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Messaggi del 27/02/2018
Post n°14324 pubblicato il 27 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Per i loro cinquant'anni di amore, Pietro e Alba decidono di organizzare una grande festa a Ischia, dove hanno passato gli anni più belli ed invitano tutti, non sapendo che in realtà in quel luogo si riuniranno famiglie sull'orlo di una crisi di nervi. Il mare grosso e un temporale improvviso, impediscono le partenze dei traghetti e costringono gli invitati a prolungare soggiorno, convivenza e agonia scatenando quello che era rimasto nascosto. L'ultimo film di Muccino, parla ancora una volta della famiglia, o meglio delle ipocrisie e delle contraddizioni che si nascondono dietro le famiglie "perfette". Perché la famiglia è il luogo da cui fuggi e da cui in qualche modo ritorni. Se in "Baciami Ancora" il rapporto familiare sembrava forzato, in quest'ultimo film "A Casa Tutti Bene", questo rapporto dovuto alla riunione per le nozze d'oro dei genitori, ha un risultato diverso. Sicuramente, come sempre, non verrà apprezzato dalla critica (qui si rimanda a molte battute di Padri e figlie sui critici), ma certamente dallo spettatore, grazie alla bravura dei suoi interpreti. Ed è proprio il cast di attori a salvare un film che altrimenti andrebbe alla deriva come i suoi protagonisti. A dispetto del titolo, chiaramente di "bene" c'è veramente poco, in quanto tutti i personaggi stanno male per qualcosa. Personaggi influenzati dalla sindrome di Peter Pan, che non pensano alle conseguenze che i loro gesti e comportamenti possano avere sui loro figli. La loro immaturità è l'elemento fondante del film. Non abbiamo, rispetto ad altri film di Muccino, la famiglia ricompattata, anzi. Non per niente l'unica famiglia, l'unica coppia che si rafforza da questa esperienza è quella dei personaggi interpretati da Claudia Gerini e Massimo Ghini, i quali probabilmente sono gli unici che veramente hanno veri problemi, legati alla malattia di lui. Gli altri rapporti sono forzati ed immaturi. Anche se l'isola non avrà nome, il film è stato girato ad Ischia, perché «serviva un'isola così: piena di angoli suggestivi e logisticamente pratica», spiega Muccino, che aggiunge che lì è nata la madre e quindi c'è un rapporto personale con questo luogo. Muccino non da alibi e non da colpe, gioca molto sui dettagli, sugli sguardi e sui ricordi ed è lì che il film fa sentire la sua forza in un film mucciniano per eccellenza che rivela sin dall'inizio il suo campo d'indagine e affida questa dichiarazione d'intenti alla frase d'apertura recitata dalla voce fuori campo di Accorsi: "Dicono che la famiglia sia il nostro punto di partenza, poi di fuga e alla fine diventi quello di ritorno" voto finale: 3+/5 A casa tutti bene è un film di genere commedia, drammatico del 2018, diretto da Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi e Carolina Crescentini. Uscita al cinema il 14 febbraio 2018. Durata 105 minuti. Distribuito da 01 Distribution. - DATA USCITA: 14 febbraio 2018
- GENERE: Commedia, Drammatico
- ANNO: 2018
- REGIA: Gabriele Muccino
- ATTORI: Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci, Tea Falco, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Gianfelice Imparato, Ivano Marescotti, Giulia Michelini, Sandra Milo, Giampaolo Morelli, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi, Christian Marconcini, Elena Minichiello, Renato Raimondi, Elena Rapisarda, Elisa Visari
- PAESE: Italia
- DURATA: 105 Min
- DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
TRAMA A CASA TUTTI BENE: Il nuovo film di Gabriele Muccino, A casa tutti bene è il ritratto di una grande famiglia riunita per festeggiare le Nozze d'Oro dei nonni. Sbarcati sull'isola dove la coppia di pensionati si è trasferita a vivere, figli e nipoti si ritrovano bloccati sull'isola a causa di un'improvvisa mareggiata che impedisce ai traghetti di raggiungere la costa. Il nutrito nucleo/cast composto tra gli altri da Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi e Carolina Crescentini, sarà costretto a fermarsi più a lungo del previsto sull'isoletta, sotto lo stesso opprimente tetto e in compagnia di numerosi parenti invadenti. Il confronto inevitabile farà riemergere antiche questioni in sospeso, riaccenderà conflitti e gelosie del passato, inquietudini e paure mai sopite. Ci sarà persino un colpo di fulmine, o forse è solo la tempesta che imperversa all'esterno.
