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Biathlon, Dominik Windisch BRONZO DI RIACE! Gara memorabile per l’azzurro, è terzo nella sprint vinta da Arnd Peiffer

Post n°14279 pubblicato il 13 Febbraio 2018 da Ladridicinema

Pentaphoto_Windisch.jpg

Una giornata che vale una stagione, che vale una carriera. Dominik Windisch ha conquistato il primo podio per l’Italia alle Olimpiadi invernali di PyeongChang 2018, salendo sul podio nella 10 chilometri sprint maschile di biathlon. L’azzurro, tra gli outsider della vigilia, ha mancato solo l’ultimo bersaglio in una gara in cui diversi tra i favoriti della vigilia hanno sbagliato molto al poligono. La medaglia d’oro è andata al tedesco Arnd Peiffer, argento il ceco Michal Krcmar.

La medaglia di Dominik Windisch è il premio ad un atleta umile, con i piedi per terra, gentile e disponibile. Un gigante buono che nella gara più importante della sua vita ha trovato una delle prestazioni migliori della carriera, che senza il bersaglio mancato all’ultimo poligono l’avrebbe portato addirittura sul gradino più alto del podio. Per lui, si tratta del secondo alloro olimpico in carriera dopo il bronzo di Sochi 2014 ottenuto nella staffetta mista. Di conseguenza, questa è la prima medaglia individuale a Cinque Cerchi.

Windisch ha gestito bene una gara non facile e influenzata dal vento al tiro, andando in progressione. Nel primo giro non ha forzato, ed è uscito senza errori dalla serie a terra, condizione perfetta per provare ad attaccare il podio nella seconda parte di gara. A partire dal secondo giro, ha cambiato marcia ed è entrato nell’ultima zona di tiro in piena corsa per la medaglia d’oro. L’errore sull’ultimo bersaglio, quello della sicurezza, ha dato quel brivido in più all’ultimo giro, in cui è stato costretto a rimontare sull’austriaco Julian Eberhard nell’ultimo chilometro e mezzo, in cui ha fatto la differenza rispetto alla concorrenza. Una volta sul traguardo, l’unico pericolo è arrivato da Martin Fourcade in rimonta, ma il francese proprio negli ultimi 2 chilometri non ha mantenuto la progressione che lo avrebbe portato ad un clamoroso podio nonostante tre giri di penalità nella serie a terra.

La medaglia d’oro è andata al tedesco Arnd Peiffer, perfetto al tiro e competitivo sugli sci stretti come gran parte della squadra tedesca, che ha ottenuto il secondo oro in due gare in questa specialità dopo il successo nella prova di ieri nella competizione femminile. Seconda medaglia anche per la Repubblica Ceca, argento con Michal Krcmar, a sua volta senza penalità sul groppone. Windisch, ovviamente ha chiuso terzo ed è stato il migliore tra gli atleti che hanno commesso un errore, con soli 7 decimi di secondo di vantaggio sull’austriaco Eberhard, quarto. Quinta posizione per il norvegese Erlend Bjoentegaard, staccato di una decina di secondi da Windisch con due errori commessi. Tanta Germania nei 10 con Benedikt Doll e Simon Schempprispettivamente in settima e ottava posizione, mentre Martin Fourcade e lo svizzero Wiestner hanno precedutoLukas Hofer, che ha chiuso la top 10 con due errori. L’azzurro ha confermato la buona condizione, pagando 31’’ dalla medaglia d’oro, che lo farà partire da una buona posizione nell’inseguimento. Peccato che in entrambi i poligoni abbia commesso l’errore proprio sull’ultimo bersaglio. Da qui, però, può trovare la solidità per attaccare nelle prossime gare. Tra i grandi favoriti della vigilia, disastro tra i big norvegesi, che hanno commesso troppi errori al tiro. 13o Tarjei Boe, 18o Emil Hegle Svendsen e addirittura 31o Johannes Boe con 4 errori commessi. 

Appaiati in 50esima e 51esima posizione Giuseppe Montello e Thomas Bormolini, entrambi con due penalità ma autori di una discreta prova sugli sci.

 
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Olimpiadi Invernali PyeongChang 2018, Arianna Fontana oro da portabandiera come Deborah Compagnoni!

Post n°14278 pubblicato il 13 Febbraio 2018 da Ladridicinema

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Arianna Fontana ha fatto la storia alle Olimpiadi Invernali di PyeongChang 2018. L’azzurra ha vinto il suo primo oro olimpico della carriera, alla quarta Olimpiade: si tratta del suo sesto alloro, raggiungendo in testa la cinese Wang Meng, altra atleta storica dello short track con ben quattro ori. Un primato che Arianna potrebbe superare, dal momento che si gioca chance importanti anche nelle sue prossime tre gare, 1000m, 1500m e soprattutto staffetta. Fontana è diventata anche la prima europea di sempre a vincere un oro olimpico nello short track.

