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Messaggi del 25/10/2018

 

Successo per Cinecittà futura. E il pubblico chiede il bis nel 2019

Post n°14712 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Tutto esaurito per l'omaggio a Cinecittà futura alla Festa di Roma. Omaggio che si è concluso oggi con la proiezione di 8 1/2 al Cinema Hall. Dopo C'era una volta in America di Sergio Leone e Bellissima di Luchino Visconti, il leggendario film di Federico Fellini, che considerava Cinecittà e il Teatro 5 come la sua casa, faceva parte di un trittico come tributo ai teatri di posa e ai laboratori di postproduzione tornati, lo scorso anno, sotto il controllo pubblico, rendendo così Istituto Luce Cinecittà la più significativa realtà italiana che coniuga attività culturali di interesse generale (archivio storico, promozione del cinema italiano, distribuzione di opere prime e seconde, cineteca) e attività industriali degli storici stabilimenti fondati nel 1937. C'era una volta in America, Bellissima e 8 1/2 sono solo tre dei moltissimi film girati a Cinecittà nel corso dei decenni e l'iniziativa potrebbe avere un seguito l'anno prossimo, almeno così chiede il pubblico della Festa che ha molto applaudito le proiezioni. Leggi l'articolo su C'era una volta in America

 
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Simone Aleandri: “Nano, l’artista delle star”

Post n°14711 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

“Il cinema è stata la religione del ‘900 e noi eravamo come i pittori delle chiese” racconta Silvano Campeggi, in arte Nano, che nella sua vita ha disegnato oltre 3mila manifesti, viaggiando in tutto il mondo in compagnia di sua moglie Elena. L’ultimo grande illustratore del cinema, oggi un suo autoritratto si trova nella Galleria degli Uffizi, tra i maestri dell’arte italiana. Protagonista del documentario As Time Goes By di Simone Aleandri, presentato alla Festa di Roma (Riflessi), coprodotto e distribuito da Luce Cinecittà. Un film che racconta il maestro, scomparso lo scorso agosto, fino ai suoi ultimi mesi di lavoro. Un viaggio nella sua vita e nell’immaginario del ventesimo secolo, che ha attraversato con la matita in mano, lavorando incessantemente ogni giorno, fino a 95 anni.  

Dall’immediato dopoguerra agli Anni ’60, Campeggi ha disegnato i manifesti degli anni d’oro del cinema americano, di cui ha ritratto i grandi divi, motivo per cui è ricordato anche come “l’artista delle star”. Suo Casablanca, primo manifesto che illustra, seguito da Via col vento, Ben Hur, fino a West Side Story, ultimo lavoro realizzato per il cinema. Nei suoi disegni Nano Campeggi raccontava le star americane di quegli anni, divi dai volti perfetti, dal movimento giusto al momento giusto, esseri superiori a disposizione di un pubblico che li ammirava guardandoli dal basso verso l’alto. Diventò amico dei registi e degli attori, alle cui feste era sempre invitato e dove disegnava per divertirsi. Conobbe così le più importanti stelle dell’epoca, da Ava Gardner, a cui fa da accompagnatore per una sera, a Liz Taylor, a cui fa un ritratto che la colpisce tanto da spingerla a volere da quel momento solo lui per i suoi manifesti. Un personaggio straordinariamente attivo e pieno di passione. Ne parliamo con il regista Simone Aleandri.

Da dove nasce l’idea di un documentario su Campeggi, artista prolifico ma poco conosciuto fuori da Firenze, la città natale in cui viveva?
All’inizio non lo conoscevo, una mia amica frequentava Firenze e ha cominciato a parlarmi di questa persona straordinaria. Incuriosito l’ho incontrato, all’epoca aveva 93 anni, e ho conosciuto un uomo molto attivo, che in maniera compulsiva disegnava tutti i giorni. Ho deciso così di raccontare la sua storia fatta di vitalità e passione per il suo lavoro e per Firenze, città natale dove viveva in una sorta di casa atelier. È stato uno dei più grandi illustratori del cinema classico, che ha legato il suo nome agli anni d’oro del cinema americano, di cui ha ritratto i grandi divi ed è per questo ricordato anche come “l’artista delle star”.

A cosa si riferisce il titolo As Time Goes By?
È una citazione interna a Casablanca, esattamente è la canzone cantata dal personaggio di Sam, interpretato da Dooley Wilson. Casablanca è la prima locandina che Nano ha disegnato per le major americane, quindi è un omaggio agli inizi della sua carriera. Mi piaceva, però, anche qualcosa che si portasse dietro una considerazione sul tempo: Nano ha attraversato tutto il ‘900, ha vissuto tanto, il tempo è stato molto lungo e generoso con lui. All'inizio avevo pensato a Maestro, vuole che mi spogli?, la frase che Marilyn Monroe disse al loro primo incontro, sapendo che era arrivato un artista da Firenze per farle un ritratto. Uno dei tanti aneddoti raccontati nel documentario. 

Marilyn Monroe diventa per lui un’ossessione: continua a dipingerla più volte negli anni, disegnandola quasi in serie e a volte con gli occhi azzurri. 
Marilyn l’ha conosciuta personalmente a Los Angeles, dove era stato mandato in occasione dell’uscita de Il Principe e la ballerina perché la produzione voleva un ritratto dal vivo della diva. Qualcosa di diverso dal solito processo di lavorazione: abitualmente vedeva il film a Roma, in inglese, insieme ai responsabili della produzione lasciandosi suggestionare solo dalle immagini sullo schermo e portando con sé qualche foto di scena. Dopo quell’incontro Marilyn Monroe è diventata per lui un’ossessione che non l’ha più abbandonato, ha continuato a disegnarla fino alla fine, anche con tratti che nel tempo si sono modificati. 