Anche se L'estate addosso era già un film italiano, perché parlato nella nostra lingua e interpretato per metà da attori non statunitensi, A casa tutti bene segna il ritorno ufficiale di Gabriele Muccino in patria, tanto che lui stesso lo ha definito fin dal principio "il film del ritorno a Itaca", paragonandosi a un Ulisse, se non più anziano, comunque più saggio del personaggio nato dalla fantasia di Omero, un uomo pacificato che ha firmato un'opera personalissima incentrata innanzitutto sulla famiglia, una grande famiglia, in questo caso. PANORAMICA SU A CASA TUTTI BENE: L'azione di A casa tutti bene si svolge su un'isola immaginaria, luogo simbolico dal quale a volte è difficile fuggire e dove una tempesta trattiene più a lungo del previsto figli, nipoti, cognati e cugini riuniti da Alba e Pietro, che festeggiano le nozze d'oro. I personaggi sono dunque numerosi e ognuno è chiamato a fare i conti con il proprio passato, con gelosie mai sopite, rapporti irrisolti e imprevisti colpi di fulmine. In un simile tourbillon di confronti umani, i sentimenti la fanno dunque da padrone, collocando il film all'interno del genere melò - anche se Gabriele Muccino parla di "racconto epico" - e accostandolo inevitabilmente a L'ultimo bacio. Da quell'opera, A casa tutti bene "prende", oltre ai travolgenti movimenti di macchina parte del suo cast: Stefano Accorsi, Stefania Sandrelli, Pierfrancesco Favino e Sabrina Impacciatore, mentre sono alla loro prima esperienza con il regista romano Ivano Marescotti, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Carolina Crescentini, Gianfelice Imparato, Giampaolo Morelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi e Sandra Milo. Giulia Michielini, invece, era già stata diretta da Gabriele in Ricordati di me. Ognuno di loro - ha raccontato il regista - ha messo qualcosa di sé nella storia, che risulta la "summa" di diverse anime. Scritto insieme a Paolo Costella (che è uno degli sceneggiatori di Perfetti sconosciuti), A casa tutti bene - la cui canzone "tormentone" è Bella senz'anima (cantato anche dai personaggi a cominciare dal trailer) segna anche un altro ritorno: quello di Nicola Piovani al cinema. Il compositore, autore della colonna sonora del film, è alla sua prima collaborazione con il regista, cosa che non si può dire per il direttore della fotografia Shane Hurlbut, che ha illuminato Padri e figlie. Dal Trailer Ufficiale del Film A casa tutti bene: Paolo (Stefano Accorsi): Dicono che la famiglia sia il nostro punto di partenza, poi di fuga e alla fine diventi quello di ritorno
Ginevra (Carolina Crescentini): Per le loro nozze d'oro i miei ci hanno voluto riunire tutti, era stato organizzato per stare bene tutti insieme, come quando eravamo bambini
Carlo (Pierfrancesco Favino): Poi, però, lì ci siamo rimasti bloccati e scopri che chi ti sta più vicino non lo conosci per niente
Isabella (Elena Cucci): Ti vedono come la scheggia impazzita a casa Paolo: Non mi vedono da anni...non sanno niente di me
Sara (Sabrina Impacciatore): Come hai fatto tu a sopportare tutti i tradimenti di papà?
