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Messaggi di Febbraio 2018
Post n°14327 pubblicato il 28 Febbraio 2018 da Ladridicinema
La questione ambientale è al centro di migliaia di vertenze su tutto il territorio nazionale. E’ amplificata da un modello capitalistico predatorio che provoca rotture sempre più profonde nel rapporto tra l’uomo, le altre specie animali, il resto della natura, accumulando enormi problemi che il pianeta e le generazioni future avranno sempre più difficoltà a risolvere. La devastazione ambientale è anche questione di classe, di cui pagano le conseguenze assai più gli oppressi e gli esclusi che i ricchi e privilegiati. Un intero continente, quello africano, fa i conti non solo con le guerre ma anche con siccità, desertificazione, inquinamento, mentre nei paesi del primo mondo continuiamo a sprecare risorse. I paesi dominanti non riescono però più a confinare i danni globali: l’inquinamento, lo stravolgimento climatico, la crisi idrica, gli incendi ci colpiscono sempre più al cuore e ci impongono un urgente e radicale ripensamento del modello di produzione e consumo. Anche nel nostro Paese da anni contrastiamo una costante devastazione dei territori in nome del profitto (si pensi a “Grandi Opere” come la TAV, il progetto TAP, le trivellazioni petrolifere, l’eolico selvaggio, i siti contaminati, la cementificazione…). Non c’è “economia verde” che tenga, se non si mette in discussione la logica del profitto. C’è bisogno di una pianificazione democratica su scala nazionale e internazionale incentrata sulla salvaguardia dell’ambiente e il risanamento dei danni connessi al cattivo uso delle risorse. Anche in questo campo l’omologazione tra centrodestra e centrosinistra ha portato all’approvazione di una serie di “riforme” che hanno stravolto conquiste precedenti, di cui va rivendicata l’abrogazione immediata: dallo Sblocca Italia alla riforma Madia che cancella il ruolo delle Sovrintendenze, alla neutralizzazione della valutazione di impatto ambientale all’aggressione ai parchi nazionali, ecc.
Per questo lottiamo per: - la messa in sicurezza e salvaguardia preventiva dei territori, la tutela del paesaggio e dei beni comuni, del patrimonio storico e architettonico, programmazione, pianificazione e gestione partecipate e trasparenti fondate su obiettivi di interesse collettivo in alternativa al business dell’emergenza ambientale e a quello della cosiddetta green economy;
- lo stop alle cd. “Grandi Opere”, a partire dalla TAV in Val di Susa, alla TAP in Salento, al MOSE, all’eolico selvaggio, col riorientamento degli investimenti verso un grande piano per la messa in sicurezza idrogeologica e sismica del Paese;
- una nuova politica energetica che parta dal calcolo del fabbisogno reale e dalla radicale messa in discussione della Strategia Energetica Nazionale, raccogliendo le rivendicazioni dei movimenti NO TRIV e dei comitati per il NO EOLICO SELVAGGIO e la richiesta di democrazia dei territori contro un modello centralizzato orientato da interessi multinazionali
- la moratoria sui nuovi progetti estrattivi riguardanti combustibili fossili e lo stop a ogni progetto di estrazione non convenzionale, l’ eliminazione dei sussidi pubblici alle fonti fossili o ambientalmente dannose (16 miliardi annui) da utilizzare per la creazione diretta di posti di lavoro nell’efficienza energetica, nelle energie rinnovabili, in ricerca e innovazione tecnologica
- l’uscita totale dal carbone come fonte di produzione energetica entro il prossimo decennio, l’uso delle biomasse solo da scarti, la pianificazione degli impianti eolici con criteri di tutela paesaggistica e faunistica, lo stop a infrastrutture energetiche come il TAP e Poseidon;
- una legge seria per lo stop al consumo di suolo che obblighi i comuni a localizzare i nuovi interventi nel territorio urbanizzato e non in quello non urbanizzato una legge urbanistica che ponga fine alla stagione della deregulation a favore dei privati, l’aumento delle dotazioni pubbliche (verde, servizi, trasporti non inquinanti), lo stop alla cementificazione delle coste e il recupero ambientale delle spiagge (il 75,4% della fascia entro 200 m. dalla costa è edificato);
- un piano nazionale per la bonifica dei siti inquinati fondato sul principio “chi inquina paga” e il monitoraggio e la tutela delle condizioni di salute delle popolazioni delle aree interessate;
- un piano di investimenti per la mobilità sostenibile e il trasporto pubblico (dalle ferrovie al trasporto urbano) fondato sui reali bisogni delle classi popolari e sul rispetto dell’ambiente, che superi la prevalenza dei sistemi di trasporto su gomma, potenziando il traffico merci su ferro e via mare;
- un radicale potenziamento della ciclabilità, con una politica di investimenti pubblici
- lo stop all’ingresso delle navi da crociera nella Laguna di Venezia, sostenendo le proposte alternative del comitato NOGrandiNavi
- una nuova politica dei rifiuti, che indirizzi la produzione delle merci verso la recuperabilità, disincentivando i prodotti non riciclabili e usa e getta;
- la gestione pubblica dell’impiantistica e del ciclo di smaltimento, la messa al bando dell’incenerimento attraverso l’eliminazione degli incentivi, investimenti su raccolta differenziata, recupero, riuso, riciclo, riduzione, realizzando la strategia elaborata dal Movimento “Legge Rifiuti Zero”
- la ripubblicizzazione dell’acqua bene comune, e più in generale dei servizi pubblici, cancellando il modello di gestione attraverso soggetti di diritto privato come le SPA, nel rispetto della volontà popolare espressa nel Referendum del 2011.
Post n°14326 pubblicato il 28 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Nel Gender Gap Report 2017, il rapporto sul divario tra uomini e donne, l’Italia è all’82esimo posto su 144, era al 50esimo nel 2015: si inaspriscono dunque le disuguaglianze. Sulle donne continua a scaricarsi il doppio lavoro produttivo e riproduttivo, le gerarchizzazioni dentro il lavoro, il dominio maschile dello spazio pubblico, la violenza materiale e simbolica che nega i percorsi di autodeterminazione e libertà. La crisi ha acuito i problemi. L’Italia è penultima in Europa per occupazione femminile, sulle donne si concentrano il part-time imposto (più che doppio rispetto agli uomini), la precarietà e la sottoccupazione. I tagli al sistema di welfare, in una società incapace di rimettere in discussione la divisione dei ruoli maschili e femminili, si traducono nella negazione del “diritto al tempo” con le donne che dedicano al lavoro domestico e di cura una media di oltre 5 ore al giorno, il triplo degli uomini. La violenza contro le donne è cronaca quotidiana, tra le mura domestiche dove si consuma la maggior parte delle violenze, nella perpetuazione di un dominio maschile incapace di fare i conti con l’affermazione di autonomia e libertà delle donne. La questione di genere si intreccia con la questione di classe, e colpisce in particolare i corpi delle donne migranti. Le discriminazioni sul lavoro e nella società, la violenza riguardano anche gay, lesbiche, trans e tutto l’universo LGBTQI, che combatte quotidianamente contro i pregiudizi, l’odio, l’omofobia, la transfobia. Il non riconoscimento pieno delle relazioni e delle famiglie delle persone LGBTQI significa ridurre le loro vite a esistenze individuali e isolate, e riaffermare un’idea autoritaria di famiglia che compromette la libertà di tutti e tutte. Al carattere sistemico della violenza risponde oggi un movimento femminista mondiale: “Non una di meno” è la forza politica che tiene insieme e traduce percorsi di liberazione dal dominio di classe, di genere, di razza e orientamento sessuale. La lotta femminista partita dalla Argentina ha portato nelle piazze centinaia di migliaia di donne contro la violenza in tutte le sue forme. Lo sciopero dal lavoro riproduttivo e produttivo dello scorso 8 marzo ha messo in luce le tante forme di sfruttamento invisibili, nel lavoro di cura, nel lavoro da casa e nella richiesta di disponibilità e prestazione permanente. Anche in Italia il movimento femminista ha espresso, e continua ad esprimere, con autonomia e intelligenza, una capacità fortissima di lotta, elaborazione, proposta. Per questo lottiamo per: - la parità di diritti, di salari, di accesso al mondo del lavoro a tutti i livelli e mansioni a prescindere dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale;
- la radicale rimessa in discussione dei ruoli maschile e femminile nella riproduzione sociale ed un sistema di welfare che liberi tempo di vita per tutte e tutti;
- la rottura del carattere monosessuato dello spazio pubblico e della politica;
- soluzioni che inibiscano ogni forma di violenza (fisica, ma anche sociale, culturale, normativa) e discriminazione delle donne e delle persone LGBTI (attraverso una legge contro l’omotransfobia);
- una formazione che fornisca strumenti per decostruire il sessismo e educhi al riconoscimento della molteplicità delle differenze;
- la piena e reale libertà di scelta sulle proprie vite e i propri corpi, il pieno diritto alla salute sessuale e riproduttiva, negata in tante strutture pubbliche dalla presenza di medici obiettori. Va garantito a tutte l’accesso alla fecondazione assistita, anche eterologa, a prescindere dallo stato di famiglia. Va combattuta la diffusione dell’HIV attraverso la promozione della contraccezione rendendo disponibili a tutte e tutti le nuove tecniche di prevenzione. Vanno vietate le mutilazioni genitali su* bambin* intersessuali prima che possano capire e sviluppare la loro identità di genere;
- la cancellazione di ogni pacchetto sicurezza. La sicurezza delle donne è nella loro autodeterminazione;
- i diritti e le aspirazioni di gay, lesbiche e trans, sia come individui che nella loro vita di coppia, con l’introduzione del matrimonio egualitario, del riconoscimento pieno dell’omogenitorialità a tutela dei genitori, dei figli e delle famiglie e con la ridefinizione dei criteri relativi all’adozione, consentendola anche a single e persone omosessuali, per riconoscere il desiderio di maternità e paternità di tutte e tutti.
Post n°14325 pubblicato il 28 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Le principale forze politiche alimentano le tendenze xenofobe e razziste, indicando nei migranti la causa principale del disagio sociale: è una falsità assoluta. E’ la concentrazione di ricchezze e potere nelle mani di pochi la causa dell’impoverimento dei molti, non chi fugge dalle guerre o dai disastri economici e ambientali provocati dalle politiche liberiste. È necessario un discorso solidale e di alleanze fra sfruttati che porti all’estensione dei diritti sociali per tutte/i, cittadini italiani e migranti. E’ necessario dare accoglienza e diritti tanto ai richiedenti asilo che stanno giungendo dal 2011 quanto alle cittadine e i cittadini migranti residenti da anni in Italia. Per questo lottiamo per: - il superamento della gestione emergenziale, militarizzata e “straordinaria” dell’accoglienza, proponendo – a partire dal modello SPRAR – centri di piccole dimensioni, gestite dal pubblico e che permettano a chi arriva percorsi autonomi di inserimento, abitativo, sociale, lavorativo, indipendentemente dal loro status giuridico;
- la valorizzazione delle professionalità coinvolte nell’accoglienza, persone oggi costrette a contratti precari e a supersfruttamento;
- l’abolizione del regolamento di Dublino III, delle leggi Minniti-Orlando e di tutte le leggi razziste che lo hanno preceduto;
- l’abrogazione degli accordi bilaterali che permettono il rimpatrio forzato e di quelli che servono ad esternalizzare le frontiere, per l’attivazione di canali legali e protetti d’ingresso in Europa;
- l’abrogazione del T.U. in materia di immigrazione (Bossi–Fini) frutto di emendamenti della Turco–Napolitano, la rottura del vincolo tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, la chiusura di tutte le forme di detenzione amministrativa, il passaggio di competenze ai Comuni per il rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno, meccanismi di regolarizzazione permanente;
- l’approvazione dello ius soli e la sua estensione a chi è comunque cresciuto in Italia, una revisione estensiva della legge sulla cittadinanza, il diritto di voto a partire dalle elezioni amministrative per chi risiede stabilmente nel nostro paese.