Un’altra sua passione sono i cavalli di cui ferma ossessivamente il movimento e che disegna per la prima volta per Ben Hur, oggi uno dei manifesti più conosciuti.   
I cavalli nascono dall’esperienza, anche quella inusuale, che ha avuto per Ben Hur, girato a Cinecittà dove viene invitato mentre si girava la scena della corsa delle bighe. L’immagine dei quattro cavalli bianchi su fondo rosso che crea, diventa il manifesto di quella che viene raccontata come la Hollywood sul Tevere. Quei cavalli in primo piano erano qualcosa che andava contro gli stilemi dell’epoca, la major volevano valorizzare i divi, i grandi nomi su cui avevano investito. Ma il manifesto piace talmente che sarà quello realizzato ed esportato anche all’estero. Questa ossessione per i cavalli non l’ha mai abbandonato, ha continuato a dipingerli anche dopo che ha smesso di lavorare per il cinema.  

Campeggi disegnava nei suoi manifesti le star come esseri superiori a disposizione di un pubblico che li ammirava guardandoli dal basso verso l’alto. Un tipo di divismo che oggi è completamente scomparso. 
All’epoca il contesto storico era diverso, il cinema era evasione e portava le persone di quegli anni in contatto con qualcosa per loro inimmaginabile. I divi dovevano avere pose perfette, essere anche più belli di quanto fossero in realtà, divinità quasi irraggiungibili, che metteva al cento dell’immagine su un fondo di colore unico, spesso rosso, per farli meglio risaltare. Quei manifesti, che avevano una grandezza diversa da quella che siamo abituati a vedere oggi - arrivavano ad occupare fino a dodici fogli - servivano a coprire la tragedia della guerra che aveva lasciato l’Italia distrutta.

I primi anni del cinema e la storia d’Italia dell’epoca sono raccontatati attraverso l’uso di materiali dell’Archivio Luce. Ci racconta meglio questa scelta stilistica?
Nano ha attraversato il ‘900 e perciò ho voluto puntellare la narrazione di fatti storici che hanno a che fare con la crescita dell’artista e le sue vicende. A partire dalla Firenze in cui nasce negli Anni ‘20, un posto quasi onirico, una città che si muoveva ancora sulle carrozze. Sempre con i materiali d’Archivio, ho raccontato poi la liberazione della città da parte egli americani, immagini di repertorio molto belle e poco conosciute. Quello è il periodo in cui Nano inizia la sua carriera di ritrattista, disegnando i soldati che stavano nel convalescenziario a piazza San Marco. Così, sempre attraverso immagini storiche, ho raccontato il periodo in cui arriva a Roma e inizia a lavorare per le major, e l’alluvione di Firenze, che si portò via molte delle opere che aveva realizzato fino a quel momento. 

Peculiare la scelta della giovane voce narrante. 
Ho scelto di usare una voce giovane, perché Nano ha sempre detto del suo lavoro che è stato un gioco, un gioco serio come quello dei bambini. Mi piaceva che il racconto fosse sostenuto da una voce giovane, fresca, come poteva essere la sua quando disegnava le locandine all’epoca.

Il film evidenzia anche un rapporto profondo con la moglie, che sembra quasi uscito da un romanzo rosa. 
Nel film c’è la parte del Nano artista, ma l’unica intervista è quella alla moglie Elena: come spesso accade dietro a un grande uomo c’è una grande donna. Ho cercato una sovrapposizione tra il cinema di quegli anni e la loro storia d’amore che nasce quando Elena, ragazzina, lo vede sulle pagine di un fotoromanzo e fa di tutto per incontralo. Lei era ancora un’adolescente mentre lui già un artista, che inizia a farle una serie di ritratti.  Una storia molto intensa che dura più di sessanta anni, che si alimenta giorno dopo giorno, fatta di amore ma anche di passione e gelosia.

 
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Zen sul ghiaccio sottile ad Alice e in sala dall'8 novembre

Post n°14710 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Dopo gli applausi della sala e una positiva attenzione stampa all’ultima Biennale College Cinema della Mostra di Venezia, dove ha avuto la sua prima mondiale, arriva ora ad Alice nella Città, Zen sul ghiaccio sottile, l’opera prima della giovane regista (classe 1984) Margherita Ferri. Prodotto da Articolture e distribuito da Istituto Luce Cinecittà il film arriva a ridosso dell’uscita nelle sale italiane, da giovedì 8 novembre. Zen, già vincitore per il soggetto di una menzione speciale al Premio Solinas – Storie per il Cinema, è stato il film italiano sostenuto per il 2017/2018 da Biennale College Cinema, l’attività strategica della Fondazione Biennale di Venezia rivolta alla formazione di giovani film-maker di tutto il mondo. Un laboratorio di talenti da cui è partito il viaggio sullo schermo del film, che si prepara ora ad una serie di anteprime che lo porteranno, dopo Alice nella città, in altre piazze tra cui Milano, Bologna, Genova, Torino, con un programma che sarà presto diramato e preparerà all’uscita dell’8 novembre.

La presenza di Zen in due grandi luoghi di spettacolo e ricerca sul cinema giovane come Biennale College Cinema e Alice nella Città conferma la rilevanza di questo debutto, che porta con uno sguardo fresco, vivido e colorato un pugno di temi forti e sensibili: l’identità di genere, il bullismo e la discriminazione, la sessualità, la ricerca di un sé autentico. Il tutto con le armi di un film coming of age, i corpi di due attrici, Eleonora Conti e Susanna Acchiardi al debutto sullo schermo, il paesaggio attonito e poetico delle aree interne della profonda provincia italiana, tra le geometrie e i simbolismi di una pista da hockey. 

