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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi di Novembre 2018
Post n°14764 pubblicato il 20 Novembre 2018 da Ladridicinema
Tra breve arriverà nelle sale cinematografiche il film The 33, che narra la vicenda dei trentatré minatori cileni rimasti intrappolati sottoterra cinque anni fa e salvati in extremis in diretta mondiale. La loro odissea, trasmessa in tempo reale, commosse il pianeta e papa Ratzinger, che inviò una sua benedizione speciale. Il film, della pluripremiata regista messicana Patricia Riggen, conta su un cast stellare: Antonio Banderas, Juliette Binoche, Lou Diamond Phillips, Josh Brolin, Gabriel Byrne.
COME MAI? Ma come mai si è mossa Hollywood per una storia toccante, sì, ma tutto sommato uguale a tante altre? Non è il primo dramma minerario della storia, né sarà l'ultimo, almeno finché i robot non saranno in grado di sostituire l'uomo anche nel cuore della terra. Il fatto è che questa storia è davvero speciale, sia per l'happy end, sia per il suo svolgersi, che ebbe realmente del miracoloso. L'ha raccontata per l'agenzia Aleteia.org la scrittrice americana Patty Maguire Armstrong, la quale è andata a intervistare colui che tale miracolo rese possibile. Riassumiamo intanto la vicenda. Nell'agosto del 2010 un gigantesco cedimento sotterraneo intrappola a diverse centinaia di metri di profondità trentatré lavoratori nella miniera cilena di oro e rame di San José. Si attiva la macchina dei soccorsi ma ci si accorge subito che quelli non hanno speranza. Le mappe della miniera sono imprecise, non si sa esattamente dove sono i minatori. Hanno, sì, un rifugio di sicurezza per le emergenze ma questo è dotato di viveri per soli tre giorni. Non si sa nemmeno se siano riusciti a raggiungerlo. La roccia da perforare è durissima e solo poche ditte al mondo hanno l'attrezzatura adatta. Di una di queste è titolare il texano Greg Hall, che viene contattato dal governo cileno. Quello arriva, ispeziona, capisce la gravità della situazione. I trentatré disgraziati possono essere bloccati da qualche parte tra i 400 e gli 800 metri in basso, e a 800 metri le trivelle non arrivano. Anticipiamo subito che il primo a parlare di miracolo è stato proprio Greg Hall, titolare della Drillers Supply International, perché, visto il successo cileno, la sua ditta è stata chiamata altre quattro volte, qua e là nel mondo, a ripetere l'exploît, ma ha sempre fallito. Tranne che in Cile.
RIPRENDIAMO IL NOSTRO RACCONTO Trivellando quasi alla cieca, finalmente si incontra il vuoto. A 650 metri sotto. Il rifugio. I minatori sono riusciti a raggiungerlo. Sì, ma sono lì da diciassette giorni, a quaranta gradi di temperatura. Razionando allo spasimo il cibo, sono tuttavia ancora vivi. Battono sulla trivella, si fanno sentire. Dal buco può calare cibo e acqua. Ma non c'è mezzo di tirare fuori loro. Passano i giorni, Greg Hall forse è il solo a sapere come stanno davvero le cose. Ma Greg Hall è un diacono della comunità cattolica di Cypress, vicino a Houston. E pure i minatori sono cattolici. Nel buco vengono calati trentatré rosari inviati personalmente dal Papa e da quel momento la preghiera scandisce il tempo e l'incessante lavoro di salvataggio. Greg Hall fa venire le attrezzature provviste della tecnologia più avanzata disponibile, ma anche così è un'impresa disperata, perché tale tecnologia prevede l'immissione di liquidi e questi farebbero annegare i minatori. Niente, bisogna farne a meno. Hall continua a trivellare con cocciutaggine e riesce ad arrivare a soli trenta metri dagli uomini intrappolati. Ma a questo punto le macchine si bloccano, non ce la fanno più. Hall, anziché buttare la spugna, si rivolge a quel Cristo Redentore che dà il nome alla parrocchia in cui è diacono. Gli dice, in sostanza, questo: io sono arrivato fin qui e di più non posso, adesso tocca a Te. E, proprio quando ha finito di pregare, ecco che la trivella, d'incanto, si riattiva. Non si fermerà più e, dopo quasi settanta giorni di angoscia, i trentatré rivedranno la luce. Uno ad uno. Ci vogliono due giorni per tirarli fuori tutti. L'ultimo è il loro capo, la cui testa emerge dal buco il 13 ottobre 2010. I cattolici Greg Hall e Patty Maguire Armstrong notano che il 13 ottobre è l'anniversario dell'ultima apparizione della Madonna a Fatima. Ogni minatore salvato ha al collo il rosario del Papa, i cui grani avevano punteggiato l'interminabile attesa sottoterra.
Post n°14763 pubblicato il 20 Novembre 2018 da Ladridicinema
Animali Fantastici - I Crimini di Grindelwald (guarda la video recensione) ha vinto nettamente il weekend, ottenendo altri due milioni di euro ieri e quasi 6 dal giorno della sua uscita nelle sale, un bel colpo per Warner, che conferma quanto il franchise di Harry Potter sia ancora forte nel nostro paese.
Il secondo miglior incasso della settimana è stato Lo Schiaccianoci e i quattro regni (guarda la video recensione), che da noi ha funzionato e ha raggiunto un ottimo totale di 8,2 milioni. Difficile che riesca ad arrivare a 10 milioni, ma i 9 sono un traguardo possibile. A livello mondiale, quello italiano si è rivelato uno dei migliori mercati per il film. Poco entusiasmanti i dati delle altre new entry settimanali: la migliore è stata Widows, che ha ottenuto poco più di mezzo milione di euro, mentre hanno deluso Cosa fai a Capodanno? e Red Zone - 22 miglia di fuoco, finiti sotto la soglia del mezzo milione. Da segnalare che Gli Incredibili 2 (guarda la video recensione) è finalmente riuscito a superare la soglia dei 12 milioni.
Coda della classifica tutta appannaggio di vecchie conoscenze: Il Mistero della casa del tempo (guarda la video recensione), Ti Presento Sofia (guarda la video recensione) e First Man (guarda la video recensione), che hanno incrementato di poco i rispettivi totali. Il weekend è andato bene: +21% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, ma il dato generale resta negativo con un -6,5% su base annua, oramai difficilmente recuperabile.
Questa settimana l'unica uscita forte (nonché unica in contemporanea con le ricche uscite statunitensi, ma lì c'è da festeggiare il Giorno del Ringraziamento) è Robin Hood. Difficile quindi che i vari Upgrade, Troppa grazia (guarda la video recensione), Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi), A Private War, Black Tide, Conta su di me e Il vizio della speranza (guarda la video recensione) possano incidere in modo evidente sul box office.
