellari instaura un nuovo rapporto tra realtà e finzione, si appoggia moltissimo agli effetti visivi e crea un'armonia tra culto dell'immagine e sfruttamento degli effetti sonori che non è stato più replicato, nemmeno dalla saga stessa.
Negli anni '90 George Lucas ha rieditato il film per migliorare gli effetti speciali tramite il digitale. Il risultato però in certi punti stona con gli espedienti analogici originali, come del resto anche le scene aggiunte, tagliate all'epoca della prima uscita perché impossibili da realizzare bene (il dialogo tra Han Solo e Jabba The Hutt). Alcune modifiche infine cambiano lievemente il carattere dei personaggi (Han Solo non spara più per primo a chi lo sta minacciando, ma solo dopo che quello ha sparato) in maniere che i fan non hanno mai gradito.

 
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Star Wars: Episodio V - L'Impero colpisce ancora

Post n°12877 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Locandina Star Wars: Episodio V - L'Impero colpisce ancora

Dopo la distruzione della Morte Nera i ribelli stanno compattando le fila per combattere l'Impero che ha in mente di ricominciare la costruzione della sua arma segreta. Luke Skywalker, scampato ad un attacco sul pianeta Hoth, si sposta nel sistema Dagobah per essere addestrato dal maestro Yoda e finalmente diventare un vero Jedi. Parallelamente Han Solo e la principessa Leia sono braccati da Darth Vader, il quale ha capito che solo in questa maniera potrà trovare il giovane Skywalker a cui è tanto interessato.
Quando i due si rifugiano da un vecchio amico di Han Solo, Lando Carlissian, un cacciatore di taglie avverte Darth Vader che, piombato in loco, fa prigioniero Han Solo in una lastra di carbonio e poi affronta Luke Skywalker quando questi arriva a salvare i suoi amici.
Al secondo episodio Guerre stellari prende la forma della saga, conclude il film con un finale sospeso che rimanda all'episodio seguente e incastra le vicende dei singoli personaggi all'interno di un equilibrio più ampio, uno in cui i rapporti di forza e le relazioni iniziano a intrecciare nodi che non possono essere risolti in un solo film.
Scritto da Lawrence Kasdan e Leigh Brackett, il secondo capitolo non è una fase interlocutoria ma di fatto un nuovo inizio dopo che il precedente concludeva la propria storia. Inizia la mitologia della lotta all'impero, i protagonisti si separano e di fatto parte un secondo "viaggio dell'eroe". George Lucas rimane la mente dietro tutto il progetto ma cede sia la sedia di sceneggiatore che quella di regista (a Irvin Keshner). Il risultato è un film per certi versi più solido e meno debitore dal punto di vista visivo ad altre fonti, ma inevitabilmente anche meno iconico e più al servizio di una grande strategia.
Centrato non tanto sulla narrazione di una storia ma sulla creazione delle basi per il finale che si svolgerà nell'opera successiva, L'impero colpisce ancora riesce ancora ad introdurre uno dei personaggi basilari di tutta la saga (Yoda) e a rafforzare il personaggio della principessa Leia, il cui carattere forte emerge con ancora più prepotenza, segnando una differenza abissale con gli standard dell'epoca anche nel campo delle figure femminili complesse. 
Kershner inoltre riesce ad ampliare lo spettro visivo della saga senza replicare quasi mai le ambientazioni già viste. Luke Skywalker e gli altri personaggi si spostano in un campionario di ambienti estratti dalla Terra che il film trasporta in pianeti remoti. Paludi, luoghi innevati e un'impossibile città nel cielo, tra le nuvole, tutte creazioni narrative e soprattutto visive innovative per gli stessi standard impostati dalla saga oltre che per quelli dell'epoca. L'impero colpisce ancora, nel lavorare sulla complessità narrativa dell'universo di Guerre stellari, ne conferma la caratteristica fondamentale, ovvero quella di epopea visiva in cui raccontare personaggi a partire dai luoghi che abitano. Ogni carattere un posto, ogni posto una palette di colori e una personalità diversa. In questo modo Luke Skywalker continua la sua formazione nella misura del viaggio attraversando tutti i luoghi e assorbendone le caratteristiche.
In un finale all'interno di una struttura tecnologica ci sarà il grande svelamento della saga, che con i suoi ambienti tecnologici profetizza quello che accadrà di lì a poco e racconta sia il presente di Darth Vader (che per metà è robotico), sia l'immediato futuro di chi gli si oppone.
Negli anni '90 lo stesso George Lucas ha rilasciato una nuova versione con qualche scena aggiunta ed effetti speciali migliorati, che in questo caso funziona più del solito.