Maia, detta ZEN, è una sedicenne irrequieta e solitaria che vive in un piccolo paese dell'Appennino emiliano. È l'unica femmina della squadra di hockey locale e i suoi compagni non perdono occasione di bullizzarla per il suo essere maschiaccio. Quando Vanessa - l’intrigante e confusa fidanzata di un giocatore della squadra - scappa di casa e si nasconde nel rifugio della madre di Maia, tra le due nasce un legame e Maia riesce per la prima volta a confidare a qualcuno i dubbi sulla propria identità. Entrambe spinte dal bisogno di uscire dai ruoli che la piccola comunità le ha forzate a interpretare, Maia e Vanessa iniziano così un percorso alla ricerca della propria identità e sessualità, liquide e inquiete come solo l’adolescenza sa essere.

Margherita Ferri, formata all’UCLA di Los Angeles e poi al Centro Sperimentale di Cinematografia, dopo esperienze nel documentario televisivo e cinematografico a livello nazionale e internazionale, e dopo aver co-diretto la pluripremiata web-serie Status, approda al cinema di finzione con un racconto dal sapore fortemente autobiografico. Un racconto su un’amicizia, un viaggio rischioso di ricerca, di lotta, che invita a non scappare dalle crisi di identità, dalle incertezze, dalle domande pressanti del proprio intimo. In un paese e in un momento storico spesso frastornati da messaggi di sicurezza identitaria, e dove l’identità è una patente di sicurezza, la storia di due giovani adolescenti, perse in una provincia montanara, tra le ritualità di uno sport complicato e di una comunità che faticano a capire, non è una storia minoritaria. 

Nuova opera di una realtà giovane e molto dinamica come Articolture – alla ribalta internazionale lo scorso anno con Gli Asteroidi, opera prima di Germano Maccioni, unico film italiano in concorso al Festival di Locarno – nello stile della factory il film è concepito, prodotto e realizzato interamente in Emilia-Romagna, con una troupe quasi del tutto locale. Attorno alle protagoniste, un gruppo di adolescenti selezionati tra gli studenti delle scuole “della montagna” della Città Metropolitana di Bologna, a seguito di un laboratorio sui temi della discriminazione e del bullismo realizzato in collaborazione con il Gruppo Scuola e Formazione del Cassero e del Centro Risorse LGBT di Bologna. Insieme a loro, gli atleti di hockey dell’A.S.D. Polisportiva Fanano: una coralità che conferisce estremo realismo al film.

"Volevo fare un film - spiega Margherita Ferri - radicato nella comunità LGBT+ e nei nostri territori, ma con l’obiettivo di condurre il pubblico in quel cammino universale che porta alla scoperta di se stessi, negli anni inquieti dell’adolescenza’. 

 
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Sergio Leone per l’omaggio a Cinecittà futura

Post n°14709 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Prende il via con C'era una volta in America (1984) di Sergio Leone il tributo che la Festa di Roma dedica a Cinecittà Futura, dopo che anche i teatri di posa e i laboratori di postproduzione sono tornati, lo scorso anno, sotto il controllo pubblico, rendendo così Istituto Luce Cinecittà la più significativa realtà italiana che coniuga attività culturali di interesse generale (archivio storico, promozione del cinema italiano, distribuzione di opere prime e seconde, cineteca) alle attività industriali degli storici stabilimenti fondati nel 1937. Primo dei tre film girati a Cinecittà e presentati nell’omaggio che propone alcuni dei più prestigiosi titoli che hanno preso vita tra le sue mura, C'era una volta in America richiese nove mesi di riprese. Un lungo periodo in cui lo scenografo Carlo Simi ricostruì negli Studi sulla Tuscolana il Lower East Side, scenario delle scorribande della band di ragazzini capeggiati da Max e Noodles. “Sono felice di vedere la sala piena - sottolinea il Presidente e AD Luce Cinecittà Roberto Cicutto - Ho assistito alla genesi e al lungo lavoro di scrittura di questo straordinario capolavoro poiché ero amico di Solinas, un grande sceneggiatore che non ha partecipato direttamente alla sceneggiatura del film ma con cui si confrontavano in lunghe telefonate gli sceneggiatori. Il mio rapporto con Leone si è, poi, arricchito nell’anno in cui era presidente di giuria a Venezia quando ha vinto un film di cui ero produttore, La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi”. 

Gli altri due film inseriti nell’omaggio a Cinecittà che verranno presentato i prossimi giorni alla Festa, sono  di Federico Fellini, maestro del cinema la cui immagine è legata indissolubilmente a Cinecittà e al suo mitico Teatro 5, e Bellissima di Luchino Visconti, che mostra Cinecittà come fabbrica di sogni ma anche di illusioni e cocenti delusioni, in un ritratto grottesco e impietoso sui falsi miti del cinema. Entrambi i film sono di proprietà della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, un’istituzione con cui Luce Cinecittà è in stretta collaborazione da anni, come ricorda anche il presidente Felice Laudadio: “Anche il film che presenta domani Martin Scorsese nel suo incontro, San Michele aveva un gallo, è una copia restaurata da Luce Cinecittà e Cineteca Nazionale. Un lavoro di collaborazione che facciamo spesso insieme su opere che, se non restaurate, rischiano di scomparire”. 

 
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Muse e dei: sguardo femminile su Antonioni, Risi e Scola

Post n°14708 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Passa oggi alla Festa del Cinema il documentario Muse e dei di Gianfrancesco Lazotti, produzione Surf Film -Roma Tikkun Productions (Parigi), in associazione con Istituto Luce Cinecittà, in collaborazione con Stefano Libassi per la Movietime e distribuita da Luce Cinecittà stessa, che raccoglie sguardi su tre grandi maestri del nostro cinema, Risi, Scola e Antonioni, dal punto di vista delle muse che li hanno ispirati.