Post n°14762 pubblicato il 20 Novembre 2018 da Ladridicinema
«Le canzoni sono strade che portano al cuore», aveva scritto presentando il progetto: ecco quali ha scelto Dopo un'anticipazione (Le tasche piene di sassi di Jovanotti) e qualche annuncio, Giorgia ha condiviso la tracklist completa di Pop Heart, la sua antologia di cover di classici del pop italiano e internazionale, prodotta da Michele Canova e in arrivo in streaming e nei negozi il prossimo 16 novembre. «Le canzoni sono strade che portano al cuore», aveva scritto Giorgia su Facebook, e quelle che ha scelto sono strade molto diverse tra loro, ma tutte decisamente stimolanti, per lei dal punto di vista canoro, per noi da quello sentimentale. Nel disco ci sono anche due duetti (quello con il suo amico Tiziano Ferro per Il conforto e quello con Ainé per Stay) e ci saranno due «cameo», Elisa su Gli ostacoli del cuore ed Eros Ramazzotti per Una storia importante. Questa la tracklist completa di Pop Heart. Le tasche piene di sassi Una storia importante – Cameo di Eros Ramazzotti Lei verrà Gli ostacoli del cuore – Cameo di Elisa Dune mosse Il conforto feat. Tiziano Ferro Sweet dreams L’ultimo bacio I will always love you I feel love Anima Open your heart L’essenziale Vivere una favola Stay feat. Ainé
Post n°14761 pubblicato il 20 Novembre 2018 da Ladridicinema
da https://serial.everyeye.it/notizie/george-r-r-martin-si-nasconde-in-una-remota-localita-per-finire-the-winds-of-winter-352043.html 17 Novembre 2018, Ore 17:35 Ad Aprile 2019 tornerà sul piccolo schermo, trasmessa da HBO, la tanto agognata Il Trono di Spade, giunta ormai alla sua ottava e ultima stagione, ma nel frattempo George R.R. Martin, scrittore della saga letteraria, si è a quanto pare deciso a finire il rimandatissimo The Winds of Winter, sesto libro delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Questa volta sembrerebbe seriamente intenzionato a mettere la parola fine a questo ultimo romanzo, nonostante questi ultimi mesi li abbia passati in diversi prees tour per la presentazione di Fire & Blood, libro spin-off della saga dedicato alla dinastia dei Targaryen - in uscita nei prossimi giorni in America. Dicevamo, al netto di questi impegni, sembra che ora Martin stia lavorando duramente alla stesura del materiale rimastogli al completamento di The Winds of Winter.
A rivelarlo è stato il The Wall Street Journal, esattamente la scrittrice Alexandra Wolfe, che ha contattato telefonicamente Martin per un'intervista. L'autrice del pezzo aggiunge che l'autore si sarebbe andato a rinchiudere "in un remoto rifugio di montagna" per staccare dal mondo e concentrarsi solo sul romanzo, anche se la Wolfe specifica che "Martin si rifiuta di rivelare dove si trovi esattamente". È comunque un rifugio "che visita sovente quando vuole dedicarsi a finire un libro".
Al netto della lunghissima attesa, alla Wolfe lo scrittore ha comunque rivelato che "finirà The Winds of Winter esattamente come aveva immaginato 25 anni fa, senza alterazioni provenienti dalla serie tv", che ricordiamo ha superato di gran lunga la storia dei romanzi.
Insomma, bisognerà pazientare ancora un po', ma forse questo The Winds of Winter comincia a intravedersi all'orizzonte.
Post n°14760 pubblicato il 19 Novembre 2018 da Ladridicinema
Era prevedibile, “...e La Storia Continua”. La storia dei Pooh continuerà ad echeggiare per sempre e Dodi Battaglia, chitarrista della band, ha preso con sé una serie di ottimi musicisti per tornare a suonare dal vivo i brani della band con cui ha condiviso 50 anni di vita, ma non solo, nel setlist ci sono anche brani della sua carriera da solista. Inutile negare che Dodi Battaglia è un chitarrista molto preparato e di innegabile professionalità e in alcuni dei brani dei Pooh lo ha dimostrato, nell’acustica di “Pierre” e in brani come “Parsifal”, “Viva” , “Dove Comincia Il Sole”, “Dammi Solo Un Minuto” e tanti altri. Alcuni dei brani sopra citati sono proprio inclusi in questo doppio cd e ce ne sono tanti altri come “Pronto Buongiorno è La Sveglia”, “L’Ultima Notte Di Caccia” e ancora come “Uomini Soli”, “Tanta Voglia Di Lei” e “Pensiero”, nella versione più recente e rock. I brani sono molto fedeli alle versioni originali anche se la chitarra è più in primo piano e ad un volume maggiore e con una distorsione più alta e ci sono anche brani che appartengono al solo Battaglia come “Primavera A New York”, brano estratto da “D’Assolo” del 2003 e come “Vale”, “Mediterranean Girl” e “Grazie”, che fanno parte di “Dove è Andata La Musica”, album del 2015 scritto, composto e suonato insieme Tommy Emmanuel, straordinario chitarrista australiano. Un ottimo concerto, una compilation live che racchiude più di 50 anni di storia.
FABIO LOFFREDO Voto: 7,5/10
Tracklist: CD 1: 01.Intro 02.Canterò Per Te 03.Noi Due Nel Mondo E Nell’Anima 04.Amici Per Sempre 05.Giorni Infiniti 06.Dammi Solo Un Minuto 07.L’Altra Donna 08.L’Ultima Notte Di Caccia 09.Viva 10.Parsifal 11.Ci Penserò Domani 12.Pronto Buongiorno è La Sveglia 13.La Mia Donna CD 2: 01.Primavera A New York 02.Incredibilmente Giù 03.Stagione Di Vento 04.Notte A Sorpresa 05.Quando Una Lei Va Via 06.Nascerò Con Te 07.Uomini Soli 08.Vale 09.Tanta Voglia Di Lei 10.Piccola Katy 11.Che Vuoi Che Sia 12.Dove Comincia Il Sole 13.Grazie 14.Mediterranean Girl 15.Non Siamo In Pericolo 16.Cercami 17.Chi Fermerà La Musica 18.Pensiero Label: Azzurra Music Genere: Pop/Italiana Anno: 2017 Members: Dodi Battaglia: Chitarra elettrica e acustica e voce Marco Marchionni: Chitarra Rocco Camerlengo: Tastiere Costanzo Del Pinto: Voce Carlo Porfilio: Batteria Beppe Genie: Basso
Post n°14759 pubblicato il 17 Novembre 2018 da Ladridicinema
di Luca Cangemi, Segreteria nazionale PCI e Responsabile Scuola e Università “L’idea di abolire il valore legale del titolo di studio è una vecchia idea della destra. Un’ idea che ha affascinato consumati reazionari e neofiti liberisti per decenni. Oggi la sposa Salvini, condendola di qualunquistiche affermazioni su scuole e università come serbatoi sindacali ed elettorali, anch’esse armamentario tradizionale della destra italiana. Gli obiettivi sono assolutamente chiari: con l’abolizione del valore legale del titolo di studio si punta a delegittimare e, in definitiva, a sfasciare il sistema nazionale e statale dell’istruzione, ad innescare una competizione selvaggia tra istituti ed atenei, ad aprire spazi alla privatizzazione. Lo stesso accesso alle professioni diventerebbe assai più discrezionale e condizionato da criteri discriminatori. Sono scopi simili a quelli che si prefigge la proposta di “autonomia differenziata” tra le regioni che avanza, spinta con forza da ministri e governatori leghisti (ma anche da qualche governatore del PD). Siamo di fronte, dunque, ad un attacco concentrico contro l’istruzione statale, che prefigura conseguenze devastanti. La concorrenza tra scuole e università di serie A e di serie B comporterebbe un forte aumento dei già gravissimi squilibri territoriali. In particolare per le università del Mezzogiorno, già oggi fortemente penalizzate nella ripartizione dei fondi, sarebbe il colpo di grazia definitivo. La diseguaglianza sociale del paese s’ inasprirebbe in uno degli aspetti più determinanti: l’accesso alle conoscenze. Sarebbe inevitabile un aumento formidabile delle tasse universitarie che comporterebbe per i settori popolari la preclusione di ogni accesso a studi superiori, per i ceti medi la prospettiva d’indebitarsi per far conseguire ai propri figli un titolo di serie B, per le classi dominanti ci sarebbe, invece, la garanzia di un privilegio sociale che si perpetua. Ci sono, certo, processi in questo senso in corso da tempo ma l’abolizione legale del titolo di studio rappresenterebbe una legittimazione istituzionale ed un potente incentivo a questa barbarie. Non è questo che serve alle giovani generazioni, non è questo che serve al paese. Al futuro civile, sociale ed anche economico dell’Italia serve un sistema scolastico e universitario unitario, democratico e qualificato, distribuito in modo equilibrato su tutto il territorio nazionale. Lavoriamo ad un grande movimento di lotta che si ponga quest’obiettivo.