Carlo: A te questa cosa proprio non ti va giù, io voglio che siamo solo tutti felici, porca puttana!
Ginevra: Da quant'è che ci stai addosso? Come un avvoltoio! Carlo: Basta...per favore! Ginevra: Te lo dico io! Sono nove anni! Elettra (Valeria Solarino): Ma te sei una malata di mente, sei!
Pietro (Ivano Marescotti): Io sono cresciuto orfano, a me una famiglia mi sta sul cazzo!
Nipote (Elena Rapisarda): Giuro che il giorno dopo che faccio 18 anni scappo e non mi vedono più
Paolo: Vorrei una vita normale Alba (Stefania Sandrelli): Le vite normali non esistono IL CAST DI A CASA TUTTI BENE:
Post n°14323 pubblicato il 27 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Nel 1972 la corte suprema americana ricordò come nel primo emendamento della dichiarazione d'indipendenza i padri fondatori diedero "alla libera stampa la protezione che essa deve avere per realizzare il suo essenziale ruolo nella nostra democrazia. La stampa doveva servire i governati, non i governanti", perchè "Solo una stampa libera ed indomita può effettivamente svelare gli inganni del governo". Il film parla di uno dei più grandi scandali americani, ovvero le menzogne delle amministrazioni Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson e Nixon sul Vietnam. Nel 1971, furono divulgati dei documenti top secret del dipartimento della difesa americana sulla guerra vietnamita, detti dossier Mc Namara (Pentagon Papers), pubblicati prima sul New York Times e poi dopo che questi furono minacciati da un'ingiunzione della corte suprema, dal Washington Post e in seguito da tutti gli altri in solidarietà con i due giornali. A diffondere 7000 pagine di un rapporto sulla guerra, fu Daniel Ellsberg, economista e impiegato del Pentagono, che raccontò di come la presidenza Nixon coprì con il segreto di Stato la verità sulla guerra, mentre le presidenze Eisenhower e Kennedy sapevano che quella guerra non sarebbe mai stata vinta. In tutto questo e in mezzo a tutte queste bugie per una questione di orgoglio nazionale (in quanto non si poteva accettare la sconfitta) migliaia di giovani americani morivano in Vietnam. Le Operazioni in Laos cessarono due giorni dopo la pubblicazione dell’articolo sul New York Times. L’ultimo film di Steven Spielberg, il tanto atteso “The Post”, ci ricorda come dovrebbeessere il vero giornalista. Spielberg enfatizza che i singoli e le loro scelte sono fondamentali per i cambiamenti della società, e per permettere al popolo di agire di conseguenza. Non è un inno ai giornali, ma alla libertà di stampa, perchè in questi anni il pericolo e la minaccia ad essa, è peggiore che nel 1971. Con questo film esaltano tutto il processo che si nasconde dietro la pubblicazione di una prima pagina, e di un quotidiano tutto. Il coraggio di Ben Bradlee e del suo editore Katharine Graham, sono un punto di orgoglio e di coraggio. E' un film sulla forza delle donne, in quanto quella prima decisione alla guida del Washington post da parte della Graham, fu essenziale per ribadire l'importanza della verità sulla menzogna, qualunque conseguenza possa avere, anche sopra gli interessi di Stato. Lei era assolutamente convinta che il primo emendamento fosse fondamentale e che bisognasse rispettare i lettori e la loro intelligenza. La sua decisione diede il primo duro colpo all'amministrazione Nixon, travolto poi dallo scandalo Watergate poco dopo. Sfidare il potere di uno come Nixon. Rischiare tutto in nome della verità o accettare di mentire per non fare affondare la nave? La nostra coscienza cosa ne pensa? Sta qui la magia del film di Spielberg. “Phil diceva che una notizia è la prima bozza della Storia”. Katharine Graham (Meryl Streep) aspetta la fine del film per confidare a Ben Bradlee (Tom Hanks) una frase del marito, Phil, morto suicida anni prima, dal quale ereditò il comando del Post. Un film necessario e giusto, ma che non riguarda solo l'attuale amministrazione americana come qualcuno vuol far credere, ma tutte le amministrazioni americane (visto che lo scandalo fu bipartisan riguardando amministrazioni di entrambi gli schieramenti) e soprattutto la decadenza del giornalismo moderno asservito al potere e dedido alle fake news. Dubbi sul prossimo oscar come migliore attrice? The Post è un film di genere drammatico, thriller del 2017, diretto da Steven Spielberg, con Tom Hanks e Meryl Streep. Uscita al cinema il 01 febbraio 2018. Durata 118 minuti. Distribuito da 01 Distribution. TRAMA THE POST: Nella storia americana ci sono stati momenti cruciali nei quali i comuni cittadini hanno dovuto decidere se mettere a rischio tutto - livello di vita, reputazione, status, perfino la libertà - per fare quello che credevano fosse giusto e necessario per proteggere la Costituzione e difendere la libertà del loro paese. Diretto da Steven Spielberg, il thriller politico The Post racconta la storia dietro alla pubblicazione dei "Quaderni del Pentagono", avvenuta agli inizi degli anni settanta sul Washington Post. L'occultamento dei documenti top secret sulle strategie e i rapporti del governo degli Stati Uniti con il Vietnam tra gli anni quaranta e sessanta innesca una battaglia senza precedenti in nome della trasparenza e della libertà di stampa. In particolare, la pubblicazione dei cosiddetti Pentagon Papers diviene manifesto della ferma e decisa rivendicazione del diritto di cronaca e della libertà di informazione da parte di due figure molte diverse ma accomunate dal coraggio e da una forte etica professionale: l'editrice del giornale Kay Graham (Meryl Streep), prima donna alla guida della prestigiosa testata, e il duro e testardo direttore del giornale Ben Bradlee (Tom Hanks). I due metteranno a rischio la loro carriera e la loro stessa libertà nell'intento di portare pubblicamente alla luce ciò che quattro Presidenti hanno nascosto e insabbiato per anni. Nonostante i meschini tentativi del governo di contenere la fuga di informazioni riservate, i media diffondono la notizia schierandosi dalla parte dei cittadini. Oltre ai due protagonisti principali, il cast di The Post comprende Alison Brie, Carrie Coon, David Cross, Bruce Greenwood, Tracy Letts, Bob Odenkirk, Sarah Paulson, Jesse Plemons, Matthew Rhys, Michael Stuhlbarg, Bradley Whitford e Zach Woods. PANORAMICA SU THE POST: The Post è il quinto film di Steven Spielberg che veda tra i protagonisti Tom Hanks, che diventa così l'attore che ha lavorato più volte con Steven in ruoli differenti, dopo Salvate il soldato Ryan, Prova a prendermi, The Terminal e Il ponte delle spie. C'è un altro primato: Meryl Streep invece non aveva incredibilmente mai recitato in un film dell'autore, se non come voce di Blue Mecha nella versione originale di A. I.. Le musiche di The Post sono a cura di John Williams, che per limiti d'età non cura più ogni colonna sonoraspielberghiana (il contemporaneo Ready Player One è stato infatti affidato alle cure musicali di Alan Silvestri). Un lento passaggio di consegne sta avvenendo anche in sede di montaggio, dove il fedelissimo Michael Kahn per la prima volta qui accredita al suo fianco Sarah Broshar, sua assistente da oltre dieci anni, per la precisione da 10 cose di noi del 2006. Mai messa in discussione invece la presenza ormai ultraventennale di Janusz Kaminski alla direzione della fotografia, l'unico della squadra Spielberg storica a essere più giovane dell'autore (classe 1959 contro classe 1946). The Post rappresenta il debutto della sceneggiatrice