Tra le interpreti presenti nel film, con nuove interviste o materiale d'archivio, Ornella Muti, Alessandra Panaro, Catherine Spaak, Fanny Ardant, Isabella Ferrari, Giovanna Ralli, Stefania Sandrelli.

“Due ragioni mi hanno spinto a realizzarlo in questo modo – dice il regista – la prima è che sul cinema di questi autori è stato detto veramente di tutto. Ho pensato che la cosa più interessante fosse parlare di loro, più che del loro lavoro, che ormai tutti conoscono dato che si può trovare in ogni cineteca. La seconda ragione, per quanto riguarda specificamente lo sguardo femminile, è che le donne hanno una capacità particolare di cogliere elementi e sfumature che agli uomini sfuggono, e possono dire cose che un uomo non direbbe”. Se ne trovano, nel documentario, tanti esempi: “Giovanna Ralli – continua Lazotti – definisce Scola ‘un gran paravento’. Lo dice con una grande simpatia e si capisce quanto gli volesse bene, ma un uomo non lo avrebbe mai potuto dire parlando di un maestro come lui. Spaak definisce Risi un po’ vanitoso. E’ uno sguardo anche estetico se vogliamo, non è gossip. Detto da un uomo suonerebbe in maniera diversa, risulterebbe frivolo”.

Sul lavoro di ricerca e montaggio Lazotti specifica: “Naturalmente bisogna fare i conti con il mercato e con la realtà. Avrei voluto usare alcuni spezzoni che non ho potuto usare perché avevano costi esorbitanti, ma di contro ho avuto l’aiuto di Roberto Cicutto e dell’Istituto Luce che mi ha permesso di contare su un archivio immenso. Dino Risi dice di aver raccontato l’Italia del dopoguerra e del boom. C’è l’imbarazzo della scelta su quello che si può fare. Dunque ho privilegiato questo genere di contributi, con il fascino del bianco e nero, rispetto alle clip dei film che dopotutto conosciamo a memoria”. Il film fa parte di un progetto molto più ampio.

“A livello europeo – specifica l’autore – Oltralpe stanno realizzando tre documentari su Bunuel, Chabrol e, credo, Resnais. Ci auguriamo sia solo l’inizio. Di autori interessanti ce ne sono tantissimi. Naturalmente c’è il problema del tempo che passa. Ad esempio per Antonioni non abbiamo potuto usare Lucia Bosè né Monica Vitti – presente comunque con interviste d’archivio – abbiamo scelto altre donne autorevoli che non fossero attrici, come Caterina D’Amico, che lo conosceva per la collaborazione con lui di sua madre. Se dovessi fare De Sica potrei chiedere alla Loren, sto spingendo per poterlo fare. Ho coinvolto Fanny Ardant, che anche se non mi ha concesso un’intervista ha comunque realizzato un piccolo contributo. Avendo lavorato personalmente con Risi e Scola forse la scoperta maggiore per me è stata Antonioni, che conoscevo solo tramite il suo cinema. Lo si immagine sempre serio ma invece gli piaceva ridere e scherzare. Catherine Spaak mi ha datto che secondo lei Risi nascondeva un mistero. Non lo avrei pensato ma se lei, donna giovanissima ai tempi, lo ha notato allora va preso in considerazione. Questi sono i sensori delle donne che rivelano sguardi inediti”.

 
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Foa: «Eurodeputati Pd finanziati da Soros». Bufera sul presidente Rai da ilsole24ore

Post n°14707 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

«Un enorme numero» di parlamentari Ue, inclusa «l’intera delegazione del Pd» sono finanziati dal miliardario ungherese George Soros. Lo ha detto il presidente della Rai, Marcello Foa, in un’intervista al quotidiano liberal israeliano Haaretz rilasciata durante il suo viaggio a Tel Aviv, nella quale cita un rapporto della Open Society, la fondazione creata dal magnate ungherese.

Una dichiarazione che ha scatenato la bufera sul numero uno della Rai,con gli europarlamentari dem che annunciano querele, giudicando «gravissime» le parole del presidente.«Contro di me accuse strumentali, è evidente l’intento politico» ha replicato Foa.

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«Accuse gravissime, si dimetta»
Unanime la protesta dei dem contro le parole del numero uno di Viale Mazzini. A cominciare dal vicepresidente del parlamento Ue (ed ex giornalista Rai), David Sassoli che dice: «Non avrei mai immaginato di dover querelare e chiedere i danni al presidente della Rai», Foa «dovrà dimostrare quello che ha sostenuto, privo di fondamento, in Tribunale davanti a un giudice». Il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci, afferma che l’elezione di Foa «è illegittima», «da mesi ripetiamo che il profilo di Foa alla Rai non è quello giusto, a ogni sua uscita pubblica ne abbiamo una disarmante conferma».«Foa parla come portavoce del governo»

Critiche anche dal dem Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai, secondo il quale Foa «parla come un esponente politico, addirittura come un portavoce del governo Salvini-Di Maio e attacca anche un partito di opposizione, il Pd, inventando balle». Il vicepresidente della Vigilanza, Francesco Verducci, accusa anche Foa di aver usato nell’intervista «toni xenofobi contro migranti e 'minoranze'», mentre l’eurodeputata Pd, Isabella De Monte, annuncia: Querelerò il presidente Rai Foa per le sue dichiarazioni false».

Foa: «Contro di me accuse strumentali»

«Chi mi accusa di razzismo e di xenofobia forse farebbe meglio a leggere tutto il testo del lungo colloquio avuto con Haaretz invece di affidarsi a sintesi di agenzia» ha replicato Foa in un post pubblicato su Facebook, nel quale rimanda al rapporto citato nel colloquio con il quotidiano israeliano. «Nell’intervista ho dichiarato esattamente l’opposto e ho preso nettamente le distanze da ogni forma di razzismo e di estremismo» aggiunge Foa, sottolineando che «sono dunque accuse strumentali il cui intento politico è evidente».