Post n°14758 pubblicato il 17 Novembre 2018 da Ladridicinema
Nojoom, che in yemenita significa "le stelle", ha un destino segnato fin dalla nascita: suo padre infatti cambia il suo nome in Nojoud, ovvero "nascosta", e pur amandola consegna sua figlia alle regole non scritte della convivenza nello Yemen, che comportano una totale sudditanza delle femmine rispetto ai maschi. Quando Njoud compie 10 anni il padre, in una negoziazione condotta solo fra uomini, la dà in sposa a un uomo che ha almeno trent'anni più di lei. Lo sposo promette al suocero di prendersi cura della bambina e di aspettarne la pubertà prima di consumare il matrimonio, ma appena sottratta alla casa del padre la violenta e la costringe a servire la suocera, picchiandola quando la bimba disobbedisce. Per fortuna Nojoom/Nojoud è uno spirito indomito e trova la via di fuga dal villaggio arcaico in cui l'ha segregata il marito per recarsi al tribunale di Sana'a, dove chiederà per sé il divorzio. La sposa bambina è l'esordio al lungometraggio di finzione di Khadija Al Salami, regista e produttrice yemenita istruita in Francia e Stati Uniti, e si basa sul romanzo autobiografico di Nojoud Ali, scritto insieme alla giornalista Delphine Minoui. La storia che racconta è in qualche misura autobiografica anche per la regista, andata in sposa a 11 anni ad un uomo di oltre vent'anni più grande, dal quale Khadija ha trovato il coraggio di affrancarsi. La conoscenza profonda dei luoghi e della mentalità che Al Salami racconta rendono La sposa bambina un documento autentico nel rappresentare una pratica retrograda come il matrimonio infantile (oltre che combinato). Ma la regista non commette l'errore di semplificare la storia, e rende giustizia sia alla complessità della società yemenita (la stessa che ha dato i natali all'attivista premio Nobel per la pace Tawakkol Karman) che alle oggettive difficoltà cui tentano di sopravvivere i suoi abitanti più poveri. A questo scopo Al Salami costruisce una sceneggiatura stratificata che inizia nel presente, ripercorre il passato e poi ci fa rivedere quello stesso passato dal punto di vista del padre, senza giustificarne le scelte ma contestualizzandone le motivazioni. Tutta la famiglia di Nojoom/Nojoud è vittima della miseria, dell'ignoranza e di imposizioni sociali che perpetuano nei più deboli e disinformati una situazione di iniquità. In quest'ottica anche il collaborazionismo femminile, che perpetua l'oppressione di madre in figlia, trova una sua cornice e una sua spiegazione. Le figure maschili e femminili sono disegnate in maniera articolata e rappresentano livelli diversi di consapevolezza e di emancipazione. Al centro c'è Nojoom che, come Malala, fa la storia rifiutandosi di soccombere alle restrizioni che reprimono il suo genere e la sua giovane età. La conclusione è pesantemente didascalica, ma se anche solo uno spettatore o spettatrice appartenente a quel mondo avrà modo di ascoltarla troverà le armi concettuali e dialettiche per difendersi da chi ammanta di religiosità il proprio desiderio di supremazia e la propria brama di potere.
Post n°14757 pubblicato il 17 Novembre 2018 da Ladridicinema
L'agguato infame che praticamente dette il "la" alla dittatura fascista in Italia,e tolse di mezzo il deputato socialista Giacomo Matteotti è raccontato con dovizia di particolari da Florestano Vancini,regista impegnato oggi poco ricordato:i fatti,dall'arringa nel parlamento già inquinato dall'omertà di molti verso il regime crescente di Benito Mussolini,all'espandersi dello squadrismo come regola vigente per mantenere il potere. Molti nomi noti nel cast,dal Franco Nero di Matteotti,al Mario Adorf-Mussolini,ricordando anche il Gramsci di Riccardo Cucciolla ed il Turati di Gastone Moschin:Vancini e la sceneggiatura imputano all'errata linea politica dei socialisti molte responsabilità circa il trionfo del Fascio Littorio,e da un punto di vista storico è ben sottolineata la circostanza del Duce ricattato dalle Camicie Nere,dato che la storia d'Italia è zeppa di situazioni analoghe,con scherani che mettono con le spalle al muro gli apparenti uomini di potere.Il film spiega bene le cose,anche se il rischio-didascalismo non sempre è evitato,e Vancini in alcuni momenti pare concentrarsi molto su alcune cose,magari più del dovuto.Come documento per riflettere ed analizzare una fase terribile della nostra Storia "Il delitto Matteotti" è un film da far vedere ai ragazzi che vanno alle scuole dell'obbligo,ove difficilmente si va oltre la Prima guerra mondiale ,come film drammatico è valido,anche se qualche sforbiciata qua e là avrebbe giovato.
Post n°14756 pubblicato il 17 Novembre 2018 da Ladridicinema
Gotham City. Dopo l'ennesimo successo di Batman contro Joker, il commissario di polizia Jim Gordon lascia l'incarico alla figlia Barbara, che ha intenzione di voltare pagina con la dipendenza di Gotham dal vigilante mascherato. Per dimostrare a tutti di essere insostituibile, Batman imprigiona Joker nella Zona Fantasma, la prigione spaziale in cui Superman relega i peggiori criminali dell'Universo. Peccato che il piano di Joker prevedesse proprio tutto questo... Nel 2014 The Lego Movie colpì il panorama cinematografico con la violenza di un meteorite. Uno sforzo apparentemente sovrumano di conciliare le esigenze della computer graphics con quelle del vintage per eccellenza del mondo ludico, i mattoncini Lego, con contorno di ironia dissacrante e celebrazione dei molti brand coinvolti nell'iniziativa. In pratica la realizzazione del sogno di ogni bambino, quello di creare mondi a catena con un mash up di personaggi di fantasia e realmente esistiti, sotto forma di un film godibile, quando non esaltante. Un cocktail riuscito talmente bene da piacere a bimbi e critici insieme, spingendo firme eccellenti a parlare di rielaborazione crossmediale del linguaggio cinematografico. Definire Lego Batman uno spin-off dell'esperienza di The Lego Movie pare riduttivo, già a partire dal commento che il vocione baritonale del Cavaliere Oscuro - Will Arnett nella versione originale, Claudio Santamaria in quella italiana - riserva ai loghi delle case di produzione e distribuzione coinvolte. Perché questo capitolo intende andare addirittura oltre. La sceneggiatura di Grahame-Smith, McKenna e soci gioca con i brand - Warner Bros., DC Comics, Il signore degli anelli, ecc. - per meglio valorizzarli, dimostrando di aver compreso appieno come oggi l'importante sia non prendersi troppo sul serio e mascherare il più possibile la presenza del marketing (Deadpooldocet). The Lego Batman lascia solo intravedere il lato commerciale della propria natura, annegandolo in una storia godibile di per sé e contraddistinta da una miriade di riferimenti a serie, film e manie del passato.