Liz Hannah, classe 1985: il suo copione era stata inserito nell'ufficiosa Black List hollywoodiana delle migliori sceneggiature non prodotte, finché Spielberg non l'ha raccolto. Josh Singer, premio Oscar per Il caso Spotlight, è stato comunque chiamato a integrare il lavoro di Liz. CURIOSITÀ SU THE POST: Candidato a 2 Premi Oscar 2018: Miglior Film e Migliore attrice protagonista (Meryl Streep) 6 Nonimation ai Golden Globes 2018 Miglior film dell'anno secondo L'AFI (American Film Institute), il National Board of Review e New York Film Critics. FRASI CELEBRI: Ben Brandlee (Tom Hanks): Posso farti una domanda ipotetica? Kay Graham (Meryl Streep): Oh signore, non mi piacciono le domande ipotetiche Ben: Oh, non ti piacerà neanche quella vera! Kay: Ce li hai i documenti? Ben: Non ancora... Voce off: Questa falla nella sicurezza è devastante! Li hanno trafugati dal Pentagono, sono i documenti più riservati sulla guerra Ben: Il Times ha 7000 pagine che illustrano come la Casa Bianca abbia mentito sulla Guerra del Vietnam per trent'anni! Ben: Quanto hanno mentito?! Quei tempi devono finire Arthur Parsons (Fritz Beebe): Kay, li preoccupa che ci sia una donna al capo del giornale, che possa non avere fermezza per le decisioni difficili! Kay: Grazie Arthur per la tua franchezza! Hostess: Deve essere merce preziosa! Ben Bagdikian (Bob Odenkirk): Solo...segreti governativi! Murray Marder (Rick Holmes): Se li pubblichiamo, saremo alla Corte Suprema tra una settimana! Kay: Ovvero? Ben: Potremmo finire tutti in galera Tony Bradlee (Sarah Paulson): Prendere questa decisione, rischiare il suo patrimonio e l'azienda, che è stata tutta la sua vita...è un atto di grande coraggio! Murray Marder (Rick Holmes): Se il governo vince, il Washington Post non esisterà più! Ben: Se non li obblighiamo noi a darne conto, chi lo farà? Kay: Ma non li possiamo obbligare, se non abbiamo un giornale William Macomber (Cotter Smith): Nixon userà tutto il potere di un Presidente e se c'è un modo di distruggervi, quanto è vero Iddio lo troverà! Voce off: Che succede se non li pubblichiamo? Perderemo. Il paese perderà!
FOCUS SU THE POST:
Anche se The Post si concentra sulle pubblicazioni del Washington Post, fu il New York Times a cominciare nel 1971 la pubblicazione dei cosiddetti "Pentagon Papers", uno studio secretato del Pentagono sulla Guerra del Vietnam, dopo che l'ex-analista dell'esercito Daniel Ellsberg l'aveva di nascosto fotocopiato nel 1969. In buona sostanza dimostrava come le amministrazioni Kennedy e Johnson avessero nascosto all'opinione pubblica e al Congresso stesso il crescente coinvolgimento nella guerra e nella politica nella regione, tacendo anche la crescente certezza di non poterne uscirne vincitori. Nonostante Ellsberg avesse cercato in tutti i modi di portare alcuni suoi conoscenti senatori a discutere dei testi in sede istituzionale (dato che non sarebbero stati perseguibili, a differenza di lui), si decise poi a diffondere i testi su oltre 17 organi di stampa, tra i quali il Washington Post. Katharine Meyer Graham (1917-2001), al cinema appunto con il volto di Meryl Streep, era editrice del Post dal 1963, anno della morte del precedente editore, suo marito Philip Graham, morto suicida, che aveva a sua volta ricevuto l'incarico dal suocero, Eugene Meyer. La legava quindi al giornale una tradizione familiare, che non le rese comunque più semplice essere accettata, in particolar modo durante la pubblicazione dei Pentagon Papers. Successivamente tuttavia, sulla scia dell'evento storico che questa pubblicazione rappresentò, il Post e il New York Times furono coprotagonisti dell'onda anomala del Watergate, più o meno due anni dopo. Il personaggio interpretato da Hanks