Post n°14324 pubblicato il 27 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Per i loro cinquant'anni di amore, Pietro e Alba decidono di organizzare una grande festa a Ischia, dove hanno passato gli anni più belli ed invitano tutti, non sapendo che in realtà in quel luogo si riuniranno famiglie sull'orlo di una crisi di nervi. Il mare grosso e un temporale improvviso, impediscono le partenze dei traghetti e costringono gli invitati a prolungare soggiorno, convivenza e agonia scatenando quello che era rimasto nascosto. L'ultimo film di Muccino, parla ancora una volta della famiglia, o meglio delle ipocrisie e delle contraddizioni che si nascondono dietro le famiglie "perfette". Perché la famiglia è il luogo da cui fuggi e da cui in qualche modo ritorni. Se in "Baciami Ancora" il rapporto familiare sembrava forzato, in quest'ultimo film "A Casa Tutti Bene", questo rapporto dovuto alla riunione per le nozze d'oro dei genitori, ha un risultato diverso. Sicuramente, come sempre, non verrà apprezzato dalla critica (qui si rimanda a molte battute di Padri e figlie sui critici), ma certamente dallo spettatore, grazie alla bravura dei suoi interpreti. Ed è proprio il cast di attori a salvare un film che altrimenti andrebbe alla deriva come i suoi protagonisti. A dispetto del titolo, chiaramente di "bene" c'è veramente poco, in quanto tutti i personaggi stanno male per qualcosa. Personaggi influenzati dalla sindrome di Peter Pan, che non pensano alle conseguenze che i loro gesti e comportamenti possano avere sui loro figli. La loro immaturità è l'elemento fondante del film. Non abbiamo, rispetto ad altri film di Muccino, la famiglia ricompattata, anzi. Non per niente l'unica famiglia, l'unica coppia che si rafforza da questa esperienza è quella dei personaggi interpretati da Claudia Gerini e Massimo Ghini, i quali probabilmente sono gli unici che veramente hanno veri problemi, legati alla malattia di lui. Gli altri rapporti sono forzati ed immaturi. Anche se l'isola non avrà nome, il film è stato girato ad Ischia, perché «serviva un'isola così: piena di angoli suggestivi e logisticamente pratica», spiega Muccino, che aggiunge che lì è nata la madre e quindi c'è un rapporto personale con questo luogo. Muccino non da alibi e non da colpe, gioca molto sui dettagli, sugli sguardi e sui ricordi ed è lì che il film fa sentire la sua forza in un film mucciniano per eccellenza che rivela sin dall'inizio il suo campo d'indagine e affida questa dichiarazione d'intenti alla frase d'apertura recitata dalla voce fuori campo di Accorsi: "Dicono che la famiglia sia il nostro punto di partenza, poi di fuga e alla fine diventi quello di ritorno" voto finale: 3+/5 A casa tutti bene è un film di genere commedia, drammatico del 2018, diretto da Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi e Carolina Crescentini. Uscita al cinema il 14 febbraio 2018. Durata 105 minuti. Distribuito da 01 Distribution. - DATA USCITA: 14 febbraio 2018
- GENERE: Commedia, Drammatico
- ANNO: 2018
- REGIA: Gabriele Muccino
- ATTORI: Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci, Tea Falco, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Gianfelice Imparato, Ivano Marescotti, Giulia Michelini, Sandra Milo, Giampaolo Morelli, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi, Christian Marconcini, Elena Minichiello, Renato Raimondi, Elena Rapisarda, Elisa Visari
- PAESE: Italia
- DURATA: 105 Min
- DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
TRAMA A CASA TUTTI BENE: Il nuovo film di Gabriele Muccino, A casa tutti bene è il ritratto di una grande famiglia riunita per festeggiare le Nozze d'Oro dei nonni. Sbarcati sull'isola dove la coppia di pensionati si è trasferita a vivere, figli e nipoti si ritrovano bloccati sull'isola a causa di un'improvvisa mareggiata che impedisce ai traghetti di raggiungere la costa. Il nutrito nucleo/cast composto tra gli altri da Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi e Carolina Crescentini, sarà costretto a fermarsi più a lungo del previsto sull'isoletta, sotto lo stesso opprimente tetto e in compagnia di numerosi parenti invadenti. Il confronto inevitabile farà riemergere antiche questioni in sospeso, riaccenderà conflitti e gelosie del passato, inquietudini e paure mai sopite. Ci sarà persino un colpo di fulmine, o forse è solo la tempesta che imperversa all'esterno.
Anche se L'estate addosso era già un film italiano, perché parlato nella nostra lingua e interpretato per metà da attori non statunitensi, A casa tutti bene segna il ritorno ufficiale di Gabriele Muccino in patria, tanto che lui stesso lo ha definito fin dal principio "il film del ritorno a Itaca", paragonandosi a un Ulisse, se non più anziano, comunque più saggio del personaggio nato dalla fantasia di Omero, un uomo pacificato che ha firmato un'opera personalissima incentrata innanzitutto sulla famiglia, una grande famiglia, in questo caso. PANORAMICA SU A CASA TUTTI BENE: L'azione di A casa tutti bene si svolge su un'isola immaginaria, luogo simbolico dal quale a volte è difficile fuggire e dove una tempesta trattiene più a lungo del previsto figli, nipoti, cognati e cugini riuniti da Alba e Pietro, che festeggiano le nozze d'oro. I personaggi sono dunque numerosi e ognuno è chiamato a fare i conti con il proprio passato, con gelosie mai sopite, rapporti irrisolti e imprevisti colpi di fulmine. In un simile tourbillon di confronti umani, i sentimenti la fanno dunque da padrone, collocando il film all'interno del genere melò - anche se Gabriele Muccino parla di "racconto epico" - e accostandolo inevitabilmente a L'ultimo bacio. Da quell'opera, A casa tutti bene "prende", oltre ai travolgenti movimenti di macchina parte del suo cast: Stefano Accorsi, Stefania Sandrelli, Pierfrancesco Favino e Sabrina Impacciatore, mentre sono alla loro prima esperienza con il regista romano Ivano Marescotti, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Carolina Crescentini, Gianfelice Imparato, Giampaolo Morelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi e Sandra Milo. Giulia Michielini, invece, era già stata diretta da Gabriele in Ricordati di me. Ognuno di loro - ha raccontato il regista - ha messo qualcosa di sé nella storia, che risulta la "summa" di diverse anime. Scritto insieme a Paolo Costella (che è uno degli sceneggiatori di Perfetti sconosciuti), A casa tutti bene - la cui canzone "tormentone" è Bella senz'anima (cantato anche dai personaggi a cominciare dal trailer) segna anche un altro ritorno: quello di Nicola Piovani al cinema. Il compositore, autore della colonna sonora del film, è alla sua prima collaborazione con il regista, cosa che non si può dire per il direttore della fotografia Shane Hurlbut, che ha illuminato Padri e figlie. Dal Trailer Ufficiale del Film A casa tutti bene: Paolo (Stefano Accorsi): Dicono che la famiglia sia il nostro punto di partenza, poi di fuga e alla fine diventi quello di ritorno
Ginevra (Carolina Crescentini): Per le loro nozze d'oro i miei ci hanno voluto riunire tutti, era stato organizzato per stare bene tutti insieme, come quando eravamo bambini
Carlo (Pierfrancesco Favino): Poi, però, lì ci siamo rimasti bloccati e scopri che chi ti sta più vicino non lo conosci per niente
Isabella (Elena Cucci): Ti vedono come la scheggia impazzita a casa Paolo: Non mi vedono da anni...non sanno niente di me
Sara (Sabrina Impacciatore): Come hai fatto tu a sopportare tutti i tradimenti di papà?
Carlo: A te questa cosa proprio non ti va giù, io voglio che siamo solo tutti felici, porca puttana!
Ginevra: Da quant'è che ci stai addosso? Come un avvoltoio! Carlo: Basta...per favore! Ginevra: Te lo dico io! Sono nove anni! Elettra (Valeria Solarino): Ma te sei una malata di mente, sei!
Pietro (Ivano Marescotti): Io sono cresciuto orfano, a me una famiglia mi sta sul cazzo!
Nipote (Elena Rapisarda): Giuro che il giorno dopo che faccio 18 anni scappo e non mi vedono più
Paolo: Vorrei una vita normale Alba (Stefania Sandrelli): Le vite normali non esistono IL CAST DI A CASA TUTTI BENE:
Post n°14323 pubblicato il 27 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Nel 1972 la corte suprema americana ricordò come nel primo emendamento della dichiarazione d'indipendenza i padri fondatori diedero "alla libera stampa la protezione che essa deve avere per realizzare il suo essenziale ruolo nella nostra democrazia. La stampa doveva servire i governati, non i governanti", perchè "Solo una stampa libera ed indomita può effettivamente svelare gli inganni del governo". Il film parla di uno dei più grandi scandali americani, ovvero le menzogne delle amministrazioni Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson e Nixon sul Vietnam. Nel 1971, furono divulgati dei documenti top secret del dipartimento della difesa americana sulla guerra vietnamita, detti dossier Mc Namara (Pentagon Papers), pubblicati prima sul New York Times e poi dopo che questi furono minacciati da un'ingiunzione della corte suprema, dal Washington Post e in seguito da tutti gli altri in solidarietà con i due giornali. A diffondere 7000 pagine di un rapporto sulla guerra, fu Daniel Ellsberg, economista e impiegato del Pentagono, che raccontò di come la presidenza Nixon coprì con il segreto di Stato la verità sulla guerra, mentre le presidenze Eisenhower e Kennedy sapevano che quella guerra non sarebbe mai stata vinta. In tutto questo e in mezzo a tutte queste bugie per una questione di orgoglio nazionale (in quanto non si poteva accettare la sconfitta) migliaia di giovani americani morivano in Vietnam. Le Operazioni in Laos cessarono due giorni dopo la pubblicazione dell’articolo sul New York Times. L’ultimo film di Steven Spielberg, il tanto atteso “The Post”, ci ricorda come dovrebbeessere il vero giornalista. Spielberg enfatizza che i singoli e le loro scelte sono fondamentali per i cambiamenti della società, e per permettere al popolo di agire di conseguenza. Non è un inno ai giornali, ma alla libertà di stampa, perchè in questi anni il pericolo e la minaccia ad essa, è peggiore che nel 1971. Con questo film esaltano tutto il processo che si nasconde dietro la pubblicazione di una prima pagina, e di un quotidiano tutto. Il coraggio di Ben Bradlee e del suo editore Katharine Graham, sono un punto di orgoglio e di coraggio. E' un film sulla forza delle donne, in quanto quella prima decisione alla guida del Washington post da parte della Graham, fu essenziale per ribadire l'importanza della verità sulla menzogna, qualunque conseguenza possa avere, anche sopra gli interessi di Stato. Lei era assolutamente convinta che il primo emendamento fosse fondamentale e che bisognasse rispettare i lettori e la loro intelligenza. La sua decisione diede il primo duro colpo all'amministrazione Nixon, travolto poi dallo scandalo Watergate poco dopo. Sfidare il potere di uno come Nixon. Rischiare tutto in nome della verità o accettare di mentire per non fare affondare la nave? La nostra coscienza cosa ne pensa? Sta qui la magia del film di Spielberg. “Phil diceva che una notizia è la prima bozza della Storia”. Katharine Graham (Meryl Streep) aspetta la fine del film per confidare a Ben Bradlee (Tom Hanks) una frase del marito, Phil, morto suicida anni prima, dal quale ereditò il comando del Post. Un film necessario e giusto, ma che non riguarda solo l'attuale amministrazione americana come qualcuno vuol far credere, ma tutte le amministrazioni americane (visto che lo scandalo fu bipartisan riguardando amministrazioni di entrambi gli schieramenti) e soprattutto la decadenza del giornalismo moderno asservito al potere e dedido alle fake news. Dubbi sul prossimo oscar come migliore attrice? The Post è un film di genere drammatico, thriller del 2017, diretto da Steven Spielberg, con Tom Hanks e Meryl Streep. Uscita al cinema il 01 febbraio 2018. Durata 118 minuti. Distribuito da 01 Distribution. TRAMA THE POST: Nella storia americana ci sono stati momenti cruciali nei quali i comuni cittadini hanno dovuto decidere se mettere a rischio tutto - livello di vita, reputazione, status, perfino la libertà - per fare quello che credevano fosse giusto e necessario per proteggere la Costituzione e difendere la libertà del loro paese. Diretto da Steven Spielberg, il thriller politico The Post racconta la storia dietro alla pubblicazione dei "Quaderni del