«Quanto alla vicinanza di alcuni esponenti politici italiani alla Open Society di Soros - scrive ancora Foa - non sono io a dirlo ma la stessa Open Society in un suo rapporto interno che, chi vuole, può leggere qui: https://legacy.gscdn.nl/archiv…/images/soroskooptbrussel.pdf.» «Naturalmente essere considerati vicini, come scriveva quel rapporto, è cosa ben diversa dall’essere finanziati», conclude.

 
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LETTURE/ Renato Zero, un romanzo-biografia che svela il mistero dell’arte da il sussidiario.net

Post n°14706 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Esce un nuovo libro dedicato a Renato Zero, ma non è l'ennesima biografia o disanima solo musicale. E' quasi un romanzo che ci porta al cuore dell'arte. PAOLO VITES

Renato ZeroRenato Zero

“Moltiplicando un numero per zero il risultato è sempre zero, dividendo un numero per zero il risultato è infinito. Dunque lo zero è l’alfa o l’omega, il principio o la fine. Riconoscersi uno zero è la cosa più ragionevole che possiamo fare nella misura in cui nel cuore di questo zero zampilli drammatico, urgente, fiducioso e gioioso il grido “Salvami!””. 

Sebbene Renato Fiacchini abbia scelto il nome d’arte “Renato Zero” in modo ironico, perché a inizio carriera tutti o quasi, imprenditori o discografici, continuavano a ripetergli che era dal punto di vista artistico “uno zero”, le  parole di Elio Berti e Luisa Vassallo, autori del nuovo libro dedicato all’artista romano (“Arrivo a Zero, sulle tracce di Renato”; Edizioni Ancora; 164 pag.; 16 euro) spiegano benissimo la ricchezza umana e spirituale di questo artista. 

Il libro non è l’ennesima biografia o l’indagine pseudo sociologica di cui abbandonano le librerie, ma è un progetto originalissimo e geniale. Soprattutto è scritto con un grande cuore. E’ quasi un romanzo. Gli autori immaginano una donna (pensiamo sia l’autrice Luisa Vassallo) che trova casualmente su un aereo un piccolo diario dalla copertina arancione; non trovando il proprietario, lei lo porta via quasi senza accorgersene di farlo. Ma quando lo apre rimane incollata a quelle pagine, che cambieranno la sua percezione della musica, dell’arte della canzone e soprattutto, da neofita, la introdurranno in quel grande “carrozzone” che è la vita di Renato Zero. 

Un artista sebbene di successo straordinario con dozzine di milioni di copie di dischi vendute e tournée sempre tutto esaurito, che è però rimasto nell’immaginario pubblico come una sorta di clown, non per capirsi uno di quei cantautori “seriosi” e impegnati di cui è piena la canzone italiana. Ma lui è proprio questo, il protagonista di un circo immaginario, ricco di maschere, trucchi e anche di una visione drammatica della vita. Il fatto di aver cominciato, nei primissimi anni 70, proponendosi come una sorta di David Bowie nostrano, una sorta di transessuale che si vestiva da donna, il primo portavoce della rivoluzione bisex in Italia, lasciò moltissimi perplessi, in una decade impregnata di impegno politico.

Ma scavando come fa l’autore del misterioso diario, a poco a poco si scopre che c’è molto di più: “Era la ricerca dell’identità che giustifica errori, malintesi, contrattempi. La trasgressione è la timidezza che si maschera. E’ la valvola di sfogo della disperazione, che ti evita il manicomio, la casa di recupero” dice Zero di  sé. Si scopre una corrispondenza che va al di là della musica e non è un caso che nasca una esperienza straordinaria, quella dei “sorcini”, il popolo di fan che lo segue concerto per concerto e generazione dopo generazione, fino al sogno di una città, Zerolandia, una sorta di comune che però rimarrà un sogno. 

Renato Zero arriverà così anche in Vaticano, con una canzone che si intitola La vita è un dono: “Combatte ognuno come è capace, chi cerca nel suo cuore non si sbaglia (…) Ogni emozione ogni cosa è grazia”. 

Il libro contiene poi una biografia dettagliata, anno per anno; una disanima approfondita delle sue tecniche teatrali e dell’uso del corpo; i costumi e le scenografie; le testimonianze di diversi sorcini.

Un libro affascinante e bello da leggere anche se non si è fan sfegatati di Renato Zero, perché contiene riflessioni pregnanti sul senso di Mistero che abita tutto il mondo dell’espressione artistica, e che oggi quasi nessuno sa più riconoscere: “Albert Camus scriveva: se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe più”, citano gli autori come monito che vale per tutti.

 
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L’errore di Report sugli striscioni inneggianti “Superga” all’Allianz: ecco come è andata da spaziojuve

Post n°14705 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Report ieri ha lanciato un servizio riguardante la Juventus. C’è stato, però, un grave errore sulla presunta cooperazione tra Alessandro D’Angelo e gli ultras bianconeri. In particolare il manager della Vecchia Signora avrebbe aiutato, secondo l’inchiesta,  gli stessi ultras nel far entrare degli striscioni inneggianti la tragedia di Superga allo stadio.

Gli striscioni in questione, però, furono portati da tre ultras, i quali grazie all’aiuto della Juventus stessa, che collaborò con la Digos fornendo le immagini, furono daspati. Gli striscioni di cui si parla nel servizio, invece, che avrebbe dovuto portare dentro D’Angelo, sono altri e alla fine non entrarono nemmeno nell’allora Stadium.