è invece Ben Bradlee(1921-2014), redattore capo dal 1968 al 1991, che in questa circostanza e nel Watergate sfidò il governo federale rifacendosi al Primo Emendamento della Costituzione. Fu lui durante il successivo Watergate a supervisionare il lavoro di Bob Woodward e Carl Bernstein, interpretati da Robert Redford e Dustin Hoffman in Tutti gli uomini del presidente (1976), dove Bradlee fu portato sullo schermo invece da Jason Robards. Segno di quanta maggiore attenzione ci sia oggi per i ruoli e i personaggi femminili, nel citato film il personaggio di Kay Graham non appariva affatto. IL CAST DI THE POST:
Post n°14322 pubblicato il 27 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Se è vero che la Storia non è fatta di 'se' e di 'ma' è altrettanto vero che una storia alternativa, divisa tra utopia e ucronia, può essere valido strumento per riflettere sul futuro, correggere le storture ed esaminare i disastri che non riusciamo a superare nel presente. di Gabriele Sabetta - 17 febbraio 2018 Cosa sarebbe successo se i Patti Lateranensi non fossero stati sottoscritti? E se la morte prematura di Benito Mussolini avesse portato alla guida del governo un Dino Grandi? E se invece fosse toccato a Galeazzo Ciano, ambizioso genero del Duce? E se quest’ultimo avesse dato avvio a una politica filo-americana, magari sposando una Rockefeller, pilotando il Paese verso un’economica liberal-capitalista? E se Filippo Tommaso Marinetti avesse scritto un fantasioso romanzo storico, consegnato direttamente al Duce, influenzando la sua politica? Nell’epoca in cui la nostra attenzione è incatenata all’attimo presente, osserviamo incoscienti le inebrianti fluttuazioni cui sono soggette le storie e gli eventi, a volte in modo del tutto fittizio ed irreale, nel tentativo – quasi sempre riuscito – di confondere lo spettatore ed impedirgli di maturare una propria, salda convinzione. E se iniziassimo ad inventare le narrazioni che più desideriamo, a scapito dei fatti genuini, stanchi del circo mediatico – facendoci beffe di giornali, TV e del sistema scolastico? Filippo Tommaso Marinetti Contemplare il passato porta inevitabilmente a riflettere sul futuro – un tempo che contiene le nostre speranze e le paure di ciò che potrebbe accadere; infatti, mentre non abbiamo alcun controllo sugli eventi trascorsi, il futuro sembra terreno fertile per congetture di ogni tipo. Le speculazioni sull’avvenire ci consentono di correggere le storture e di esaminare i disastri che non riusciamo a superare nel presente: lafinzione funge da rifugio finale e ideale. Il filosofo Charles Renouvier scelse la parola ucronia come titolo del suo romanzo del 1876, dalla radice greca, avente come significato senza tempo; stava seguendo il modello stabilito qualche secolo prima da sir Thomas More, la cui Utopia, termine di uguale derivazione, significa non-luogo. Se l’utopia, dunque, è un luogo che non esiste in questo mondo, l’ucronia è un tempo – inteso come concatenazione di eventi – mai accaduto; se l’utopia è posta nell’oltre-mondo, l’ucronia sviluppa una trama alternativa, considerando cosa sarebbe successo al mutare di determinati eventi-chiave. Tale speculazione, tuttavia, non deve ridursi a pura frivolezza, poiché il contrasto con ciò che realmente è accaduto può approfondire la nostra comprensione del momento attuale. Non si tratta di esercizi per intellettuali perditempo, è da rilevarne il notevole contenuto filosofico e pedagogico: nell’utopia, da Platone al Rinascimento, si disegna una città ideale come modello per la condotta virtuosa del cittadino nella sua vita concreta; nell’ucronia, si ricorda che la storia è il teatro del sempre possibile, a scapito di ogni “storicismo” paralizzante. Thomas