I primati stabiliti dalla nativa di Sondrio non si fermano qui perché riguardano anche i confini nazionali. Fontana è diventata la prima portabandiera a vincere un oro dai tempi di Deborah Compagnoni, che guidò la spedizione azzurra nel 1994 a Lillehammer. Mai nessuno da allora c’era riuscito: la leggenda dello sci alpino azzurro guidò la delegazione azzurra quell’anno e trionfò in gigante (secondo di tre ori in tre edizioni diverse dei Giochi). Oggi, invece, è toccato ad Arianna. Un risultato dal valore inestimabile: il portabandiera viene infatti scelto per rappresentare lo sport italiano e per i suoi particolari meriti sportivi. Vincere con questo ruolo, quindi, con tutta la pressione che ne comporta, significa entrare ancor di più nella storia nazionale. Quello che oggi ha fatto Arianna, facendo esaltare i tifosi e gli appassionati a casa a seguire le sue gesta.

 

Fontana è stata la seconda portabandiera donna a vincere un oro, parlando ovviamente di Giochi Invernali. Non sono però le uniche perché a loro, in questa ristretta élite, si uniscono anche due uomini: Paul Hildgartner, oro in slittino a Sarajevo 1984, e Alberto Tomba, oro in gigante ad Albertville 1992 (e argento in slalom).

Non solo, allargando il conteggio ai portabandiera medagliati vanno inclusi allora anche Eugenio Monti, che nel 1964 ad Innsbruck vinse due bronzi nel bob a 2 e a 4 (trasformatisi in oro nell’edizione successiva) e Gustav Thoeni, che sempre nella città austriaca, ma nel 1976, fu argento. In tempi più recenti, invece, Isolde Kostner ebbe l’onore di essere la portabandiera a Salt Lake City 2002 mentre Armin Zoeggeler piazzò il suo slittino sul terzo gradino del podio a Sochi 2014.

 
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Sci di fondo, Federico Pellegrino non tradisce mai! Splendido argento del Cavaliere Azzurro nella sprint alle spalle di Klaebo!

Post n°14277 pubblicato il 13 Febbraio 2018 da Ladridicinema

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Federico Pellegrino è una sentenza. Quando conta per davvero, da campione sopraffino qual è, non tradisce mai! Il 27enne aostano ha conquistato un meraviglioso argento nella sprint in tecnica classica di sci di fondo alle Olimpiadi di PyeongChang 2018. Successo al grande favorito norvegese Johannes Hoesflot Klaebo, mentre il podio è stato completato dall’atleta della Russia Alexander Bolshunov.

Il portacolori del Bel Paese era arrivato in finale in assoluta scioltezza. Prima la vittoria nel quarto di finale, poi la seconda piazza in semifinale ad un soffio da Klaebo.

 

Nell’atto conclusivo, Bolshunov imponeva sin da subito un ritmo infernale. Klaebo rispondeva senza problemi, mentre l’italiano perdeva qualche metro. Sulla salita finale, con pendenze del 18%, Klaebo scappava via di potenza, mentre Pellegrino riagganciava il russo con agilità.

Il norvegese andava dunque a tagliare il traguardo in solitaria, mentre dietro Pellegrino precedeva Bolshunov di un soffio al termine di una volata avvincente.

Grazie a questo podio, il valdostano ha vinto almeno una medaglia in tutti i grandi eventi. Dopo l’oro iridato del 2017 nella sprint a tecnica libera, è arrivata ora la consacrazione a cinque cerchi. Se consideriamo anche i dieci successi in Coppa del Mondo, nonché la coppa di specialità vinta nel 2016, si comprende come Pellegrino possa considerarsi ormai come uno dei più grandi fondisti italiani di sempre. Per diventare il migliore in assoluto, manca solo l’oro olimpico. Ci proverà in tutti i modi nella team sprint a tecnica libera, dove cercherà di prendersi la rivincita nei confronti di Klaebo.

 
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La Meloni inciampa nelle foibe, per pura ignoranza DA CONTROPIANO

Post n°14276 pubblicato il 13 Febbraio 2018 da Ladridicinema

Questa foto è famosa, tra gli storici e non solo. Mostra un plotone italiano – fascista, perché il regime non era ancora caduto – che fucila alla schiena 5 civili sloveni. L’episodio è stato registrato e conservato negli archivi, mostrato decine di volte – nei decenni intercorsi da allora – per mostrare i crimini del fascismo nell’occupazione della Jugoslavia.

In particolare sull’attuale linea di confine con la Slovenia, nel Carso, i fascisti si abbandonarono ad ogni sorta di nefandezze sulla popolazione civile meritandosi il soprannome di “Italiani palikuca”, letteralmente “bruciatetti”. Non è difficile capire perché.