 
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Star Wars: Episodio VI - Il ritorno dello Jedi

Post n°12876 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da Ladridicinema
 

Locandina Star Wars: Episodio VI - Il ritorno dello Jedi

Senza aver ancora completato il suo addestramento Jedi, Luke Skywalker torna sul pianeta Tatooine per liberare da Jabba The Hutt, Han Solo e gli altri membri della resistenza che avevano tentato invano di salvarlo. Dopo un rocambolesco salvataggio, gli altri fanno ritorno alla flotta stellare, mentre Luke si rimette in marcia verso il sistema Dagobah per terminare il proprio addestramento Jedi. Quando arriva però trova uno Yoda morente per vecchiaia e riceve la visita dello spirito di Obi Wan Kenobi che gli conferma la rivelazione che aveva chiuso il film precedente e che Leia è sua sorella.
I ribelli intanto hanno appreso che è in costruzione una seconda Morte Nera e intendono distruggerla con un doppio attacco. Mentre i caccia prendono di petto la flotta imperiale, un plotone più piccolo scenderà su una delle lune di Endor; da lì infatti si può disattivare lo schermo che protegge la stazione imperiale. L'imperatore però ha previsto tutto e vuole attirare Skywalker per farlo passare dalla propria parte, lasciando che il lato oscuro della Forza lo seduca.
Mentre la resistenza cerca di portare a termine il proprio piano, Luke Skywalker segue quindi il richiamo della Forza e del suo destino entrando nella Morte Nera per affrontare Darth Vader.
Il capitolo conclusivo della trilogia originale di Guerre stellari sposta nuovamente l'ambientazione. Dopo un iniziale passaggio a Tatooine, già visto nel primo film, sceglie il paesaggio terrestre che ancora non aveva mostrato, quello boscoso, per lo scontro finale. Il richiamo al fantasy si fa qui sempre più stringente e ineludibile. La Morte Nera è un grande castello in cui regna l'imperatore e lo scontro è portato avanti in un bosco assieme agli Ewok, piccoli orsetti rimasti all'era primitiva nativi di quelle zone, tra trappole e inganni.
Per la chiusa George Lucas cambia di nuovo regista (Richard Marquand) e torna a scrivere la sceneggiatura assieme a Lawrence Kasdan. ll risultato è un film molto più asciutto e ragionato del precedente, uno in cui il racconto principale è costituito da una sola lunga battaglia giocata su due fronti e dalla difficoltà di Luke Skywalker di rimanere fedele alla Forza. Viene qui approfondita con maggiore chiarezza l'idea spirituale alla base della saga, quella cioè che fonde manicheismo occidentale (una divisione netta tra bene e male, luce ed ombra) e animismo orientale (una forza che permea ogni essere vivente). Attorno all'idea basilare di un eroe che è tale per la propria calma interiore e solidità di spirito (da cui discende quella esteriore), Guerre stellari chiude la sua epica con un finale melodrammatico nel quale l'amore vince su tutto svelando, se ce ne fosse ancora bisogno, la natura sentimentale e familiare di tutta la serie. Tuttavia Lucas riesce ancora ad inventare scene e immagini memorabili grazie ai veicoli volanti con i quali ci si sposta su Endor e al duello cromatico che si instaura nel finale dentro la Morte Nera.
Al terzo film la serie perde le soluzioni più ardite e povere che avevano impressionato nell'esordio, Il ritorno dello Jedi è un solido blockbuster in grande stile, non ha più nulla del cinema indipendente ma è un prodotto a tutti gli effetti hollywoodiano e in questo senso chiude una trasformazione industriale. Anche le componenti western vengono lentamente dismesse sbilanciando la centralità dei personaggi. L'importanza di Han Solo ne esce ridimensionata, sia rispetto a quella di Luke, che da apprendista e sguardo ingenuo su una storia più grande diventa una colonna incrollabile del bene, sia dalla personalità di Leia che di film in film conquista uno statuto e un'autonomia che difficilmente il cinema americano di grandissimo incasso saprà replicare.
Negli anni '90 George Lucas stesso ha modificato il film aggiungendo effetti speciali digitali e alcune scene in modo da creare continuità con la nuova trilogia. Durante i festeggiamenti per il crollo dell'Impero compaiono alcune metropoli future e nel finale l'apparizione di Anakin Skywalker non avviene più con le fattezze di Sebastian Shaw ma con quelle diHayden Christensen.

 
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