More – Hans Holbein il Giovane (1527) La storia alternativa è un campo estremamente vasto. Alcuni tra giornalisti, studiosi e romanzieri, hanno provato a raccontare, in un volume intitolato Fantafascismi, curato da Gianfranco de Turris, appena pubblicato per Bietti, le differenti svolte che la storia d’Italia, fra il 1921 e il 1945, avrebbe potuto intraprendere se alcuni episodi (non) si fossero verificati ovvero se gli accadimenti avessero seguito un indirizzo diverso. Giacinto Reale, ad esempio, prova a rimescolare le carte in quel fatidico 28 ottobre 1922: mentre le colonne fasciste muovono alla volta della Capitale, per dare inizio alla storica “marcia”, Benito Mussolini attende a distanza, negli uffici del Popolo d’Italia a Milano, assieme al fratello Arnaldo, pronto a partire non appena la situazione volgerà in favore del movimento. Ad un certo punto, si vede costretto a scendere in strada per sedare un dissidio tra i suoi uomini e le guardie reali; ed è qui che la cronaca imbocca un’altra via: egli rimane coinvolto in una sparatoria, ferito gravemente; si decide, in segreto, dopo aver riportato il corpo all’interno dell’edificio, di trasportarlo in Svizzera, per operare la rimozione del proiettile; ma proprio mentre costeggia il lago di Como, nei pressi di Dongo, l’ambulanza si ribalta e Mussolini viene scaraventato fuori, morendo sul colpo. Allora, diffusasi la notizia, il re decide di firmare lo stato d’assedio e incaricare l’anziano Giovanni Giolitti per la formazione di un nuovo governo cui faranno parte anche esponenti fascisti, mentre – per ironia della sorte – la celebrazione del funerale di colui che sarebbe dovuto diventare il Duce del Fascismo avrà luogo in Milano a Piazzale Loreto. Suggestivo e visionario il racconto di Dalmazio Frau, con protagonista Armando Brasini, immaginato come architetto ufficiale del regime in luogo di Marcello Piacentini; la nuova Roma da lui disegnata, invece del freddo e monumentale stile del Piacentini, appare così fascinosa da far esclamare ad un giornalista venuto dall’America: Intuisco in un solo istante che ogni edificio, ogni piazza, ogni chiesa, ogni monumento, obelisco voluto da Armando Brasini altro non è se non uno dei magici punti sulla terra che servono a convogliare le influenze sottili che permeano il cosmo. Un’immensa, grandiosa magia che fa di Roma il Centro dell’Universo.
E ancora: quale svolta avrebbe avuto la politica italiana se il 9 giugno 1936, al posto di Galeazzo Ciano, ambizioso genero del Duce, fosse divenuto ministro degli affari esteri il conte Giovanni Capasso Torre di Caprara? Realizzato da Vito Tripi come favolosa raccolta di appunti tratti dal diario dello stesso ministro, di note provenienti dal Ministero della Cultura Popolare e di articoli pubblicati su giornali italiani ed esteri, il racconto delinea l’azione della nuova politica italiana la quale, dopo aver sostenuto lo sforzo dei franchisti nella guerra civile spagnola, riesce a portare un governo amico in Francia, poiché il presidente della Repubblica Albert Lebrun, nel timore che si potesse verificare una crisi come quella spagnola, scioglie le camere senza indire nuove elezioni, nominando un Comitato di Salute Pubblica con a capo l’eroe di Verdun, il maresciallo Philippe Petain. Assieme a queste due nazioni, e con il Portogallo, il Principato di Monaco, la Repubblica di San Marino, la Romania e la Bulgaria, la Grecia e l’Ungheria, il Duce si porrà a capo di una “Lega Latina” (poi “Lega Europea”) – alleanza sia difensiva che offensiva – la quale, con l’appoggio del Regno Unito di Gran Bretagna, affronterà la Germania nazionalsocialista, l’Unione Sovietica e la Jugoslavia, uscendo vincitrice dalla