Pentagono", avvenuta agli inizi degli anni settanta sul Washington Post. L'occultamento dei documenti top secret sulle strategie e i rapporti del governo degli Stati Uniti con il Vietnam tra gli anni quaranta e sessanta innesca una battaglia senza precedenti in nome della trasparenza e della libertà di stampa. In particolare, la pubblicazione dei cosiddetti Pentagon Papers diviene manifesto della ferma e decisa rivendicazione del diritto di cronaca e della libertà di informazione da parte di due figure molte diverse ma accomunate dal coraggio e da una forte etica professionale: l'editrice del giornale Kay Graham (Meryl Streep), prima donna alla guida della prestigiosa testata, e il duro e testardo direttore del giornale Ben Bradlee (Tom Hanks). I due metteranno a rischio la loro carriera e la loro stessa libertà nell'intento di portare pubblicamente alla luce ciò che quattro Presidenti hanno nascosto e insabbiato per anni. Nonostante i meschini tentativi del governo di contenere la fuga di informazioni riservate, i media diffondono la notizia schierandosi dalla parte dei cittadini. Oltre ai due protagonisti principali, il cast di The Post comprende Alison Brie, Carrie Coon, David Cross, Bruce Greenwood, Tracy Letts, Bob Odenkirk, Sarah Paulson, Jesse Plemons, Matthew Rhys, Michael Stuhlbarg, Bradley Whitford e Zach Woods. PANORAMICA SU THE POST: The Post è il quinto film di Steven Spielberg che veda tra i protagonisti Tom Hanks, che diventa così l'attore che ha lavorato più volte con Steven in ruoli differenti, dopo Salvate il soldato Ryan, Prova a prendermi, The Terminal e Il ponte delle spie. C'è un altro primato: Meryl Streep invece non aveva incredibilmente mai recitato in un film dell'autore, se non come voce di Blue Mecha nella versione originale di A. I.. Le musiche di The Post sono a cura di John Williams, che per limiti d'età non cura più ogni colonna sonoraspielberghiana (il contemporaneo Ready Player One è stato infatti affidato alle cure musicali di Alan Silvestri). Un lento passaggio di consegne sta avvenendo anche in sede di montaggio, dove il fedelissimo Michael Kahn per la prima volta qui accredita al suo fianco Sarah Broshar, sua assistente da oltre dieci anni, per la precisione da 10 cose di noi del 2006. Mai messa in discussione invece la presenza ormai ultraventennale di Janusz Kaminski alla direzione della fotografia, l'unico della squadra Spielberg storica a essere più giovane dell'autore (classe 1959 contro classe 1946). The Post rappresenta il debutto della sceneggiatrice Liz Hannah, classe 1985: il suo copione era stata inserito nell'ufficiosa Black List hollywoodiana delle migliori sceneggiature non prodotte, finché Spielberg non l'ha raccolto. Josh Singer, premio Oscar per Il caso Spotlight, è stato comunque chiamato a integrare il lavoro di Liz. CURIOSITÀ SU THE POST: Candidato a 2 Premi Oscar 2018: Miglior Film e Migliore attrice protagonista (Meryl Streep) 6 Nonimation ai Golden Globes 2018 Miglior film dell'anno secondo L'AFI (American Film Institute), il National Board of Review e New York Film Critics. FRASI CELEBRI: Ben Brandlee (Tom Hanks): Posso farti una domanda ipotetica? Kay Graham (Meryl Streep): Oh signore, non mi piacciono le domande ipotetiche Ben: Oh, non ti piacerà neanche quella vera! Kay: Ce li hai i documenti? Ben: Non ancora... Voce off: Questa falla nella sicurezza è devastante! Li hanno trafugati dal Pentagono, sono i documenti più riservati sulla guerra Ben: Il Times ha 7000 pagine che illustrano come la Casa Bianca abbia mentito sulla Guerra del Vietnam per trent'anni! Ben: Quanto hanno mentito?! Quei tempi devono finire Arthur Parsons (Fritz Beebe): Kay, li preoccupa che ci sia una donna al capo del giornale, che possa non avere fermezza per le decisioni difficili! Kay: Grazie Arthur per la tua franchezza! Hostess: Deve essere merce preziosa! Ben Bagdikian (Bob Odenkirk): Solo...segreti governativi! Murray Marder (Rick Holmes): Se li pubblichiamo, saremo alla Corte Suprema tra una settimana! Kay: Ovvero? Ben: Potremmo finire tutti in galera Tony Bradlee (Sarah Paulson): Prendere questa decisione, rischiare il suo patrimonio e l'azienda, che è stata tutta la sua vita...è un atto di grande coraggio! Murray Marder (Rick Holmes): Se il governo vince, il Washington Post non esisterà più! Ben: Se non li obblighiamo noi a darne conto, chi lo farà? Kay: Ma non li possiamo obbligare, se non abbiamo un giornale William Macomber (Cotter Smith): Nixon userà tutto il potere di un Presidente e se c'è un modo di distruggervi, quanto è vero Iddio lo troverà! Voce off: Che succede se non li pubblichiamo? Perderemo. Il paese perderà!
FOCUS SU THE POST:
Anche se The Post si concentra sulle pubblicazioni del Washington Post, fu il New York Times a cominciare nel 1971 la pubblicazione dei cosiddetti "Pentagon Papers", uno studio secretato del Pentagono sulla Guerra del Vietnam, dopo che l'ex-analista dell'esercito Daniel Ellsberg l'aveva di nascosto fotocopiato nel 1969. In buona sostanza dimostrava come le amministrazioni Kennedy e Johnson avessero nascosto all'opinione pubblica e al Congresso stesso il crescente coinvolgimento nella guerra e nella politica nella regione, tacendo anche la crescente certezza di non poterne uscirne vincitori. Nonostante Ellsberg avesse cercato in tutti i modi di portare alcuni suoi conoscenti senatori a discutere dei testi in sede istituzionale (dato che non sarebbero stati perseguibili, a differenza di lui), si decise poi a diffondere i testi su oltre 17 organi di stampa, tra i quali il Washington Post. Katharine Meyer Graham (1917-2001), al cinema appunto con il volto di Meryl Streep, era editrice del Post dal 1963, anno della morte del precedente editore, suo marito Philip Graham, morto suicida, che aveva a sua volta ricevuto l'incarico dal suocero, Eugene Meyer. La legava quindi al giornale una tradizione familiare, che non le rese comunque più semplice essere accettata, in particolar modo durante la pubblicazione dei Pentagon Papers. Successivamente tuttavia, sulla scia dell'evento storico che questa pubblicazione rappresentò, il Post e il New York Times furono coprotagonisti dell'onda anomala del Watergate, più o meno due anni dopo. Il personaggio interpretato da Hanks è invece Ben Bradlee(1921-2014), redattore capo dal 1968 al 1991, che in questa circostanza e nel Watergate sfidò il governo federale rifacendosi al Primo Emendamento della Costituzione. Fu lui durante il successivo Watergate a supervisionare il lavoro di Bob Woodward e Carl Bernstein, interpretati da Robert Redford e Dustin Hoffman in Tutti gli uomini del presidente (1976), dove Bradlee fu portato sullo schermo invece da Jason Robards. Segno di quanta maggiore attenzione ci sia oggi per i ruoli e i personaggi femminili, nel citato film il personaggio di Kay Graham non appariva affatto. IL CAST DI THE POST:
Post n°14322 pubblicato il 27 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Se è vero che la Storia non è fatta di 'se' e di 'ma' è altrettanto vero che una storia alternativa, divisa tra utopia e ucronia, può essere valido strumento per riflettere sul futuro, correggere le storture ed esaminare i disastri che non riusciamo a superare nel presente. di Gabriele Sabetta - 17 febbraio 2018 Cosa sarebbe successo se i Patti Lateranensi non fossero stati sottoscritti? E se la morte prematura di Benito Mussolini avesse portato alla guida del governo un Dino Grandi? E se invece fosse toccato a Galeazzo Ciano, ambizioso genero del Duce? E se quest’ultimo avesse dato avvio a una politica filo-americana, magari sposando una Rockefeller, pilotando il Paese verso un’economica liberal-capitalista? E se Filippo Tommaso Marinetti avesse scritto un fantasioso romanzo storico, consegnato direttamente al Duce, influenzando la sua politica? Nell’epoca in cui la nostra attenzione è incatenata all’attimo presente, osserviamo incoscienti le inebrianti fluttuazioni cui sono soggette le storie e gli eventi, a volte in modo del tutto fittizio ed irreale, nel tentativo – quasi sempre riuscito – di confondere lo spettatore ed impedirgli di maturare una propria, salda convinzione. E se iniziassimo ad inventare le narrazioni che più desideriamo, a scapito dei fatti genuini, stanchi del circo mediatico – facendoci beffe di giornali, TV e del sistema scolastico? Filippo Tommaso Marinetti Contemplare il passato porta inevitabilmente a riflettere sul futuro – un tempo che contiene le nostre speranze e le paure di ciò che potrebbe accadere; infatti, mentre non abbiamo alcun controllo sugli eventi trascorsi, il futuro sembra terreno fertile per congetture di ogni tipo. Le speculazioni sull’avvenire ci consentono di correggere le storture e di esaminare i disastri che non riusciamo a superare nel presente: lafinzione funge da rifugio finale e ideale. Il filosofo Charles Renouvier scelse la parola ucronia come titolo del suo romanzo del 1876, dalla radice greca, avente come significato senza tempo; stava seguendo il modello stabilito qualche secolo prima da sir Thomas More, la cui Utopia, termine di uguale derivazione, significa non-luogo. Se l’utopia, dunque, è un luogo che non esiste in questo mondo, l’ucronia è un tempo – inteso come concatenazione di eventi – mai accaduto; se l’utopia è posta nell’oltre-mondo, l’ucronia sviluppa una trama alternativa, considerando cosa sarebbe successo al mutare di determinati eventi-chiave. Tale speculazione, tuttavia, non deve ridursi a pura frivolezza, poiché il contrasto con ciò che realmente è accaduto può approfondire la nostra comprensione del momento attuale. Non si tratta di esercizi per intellettuali perditempo, è da rilevarne il notevole contenuto filosofico e pedagogico: nell’utopia, da Platone al Rinascimento, si disegna una città ideale come modello per la condotta virtuosa del cittadino nella sua vita concreta; nell’ucronia, si ricorda che la storia è il teatro del sempre possibile, a scapito di ogni “storicismo” paralizzante. Thomas More – Hans Holbein il Giovane (1527) La storia alternativa è un campo estremamente vasto. Alcuni tra giornalisti, studiosi e romanzieri, hanno provato a raccontare, in un volume intitolato Fantafascismi, curato da Gianfranco de Turris, appena pubblicato per Bietti, le differenti svolte che la storia d’Italia, fra il 1921 e il 1945, avrebbe potuto intraprendere se alcuni episodi (non) si fossero verificati ovvero se gli accadimenti avessero seguito un indirizzo diverso. Giacinto Reale, ad esempio, prova a rimescolare le carte in quel fatidico 28 ottobre 1922: mentre le colonne fasciste muovono alla volta della Capitale, per dare inizio alla storica “marcia”, Benito Mussolini attende a distanza, negli uffici del Popolo d’Italia a Milano, assieme al fratello Arnaldo, pronto a partire non appena la situazione volgerà in favore del movimento. Ad un certo punto, si vede costretto a scendere in strada per sedare un dissidio tra i suoi uomini e le guardie reali; ed è qui che la cronaca imbocca un’altra via: egli rimane coinvolto in una sparatoria, ferito gravemente; si decide, in segreto, dopo aver riportato il corpo all’interno dell’edificio, di trasportarlo in Svizzera, per operare la rimozione del proiettile; ma proprio mentre costeggia il lago di Como, nei pressi di Dongo, l’ambulanza si ribalta e Mussolini viene scaraventato fuori, morendo sul colpo. Allora, diffusasi la notizia, il re decide di firmare lo stato d’assedio e incaricare l’anziano Giovanni Giolitti per la formazione di un nuovo governo cui faranno parte anche esponenti fascisti, mentre – per ironia della sorte – la celebrazione del funerale di colui che sarebbe dovuto diventare il Duce del Fascismo avrà luogo in Milano a Piazzale Loreto. Suggestivo e visionario il racconto di Dalmazio Frau, con protagonista Armando Brasini, immaginato come architetto ufficiale del regime in luogo di Marcello Piacentini; la nuova Roma da lui disegnata, invece del freddo e monumentale stile del Piacentini, appare così fascinosa da far esclamare ad un giornalista venuto dall’America: Intuisco in un solo istante che ogni edificio, ogni piazza, ogni chiesa, ogni monumento, obelisco voluto da Armando Brasini altro non è se non uno dei magici punti sulla terra che servono a convogliare le influenze sottili che permeano il cosmo. Un’immensa, grandiosa magia che fa di Roma il Centro dell’Universo.