Post n°14755 pubblicato il 17 Novembre 2018 da Ladridicinema
Jacopo Bongini - Gio, 08/11/2018 - 19:34 Questa volta però, a destare preoccupazione è la proposta di modifica, presentata dal deputato del Movimento 5 stelle Luigi Gallo il 27 marzo scorso ma in discussone in questi giorni alla Camera, in merito alla legge 112 del 7 ottobre 2013 sul libero accesso all'informazione scientifica. Nella legge, che all'epoca servì ad equiparare la normativa italiana a quella europea in merito al diritto di poter consultare liberamente dati di ricerca e pubblicazioni scientifiche su attività finanziate con fondi pubblici, viene infatti aggiunta la modifica di un singolo articolo nel quale si stabilisce testualmente: "L'istituzione, da parte del Ministro dello sviluppo economico, nel termine di 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, di una Commissione per la divulgazione dell'informazione scientifica, con il compito di individuare le migliori forme di diffusione dell'informazione culturale scientifica attraverso i canali del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale". Una proposta che potrebbe teoricamente portare il controllo dell'informazione scientifica sulla televisione di stato direttamente nelle mani del ministero dell Sviluppo Economico, e quindi dello stesso Luigi Di Maio, consegnando di fatto al governo il potere di decidere le modalità con cui i cittadini potranno usufruire dell'offerta culturale Rai. Viene immediatamente da pensare infatti a quale potrebbe essere il destino delle numerose produzioni divulgative che da anni sono uno dei fiori all'occhiello della tv italiana, a cominciare dai programmi di Piero ed Alberto Angela, prodotti di qualità da sempre dimostratisi successi di pubblico e di critica. La mossa sarebbe inoltre un ulteriore passo avanti verso la completa istituzionalizzazione del servizio pubblico, cominciata con la nomina del giornalista Marcello Foa a Presidente della Rai lo scorso 26 settembre. Polemiche arrivano difatti dai banchi dell'opposizione, che brandisce lo spettro del ritorno alla dittatura per criticare la proposta di legge dei 5 stelle. Intervistata dalla testata Giornalettismo, la senatrice del Partito Democratico e vice presidente del Senato Simona Flavia Malpezzi ha infatti dichiarato: "Un governo che ha dimostrato di avere delle posizioni antiscientifiche sul caso dei vaccini non può decidere cosa sia divulgazione e cosa no. Questa è una decisione da regime totalitario, inaccettabile." - aggiungendo poco dopo sulla sua pagina Facebook ufficiale - "Questo è il testo di legge attualmente all'esame della camera, firmato del presidente cinque stelle della commissione cultura, in materia di accesso aperto all'informazione scientifica. Prevedono di far istituire a Di Maio un "Comitato per la divulgazione dell'informazione scientifica" che deciderà cosa trasmettere attraverso i canali della Rai sovranista. Io le chiamo -senza alcun timore- prove di regime".
Post n°14754 pubblicato il 17 Novembre 2018 da Ladridicinema
Uno scacchista è matematico, stratega, perfezionista. Ennio Morricone sarebbe probabilmente stato lo scacchista italiano numero uno della sua generazione, se non fosse diventato il più grande compositore italiano di musica per film di sempre. Sabato 10 novembre compie 90 anni, lasciandosi alle spalle 500 colonne sonore, 70 milioni di dischi venduti, due Oscar, tre Grammy, quattro Golden Globe e un Leone d’Oro vinti. Ha vissuto da protagonista le grandi stagioni della cinematografia e della discografia italiana, attraversato i set di Cinecittà e gli studi di Rca. «L’Oscar dovevano darmelo per “Mission”» Ha segnato in maniera inconfondibile la Trilogia del dollaro di Sergio Leonee Se telefonando di Mina, sperimentato nuovi linguaggi con il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, ma da appassionato scacchista non smette di pensare alle mosse che avrebbe potuto fare e non ha fatto, a partite che sarebbero potute andare diversamente. Gli chiedi della statuetta portata a casa per The Hateful Eight di Quentin Tarantino, lui rilancia con quella che avrebbe voluto per Mission di Roland Joffé. «L’Oscar – ci tiene a sottolineare - me l’aspettavo nell’87, a quelle musiche tenevo particolarmente. Invece se lo prese Herbie Hancock per Round Midnight. Per carità: non discuto l’artista, ma non erano neanche tutte composizioni originali. Ricordo le proteste alla cerimonia di consegna. Poi l’Oscar è arrivato con The Hateful Eight che all’inizio neanche volevo fare. Tarantino venne a trovarmi a casa, mi raccontò questa idea singolare del western girato sulla neve. Solo Corbucci poteva avere un’idea del genere e così mi sono lasciato convincere». «Pasolini e Fellini rifiutarono il mio film» Morricone ti parla di quando, una sera a cena con Pier Paolo Pasolinie Federico Fellini, propose loro il soggetto originale per un film che avrebbe dovuto intitolarsi La morte della musica, su un’immaginaria umanità del futuro cui un dittatore vieta le sette note. «L’idea piacque – racconta – ma nessuno dei due alla fine ne fece niente». Trama da romanzo, in un certo senso surreale che ieri sarebbe potuta entrare nelle corde di Fellini. Oggi potrebbe forse intrigare Paolo Sorrentino? «Non ci credo», risponde. «Ogni progetto appartiene alla propria epoca. E poi Fellini stesso fece Prova d’orchestra, film che si poneva un po’ domande analoghe». Morricone non è stanco di girare. Che si tratti di pellicole o teatri. «Col cinema ho chiuso. A parte Tornatore» Il pubblico europeo sta salutando con sold out a ripetizione «The 60 Years of Music Tour», tournée celebrativa dei 60 anni di carriera. «Con il cinema – confida il Maestro – ho praticamente chiuso. Con una importantissima eccezione: Giuseppe Tornatore. Sto scrivendo le musiche dei suoi prossimi due film. Quando me lo chiede Peppuccio è diverso. Ci conosciamo: io so quello che vuole, lui sa come mi piace lavorare. Ci sono i presupposti perché esca un buon risultato». A quattro mani con Tornatore, Morricone ha scritto Ennio, un maestro, conversazione in forma di libro su cinema e musica (Harper Collins, euro 19,50, pp. 334). Conoscersi è la parola magica, quando ci si confronta con il Maestro. Persona schiva, operosa, di una modestia rara nell’ambiente e sorprendente se si considera il curriculum. Ti accoglie nella casa all’Eur, dove vive con l’inseparabile moglie e confidente Maria, tra mobili antichi, carta da musica, dischi e foto dei quattro figli. Ti studia come se avesse di fronte una partitura e, appena riesce a interpretarti, non si risparmia. Infilando aneddoti curiosi, descrizioni fulminanti, punti di vista originali. Ennio Morricone arriva all’aeroporto di Fiumicino dopo aver ricevuto l’Oscar come miglior colonna sonore per il film «The Hateful Eight» diretto da Quentin Tarantino (Ansa)1/15 Come si costruisce il concerto perfetto Sintetizzare 60 anni di carriera in una scaletta di concerto «facile non è stato – precisa - ma neanche troppo difficile. La logica era: alcune cose le devo fare perché me le chiede il pubblico. E qui ci metti le colonne sonore di Leone, il lavoro per Tarantino, l’Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Altre cose le devo fare perché piacciono a me. E qui ci metti i lavori per Tornatore, per esempio, o qualche pezzo più complesso. Una buona scaletta è sempre sintesi tra gusti del pubblico e proposta dell’autore». Che, dal suo punto di vista, fa «un lavoro artigianale. Risponde a un committente che è il regista». In un rapporto a tre variabili: «Ci sono i registi che ti lasciano libero, quelli con cui finisci per