La pulizia etnica delle province slovene prima della guerra fu effettuata come sempre da stupri, fucilazioni (documentate dalle stesse milizie e dall’esercito, per dimostrare la propria “produttività”), infoibamenti. Come sempre accade, la ritirata di un paio di anni dopo fu segnata da vendette e inammissibili “restituzioni della gentilezza”.

Da decenni storici di grande valore, come Alessandra Kersevan e altri, hanno scavato nella storia delle foibe fino a ricostruire esattamente o quasi le diverse “ondate” – prima gli sloveni e jugoslavi, poi gli italiani – di morti e uccisioni.

Insomma, un vero cultore della tristissima materia “foibe” avrebbe a disposizione materiale a iosa per affinare le proprie conoscenze, o se non altro almeno le informazioni di base. Di tutta la documentazione questa foto è uno dei cimeli più noti, anche perché una delle poche prove fotografiche esistenti, al punto che – evento rarissimo – se ne conoscono persino i nomi: Franc Znidarsic, Janez Kranjc, Franc Skerbec, Feliks Znidarsic e Edvard Skerbec. L’pisodio è avvenuto aa Dane (oggi nel comune di Loska Dolina, alcune decine di chilometri a Sudest di Lubiana), il 31 luglio del 1942.

Già altri fascisti di seconda fascia avevano provato a rovesciare le parti, attribuendo la parte dei carnefici agli odiati “titini”, sventolando la stessa foto e incrementandone la notorietà.

Questa volta è toccato addirittura a una presunta leader del neofascismo nostrano, tale Giorgio Meloni, che ha inveito contro un sindaco che aveva dato il nulla osta a una iniziativa sul tema di carattere storico – non fascista, insomma: «A Orvieto l’amministrazione Pd è impazzita e ha concesso il patrocinio ad una iniziativa negazionista delle foibe. Il sindaco Giuseppe Germani abbia la decenza di dimettersi perché è indegno di ricoprire il suo ruolo e chieda scusa per questo indegno oltraggio al popolo italiano».

Ha fatto il suo comizietto twitter postando ancora una volta la stessa immagine. A dimostrazione del fatto che a lei, della vera storia delle foibe, non interessa sapere nulla. Le basta spremere qualche voto…


 
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DOPO CHAVEZ

Post n°14275 pubblicato il 13 Febbraio 2018 da Ladridicinema
 

L'immagine può contenere: una o più persone, cielo, spazio all'aperto e sMS
Geraldina Colotti
10 h · 

A tutte e a tutti, dal primo marzo sarà in libreria il mio nuovo libro sul Venezuela, dal titolo “Dopo Chávez. Come nascono le bandiere”, edito da Jaca Book come il precedente “Talpe a Caracas”. Le prime presentazioni le faremo a Bussoleno (il 23 febbraio ore 20.30 all'Osteria la Credenza con Nicoletta Dosio, candidata di Potere al Popolo) e il 25 febbraio ore 18 ad Asti, al Diavolo Rosso

Questa la quarta di copertina e i versi di Pablo Neruda, posti in esergo:

COME NASCONO LE BANDIERE
Finora son così le nostre bandiere.
Il popolo le ricamò col suo affetto,
ne cucì i pezzi con la sua sofferenza.
La stella vi piantò con mano ardente.
E tagliò, da camicia o firmamento,
l'azzurro per la stella della patria.
E il rosso già nasceva goccia a goccia

Geraldina Colotti

Come nascono le bandiere
224 pagine, 22.00 Euro

Dopo Chávez il diluvio? In molti lo avrebbero scommesso. 
Invece il Venezuela resiste. Il suo attuale presidente, l'ex autista del metro Nicolas Maduro, è riuscito a schivare assalti e bordate, e sta conducendo il paese verso nuove mete, avviandosi a concludere il mandato. Il socialismo bolivariano resta una sfida che tiene aperti gli orizzonti dell'America Latina. 
In che modo e per quali sentieri? Questo libro riprende e sviluppa i temi del precedente Talpe a Caracas, fornendo una chiave di lettura del proceso bolivariano, che interroga anche l'Europa a un secolo dalla Rivoluzione d'Ottobre.

Geraldina Colotti è nata a Ventimiglia e ha vissuto a lungo a Parigi. Ha scontato una condanna a 27 anni per la sua militanza nelle Brigate Rosse. Giornalista e scrittrice, esperta di America Latina, cura l'edizione italiana di «Le Monde Diplomatique». Ha pubblicato poesie, racconti, romanzi per ragazzi. Tra questi, Il Segreto (2003 e 2012); Certificato di esistenza in vita (2005); La guardia è stanca (2010); Oscar Romero, Beato fra i poveri (2015). Con Jaca Book ha pubblicato Talpe a Caracas (2012). Di Édouard Glissant ha tradotto dal francese Tutto-Mondo (2007) e, con Marie-José Hoyet, La Lezarde (2013).

 
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