E ancora: quale svolta avrebbe avuto la politica italiana se il 9 giugno 1936, al posto di Galeazzo Ciano, ambizioso genero del Duce, fosse divenuto ministro degli affari esteri il conte Giovanni Capasso Torre di Caprara? Realizzato da Vito Tripi come favolosa raccolta di appunti tratti dal diario dello stesso ministro, di note provenienti dal Ministero della Cultura Popolare e di articoli pubblicati su giornali italiani ed esteri, il racconto delinea l’azione della nuova politica italiana la quale, dopo aver sostenuto lo sforzo dei franchisti nella guerra civile spagnola, riesce a portare un governo amico in Francia, poiché il presidente della Repubblica Albert Lebrun, nel timore che si potesse verificare una crisi come quella spagnola, scioglie le camere senza indire nuove elezioni, nominando un Comitato di Salute Pubblica con a capo l’eroe di Verdun, il maresciallo Philippe Petain. Assieme a queste due nazioni, e con il Portogallo, il Principato di Monaco, la Repubblica di San Marino, la Romania e la Bulgaria, la Grecia e l’Ungheria, il Duce si porrà a capo di una “Lega Latina” (poi “Lega Europea”) – alleanza sia difensiva che offensiva – la quale, con l’appoggio del Regno Unito di Gran Bretagna, affronterà la Germania nazionalsocialista, l’Unione Sovietica e la Jugoslavia, uscendo vincitrice dalla seconda guerra mondiale, con il regime fascista in trionfo per i decenni a venire. Galeazzo Ciano Scrivere storie alternative è come camminare sopra un filo sottile, mentre si è bendati, attraversando un uragano. Si tende a credere, a questo punto, che gran parte della storia sia contingente, che gli eventi e le narrazioni siano inclini a divergere, ma che – in ogni caso – un destino non manifesto farà da raccordo alla molteplicità delle ipotesi; perché ciò che rende buona la fantasia storica è quel senso di autenticità, la percezione che gli avvenimenti, dopotutto, siano radicati nella realtà e dunque, se le cose fossero andate diversamente in un punto critico, ciò che ne sarebbe conseguito avrebbe assunto il carattere di inevitabilità. Certo, la storia ha i suoi aspetti deterministici; ma le possibilità insite in molti frangenti screditano l’enfasi sul meccanicismo e sottolineano l’elemento del caso e la rivendicazione della libertà individuale, compromessa dai sistemi sia idealistici che positivistici.
Post n°14321 pubblicato il 27 Febbraio 2018 da Ladridicinema
In un paese colpito da una crisi decennale, dove le imprese sono dedite alla rapina dei fondi pubblici e all’aumento dello sfruttamento ma ciò nonostante non riescono a guadagnare quanto vorrebbero, le case, le città e i servizi pubblici essenziali diventano sempre più centrali nella corsa al profitto. Nonostante lo sbandierato tasso di nuclei proprietari, tra i più alti d’Europa, vediamo sempre più gente senza casa, sfrattata con la forza, costretta a pagare affitti senza controllo o ad occupare, mettendosi in una situazione di insicurezza e illegalità dovuti solo al bisogno. Vediamo inoltre città sempre meno a misura delle persone, dove i servizi vengono tagliati – trasporti -, peggiorano in qualità – igiene pubblica -, costano sempre più cari – acqua, elettricità, gas. Vediamo centri storici trasformati in vetrine, da cui i poveri e gli indesiderati vengono scacciati col DASPO, e periferie ghetto, private dei servizi essenziali, spesso preda del degrado e della criminalità organizzata. I servizi pubblici essenziali sono, ancora, il nuovo terreno di caccia per i profitti: acqua, elettricità e gas costano sempre di più e non sono garantiti, mentre la mobilità e i trasporti non rispondono più agli interessi delle classi popolari ma alle esigenze di guadagno delle grandi imprese. Noi crediamo che la casa, le città vivibili, la mobilità siano diritti fondamentali. Per questo lottiamo per: - un piano straordinario per la messa a disposizione di 1.000.000 di alloggi sociali in 10 anni, attraverso il prioritario riutilizzo del patrimonio esistente;
- l’introduzione di un’imposta fortemente progressiva sugli immobili sfitti, l’abolizione della cedolare secca e la possibilità per i sindaci di requisire lo sfitto in situazioni di emergenza abitativa;
- una politica di controllo degli affitti, stabilendo canoni rapportati alla rendita catastale;
- l’abolizione dell’articolo 5 della legge Lupi, che nega a chi occupa la possibilità di allacciarsi alle reti elettriche, idriche e del gas;
- un controllo delle tariffe per i servizi pubblici essenziali e la loro garanzia per tutte e tutti, in particolare per chi è in condizioni di disagio socio-economico;
- una moratoria sulla “morosità incolpevole”;
- un piano di riqualificazione delle periferie, in cui vivono 14 milioni di persone;
- un sistema di trasporto pubblico potenziato, e alla portata di tutti, con il contrasto ai processi di privatizzazione e la riaffermazione del carattere pubblico dei servizi e delle aziende, con particolare attenzione ai bisogni dei pendolari e al trasporto locale.
Post n°14320 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Un paese sempre più preda della crisi, impoverito e incattivito, vede crescere l’emarginazione sociale, conseguenza del sistematico smantellamento del sistema di welfare pubblico perseguito in questi anni. 18 milioni di persone sono a rischio di povertà e di esclusione sociale, un dato in crescita rispetto agli anni scorsi; 12 milioni di persone rinunciano a curarsi per motivi economici. È particolarmente grave l’attacco in corso al sistema sanitario pubblico e universalistico, riconosciuto come uno dei migliori al mondo per l’efficacia nel garantire a tutte e tutti il diritto alla salute. La percentuale di PIL destinata alla spesa sanitaria è oggi inferiore alla soglia di rischio indicata dall’OMS e si procede verso ulteriori tagli. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: livelli assistenziali in caduta libera, lunghezza delle liste d’attesa in continua crescita, una conseguente diseguaglianza di accesso ai servizi, accentuata anche dall’introduzione del welfare aziendale che rompe l’universalismo del diritto alla salute e lo vincola al contratto di lavoro. Sono radicalmente insufficienti le politiche di assistenza, come gli asili, o i servizi sul territorio per il sostegno agli anziani. I diversamente abili ed i soggetti sociali fragili sono sempre più spesso abbandonati a loro stessi o alle loro famiglie, senza alcuna assistenza economica e materiale e alcun serio programma di inserimento e inclusione sociale. Noi invece crediamo che chiunque, in qualunque condizione, abbia diritto alla salute, all’assistenza, ad una vita indipendente, libera dal bisogno e dignitosa. Per questo lottiamo per: - l’istituzione del reddito minimo garantito, contro l’esclusione sociale e la precarietà della vita, per persone disoccupate e precarie: un reddito che consenta di superare la soglia di povertà relativa, che sia a carattere personale ed erogato fino al superamento della condizione di disagio;
- la garanzia dei livelli essenziali di assistenza erogati dal SSN e la loro omogeneità su tutto il territorio nazionale;
- l’eliminazione dei ticket sulle prestazioni sanitarie;
- il taglio drastico dei tempi di attesa, anche attraverso la modifica delle norme che regolano l’intra moenia;
- un nuovo programma di assunzioni per sanità e servizi socio-assistenziali, che elimini il precariato, con l’immediato sblocco del turn-over lavorativo;
- l’uscita del privato dal business dell’assistenza sanitaria;
- il potenziamento dei servizi sanitari esistenti, con il blocco dei processi di ridimensionamento e chiusura degli ospedali e lo sviluppo di una rete capillare di centri di assistenza sanitaria e sociale di prossimità;
- la definizione di un piano nazionale per la non autosufficienza, centrato sull’assistenza domiciliare integrata;
- dare attuazione all’inclusione delle persone con disabilità e dei soggetti fragili nella scuola, nel lavoro, nella società, per il diritto ad una vita piena, cancellando gli ultimi provvedimenti che vanno in senso contrario.
Post n°14319 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Siamo nel 1940, e tutti i tentativi di frenare Hitler sono falliti. Da meno di un anno si è in guerra, la Francia sta capitolando, il Belgio è caduto e si pensa che i prossimi a essere invasi saranno probabilmente gli inglesi. C'è ancora chi, nella politica inglese, non ha capito la situazione e vuole trattare la resa. C'è ancora chi si fida di Hitler, nonostante i fatti; con una sola voce critica che aveva avvertito per primo della pericolosità del dittatore nazista, ovvero Winston Churchill, che però non viene considerato da nessuno, compreso il re; visti i tanti fallimenti di cui è stato responsabile dalla débâcle di Gallipoli durante la prima guerra mondiale fino alla questione dell'abdicazione di Edoardo VIII e all'appoggio al suo matrimonio. Churchill però alla fine verrrà chiamato a governare nel momento peggiore della storia inglese, perchè è l'unico accettato dall'opposizione decidendo di giocarsi il tutto per salvare i soldati inglesi a Dunkirk. Avevamo bisogno di un altro film su Winston Churchill? Probabilmente no ma davanti alla performance di Gary Oldman c'è poco da fare comunque la si pensi. L'Homburg di feltro, il grosso sigaro, il panciotto, la voce grassa, il corpo goffo, il whisky alla mano, il borbottio permanente... lo statista inglese è un'attrattiva per qualsiasi attore. Ma credo che nessuno lo abbia fatto come Oldman, rappresentandolo attraverso vizi, abitudini e modi di fare della vita privata, come le sue passioni, il caratteraccio e l’amorevole rapporto con la moglie Clementine. Il tutto in un film che non è propagandistico ma forse nemmeno completamente storico, quasi in costume. Questo per via della scelta di Joe Wright che ha il dono dell’equilibrio e di conseguenza il suo è un cinema di qualità; che non mira a sbancare ma non è limitato per pochi. Un peccato del film è che dovrebbe essere anche altro oltre ad essere un racconto biografico delle settimane che vanno dalla caduta del governo Chamberlain all'evacuazione di Dunkirk. Un film storico dovrebbe fare i conti con la storia, ma questo film resta troppo ancorato o meglio solo ancorato al personaggio di Winston con tutti gli altri personaggi che gli ruotano attorno senza alcun rilievo, compreso re Giorgio VI. Non c'è il racconto della collettività presente in Dunkirk di Nolan, ma solo dell'individuo in un racconto quasi documentaristico, soprattutto nel finale (lo si vede soprattutto nel discorso a fine film e nella differenza in cui è diffuso o meglio mostrato in questo film e in quello di Nolan). Un film che completa in qualche modo il percorso iniziato con "Il discorso del re" e proseguito con "Dunkirk". Queste sono le cose che piacciono al pubblico e ancor di più a Hollywood e penso che l'oscar questa volta a Oldman non glielo potrà togliere nessuno Voto finale: 4+/5 L'ora più buia Titolo originale: Darkest Hour L'ora più buia è un film di genere biografico, drammatico, storico, guerra del 2017, diretto da Joe Wright, con Gary Oldman e Kristin Scott Thomas. Uscita al cinema il 18 gennaio 2018. Durata 125 minuti. Distribuito da Universal Pictures. L'ora più buia ora in programmazione in 23 Sale Trova Cinema - DATA USCITA: 18 gennaio 2018
- GENERE: Biografico, Drammatico, Storico, Guerra
- ANNO: 2017
- REGIA: Joe Wright
- ATTORI: Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James, Stephen Dillane, Ronald Pickup, Ben Mendelsohn, Nicholas Jones, Richard Lumsden, Brian Pettifer, Samuel West, David Schofield, Malcolm Storry, Hilton McRae, Benjamin Whitrow
- PAESE: Gran Bretagna
- DURATA: 125 Min
- DISTRIBUZIONE: Universal Pictures
TRAMA L'ORA PIÙ BUIA: Political drama firmato Joe Wright, L'Ora più buia è ambientato all'inizio della Seconda guerra mondiale. L'ora più buia cui fa riferimento il titolo è il momento cruciale della scelta, da parte del Primo ministro britannico Winston Churchill(Gary Oldman), tra l'armistizio con la Germania nazista e l'intervento nel conflitto armato. Di fronte all'avanzata dell'esercito tedesco e all'imminente invasione della Gran Bretagna, Churchill è chiamato a decidere tra la tutela del Paese in nome di una pace apparente e temporanea e la difesa dei propri ideali di autonomia e libertà. Accanto a lui, indaffarate nel dietro le quinte della storia, la moglie Clementine (Kristin Scott Thomas) e la segretaria personale Elizabeth Nel(Lily James). Nel cast anche Ben Mendelsohn nei panni dell'amato sovrano Re Giorgio VI, e Ronald Pickup in veste di Primo ministro uscente, Neville Chamberlain. PANORAMICA SU L'ORA PIÙ BUIA: Le pagine cruciali della storia britannica sono recentemente sempre più in primo piano, al cinema come nelle serie televisive. Non è un territorio inusuale anche per il regista Joe Wright, il cui piano sequenza sulla spiaggia di Dunkerque in Espiazione è stato spesso lodato, e confrontato al lavoro di Nolan nel recente film omonimo. L'ora più buia già dal titolo ci fa intuire la delicatezza del momento in cui si trova il protagonista, Winston Churchill. Il primo ministro Neville Chamberlain è prossimo alle dimissioni dopo molte mosse impopolari, come l'ostinazione nel cercare una soluzione politica con l'aggressivo regime hitleriano.Siamo nel maggio 1940 e il corpulento politico conservatore, appena nominato premier, deve subito prendere una decisione fondamentale per le sorti del suo Paese. Prendere atto della sconfitta francese e cercare la pace con la Germania, o continuare a combattere, confidando in una pronta riscossa, a partire dal recupero delle proprie truppe, accerchiate sulla spiaggia francese di Dunkerque?