scontrarti e quelli con cui riesci ad arrivare a un compromesso». Quelle discussioni con Leone (e signora) Con Leone, per esempio, «c’erano affiatamento e confidenza. Si sa: eravamo in classe insieme in terza elementare. Ma dovevi sempre convincerlo della tua idea. Aveva l’ossessione della perfezione – continua Morricone - propria dei grandi autori di cinema. In C’era una volta il West, per esempio, perseguitò i rumoristi per la scena dello scontro tra treni, fino a che non riuscì a ottenere l’effetto che voleva. Ogni volta che avevamo una discussione, però, avevo un’alleata preziosa: la moglie Carla. Spiegavo le mie ragioni a lei che, in un modo o nell’altro, lo convinceva». Clint Eastwood rivelò di aver compreso la grandezza di Per un pugno di dollari solo dopo aver ascoltato il 45 giri con il “fischio”. «Leone e io – ricorda Morricone – al contrario non eravamo coscienti del fatto che quell’opera avrebbe lasciato il segno. Ci sembrava un esperimento. Chi pensava che saremmo arrivati fuori dall’Italia? Sergio diceva: “È già tanto se arriviamo a Catanzaro”. Il successo ci travolse. Un pezzo dopo l’altro, poi, lui sul piano cinematografico e io su quello musicale, cominciammo ad acquistare consapevolezza. Del lavoro fatto per Il buono, il brutto e il cattivo, per esempio, eravamo molto soddisfatti. E mica solo noi: una decina di anni fa un sondaggio di Bbc Radio 3 stabilì che quella era la seconda migliore colonna sonora di tutti i tempi, dietro al tema di Star Wars di John Williams». La gentilezza di Pasolini Pasolini«era molto gentile ma sempre serio. Abbiamo lavorato a lungo ma ci siamo sempre dati del lei, non saprei dire se alla fine diventammo amici. Era un artista che teneva in grandissima considerazione il lavoro artistico. Poi aveva le sue idee che non sempre coincidevano con le mie. Ti chiedeva di riarrangiare brani della tradizione classica, oppure alternava pezzi tuoi a Mozart. Quell’approccio non l’ho mai condiviso e protestavo. All’inizio mi lasciava libero, alla fine della sua carriera mi sono “arreso” alle sue richieste. E quindi optammo per la dicitura “musiche a cura dell’autore con la collaborazione di Ennio Morricone”». Gli oggetti di Kubrick, a Torino un'asta di storia del cinema«Arancia Meccanica avrei dovuto farlo io» Ce n’è anche per Bernardo Bertolucci («Per quanto mi riguarda, tra i migliori registi italiani di sempre. Ho avuto la fortuna di musicare Novecento che ritengo essere il suo capolavoro») ed Elio Petri con le musiche di Indagine che stregarono Stanley Kubrick: «Mi chiamò per Arancia Meccanica. Eravamo d’accordo anche sul compenso: 15 milioni di lire, poca roba per una produzione di quel livello. Voleva qualcosa di simile a Indagine. Detesto direttive di questo tipo, ma in quel caso avrei ceduto perché era Kubrick. Il progetto sfumò con una telefonata di Leone: gli spiegò che ero ancora impegnato con Giù la testa. E il film lo fece Walter Carlos». Tra Gino Paoli e Chico Buarque Che ricordi ha il Maestro dei gloriosi tempi della Rca Italiana? «All’inizio – risponde - eri molto vincolato nelle soluzioni che potevi proporre. Se però i tuoi dischi vendevano, acquistavi libertà. Negli anni Cinquanta ebbi ottimi riscontri di vendita con la serie su Napoli di Miranda Martino, nel ’64 con un azzardo ritmico su Ogni volta, affidata a Paul Anka, sfornammo il primo 45 giri italiano da 1,5 milioni di copie. A quel punto ti divertivi. Le soluzioni semplici – spiega - erano le più efficaci sul piano commerciale: si pensi a Sapore di sale di Gino Paoli, maestro dei giri armonici. Se per un disco non c’era l’“obbligo” di vendere, io mi divertivo ancora di più. Con Chico Buarque, per esempio, mi sono tolto grandi soddisfazioni». Ha eredi il Maestro? «Non lo so, - risponde – ma stimo i compositori che sanno scrivere la musica. Nicola Piovani, Franco Piersanti e Carlo Crivelli», accanto al compianto Luis Bacalov. Il futuro: ricominciare dai maestri (di musica) Morricone si concentra poi su temi di attualità, come l’ipotesi del credito d’imposta per chi iscrive i figli alle scuole di musica: «Ottima idea. Qualcosa di buono si è fatto in questi anni su questo versante, ma occorre fare tanto altro. Penso alla formazione di buoni insegnanti di musica e a una strumentazione all’altezza nelle scuole». Quanto alla gestione del diritto d’autore, «la Siae– secondo il Maestro - è la società degli autori e degli editori e come tale deve restare il soggetto al centro del sistema. Non mi piace l’idea di un mercato italiano aperto a soggetti a scopo di lucro». Il Maestro continua a ricevere proposte per film «e continuo a rifiutarle. Le ultime due chiamate – spiega - sono arrivate dall’America. Ho detto basta al cinema. L’unica eccezione si chiama Tornatore. A lui non so dire di no e le composizioni per i suoi film sono tra le mie migliori cose. Non sempre il pubblico lo ha capito. O forse dovremmo dire: non ancora». Money, it’s a gas! francescoprisco.blog.ilsole24ore.com
Post n°14753 pubblicato il 13 Novembre 2018 da Ladridicinema
E' morto il papà dei supereroi Marvel. Aveva 95 anni, da Spider-Man agli X-Men, dall'Incredibile Hulk a Iron Man, a lui si deve la creazione di un universo leggendario. E immortale (Cinematografo.it/Adnkronos) – Spider-Man, i Fantastici Quattro, gli X-Men e gli Avengers: sono tutte creature nate dalla sua fervida immaginazione. Come pure l’Incredibile Hulk e Iron Man, tra i personaggi più noti dell’universo Marvel. Stan Lee, scrittore, fumettista ed editore americano che ha dato vita ai supereroi Marvel è morto all’età di 95 anni. Lo riferisce Hollywood Reporter citando fonti del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles dove il papà dei supereroi si è spento questa mattina. Secondo quanto riferisce il sito Tmz, Lee soffriva di diverse malattie e aveva una polmonite oltre a problemi di vista. La moglie Joan era morta nel 2017. “Mio padre amava tutti i suoi fan, era l’uomo più grande e più rispettabile” ha detto la figlia J.C. a Tmz. Celebri le sue apparizioni cameo nei film Marvel, e in pellicole di altre produzioni. Stanley Martin Lieber, questo il nome di battesimo di Stan Lee, nasce a New York il 28 dicembre 1922 e cresce a Washington Heights, dove suo padre, un immigrato rumeno, fa il sarto. Amante dei libri di avventura e dei film Errol Flynn, Lee si laurea alla DeWitt Clinton High School, per poi unirsi al WPA Federal Theatre Project, dove appare in alcuni spettacoli teatrali. Negli anni ’60 fonda la Marvel Comics – della quale diventa direttore – assieme a Jack Kirby. Grazie al suo lavoro e all’aiuto dei collaboratori più fidati, tra cui Steve Ditko, Lee riesce nell’impresa di catapultare la Marvel nell’olimpo dei fumetti, trasformandola in pochi anni in un vero gigante dell’editoria, che nel 2009 verrà acquistata dalla Disney. “Pensavo che quello che facevo non fosse molto importante – disse una volta Stan Lee al Chicago Tribune -. La gente costruisce ponti, si impegna nella ricerca medica. Io scrivevo storie su personaggi immaginari che fanno cose straordinarie, folli e che indossano costumi”. La carriera di Lee decolla con I Fantastici Quattro, che vengono pubblicati per la prima volta nel 1961. Il successo è immediato. Lee e la Marvel cavalcano l’onda, producendo in pochi anni una ridda di nuovi titoli: Hulk (1962), Thor (1962), Iron Man (1963) e gli X-Men (1963) nati dalla collaborazione con Kirby. Ancora Devil (nell’originale Daredevil, 1964) con Bill Everett e il Dottor Strange (1963) con Steve Ditko, dalla cui collaborazione nasce anche il personaggio Marvel di maggior successo, l‘Uomo Ragno, nel 1962.