 
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"Eurodeputati Pd finanziati da Soros": bufera sul presidente della Rai Foa da sputnik

Post n°14704 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Un "numero enorme" di eurodeputati, compresa "l’intera delegazione" del Partito Democratico, "ha ricevuto finanziamenti dal miliardario George Soros".

Lo riportano i media italiani con riferimento ad un'intervista del nuovo presidente della Rai al giornale israeliano Haaretz. Foa ha sostenuto questa tesi riferendosi ad un rapporto.

Il portavoce del Partito Democratico Roberto Cuillo smentisce categoricamente le accuse e ritiene che Foa si riferisca ad un rapporto di una società di consulenza che aveva redatto una lista di eurodeputati con posizioni ritenute vicine al magnate americano. 

Secondo Foa gli attacchi contro Soros, oggetto di critiche anche da parte del presidente americano Donald Trump e dal premier ungherese Viktor Orban, non possono essere considerati antisemiti perché si basano esclusivamente sulle sue azioni.

"Se fosse attaccato in quanto ebreo sarebbe antisemitismo, ma non è quello che accade e ritengo sia offensivo usare l’antisemitismo come alibi per soffocare questo dibattito", ha dichiarato testualmente Foa al giornale israeliano. 

Non è mancata la reazione degli eurodeputati del Pd, che hanno accusato Foa di diffamazione ed hanno paventato querele in sede civile e penale.  

A sua volta il presidente della Rai ha reagito alle polemiche:

"Leggo dalle agenzie di nuove polemiche. Chi mi accusa di razzismo e di xenofobia forse farebbe meglio a leggere tutto il testo della lunga conversazione che ho avuto con Haaretz", ha ribattuto Foa su Facebook. "Nell’intervista ho dichiarato esattamente l’opposto ed ho preso nettamente le distanze da ogni forma di razzismo e di estremismo. Sono dunque accuse strumentali il cui intento politico è evidente".  

"Quanto alla vicinanza di alcuni esponenti politici italiani alla Open Society di Soros non sono io a dirlo ma la stessa Open Society in un suo rapporto interno che, chi vuole, può leggere qui (link riportato dallo stesso Foa) e su tutto ciò non ho nulla da aggiungere", ha aggiunto Foa.  

 
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Sogno di una notte di mezza età

Post n°14703 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Amoureux de ma femme

 

Sogno di una notte di mezza età è un film di genere commedia del 2018, diretto da Daniel Auteuil, con Daniel Auteuil e Gérard Depardieu. Uscita al cinema il 18 ottobre 2018. Durata 94 minuti. Distribuito da Eagle Pictures.

Poster

Sogno di una notte di mezza età, segue la storia di Daniel (Daniel Auteuil) e del suo migliore amico Patrick (Gérard Depardieu). Daniel è molto innamorato di sua moglie ma è anche noto per la sua fervida immaginazione. Spesso si ritrova a dover gestire Patrick, presenza a volte fin troppo ingombrante. Quando quest'ultimo insiste per organizzare una cena "tra coppie" con l'obiettivo di presentargli la sua nuova fidanzata, Daniel suo malgrado si ritrova "spiazzato" tra la moglie e le sue fantasie nei confronti della giovane e sensuale ragazza dell'amico.E3F


Tratto dalla pièce teatrale di Florian Zeller "A testa in giù".

FRASI CELEBRI:

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Patrick (Gérard Depardieu): Daniel!
Daniel (Daniel Auteuil): Oh Patrick! Potremmo cenare insieme...
Patrick: Con piacere, così potrò finalmente presentarvi Emma!

Isabelle (Sandrine Kiberlain): Non mi starai mica dicendo che verrà a cena da noi con la sua nuova compagna?
Daniel: No, non dico che...
Isabelle: Sei impazzito, dopo che quel bastardo ha lasciato la mia migliore amica senza nessun rimorso?!

Isabelle: Non capisco come abbia potuto lasciare Laurence, una donna straordinaria, per una cozza di venticinque anni!
Daniel: Eh beh insomma, avercene di cozze così!
Isabelle: Scusa, che cosa hai detto?
Daniel: Io...
Isabelle: Che cosa hai detto?
Daniel: Niente!

Emma (Adriana Ugarte): Non smette mai!
Daniel: Come?
Emma: Non smette mai di parlare di voi

Emma: Sono terribilmente golosa!
Daniel: Ah, è golosa lei?
Emma: Terribilmente
Daniel: Apra la bocca
Patrick: Che ci faccio con la bottiglia?
Daniel: Aah! Oh merda!

Emma: Nascondiamoci da qualche parte, la vita è una!

Daniel: Una vita senza regole, senza responsabilità, solo puro divertimento...sembrava un sogno!

Patrick: È una ragazza fantastica, vero?
Daniel: Eh sì, deve essere una bella botta di vita!
Patrick: Non puoi immaginare quanto!
Daniel: Sì sì, invece, me lo posso immaginare molto bene!

 


 
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Fahrenheit 11/9

Post n°14702 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Fahrenheit 11/9 è un film di genere documentario del 2018, diretto da Michael Moore. Uscita al cinema il 22 ottobre 2018. Durata 128 minuti. Distribuito da Lucky Red.

Poster

Dopo Fahrenheit 9/11, il vincitore della Palma d’Oro Michael Moore sposta la sua attenzione su un'altra significativa data, il 9 novembre 2016, giorno in cui Donald Trump è stato eletto 45esimo Presidente degli Stati Uniti. Fahrenheit 11/9, l'ultimo documentario di Michael Moore è un affresco liberale e anti-conservatore che non prende di mira solo l'amministrazione degli Stati Uniti, ma anche le politiche dei Democratici e dei Repubblicani che hanno portato all'attuale situazione politica.

Presentato nella Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2018.