Una sfida totale con l'obiettivo di mobilitare la nazione intera per proseguire la guerra in nome degli ideali liberal democratici degli alleati. L'ora più buia è tutto ambientato negli austeri e cupi uffici della politica britannica, in una sorta di fronte interno rispetto all'eroismo epico del film di Nolan. Wright sceglie una via claustrofobica, tutta concentrata sulla parola, quella molto caratteristica del linguaggio di Churchill, un vero leone in gabbia. Il premier inglese è qui interpretato da un irriconoscibile Gary Oldman, truccato pesantemente per l'occasione, tanto da richiedere oltre tre ore di make-up ogni mattina prima di iniziare le riprese. Un lavoro estremo che ogni attore sogna, con un tono di voce anch’esso ben diverso dal proprio, per il grande interprete londinese, nominato solo pochi anni fa all'Oscar per La talpa. La sceneggiatura è del neozelandese Anthony McCarten, già autore de La teoria del tutto: ancora una storia vera e biografica con un’interpretazione forte, quella dello scienziato Stephen Hawking per cui Eddie Redmayne vinse l'Oscar.
Per il ruolo di Neville Chamberlain era stato scelto John Hurt, poi sostituto da Ronald Pickup a causa della malattia del grande attore, poi scomparso a gennaio del 2017. Non si smentisce la grande scuola degli interpreti britannici, qui presente in forze: Stephen Dillane è il ministro degli esteri Lord Halifax, grande sostenitore di una pace con Hitler, Kristin Scott Thomas è la moglie di Churchill, Clementine, mentre Lily James passa dai piani nobili di Donwton Abbey al ruolo di segretaria personale del primo ministro. C’è anche un po' d’Italia nella squadra de L’ora più buia, con il montatore Valerio Bonelli e il compositore della colonna sonora, il pisano Dario Marinelli, collaboratore abituale di Wright, vincitore dell'Oscar per Espiazione e nominato per Anna Karenina e Orgoglio e pregiudizio. Dal trailer italiano del film L'ora più buia: Giorgio VI (Ben Mendelsohn): Perché sono stato costretto a convocare Churchill? Ha dei precedenti catastrofici!
Clementine Churchill (Kristin Scott Thomas): Fagli vedere le tue vere qualità, la tua assenza di vanità... Winston Churchill (Gary Oldman): Sì, la mia volontà di ferro... Clementine: Il senso dell'umorismo! Winston Churchill: Oh-oh-oh
Generale Ironside (Malcom Storry): I tedeschi circondano 60 divisioni britanniche e francesi, nei prossimi giorni vedremo il collasso dell'Europa occidentale
Elizabeth Layton (Lily James): Quando tempo gli resta se non li soccorriamo? Winston Churchill: Due giorni, forse...ci vorrà un miracolo per salvarli
Clementine: Il peso del mondo intero è sulle tue spalle
Visconte Halifax (Stephen Dillane): Abbiamo di fronte una sconfitta, l'annientamento dell'esercito e una imminente invasione; dobbiamo negoziare la pace Winston Churchill: Quando impareremo la lezione? Non si può ragionare con una tigre, quando la tua testa è nella sua bocca! Halifax: Sciocchezze! L'unico pericolo vero... Winston Churchill: Vuole smetterla di interrompermi quando la sto interrompendo io?!
Winston Churchill: Abbiamo di fronte molti, molti lunghi mesi di lotta e sofferenza! Anche se tanti vecchi e importanti Stati sono caduti nella morsa del dominio nazista, noi difenderemo la nostra isola quale che sia il prezzo da pagare! Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sulle piste di atterraggio, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline! Non ci arrenderemo mai! Perché senza vittoria non può esserci sopravvivenza! Dal nuovo trailer italiano del Film: Winston Churchill: Vostra Maestà! Giorgio VI: Signor Churchill...La invito ad assumere la carica di Primo Ministro
Reporter (Joshua Higgott): Deve rispondere al Lord del sigillo privato Winston Churchill: Sono sigillato in gabinetto! Penso di potermi occupare solo di una cacca alla volta
Winston Churchill: L'Europa è ancora... Visconte Halifax: L'Europa è persa
Winston Churchill: Dobbiamo incitare ad una resistenza eroica
Winston Churchill: Mi assumo la responsabilità Visconte Halifax: Davvero? Winston Churchill: Davvero sì, Signore! Ed è la ragione per cui occupo questa sedia! IL CAST DI L'ORA PIÙ BUIA:
Post n°14318 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
In un'epoca che vive del rinascere di idee pericolose che si pensavano dimenticate e il tentativo di falsificare la storia raccontando gli eventi in maniera non veritiera e corretta, dovute all'incapacità politica e alla crisi, e all'assenza sul territorio della sinistra oltre che ad un carattere tipicamente italiano del "volemose bene"; vediamo il rinascere con maggiore seguito di movimenti di ispirazione neo-fascista o comunque populisti di vario genere. Ma i primi lo sono realmente? Che cosa succederebbe se Benito Mussolini fosse di nuovo qui con noi? Come troverebbe questa Italia del 2017 (anno in cui è stato girato il film)? Riuscirebbe a ritornare alla ribalta e a vincere le elezioni facendosi passare all'inizio come comico e poi pian piano conquistando la gente, ascoltando e poi agendo? Sono tornato, è il remake in salsa italiana del film tedesco Lui è tornato. I film pur se praticamente uguali nei toni iniziali e nelle scene, vanno almeno nello sviluppo dei toni della narrazione su due situazioni diverse e non potrebbe essere diversamente... Il popolo tedesco ha fatto i conti con il suo passato, ma all'interno di ognuno di loro vive sempre quella natura pericolosa di voglia di potere e di sentirsi superiore che non è dimenticato del tutto. Un film, questo sull'importanza della memoria, decisamente interessante e con un elevato tasso di ironia. In Italia invece, questo non è avvenuto, non si è fatto il conto con il passato; vive cosi non solo un tentativo di revisione storiografica degli eventi, ma anche il mito dell'italiano brava gente e del fascismo gentile. Di conseguenza tutto è più scansonato, banale... Un paese dove, come dice il Mussolini del film; non si sa cosa vi fanno studiare a scuola (scena di Piazzale Loreto); dove c'è un buonismo ipocrita e uso sproporzionato della lingua inglese, perché vi è la paura delle parole; ma soprattutto la frase più importante del film è "Vi ho lasciato 80 anni fa come un popolo di analfabeti e vi ritrovo come un popolo di analfabeti"... e giù tutto il pubblico ad applaudire e ridere. Perché questo siamo diventati, vogliamo ridere e ridendo ci fregano e fanno passare tutto, ma anche e soprattutto non ci fanno pensare... lui stesso fece fare commedie su commedie nel 1940, per distrarre la popolazione e non far pensare. Il film alterna parti costruite come una commedia fantapolitica a inserti documentaristici di interviste reali a persone che esprimono le loro reazioni di fronte al possibile ritorno di Mussolini. E sta qui una differenza fondamentale, ovvero che qui da noi la reazione della gente a uno straordinario Massimo Popolizio in camicia nera è diversa rispetto ai tedeschi. Qui si nota molta approvazione, molta complicità... ma ci arriveremo tra poco. Questi toni scherzosi nel film italiano portano ad una scelta diversa del regista di documentari che tenterà di raccontare il dittatore nella società di oggi (ironico in Germania, abbastanza ridicolo in Italia) e nel finale, perché mentre nel film tedesco c'è la questione della memoria, qui invece no... siamo scansonati come detto prima, anche qui e siamo disposti a perdonare tutto in un bel talk show da facili lacrime. Eh si probabilmente con questa classe politica e con questo odio verso la politica dovuta alla loro incapacità e alle loro nefandezze...e attraverso un mezzo come la televisione... lui che la propaganda l'ha inventata, avrebbe vita facile. La scena indimenticabile del film è naturalmente quella con la nonna ebrea malata, che riacquisisce un minimo di lucidità riconoscendo immediatamente il duce, ricordando la vergogna infamante con cui questo paese si è macchiato, ovvero le leggi razziali. Ricordando il rastrellamento del ghetto di Roma e di come abbia fatto a sopravvivere ad Auschwitz (i soldati inglesi che la estraggono se la potevano risparmiare però visto che sappiamo benissimo chi ha liberato i campi di concentramento...); ma soprattutto avvertendo di non fidarsi, perché già una volta avevano creduto che fosse un comico... Benito Mussolini è tornato e in realtà scopriamo che non se ne è mai andato realmente, e quelli di cui dobbiamo avere veramente paura siamo noi stessi. Questo è il significato del film. Lo avranno capito? Credo di no... Quelli poi che accusano l'autore di aver parlato del fascismo in modo ambiguo e di aver parlato più di populismo che di fascismo, forse si sono sentiti toccare, o semplicemente non hanno capito che il film, non parla di Mussolini, ma di tutti noi, perché "Il problema di questo paese è la memoria" e l'immagine di Pasolini sul muro nel finale la dice tutta, perché aveva avvertito per primo del fascismo della società dei consumi. Voto finale: 3+/5 Sono tornato è un film di genere commedia del 2018, diretto da Luca Miniero, con Massimo Popolizio e Frank Matano. Uscita al cinema il 01 febbraio 2018. Durata 100 minuti. Distribuito da Vision Distribution. - DATA USCITA: 01 febbraio 2018
- GENERE: Commedia
- ANNO: 2018
- REGIA: Luca Miniero
- ATTORI: Massimo Popolizio, Frank Matano, Stefania Rocca, Gioele Dix, Eleonora Belcamino, Ariella Reggio, Massimo De Lorenzo, Giancarlo Ratti, Guglielmo Favilla, Luca Avagliano, Daniela Airoldi
- PAESE: Italia
- DURATA: 100 Min
- DISTRIBUZIONE: Vision Distribution
Sulla scorta del divertente Lui è tornato, film tedesco che immagina Hitler a spasso per la Berlino dei giorni nostri, l'italiano Sono tornato, diretto da Luca Miniero, vede uno smarrito Benito Mussolini (Massimo Popolizio) riapparire in piazza Vittorio, nella Roma dei giorni nostri, con la divisa sporca e il volto tumefatto. La guerra è finita, la sua Claretta non c'è più e tutto sembra cambiato. All'apparenza. Il duce non apprezza lo scenario multiculturale della piazza gremita, né comprende l'attaccamento morboso all'arnese "telefonino". Assorbiti dagli schermi e persuasi che si tratti dell'ennesima attrazione per turisti, i passanti continuano a ignorarlo finché, Andrea Canaletti (Frank Matano), un giovane documentarista con grandi aspirazioni ma pochi, pochissimi successi, guidato da necessità e fiuto di giornalista, credendolo un attore comico, non gli propone di diventare protagonista di un documentario. Per l'affabulatore Mussolini è l'occasione di riconquistare le masse. Tra i due comincia così una surreale convivenza: in giro per l'Italia, tra ospitate in tv e incontri con gli italiani dei giorni nostri, porta Mussolini a farsi conoscere e riconoscere sempre di più, fino a diventare addirittura protagonista di un show televisivo. Il Duce si convincerà di poter riconquistare il paese. Un divertente esperimento storico in forma di comedy: i tempi sono cambiati, il "popolo" italiano non tanto. PANORAMICA SU SONO TORNATO: La produzione di remake europei non è certo così abbondante come quella hollywoodiana, ma spesso regala curiosi progetti, come è sicuramente il caso di Sono tornato. Luca Miniero, infatti, ha ripreso uno dei casi dello scorso anno in Germania, Lui è tornato, sull'improvviso riapparire di Hitler per le strade di Berlino con una versione rielaborata per il nostro Paese. In questo caso è Benito Mussolini a essere catapultato nel pieno di un quartiere multietnico di Roma. In entrambi i casi le parti di finzione vengono mescolate con alcuni momenti, più numerosi nella versione originale, in cui la camera segue realmente il dittatore protagonista, abbigliato di tutto punto come negli anni d’oro, in giro per le città e le campagne, registrando soprattutto le reazioni della gente. La cosa inquietante è che non sono rare le braccia tese in risposta e i sorrisi, oltre che di stupore, anche di apprezzamento. L'idea originale è venuta allo scrittore e giornalista Timur Vernes, che nel 2012 esordì con un romanzo subito balzato in testa alle classifiche di vendita in Germania, dove ha venduto 2,3 milioni di copie, venendo poi tradotto in 41 lingue; in italiano è pubblicato da Bompiani.
"Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti", dice Massimo Popolizio/Benito Mussolini nel film, mentre appare in un programma televisivo, presto conquistato dalla possibilità di averlo come ospite. C'è anche una sequenza in cui il finto Mussolini si presenta nella natia Predappio e in un circolo di un partito di estrema destra. Sono tornato è la scommessa maggiore della carriera di Luca Miniero, vista la tematica molto delicata e il tentativo di far ridere, e riflettere, muovendosi in terreno minato. In carriera ha diretto il grande successo Benvenuti al Sud, anch'esso un remake, e il sequel Benvenuti al Nord. Il suo esordio, e altri due film, li ha firmati insieme a Paolo Genovese, anche lui poi protagonista in solitario di una carriera ai primi posti del botteghino, come accaduto per il recente The Place.
Massimo Popolizio è un attore di teatro, cinema e doppiatore in ruoli significativi come quello di Lord Voldemort nella saga di Harry Potter e Tom Cruise in Eyes Wide Shut. Ha già interpretato personaggi della nostra storia, come Giovanni Flacone in Era d’estate di Fiorella Infascelli e il politico democristiano Vittorio Sbardella ne Il divo di Paolo Sorrentino. Passando al resto del cast del film, nei panni dell'autore televisivo, aspirante documentarista d'autore, che lo riprende per caso mentre viene catapultato dal passato, Frank Matano, uno dei rari casi di youtuber diventato un protagonista della comicità televisiva e del cinema. Ha iniziato mettendo in rete degli scherzi telefonici, per poi partecipare ai programmi televisivi Le iene e Italia's got talent. L'esordio al cinema nel 2013 in Fuga di cervelli di Paolo Ruffini, seguito da Ma che bella sorpresa, al fianco di Claudio Bisio. Il 25 aprile 2018 sarà nelle sale il suo esordio alla scrittura per il cinema, Tonno spiaggiato, diretto dal suo collaboratore Matteo Martinez. La sceneggiatura del film, con il delicato adattamento della storia alla realtà italiana, è stata scritta, oltre che da Miniero stesso, dall'astro nascente Daniele Guaglianone, reduce dal successo degli script di Lo chiamavano Jeeg Robot, Indivisibili, L'ora legale e Benedetta follia. Dal Trailer Ufficiale del Film Sono tornato Mussolini (Massimo Popolizio): Il mio obiettivo è di viaggiare per l'Italia e di riconquistarla!
Mussolini: Sareste d'accordo su una dittatura? Pizzaiolo: Ma una dittatura libera, però. Una dittatura non troppo dittatura Mussolini: Un partito solo? Pizzaiolo: Massimo due
Andrea Canaletti (Frank Matano): "Benito.mussolini" occupato, ma "dux2018" è libero Mussolini: Io non sono "dux2018"... "superuomo", "camicia nera", "eccellenza", "lui"! Andrea: Preso! Mussolini: "Onore e rispetto" Francesca (Eleonora Belcamino): Vabbe, beato a lei, la fiction co' Gabriel Garko è presissimissimo! Mussolini: E che cazzo! Andrea: "Eccheccazzo" è libero!
Alessandro Cattelan (se stesso): Progetti per il futuro? Mussolini: Fare l'impero. PAM!
Andrea: Che razza di persona sei? Mussolini: Un vincente!
Mussolini: Eravate un popolo di analfabeti, dopo ottanta anni torno e vi ritrovo un popolo di analfabeti
Nonna Lea (Ariella Reggio): Quegli occhi...non si dimenticano! Anche allora la gente rideva, anche allora credevano fosse solo un comico...
Post n°14317 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Guglielmo Pantalei, proprietario di un negozio di articoli religiosi, viene lasciato dalla moglie per una donna il giorno del loro anniversario. Ma lui non si rassegna all'abbandono. Nella sua vita infelice e depressa irrompe Luna, giovane "borgatara" romana, che si candida per il ruolo di commessa nel negozio di Guglielmo, nonostante il suo aspetto poco incline ad un negozio del genere. Questa benedetta follia, che porterà Luna, lo stravolgerà aiutandolo ad aprire nuove porte. Nei film di Carlo Verdone, tutto sembra sempre girare in base ad alcuni elementi, ovvero il protagonista alle prese con le sue abitudini quotidiane; un secondo personaggio che sconvolge tutto; una serie di eventi che portano ad una svolta. Spesso e volentieri i finali hanno poi quel qualcosa di amarognolo. Questo film bene o male va sulla stessa strada. Ci troviamo chiaramente di fronte ad un omaggio alle sue maschere, verso cui guarda con malinconia, verso quel tempo che non tornerà, parafrasando Battiato e "La stagione dell'amore". Verdone ha la capacità innata, della commedia all'italiana, di riderci su e in questo film gli riesce (aggiungerei anche piacevolmente) qualche azzardo, come nella scena dello specchio in cui parla con il Guglielmo del passato, o meglio con il Carlo del passato; oppure la scena in cui sembra citare "Harry, ti presento Sally" o ancora e soprattutto nella scena "psichedelica" circordato da preti e suore, senza però accentuare la satira. La metafora del film è semplicemente quella di cercare di vivere e non di sopravvivere. Benedetta follia è quindi la parabola di uomo solo di mezza età ormai disilluso, che ha come unica passione la sua vecchia Honda, raccontato attraverso una narrazione delicata e struggente della solitudine. Infine da sottolineare il bell'intreccio tra l'imbarazzo esistenziale di Verdone con la natura popolana e scansonata di Ilenia Pastorelli Voto finale: 4+/5 Benedetta follia è un film di genere commedia del 2018, diretto da Carlo Verdone, con Carlo Verdone e Ilenia Pastorelli. Uscita al cinema il 11 gennaio 2018. Durata 109 minuti. Distribuito da Filmauro di Luigi e Aurelio De Laurentiis. - DATA USCITA: 11 gennaio 2018
- GENERE: Commedia
- ANNO: 2018
- REGIA: Carlo Verdone
- ATTORI: Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Maria Pia Calzone, Lucrezia Lante della Rovere, Paola Minaccioni, Elisa Di Eusanio, Francesca Manzini, Piero Concilietti, Anna Ferraioli, Ciro Scalera, Margherita Di Rauso, Valentina D'Ulisse, Federica Fracassi
- PAESE: Italia
- DURATA: 109 Min
- DISTRIBUZIONE: Filmauro di Luigi e Aurelio De Laurentiis
TRAMA BENEDETTA FOLLIA: Scritto, diretto e interpretato da Carlo Verdone, Benedetta Follia segue le vicende di Guglielmo (Verdone), uomo di specchiata virtù e fedina cristiana immacolata, proprietario di un negozio di articoli religiosi e alta moda per vescovi e cardinali. I valori su cui l'uomo ha fondato la sua esistenza crollano all'improvviso quando sua moglie Lidia (Lucrezia Lante della Rovere) lo abbandona dopo venticinque anni di matrimonio, proprio nel giorno del loro anniversario. La vita però riserva ancora qualche sorpresa allo sfortunato Guglielmo, che in una giornata come tante nel suo negozio riceve la visita di un'imprevedibile candidata commessa: Luna (Ilenia Pastorelli), una ragazza di borgata sfacciatissima e travolgente, volenterosa ma altrettanto incapace, e adatta a lavorare in un negozio di arredi sacri come una cubista in un convento. Luna traghetterà l'abbottonato datore di lavoro attraverso un mondo proibito di single allo sbaraglio, fatto di appuntamenti al buio, app di incontri come "Lovit", la più hot del momento, ed esilaranti tentativi di donne disposte a tutto pur di trovare l'anima gemella. Letizia, Raffaella, Adriana: incontri imbarazzanti, buffi e sorprendenti o incontri casuali come quello con Ornella (Maria Pia Calzone). E visto che la realtà supera l'immaginazione, le vite di Guglielmo e Luna avranno dei risvolti totalmente inaspettati. Perché, come quelle del Signore, anche le vie dell'amore sono infinite. PANORAMICA SU BENEDETTA FOLLIA: Dal 2006 Carlo Verdone è passato nella scuderia di De Laurentiis, e sotto l'egida FilmAuro arriva in sala anche questo Benedetta Follia. Nonostante una sostanziale continuità produttiva, Verdone nel corso dei suoi quasi quarant'anni di carriera cinematografica si è sempre rimesso in gioco seguendo una precisa strategia: associarsi agli autori e agli attori del momento, cogliendo la doppia occasione di aggiornarsi sugli interessi del pubblico e arricchirsi con esperienze diverse. Benedetta follia non fa eccezione, perché è il primo copione che Carlo Verdone scrive con Nicola Guaglianone e Menotti, già coautori di quel piccolo fenomeno che si è rivelato Lo chiamavano Jeeg Robot. Una new wave romana per un artista fieramente romano, senza peraltro uscire troppo dal seminato, perché Guaglianone ha dato il suo contributo anche a una commedia satirica come L'ora legale di Ficarra & Picone.