Inoltre, Stan Lee rispolvera alcuni dei supereroi ideati da altri autori negli anni Trenta e Quaranta, come Namor e Capitan America e li rinnova. I suoi personaggi sono rivoluzionari, creano un nuovo supereroe, sulla scia dei ‘supereroi con superproblemi’. Lee, infatti è noto per aver connotato i suoi personaggi con un’umanità diversa, sofferta, velata da malinconia e preoccupazioni. Una figura totalmente diversa da quella tradizionale supereroe che fu, in parte, la ricetta del suo successo. Nel corso della sua carriera, Lee ha scritto, diretto e montato la maggior parte delle serie e delle strisce della Marvel. Ha anche tenuto una rubrica mensile sui fumetti, ‘Stan’s Soapbox’, che firmava con la frase “Excelsior!”. Come ogni dipendente della Marvel, Lee non aveva diritti sui personaggi che aiutava a creare e per i quali non riceveva alcun diritto d’autore. Negli ultimi anni era diventato per la Marvel una figura di prestigio intervenendo spesso alle convention di fumetti in giro per gli Stati Uniti.
Post n°14752 pubblicato il 10 Novembre 2018 da Ladridicinema
Il tenore ha conquistato la vetta della classifica Billboard200 piazzandosi al primo posto davanti a "A Star is Born" di Lady Gaga Ultimo aggiornamento il 5 novembre 2018 alle 16:11 Andrea Bocelli Roma, 5 novembre 2018 - Andrea Bocelli entra nella storia (anche) degli Stati Uniti d'America. Il suo ultimo album, intitolato "Sì" e pubblicato da Sugar, ha conquistato la vetta della classifica degli album più venduti negli Usa, la Billboard200, piazzandosi davanti a "A Star is Born" di Lady Gaga. Nessun altro italiano prima di lui era mai riuscito nell'impresa. Un traguardo memorabile che si somma al primato raggiunto dall'artista qualche giorno fa con il primo posto raggiunto anche nelle classifiche britanniche. Un successo che consacra ancora una volta Bocelli nell'empireo della musica internazionale: ben 8 album della carriera del tenore sono entrati nella top10 americana, la più importante classifica discografica del mondo, con due secondi posti ottenuti con 'My Christmas' nel 2009 e 'Passione' nel 2013. Messaggi di congratulazioni ad Andrea Bocelli sono arrivati da tutto il mondo. Scott Rodger, della Maverick Management, manager Usa del tenore, oltre che di Paul McCartney, ha rivolto a Bocelli queste parole: "Congratulazioni ad Andrea Bocelli per la doppietta. Numero 1 negli Usa e nel Regno Unito". "Una notizia che ci riempie di orgoglio - così commenta invece Caterina Caselli -, che sottolinea il gigante talento di Andrea Bocelli, la perseveranza di una squadra coesa che da sempre mette al centro il talento artistico e la sua peculiarità".
Post n°14751 pubblicato il 10 Novembre 2018 da Ladridicinema
Leader sindacalista nel potente film di Brizé, in sala dal 15/11 (ANSA) - ROMA, 6 NOV - Vincent Lindon, tre anni dopo il premio per la migliore interpretazione maschile per La loi du marché al festival di Cannes, torna al cinema con un ruolo forte e molto simile, diretto dallo stesso regista, Stephane Brizé e ancora una volta dedicato alla crisi economica, al lavoro, ai rapporti operai/padroni. Lindon, 58 anni, è di una efficacia eccezionale, riesce a dare un volto appassionato, nervoso, vitale all'operaio sindacalista in lotta contro la chiusura della fabbrica e la delocalizzazione. E', come dice il titolo, In Guerra (En Guerre). Il film, dopo Cannes, arriva in sala in Italia con Academy Two il 15 novembre. Il film mette in scena, con dialoghi serrati, ritmo da thriller e montaggio originale, impronta da inchiesta tv, una storia esemplare, la stessa che si è vista tante volte in Italia e in Europa e che ha a che fare con la globalizzazione del mercato, gli accordi tra stati che passano sopra le teste dei lavoratori, il concetto tutto capitalistico di chiudere una fabbrica per aprirla dove i costi del personale sono la metà e più, le statistiche che si possono leggere in tutti i modi, le persone che diventano numeri. Un film politico, nel senso proprio del termine: la lotta di Laurent Amedeo, leader sindacalista che guida gli operai che scioperano per impedire che l'industria in cui lavorano venga chiusa, diventa sempre più una guerra, con battaglie vinte, cambi di fronte, piccole vittorie, giganti sconfitte. Con lui ci sono 1100 persone e rispettive famiglie decise ad andare avanti fino in fondo, a chiedere il supporto dell'Eliseo, della corte di giustizia, degli operai di altre fabbriche pur di avere un confronto con il Ceo dell'industria di stanza in Germania, un manager che ha avuto pure lo stipendio aumentato per gli ottimi dividendi e che non sa giustificare la chiusura se non con quella solita drammatica frase, è il mercato che lo chiede. L'unità dei lavoratori, dopo tre settimane di sciopero e presidio, vacilla quando cominciano le sirene del padrone di una buonuscita ai lavoratori che accettano di riprendere il lavoro per concludere gli ordini già firmati. Laurent, non senza contrasti, prova a resistere: uniti si vince e non per ciascuno operaio ma per tutti, una vittoria in quella fabbrica può diventare simbolo in altri luoghi. Malgrado gli sforzi, tutto però è destinato ad una brutta fine. L'ispirazione è in parte ad una storia vera, quella di Xavier Mathieu, leader sindacale della Continental.