 
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Uno di famiglia

Post n°14701 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Uno di Famiglia è un film di genere commedia del 2018, diretto da Alessio Maria Federici, con Pietro Sermonti e Lucia Ocone. Uscita al cinema il 25 ottobre 2018. Durata 97 minuti. Distribuito da Warner Bros..

Poster

Uno di Famiglia, il film diretto da Alessio Maria Federici, vede protagonista Luca(Pietro Sermonti), un quarantatreenne mite e sornione, che sbarca il lunario insegnando dizione.
Un giorno, per caso, salva la vita al suo allievo Mario (Moisè Curia), un giovane desideroso di fare l'attore a cui va corretta l'inflessione dialettale.
Ad insaputa di Luca però, il ragazzo è il rampollo di una potente famiglia malavitosa calabrese: i Serranò, ora in debito con lui!
Come un fulmine a ciel sereno nella sua vita e in quella della fidanzata Regina(Sarah Felberbaum), irrompono la spietata Zia Angela detta "Della Morte" (Lucia Ocone) ed il capo "fammigghia" Peppino Serranò (Nino Frassica), l'uomo a cui nessuno può dire di no! Fraintendimenti e avvenimenti tragicomici si susseguiranno nella storia coinvolgendo amici, conoscenti e nemici di Luca, ognuno a suo modo se la vedrà con i vari componenti del colorito nucleo malavitoso, perché non sempre è un vantaggio essere "Uno di famiglia".


 

Uno di Famiglia è il sesto lungometraggio di finzione di Alessio Maria Federici, che ha esordito con il mediometraggio Dove dormono gli aeroplani dopo aver fatto l'aiuto regista per Piovono Mucche, Eccomi qua e Nessun messaggio in segreteria.
Il suo primo lungometraggio è invece Lezioni di cioccolato 2, interpretato da un Luca Argentero diretto anche in Fratelli unici e che è uno dei suoi quattro "attori-feticcio" insieme ad Enrico Brignano (protagonista di Tutte lo vogliono e Stai lontana da me), Ambra Angiolini (voluta per Stai lontana da me e Terapia di coppia per amanti) e Pietro Sermonti (interprete principale maschile di Terapia di coppia per amanti e, appunto, di Uno di famiglia).

In questo nuovo film Sermonti - che è diventato famoso soprattutto grazie alla serie tv Boris e a Boris - Il film, nonché alla trilogia di Smetto quando voglio -interpreta un personaggio che con l'antropologo dei film di Sydney Sibilia ha in comune la capacità di "parlare bene", visto che è un insegnante di dizione, e anche una certa rassegnazione. Forse però Luca Sallustro è più passivo e debole di Andrea De Sanctis, dal momento che diventa, come dice il regista, il chihuahua, se non addirittura il mouse, di Angela Serranò detta "Angela della morte", una dei componenti della famiglia malavitosa "comandata" dal Peppino di Nino Frassica, l'uomo al quale nessuno può dire di no.
La temibile e aggressiva donna, che padroneggia perfettamente l'accento calabrese, ha il volto di Lucia Ocone, che ricordiamo in Poveri ma ricchi, Poveri ma ricchissimi e Metti la nonna in freezer.
L'attrice si è divertita a impersonare una ragazza cresciuta che ha la sicumera del "tutto mi è dovuto" ed è seduttiva dalla testa ai piedi (in altre parole possiede la cosiddetta "miaoetudine", da "miao", il verso del gatto), ma con cui dice di non avere proprio nulla in comune, dato che Lucia "è come Pinocchio", nel senso che è un pezzo di legno con l'altro sesso. Per questa ragione, mentre recitava, la Ocone a volte "si dava fastidio da sola". Sermonti, invece, che è stato scelto dal regista "per gioia" e per "pigrizia", data la lunga frequentazione reciproca, si è sentito molto vicino a Sallustro, con il quale condivide una certa serietà. La differenza è che Sallustro, tipico pavido dei nostri tempi, desiderava fare l’attore ed è finito a correggere i difetti di pronuncia delle persone, mentre Pietro sarebbe voluto diventare calciatore, professore di storia, diplomatico o sindacalista, ma poi ha volentieri "ripiegato" sulla recitazione.

Uno di famiglia è certamente un film che fa molto ridere, ma ha comunque un coté amaro, perché riflette sulla vita "facile" di chi ha potere e ricchezza e sulla debolezza di quanti, al contrario, sono costretti a scendere a compromessi per mancanza di mezzi o che, entrando a far parte di una famiglia nuova, perdono il contatto con la propria. La comicità è affidata un po' a tutti, ma la parte del leone la fanno Frassica e la Ocone, oltre a Neri Marcoré che si sembra sia irresistibile nel piccolissimo ruolo di un paralitico. Chiudono il cast la bella Sarah Felberbaum nella parte della fidanzata del personaggio di Sermonti e il giovane Moisé Curia, che impersona Mario, il figlio di Peppino Serranò.IL CAST DI UNO DI FAMIGLIA:


 
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La donna dello scrittore

Post n°14700 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Transit

 

La donna dello scrittore è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Christian Petzold, con Franz Rogowski e Paula Beer. Uscita al cinema il 25 ottobre 2018. Durata 101 minuti. Distribuito da Academy Two.

Poster

La donna dello scrittore, il film diretto da Christian Petzold, trascina lo spettatore in un labirinto di suggestioni, di piani narrativi, di connessioni tra lo scenario della Seconda guerra mondiale e il panorama politico attuale. Georg (Franz Rogowski), in fuga dalla Germania nazista attraverso la Francia occupata, si rifugia a Marsiglia. E' in possesso dei documenti di uno scrittore tedesco che si è tolto la vita, di cui assume l'identità nel tentativo di procurarsi un visto per fuggire oltreoceano. Ma il destino lo porta ad incontrare Marie (Paula Beer), moglie delle scrittore, che ignora la fine del marito e continua a cercalo. Georg si innamora della donna, ma nei giorni concitati che precedono la partenza, fino a che punto potrà spingersi per tenere nascosta la sua doppia identità?