Da Lo chiamavano Jeeg Robot viene comunque anche l'ex-modella Ilenia Pastorelli, vincitrice nel 2016 del David di Donatello come migliore attrice proprio con quel film che rappresentò il suo esordio cinematografico, dopo essere arrivata sino alle semifinali della dodicesima edizione del Grande Fratello nel 2011-2012. Più rodati gli abituali recenti collaboratori di Verdone: Lele Marchitelli, apprezzato autore di musiche per programmi storici della gang Guzzanti-Dandini, cominciò il suo viaggio con Carlo (non continuativo) oltre vent'anni fa, col lungometraggio un po' amaro Sono pazzo di Iris Blond (1996), nel quale la musica aveva un ruolo di rilievo, così come ha un ruolo di rilievo per il Verdone uomo e artista. Meno di lunga data il rapporto col direttore della fotografia Arnaldo Catinari, che per la regia di Carlo Verdone si è occupato delle luci solo del precedente L'abbiamo fatta grossa.
Le riprese sono state effettuate a Roma durante la torrida estate del 2017, quando il termometro ha spesso toccato (e superato) i 40 gradi, costringendo la troupe di Verdone a qualche stop per le riprese in esterni. Il personaggio interpretato da Carlo ha una bottega di oggetti sacri in Via dei Cestari, zona realmente famosa in città per queste attività. CURIOSITÀ SU BENEDETTA FOLLIA: Le coreografie della sequenza di ballo sono di Luca Tommassini. FRASI CELEBRI: Dal Trailer Ufficiale di Benedetta Follia Guglielmo (Carlo Verdone): Sono 25 anni di matrimonio, ma ci amiamo come se fosse il primo giorno. Lidia (Lucrezia Lane della Rovere): È da un anno che io mi vedo con un'altra persona. Guglielmo: ... Eh? ...Chi è questa persona? Lidia: Silvana!
Guglielmo al figlio: Tua madre c'ha una relazione con la mia commessa ed è una cosa normale?!
Luna (Ilenia Pastorelli): So' venuta p'aa annuncio. L'inglese lo mastico, eh! [mentre mastica una chewing gum] Guglielmo: Eh, lo vedo... Luna: Hambuger, all inclusive. Che dice, so' assunta?
Guglielmo: Mia moglie mi ha lasciato per una donna. Luna: Ah vabbè, è lesbica! Guglielmo: Sarò senza speranza... Luna: Ah, però, dove non c'è speranza ci sta... Lovit!
Luna: Ma guardi che bel profilo che gli ho fatto, eh!
Luna: Sua moglie sa'a deve dimentica'! 26 chiamate in uscita! Solo ieri sera. Guglielmo: Non trovavo il libretto d'istruzioni dell'asciugapanni. Luna: Alle 3 de notte? Ma dai...
Luna: Io la cambio da così a così. Se fida?
Guglielmo: Io voglio vivere. Mi sono stufato! Devo recuperare quello che ho perso.
Guglielmo: La posso invitare a bere una cosa? Dottoressa: Ma che, ce sta a prova'?
Guglielmo: Mi ha scambiato sicuramente per un drogato e un depravato. Luna: Ah, vabbè, come tutti l'ex mia! Quello se recupera, dai.
Guglielmo: Ma dove l'hai messo? Donna con cui è a un appuntamento: Nel posto più bello del mondo... Guglielmo: Ridamme il telefono! [vibrazione] Donna: Non posso... IL CAST DI BENEDETTA FOLLIA:
Post n°14316 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
A casa tutti bene (guarda la video recensione) vince la domenica, con quasi 700mila euro e il weekend, con quasi 2 milioni di euro e arriva a un totale di 6,6 milioni di euro, con buone speranze di diventare il film italiano con il migliore incasso nella stagione corrente. Black Panther (guarda la video recensione) anche questo fine settimana deve accontentarsi del secondo posto, dopo aver ottenuto mezzo milione ieri e 1,4 milioni nell'arco del weekend. Il suo totale comincia a diventare interessante, con quasi 5 milioni di euro incassati, anche se lontano dagli standard dei film Marvel usciti di recente. Altro grande weekend per La forma dell'acqua - The Shape of Water (guarda la video recensione), che ottiene 1,2 milioni e raggiunge un totale di 3,5 milioni. Ottimo fine settimana per la new entry Il filo nascosto (guarda la video recensione), che ha ottenuto più di un milione di euro e la migliore media per sala tra i film della top ten. Boom clamoroso di Belle & Sebastien - Amici per sempre (guarda la video recensione), che ieri è stato il secondo miglior incasso di giornata con oltre mezzo milione di euro, un dato che gli ha permesso di superare il milione complessivo e finire quinto nel weekend. Inizia a scendere invece Cinquanta sfumature di rosso (guarda la video recensione), che è arrivato comunque al totale straordinario di 13,7 milioni. Partenze discrete per La vedova Winchester e Sconnessi che aprono con più di 600mila euro. Ultimi giorni di buoni incassi per The Post (guarda la video recensione) che chiude con 6 milioni di euro complessivi. Gli incassi di questi ultimi tre giorni, in crescita rispetto all'anno scorso, hanno permesso a febbraio di colmare il gap rispetto all'anno scorso, creatosi dopo un cattivo gennaio. Questa settimana arrivano, tra gli altri, Red Sparrow, Lady Bird(guarda la video recensione), Quello che non so di lei (guarda la video recensione), È arrivato il Broncio e Puoi baciare lo sposo.
Post n°14315 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Con gli ultimi governi l’investimento in cultura è sceso alle 0,7% del Pil; si sono emanate leggi che hanno ridotto la cultura a merce; si è proseguito con la politica degli “eventi”, degli “una tantum” e dei “bonus”. Si è riportato il servizio pubblico radiotelevisivo sotto il diretto controllo del governo; si sono eliminati i finanziamenti pubblici all’informazione indipendente, cooperativa, culturale e scientifica. Per noi la cultura e l’informazione sono un bene pubblico, patrimonio di tutti, non privatizzabile e non mercificabile. Sono diritti fondamentali e inalienabili. Solo l’intervento pubblico può garantire un reale pluralismo e una reale indipendenza della produzione e dell’offerta di cultura e di informazione dalle logiche di mercato. Anche su questo si misura oggi la disuguaglianza: non solo tra chi ha e chi non ha, ma anche tra chi sa e chi non sa. Per questo lottiamo per: - portare l’investimento nella cultura almeno all’1% del Pil;
- leggi che garantiscano risorse pubbliche certe a sostegno della produzione e distribuzione indipendente, dell’associazionismo culturale, dei luoghi della fruizione;
- riforme di tutte le istituzioni culturali pubbliche la cui gestione deve essere affidata alle forze sociali, culturali e professionali del settore;
- costruzione in tutti i quartieri delle nostre città di una rete di spazi pubblici della cultura: luoghi di incontro, partecipazione, fruizione culturale, produzione, sperimentazione e formazione gestiti dal territorio;
- assicurare ai lavoratori della cultura i diritti di tutti i lavoratori, fermare i processi di precarizzazione. Garantire continuità di reddito e tutele, riconoscendo, nei settori in cui è fisiologico, il carattere “intermittente” del lavoro culturale: dietro il lavoro che “emerge” c’è un lungo lavoro sommerso che è “lavoro” e come va tale retribuito e tutelato;
- leggi di tutela, conservazione e valorizzazione dei beni culturali ed artistici da parte dello Stato; un piano straordinario di manutenzione del paesaggio e del nostro patrimonio storico ed artistico, bibliotecario e archivistico; il riconoscimento di tutte le professionalità del settore del restauro e dell’archeologia;
- nuove norme sul diritto d’autore che, difendendo il compenso economico e la possibilità per gli autori di decidere dell’integrità e del destino della propria opera, consentano contemporaneamente di scaricare e condividere opere d’ingegno sulla rete per uso esclusivamente personale; le norme attuali sono inutilmente vessatorie o addirittura d’ostacolo allo svolgimento di servizi pubblici quali, ad esempio, il prestito bibliotecario di opere su supporto digitale;
- la difesa della neutralità della Rete e un controllo pubblico sui big data, i loro detentori e l’utilizzo che ne fanno;
- una vera legge sul conflitto di interessi e legge antitrust;
- una riforma che ribadisca la centralità del servizio pubblico radiotelevisivo e che ne garantisca una gestione democratica e partecipata, pluralista e decentrata;
- il sostegno pubblico alle testate indipendenti, alle cooperative, alle pubblicazioni culturali e scientifiche.
Post n°14314 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
L'avvocato e storico statunitense Alfred de Zayas, esperto nel campo dei diritti umani, ha messo in guardia sull'uso del termine crisi umanitaria per intervenire in Venezuela e rovesciare l'attuale governo
di Fabrizio Verde «Ho comparato le statistiche del Venezuela con quelle di altri paesi e non c’è una crisi umanitaria, di certo c’è scarsità, ansia e penuria ma chi ha lavorato per decenni alle Nazioni Unite e conosce la situazione dei paesi in Asia, Africa e alcuni in America, sa che la situazione in Venezuela non è quella di una crisi umanitaria», queste le parole chiare pronunciate ai microfoni di teleSUR da Alfred de Zayas, smontano la narrazione dominante riguardante il Venezuela. Alfred de Zayas, avvocato e storico statunitense, esperto indipendente delle Nazioni Unite (ONU) per la Promozione di un Ordine Internazionale Democratico ed Equo, ha espresso il proprio giudizio dopo aver concluso una visita in Venezuela proprio per appurare se Caracas stesse vivendo una crisi umanitaria come affermato quotidianamente dal complesso dei media mainstream ed esponenti politici che avversano la Rivoluzione Bolivariana. Secondo l’esperto Onu, che possiede grande esperienza nel campo dei diritti umani, la presunta crisi umanitaria viene utilizzata per provare a intervenire in Venezuela e rovesciare il governo democraticamente eletto di Nicolas Maduro. Spiegando che, nonostante molti sostengano che il Paese sia sull’orlo del baratro, «Il Venezuela patisce una guerra economica, un embargo finanziario, soffre di un alto livello di contrabbando e, logicamente, ha bisogno di solidarietà internazionale per risolvere questi problemi». Invece la comunità internazionale sembra, o almeno quella parte legata agli interessi statunitensi, sembra andare nella direzione contraria attraverso l’inasprimento delle già inique sanzioni che colpiscono Caracas. Sanzioni che invece andrebbero revocate «perché peggiorano la carenza di cibo e medicine, è inaccettabile pensare che in presenza di una crisi di malaria nell’Amazzonia venezuelana, la Colombia abbia bloccato la vendita di medicinali e il Venezuela abbia dovuto ottenerli dall’India». Durante la sua visita in Venezuela, de Zayas, ha tenuto incontri con funzionari governativi, vittime di violazioni di diritti umani ed episodi di violenza legati alle cosiddette ‘guarimbas’ (proteste violente e di natura golpista organizzate dall’opposizione) per approfondire la conoscenza della situazione politica, economica e sociale del paese latinoamericano al centro di una spaventosa attività di disturbo che nasce nel nord del continente. Una visita oscurata L’esperto ha inoltre dichiarato a teleSUR che di norma, le dichiarazioni di un alto funzionario delle Nazioni Unite, segretario del Comitato per i Diritti Umani e capo del Dipartimento Reclami dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, vengono immediatamente riprese e rilanciate da grandi media come BBC e The New York Times. Invece i media mainstream hanno deciso di ignorare le conclusioni di de Zayas che avrebbero demolito il castello di bugie costruito ormai da anni per screditare il Venezuela presso l’opinione pubblica internazionale e spianare la strada a un eventuale intervento nel paese. «Nel caos del Venezuela, sia la CNN che la BBC mi hanno ignorato, è come se la mia visita in Venezuela non fosse mai avvenuta, come se non avessi visitato il paese», ha denunciato l’esperto delle Nazioni Unite. Aggiungendo che teleSUR e Sputnik sono stati gli unici media a raccogliere la sua testimonianza. Infine, de Zayas ha reso noto di aver ricevuto forti pressioni in merito alla sua visita in Venezuela. Con il palese obiettivo di andare a influenzare quello che sarebbero poi state le conclusioni della missione a Caracas. «Ho ritenuto che vi fossero interferenze con la mia indipendenza, io sono il relatore, determino il mio programma, conosco quali siano le informazioni rilevanti per la mia relazione, ma non voglio che il rapporto mi venga dettato e alcune organizzazioni non governative mi hanno suggerito in modo non gentile con lettere offensive, quello che dovevo fare quando ero in Venezuela». Negli ultimi tempi si è scatenata la crociata contro le cosiddette fake news. La tanto sbandierata crisi umanitaria in Venezuela, imputata alla cattiva gestione di Maduro, si è rivelata proprio essere un classico esempio di fake news. Non concepita e diffusa dai tanto fantomatici quanto imprendibili hacker russi, ma dall’intero apparato mediatico mainstream a reti unificate.