Post n°14750 pubblicato il 10 Novembre 2018 da Ladridicinema
Sono passati più di dieci anni da quando, nel corso di una serata in Svizzera, il miliardario genio-e-sregolatezza Tony Stark s'intratteneva con la bella Maya Hansen e lasciava sul tetto, in vana attesa, il visionario Aldrich Killian, desideroso di contare Stark tra le fila degli scienziati da lui diretti. Intanto, dal Medio Oriente, un terrorista senza scrupoli, detto il Mandarino, dopo aver seminato panico e morte in diverse zone degli Stati Uniti d'America, mira sempre più esplicitamente al Presidente, ma passa prima da villa Stark, radendola al suolo. In pena per la sicurezza di Pepper e in preda a crescenti e fino ad ora sconosciuti attacchi di panico, Iron Man si ritrova chiamato all'azione su più fronti, proprio nel momento di massima debolezza. Il terzo ed ultimo capitolo della saga combina due storie classiche del fumetto di partenza, quella del Mandarino ed "Extremis", innestandole non là dove terminava il secondo film bensì dopo "i fatti di New York", ovvero al termine dell'esperienza collettiva di The Avengers. Il film di Joss Whedon ha segnato dunque uno spartiacque, tanto che Jon Favreau, creatore dei primi due successi, viene simpaticamente parcheggiato su un lettino d'ospedale a guardare Downtown Abbey, mentre in sala di regia prende posto Shane Black, autore, tra altro, dei buddy-movies Arma Letale e Kiss Kiss Bang Bang (il film che ha candidato Robert Downey Jr al ruolo di Iron Man). Black dimostra di aver fatto tesoro della lezione di Whedon, dove il personaggio di Iron Man aveva dato il meglio di sé come membro di un gruppo (sodale pronto al soccorso così come alla battuta sdrammatizzante e non più egomaniaco solitario per la delizia della stampa), e si diverte ad affiancargli un compagno di turno ad ogni snodo della vicenda, con effetto comprovato. E tutto torna, perché con Iron Man 3 si scende nel privato del protagonista, in quel buco tutt'altro che vuoto che l'immagine del cratere di villa Stark rende al meglio, e più privata e personalizzata si fa anche la figura del "cattivo", Killian, vicina a quella del freak, umiliato e assetato di vendetta, tipica di altri supereroi. Sottraendo il personaggio di Tony Stark ai riflettori (dandolo pubblicamente per morto, ad un certo punto), Black in realtà lo illumina definitivamente, lo investe di una luce senza più ombre, perché le luci della cronaca e dello spettacolo qui cambiano drasticamente di segno e si tingono degli oscuri colori dell'invidia e della truffa. Stark è cresciuto, protegge il privato, riconosce il teatro - che è stata una sua passione in passato - ma in esso ora legge soltanto la pietà della buffonata: non a caso sta lottando con se stesso per affrancarsi dalla maschera e ritrovare un cuore umano. E proprio la maschera, come doppio e come demone, maschera teatrale e funeraria (in mano a Pepper Potts), estesa alla misura del corpo intero, è senza dubbio il ritornello visivo più riuscito del film, cui si associa la ripresa della questione morale, vero e proprio biglietto di presentazione del personaggio nel primo capitolo, qui riproposto non più in termini di scomodo conflitto interiore quanto di certezza raggiunta. Sfortunatamente, la misura non è perfetta: come nel secondo episodio, c'è molta, troppa carne al fuoco e qualche costoletta di narrazione ne fa le spese e non riceve sufficiente cottura, specie nel momento del prefinale, dove le linee del presidente, del Mandarino e dell'amata in pericolo si assommano l'una sull'altra. Peccato anche che il ruolo della Paltrow, finalmente ampliato, non riservi, però, alcun incremento di qualità, né di scrittura né d'interpretazione.
Post n°14749 pubblicato il 10 Novembre 2018 da Ladridicinema
"Io sono Iron Man" così, con lo svelamento dell'identità non più segreta, si chiudeva la storia del film precedente e così si apre quella di questo nuovo capitolo. Tony Stark è Iron Man e ora, dopo 6 mesi, che la notizia è di pubblico dominio il governo e le compagnie concorrenti, non troppo liete che la pace nel mondo sia mantenuta da un deterrente che non gli appartiene, tentano di appropriarsi dell'armatura: "Ho privatizzato con successo la pace" risponde Stark a chi lo accusa di essere fuori dal controllo statale. Non è tuttavia questo il problema più grosso del miliardario con l'hobby del supereroismo. Il palladio, elemento utile a far funzionare l'armatura, lo sta lentamente uccidendo inquinandogli il sangue e il brillante inventore non riesce a trovare un rimedio. Come se non bastasse, nel mezzo di una corsa automobolistica promozionale, a turbare la pace mondiale si presenta Ivan Vanko, figlio di un vecchio collaboratore di Howard Stark (il padre di Tony), colmo di rancore, volontà di vendetta e in possesso dei brevetti originali di molte invenzioni della Stark. Nel 2008 Iron Man fece segnare una delle punte più alte del cinema d'azione degli ultimi anni, raccogliendo il quasi unanime consenso di pubblico e critica per come raggiungeva tutti gli obiettivi del film d'intrattenimento all'americana: avvincere con l'azione, affascinare con un protagonista carismatico in cui volersi immedesimare, divertire e smuovere sentimentalmente. Il team capitanato da Jon Favreau, nel quale spiccava la forma smagliante di Robert Downey Jr., sembrava aver ritrovato lo smalto dell'intrattenimento della Hollywood degli anni '80 fondendo il meglio del cinema del frat pack con il fascino che è proprio dei supereroi da fumetto. Lo stesso non si può purtroppo dire di Iron Man 2, che seguendo la tipica scansione del cinema supereroistico (dopo un primo episodio che narra le origini dell'eroe viene un secondo più denso di eventi e personaggi che mette in crisi e infine consolida la figura protagonista) gioca al raddoppio con l'idea di aumentare il gradimento. Ma così non è. Uno dei pochi cambi fatti al team creativo nel passaggio da un film all'altro riguarda gli sceneggiatori: arriva Justin Theroux (che alle spalle ha la collaborazione a Tropic Thunder) e se ne vanno i 4 realizzatori del precedente. Scelta curiosa che si ripercuote in una scrittura non eccellente: molte sottotrame raccontate in maniera non impeccabile, molti personaggi, un trionfo di ammiccamenti al futuro film sui Vendicatori, molti dialoghi non eccezionali e poca azione appesantiscono inevitabilmente il film e, cosa peggiore, tolgono quel misto di arroganza e autoironia che rendeva unico il film precendente. I cattivi da uno diventano due: oltre a Vanko, specchio del Tony Stark inventore, c'è anche Justin Hammer, che è lo specchio del Tony Stark imprenditore, mentre gli alleati raddoppiano e a soffrirne è il rapporto tra Tony e Pepper Potts, ormai ridotto alla solita macchietta da battaglia dei sessi e lontanissimo da quell'amaro e romantico menage a due che li univa. Iron Man 2, insiste e preme su tutti quegli elementi che avevano fatto il successo del primo, portando ogni situazione e ogni personaggio al suo paradossale estremo. La conseguenza è che si perde quell'aura di apparente spontaneità che rendeva godibile il racconto di un uomo che vola in un'armatura tecnologica a favore di una compiaciuta sufficienza. La prova evidente è data dalle molte sequenze che replicano i momenti topici del primo film ma che non ne sono all'altezza. Anche lo showdown finale con la nemesi di turno (un Mickey Rourke perfetto tanto quanto lo era Jeff Bridges) si risolve in poco e senza vero coinvolgimento.