seconda guerra mondiale, con il regime fascista in trionfo per i decenni a venire. Galeazzo Ciano Scrivere storie alternative è come camminare sopra un filo sottile, mentre si è bendati, attraversando un uragano. Si tende a credere, a questo punto, che gran parte della storia sia contingente, che gli eventi e le narrazioni siano inclini a divergere, ma che – in ogni caso – un destino non manifesto farà da raccordo alla molteplicità delle ipotesi; perché ciò che rende buona la fantasia storica è quel senso di autenticità, la percezione che gli avvenimenti, dopotutto, siano radicati nella realtà e dunque, se le cose fossero andate diversamente in un punto critico, ciò che ne sarebbe conseguito avrebbe assunto il carattere di inevitabilità. Certo, la storia ha i suoi aspetti deterministici; ma le possibilità insite in molti frangenti screditano l’enfasi sul meccanicismo e sottolineano l’elemento del caso e la rivendicazione della libertà individuale, compromessa dai sistemi sia idealistici che positivistici.
Post n°14321 pubblicato il 27 Febbraio 2018 da Ladridicinema
In un paese colpito da una crisi decennale, dove le imprese sono dedite alla rapina dei fondi pubblici e all’aumento dello sfruttamento ma ciò nonostante non riescono a guadagnare quanto vorrebbero, le case, le città e i servizi pubblici essenziali diventano sempre più centrali nella corsa al profitto. Nonostante lo sbandierato tasso di nuclei proprietari, tra i più alti d’Europa, vediamo sempre più gente senza casa, sfrattata con la forza, costretta a pagare affitti senza controllo o ad occupare, mettendosi in una situazione di insicurezza e illegalità dovuti solo al bisogno. Vediamo inoltre città sempre meno a misura delle persone, dove i servizi vengono tagliati – trasporti -, peggiorano in qualità – igiene pubblica -, costano sempre più cari – acqua, elettricità, gas. Vediamo centri storici trasformati in vetrine, da cui i poveri e gli indesiderati vengono scacciati col DASPO, e periferie ghetto, private dei servizi essenziali, spesso preda del degrado e della criminalità organizzata. I servizi pubblici essenziali sono, ancora, il nuovo terreno di caccia per i profitti: acqua, elettricità e gas costano sempre di più e non sono garantiti, mentre la mobilità e i trasporti non rispondono più agli interessi delle classi popolari ma alle esigenze di guadagno delle grandi imprese. Noi crediamo che la casa, le città vivibili, la mobilità siano diritti fondamentali. Per questo lottiamo per: - un piano straordinario per la messa a disposizione di 1.000.000 di alloggi sociali in 10 anni, attraverso il prioritario riutilizzo del patrimonio esistente;
- l’introduzione di un’imposta fortemente progressiva sugli immobili sfitti, l’abolizione della cedolare secca e la possibilità per i sindaci di requisire lo sfitto in situazioni di emergenza abitativa;
- una politica di controllo degli affitti, stabilendo canoni rapportati alla rendita catastale;
- l’abolizione dell’articolo 5 della legge Lupi, che nega a chi occupa la possibilità di allacciarsi alle reti elettriche, idriche e del gas;
- un controllo delle tariffe per i servizi pubblici essenziali e la loro garanzia per tutte e tutti, in particolare per chi è in condizioni di disagio socio-economico;
- una moratoria sulla “morosità incolpevole”;
- un piano di riqualificazione delle periferie, in cui vivono 14 milioni di persone;
- un sistema di trasporto pubblico potenziato, e alla portata di tutti, con il contrasto ai processi di privatizzazione e la riaffermazione del carattere pubblico dei servizi e delle aziende, con particolare attenzione ai bisogni dei pendolari e al trasporto locale.
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45