Il film in Concorso alla Berlinale 2018.
Tratto dall'omonimo romanzo di Anna Seghers.

IL CAST DI LA DONNA DELLO SCRITTORE:

 
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Euforia

Post n°14699 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Euforia è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Valeria Golino, con Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea. Uscita al cinema il 25 ottobre 2018. Durata 115 minuti. Distribuito da 01 Distribution.

Poster

Dopo Miele, Valeria Golino torna dietro la macchina da presa per girare Euforia.
Il titolo è stato scelto dalla Golino in riferimento a quella sensazione tanto potente quando pericolosa che coglie i subacquei quando si trovano a grandi profondità: si sentono pienamente liberi e felici. In realtà, è un campanello di allarme: indica il momento in cui devono risalire immediatamente, prima che sia troppo tardi e rimangano persi per sempre nelle profondità del mare.
Ma i due protagonisti del film ignorano questo segnale e, in qualche modo, decidono di perdersi. Matteo (Riccardo Scamarcio) è un giovane imprenditore di successo, spregiudicato, affascinante e dinamico. Osserva il mondo dall'alto del suo attico e dalla sicurezza del suo narcisismo. A lui interessa solo distrarsi, in ogni modo: denaro, droga, sesso, culto del proprio corpo.
Suo fratello Ettore (Valerio Mastandrea) vive ancora nella piccola città di provincia dove entrambi sono nati e insegna alle scuole medie. È un uomo cauto, integro, che per paura di sbagliare si è sempre tenuto un passo indietro, nell'ombra, e ha nascosto i suoi fallimenti personali e la sua insoddisfazione dietro una maschera di disillusione e sarcasmo. In realtà, si comporta così perché non ha il coraggio di affrontare la vita per ciò che è. Due persone all'apparenza lontanissime, che la vita costringerà a riavvicinarsi.
Nel momento in cui Matteo scopre che il fratello è malato, decide di tenerlo all'oscuro della verità. Ettore, d'altra parte, crede al fratello e si abbandona completamente a lui, facendosi influenzare dalla sua superbia: piano piano si convince di poter controllare e vincere ogni cosa. Ma è solo un'illusione: non c'è via di scampo da quelli che sono limiti umani, come la caducità, la fragilità e lo scorrere inesorabile del tempo. Questa situazione difficile diventa per i due fratelli un'occasione per conoscersi e scoprirsi, in un vortice di fragilità e tenerezza, paura ed euforia.

In concorso al Festival di Cannes 2018 nella sezione Un certain regard

FRASI CELEBRI:

 

Dal Trailer del Film:

Matteo (Riccardo Scamarcio): Hi brother! Ammazza, quanto sei americano, oh!
Ettore (Valerio Mastandrea): Riattacca la spina che devo fini'!

Voce off: Non c'hai mai parlato con tuo fratello di 'sta storia?
Matteo: No, a me non m'ha mai detto niente. Io e lui non abbiamo mai parlato

Ettore: Non ti devi preoccupare delle cose mie. Mi ospiti qua, grazie, basta così!

Matteo: Non hai mai fatto un cazzo nella tua vita, non hai mai rischiato, perché sei un vigliacco!

Ettore: Perché me tieni qua, te? Per chi lo fai? Per te, per mamma, per chi lo fai? Ancora te devi fa perdona' il fatto de esse' frocio?
Matteo: Che stronzo che sei!

Matteo: Parla ancora di te, dice che ha sbagliato, che ti ama ancora
Elena (Jasmine Trica): Mi stai chiedendo di rivederlo?

 


 
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Klimt & Schiele. Eros e psiche

Post n°14698 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

è un film di genere documentario del 2018, diretto da Michele Mally, con Lorenzo Richelmy. Uscita al cinema il 22 ottobre 2018. Distribuito da Nexo Digital.

Poster

1918. Mentre i boati della prima guerra mondiale si vanno spegnendo, a Vienna, nel cuore della Mitteleuropa, un’epoca dorata è ormai al tramonto. L’impero austro-ungarico comincia a disgregarsi. E' il 31 ottobre. Quella notte, nel letto della sua casa, muore Egon Schiele, una delle 20 milioni di vittime causate dall’influenza spagnola. Se ne va guardando in faccia il male invisibile, come solo lui sa fare: dipingendolo. Ha 28 anni. Solo pochi mesi prima, il salone principale del palazzo della Secessione si era aperto alle sue opere: 19 oli e 29 disegni. La sua unica mostra di successo, celebrazione di una pittura che rappresenta le inquietudini e i desideri dell’uomo. Qualche mese prima era morto il suo maestro e amico Gustav Klimt, che dall’inizio del secolo aveva rivoluzionato il sentimento dell’arte, fondando un nuovo gruppo: la Secessione viennese.
Oggi i suoi capolavori attirano visitatori da tutto il mondo o diventano star al cinema in film come Woman in Gold, ma sono anche immagini pop che accompagnano la nostra vita quotidiana su poster, cartoline e calendari. Ora, cent’anni dopo, le opere di questi artisti visionari – tra Jugendstil ed espressionismo– tornano protagoniste assolute nella capitale austriaca, insieme a quelle del designer e pittore Koloman Moser e dell’architetto Otto Wagner, morti in quello stesso 1918 nella stessa Vienna.
Nasce da qui, prendendo spunto da alcune delle numerose mostre organizzate in occasione del centenario, il film evento scritto da Arianna Marelli e diretto da Michele Mally, Klimt & Schiele. Eros e psiche



  • PRODUZIONE: 3D Produzioni e Nexo Digital in collaborazione con TIMVISION Production.

 
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