Post n°14748 pubblicato il 10 Novembre 2018 da Ladridicinema
La recensione su Claretta Biografia appassionata e nostalgica della ragazzina amante del Duce, Claretta Petacci, che finì i suoi giorni a piazzale Loreto a fianco del dittatore. Lei aveva vent'anni, lui cinquanta; di umile estrazione sociale lei, dittatore di una delle più potenti nazioni al mondo lui; lei si sposerà, lui è già da tempo salito sull'altare e ha pure dei figli; mentre propaganda i veri valori della famiglia agli italiani, Benito Mussolini pensa bene di darsi a plurime scappatelle extraconiugali, fra le quali la più celebre è per forza di cose - rimarrano eternati insieme nella memoria del Paese, impiccati a testa in giù a piazzale Loreto - quella con Claretta Petacci. Con questo film il regista destroide Pasquale Squitieri onora a modo suo la memoria della giovane amante del Duce, affidando la parte e i numerosi premi che ne conseguiranno automaticamente (miglior attrice a Venezia, ai Nastri d'argento, Globo d'oro) alla sua partner nella vita Claudia Cardinale. Eppure le due ore e mezza di Claretta non sono particolarmenti scorrevoli, nè si può dire che l'attrice fornisca una delle sue migliori prove, in una carriera tanto colma di successi e di titoli memorabili; oltre che a tributare a una figura molto cara a Squitieri - che insieme ad Arrigo Petacco è qui anche sceneggiatore - il film non serve francamente a granchè. Fra gli altri interpreti c'è una giovanissima Nancy Brilli, all'esordio assoluto, nei panni di Myriam, sorella di Claretta; ci sono inoltre Giuliano Gemma, Catherine Spaak, Maria Mercader, Philippe Lemaire, Angela Goodwin e Caterina Boratto. Confezione patinata, ritmo sonnolento, ricostruzione storica approssimativa e palesemente faziosa: Squitieri ha indubbiamente fatto di meglio che in questa occasione. 3,5/10.
Post n°14747 pubblicato il 09 Novembre 2018 da Ladridicinema
Titolo originale: Todos lo saben Tutti lo sanno è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Asghar Farhadi, con Penélope Cruz e Javier Bardem. Uscita al cinema il 08 novembre 2018. Durata 132 minuti. Distribuito da Lucky Red. - DATA USCITA: 08 novembre 2018
- GENERE: Drammatico
- ANNO: 2018
- REGIA: Asghar Farhadi
- ATTORI: Penélope Cruz, Javier Bardem, Ricardo Darín, Eduard Fernández, Bárbara Lennie, Inma Cuesta, Elvira Mínguez, Ramón Barea, Roger Casamajor, JoséÁngel Egido
- PAESE: Spagna, Francia, Italia
- DURATA: 132 Min
- DISTRIBUZIONE: Lucky Red
Diretto e sceneggiato da Asghar Farhardi, Tutti lo sanno racconta la storia di Laura, interpretata dall'attrice premio Oscar Penelope Cruz.
Laura è una donna con una storia singolare alle spalle, che l'ha portata ad affrontare molte difficoltà nel corso della sua vita. Il bagaglio di esperienze che Laura trascina con sé è carico di decisioni difficili che, coinvolgendo inevitabilmente altre persone, ora continuano a tormentarla. Ma il vero macigno che grava sulla sua esistenza è un oscuro segreto, con il quale convive ormai da anni. Nel momento in cui si trova costretta a doverlo rivelare per superare una situazione drammatica, sarà per lei come aprire il vaso di Pandora della propria anima tormentata, e si libererà da molti pensieri che la appesantivano da troppo tempo. Questo momento tanto cruciale quanto delicato coincide con il matrimonio della sorella. Per l'occasione, infatti, Laura lascia Buenos Aires per partire alla volta di Madrid insieme ai figli. Il ritorno nella sua piccola città natale, nel cuore di un vigneto alle porte della capitale spagnola, farà tornare a galla un passato turbolento, che infrangerà quello che doveva essere un sereno ricongiungimento familiare. Gli eventi inaspettati che turbano Laura coinvolgeranno anche tutti gli altri personaggi, trascinandoli in una serie di vicissitudini che cambieranno per sempre il corso delle loro esistenze. Nato in seguito a un viaggio del regista nel sud della Spagna, il film è ambientato in un piccolo paese per una scelta precisa: diversamente dalle grandi città, caotiche e frenetiche, qui i rapporti umani si instaurano secondo ritmi più meditativi e semplici, avvolti in un'atmosfera quasi nostalgica. Non solo: gli abitanti di un paese sono più vicini e solidali tra loro, perché sono in pochi e tutti si conoscono. Al fianco di Penelope Cruz, il marito Javier Bardem nei panni di Paco, un instancabile contadino che è nato nella casa in cui vive la famiglia di Laura. Anche il suo passato riemergerà bruscamente, rischiando di travolgere la sua vita presente, che con tanta fatica si è costruito nel corso degli anni partendo da zero, dalla terra. Infine l'attore Ricardo Darín interpreta Alejandro, il marito argentino di Laura. Alejandro non ha mai avuto problemi economici e si è sempre fatto in quattro per aiutare il paese da cui proviene Laura, finché la sua situazione non è cambiata e ha perso quasi tutto. Per questo non può recarsi al matrimonio della cognata e rimane a Buenos Aires in cerca di lavoro, passando da un colloquio all'altro nella speranza di uscire da questo momento di crisi. Ma un imprevisto lo farà salire immediatamente su un aereo diretto in Spagna: deve intervenire nella situazione drammatica che viene a crearsi al matrimonio. CURIOSITÀ SU TUTTI LO SANNO: Film d'apertura del Festival di Cannes 2018. FRASI CELEBRI: Dal Trailer Italiano del Film: Irene (Carla Campra): Ciao papà, siamo quasi arrivate! Zia Ana è venuta a prenderci all'aeroporto!
Ragazzo (Sergio Castellanos): Tua madre e Paco erano innamorati Irene: Sul serio?
Laura (Penélope Cruz): Stanotte è successo qualcosa!
Paco (Javier Bardem): Chiama Alejandro, che venga il prima possibile!
Alejandro (Ricardo Darín): È mia figlia! Lasciatemi decidere cosa conviene fare!
Voce off: Questa non è opera di sconosciuti
Voce off: Dovete stare attenti alle persone che avete vicino
Laura: Se tu sei d'accordo, c'è un modo per aiutarla!
Paco: Laura, ti fidi ciecamente di tuo marito?
Alejandro: Che gli hai detto? Laura: Tutto! Alejandro: L'avevamo giurato!
Laura: State mentendo tutti!
Alejandro: Cerca di scoprire chi lo sa! Adesso tutti lo sanno! IL CAST DI TUTTI LO SANNO:
- MONTAGGIO: Hayedeh Safiyari
- PRODUZIONE: Memento Films Production, Morena Films, Lucky Red
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45