Post n°14313 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
di Paola Di Lullo "Non c'è nessun giornalista al mondo più minacciato di un giornalista palestinese, perché lui o lei non partecipa solo alla manifestazione, ma vive l'evento stesso". Hamde Abu Rahma Ci sono diversi problemi per svolgere la professione di giornalista in Palestina. Si inizia dalla fase pre-professionale quando si cerca di ottenere un'adeguata formazione per il mestiere. Le risorse scarseggiano, e gli studenti di giornalismo devono anche affrontare la difficoltà quotidiana di passare attraverso i checkpoint che limitano i loro movimenti.
Arrivare in classe in tempo diventa una lotta quotidiana.
Diventati giornalisti, ci si rende poi conto che vi è una totale mancanza della necessaria libertà per riuscire a coprire accuratamente gli eventi e trasmetterli al resto del mondo.
Se è vero un po' dappertutto che i media mainstream sono asserviti al padrone di turno, in Palestina, i giornalisti hanno ben altri problemi da affrontare Il Centro Palestinese per lo Sviluppo e le Libertà dei Media (MADA) ha pubblicato, il 10 febbraio, un rapporto in cui si afferma che, tra dicembre 2017 e fine gennaio 2018, sono state registrate 117 violazioni contro le libertà dei media palestinesi per mano delle forze israeliane. Il MADA ha riferito che a gennaio c'è stata una diminuzione delle violazioni contro le libertà dei media rispetto a dicembre 2017. Si va dalle 89 violazioni , di cui 84 veri e propri attacchi, di dicembre, alle 31 di gennaio, tre delle quali commesse da forze dell'ANP. Nonostante il calo tra dicembre 2017, mese caldo in cui si sono registrate la maggior parte delle proteste contro il riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale di Israele, e gennaio 2018, il MADA ha dichiarato che le violazioni di gennaio sono state più alte dello scors gennaio. Una delle principali violazioni di gennaio, riguarda un fotoreporter di Reuters a Gerusalemme, colpito alla testa con un'arma contundente che gli ha causato un'enorme ferita ed una commozione cerebrale.
I giornalisti palestinesi descrivono spesso il loro lavoro come una forma di "resistenza", poiché credono che le loro storie mostrino al mondo gli effetti devastanti delle politiche israeliane sui palestinesi e forniscano ai palestinesi un mezzo per far ascoltare le loro voci in un clima mediatico spesso offuscato dalla narrazione filoisraeliana. Infatti, durante i 70 anni di occupazione israeliana del territorio palestinese, il punto di vista israeliano ha forzatamente e deliberatamente dominato i media nazionali e globali. In tal modo, la parte israeliana ha oscurato la verità sulla Palestina. Israele si è concentrato maggiormente sugli Stati Uniti e sui paesi europei che hanno influenza riguardo il conflitto in corso.
Tuttavia, l'emergere di Internet - e di tutto ciò che consente una trasmissione rapida delle notizie - ha reso il mondo un villaggio più piccolo. Un giornalista Palestinese può sperimentare la libertà di espressione sul web. La verità sulla situazione non può più essere fermata. Al contrario, la trasparenza che Internet fornisce può portare ad ascoltare più voci che rappresentano la parte palestinese. Di oggi, la notizia di un altro arresto, il giornalista Mohammad Olwan, fuori al carcere di Ofer, dov'era in corso una manifestazione non violenta per protestare contro la detenzione dell'attivista palestinese Munther Amira, capo del capo del Comitato di coordinamento della lotta popolare (PSCC) in Cisgiordania, arrestato durante le proteste pacifiche di fine dicembre.
Il video dell'arresto :
https://www.facebook.com/eyeonpalestine2011/videos/1821154494573450/?t=6 La manifestazione è stata soppressa con lanci di gas lacrimogeni e l'uso dello spray al peperoncino.
Il video dell'intervento dell'IDF alla manifestazione : https://www.facebook.com/eyeonpalestine2011/videos/1821081667914066/?t=1 A questo punto, come non ricordare i 17 giornalisti massacrati a Gaza nell'estate 2014, durante l'Operazione Protective Edge?
Come non ricordare, tra gli altri, il palestinese Ali Shehda Abu Afash e l'italiano Simone Camilli, uccisi il 13 agosto 2014, mentre cercavano di filmare gli artificieri al lavoro per disinnescare un razzo inesploso a
Beit Lahia? Tre ore di tregua e poi morti, assassinati, 5 artificieri e 2 giornalisti. Un secondo, e fu buio. Israele uccide anche così. Di Simone ci resta lo splendido documentario About Gaza https://youtu.be/ZjxB6qwa-oI FONTI : Ma'an News Agency Eye on Paletine
Post n°14312 pubblicato il 26 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Il Segretario generale delle Nazioni Unite ha chiesto un immediato cessate il fuoco nel Ghouta Orientale, sobborgo di Damasco per fornire aiuti umanitari alla popolazione ed evacuare i feriti. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU si è riunito con urgenza ieri su iniziativa della Russia per affrontare la situazione nel Ghouta Orientale, sobborgo di Damasco dove la situazione umanitaria è peggiorata di recente. Secondo il rappresentante permanente della Russia presso l'ONU, Vasili Nebenzia, l'incontropermetterà di ottenere "una nuova visione e comprensione della situazione e proporre vie d'uscita". Durante il suo discorso, Nebenzia ha denunciato che c'è una "guerra dell'informazione" sulla situazione nel Ghouta Orientale. Secondo una visione presentata dai media occidentali, nella zona ci sono solo ospedali contro i quali agisce il governo siriano, mentre la presenza di "parecchie migliaia di milizie che non hanno voluto riconciliarsi è qualcosa su cui si tace, ha dichiarato il diplomatico russo. Nebenzia ha evidenziato il fatto che alcune di queste milizie sono legati a gruppi terroristici come Jabhat al Nusra, "attaccano Damasco e lanciare decine di missili al giorno" contro capitale siriana un fatto che non viene preso in considerazione. Il diplomatico russo ha aggiunto che i milizianio hanno trasformato i civili in ostaggi e non li hanno lasciati uscire dai territori che controllano.Inoltre, membri di gruppi illegali hanno ignorato gli appelli della Russia a deporre le armi e a regolare il loro status, e hanno indebolito i negoziati di mercoledì scorso. La comunità internazionale incolpa il governo di Bashar al-Assad per la morte di civili nel Ghouta Oriental dopo i recenti attacchi. Secondo i dati dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, la cui credibilità è stata messa in dubbio anche dai media mainstream, dal 18 febbraio ad oggi 382 civili sono morti a causa degli attacchi delle forze governative siriane. Il rappresentante della Russia ha paragonato "la massiccia psicosi" del Ghouta Oriental alla situazione nella città siriana di Raqqa. "La distruzione metodica di Raqa da parte delle forze della coalizione è un fatto recente", ha spiegato. Nebenzia ha ricordato che quando la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti ha bombardato la città per conto della lotta contro l'ISIS, ci sono stati anche dei civili coinvolti, ma dopo aver terminato l'operazione antiterrorismo in Raqqa, è andata via senza preoccuparsi dei pericoli che i residenti locali dovevano affrontare. "Ora fino a 50 persone muoiono per le mine che sono state lasciate lì", ha detto il diplomatico.
Post n°14311 pubblicato il 25 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Ancora bronzo per la portabandiera azzurra che entra nella storia: 8° podio della carriera. L'Italia sale a quota 10 medaglie Foto: Arianna Fontana - 13 febbraio 2018 – Credits: Richard Heathcote/Getty Images Una strepitosa Arianna Fontana sale ancora sul podio e corona un'Olimpiade da ricordare: bronzo nella finale dei 1000 metri dello Short Track, disciplina che ha dominato da protagonista con un oro (500 metri) e due bronzi (i 1000 metri più la staffetta). Arianna è finita alle spalle dell'olandese Schultin e della canadese Boutin in una finale in cui c'è stata la caduta delle due coreane a metà del giro conclusivo. L'italiana non ha quasi partecipato alla volata tra Schultin e Boutin accontentandosi del terzo posto che completa il suo tris di medaglie e la fa salire a quota 8 in carriera superando Manuela Di Centa e mettendo in scia alla sola Stefania Belmondo, la donna italiana più medagliata della storia delle olimpiadi invernali. Ecco il diario delle medaglie azzurre a PyeongChang 2018: 11 febbraio 2018 - Windisch (bronzo) La prima medaglia italiana nella spedizione delle Olimpiadi di PyeongChang l'ha conquistata nella 10 km sprint di biathlon l'altoatesino Dominik Windisch: bronzo alle spalle del tedesco Peiffer e del ceco Krcmar. L'azzurro ha concluso la sua prova sorprendente con un distacco di 7 secondi e 7 decimi dalla medaglia d'oro, penalizzato da un errore al tiro nel poligono che lo ha costretto al giro di penalità. Originario di Brunico, 28 anni, Windisch era già salito sul podio a Sochi 2014 con la staffetta mista; anche allora si era messo al collo la medaglia di bronzo. "Quando ho sbagliato l'ultimo tiro ho pensato: 'Non è possibile... l'avevo visto bene'" ha raccontato al termine della sua prova. L'errore non ha compromesso il suo sogno di medaglia. 13 febbraio 2018 - Fontana (oro) Pellegrino (argento) Una giornata da favola per l'Italia alle Olimpiadi invernali di PyeongChang 2018. Oro e argento per merito di due fuoriclasse dello sport azzurro che non hanno tradito le attese chiudendo sul podio e regalanto emozioni indimenticabili alla spedizione olimpica. La prima medaglia d'oro l'ha conquistata una straordinaria Arianna Fontana che ha vinto al photofinish la finale dei 500 metri di short track. Arianna è stata protagonista di una volata mozzafiato in cui si è tenuta dietro la coreana padrona di casa Choi per 27 millesimi di secondo. Poi i giudici hanno squalificato la Choi spalancando il podio all'olandese Van Kerkhof e alla canadese Boutin. Dopo pochi minuti è toccato a Federico Pellegrino, nostro signore dello Sprint nel fondo. L'azzurro è stato protagonista di uno sprint nella finale a tecnica classica nel quale si è tenuto dietro per pochi centimetri il russo Bolshunov. L'oro è andato al fuoriclasse norvegese Klaebo, letteralmente imprendibile per tutti. 15 febbraio 2018 - Brignone (bronzo) Tumolero (bronzo) Prima medaglia dallo sci alpino italiano alle Olimpiadi invernali di PyeogChang. L'ha conquistata Federica Brignone che è salita sul podio nel gigante femminile: oro alla statunitense Mikaela Shiffrin, perfetta per due manches, argento per la norvegese Mowinkel e bronzo per l'azzurra. È stata una gara che ha visto l'Italia protagonista con qualche rammarico per il risultato finale. Dopo la prima discesa, infatti, in testa c'era Manuela Moelgg poi finita ottava e in zona podio (terza) si trovava anche la giovanissima Marta Bassino, alla fine quinta. L'altra sorpresa di giornata è arrivata, invece, da Nicola Tumolero che ha preso un bronzo inatteso nei 10.000 metri di pattinaggio dietro al canadese Bloemen e all'olandese Bergsma. Tumolero, originario dell'Altopiano di Asiago, ha approfittato della crisi del favoritissimo Kramer che aveva già conquistato l'oro nei 5.000 e che è finito incredibilmente sesto. 16 febbraio - Moioli (oro) Straordinaria vittoria di Michela Moioli, oro nello snowboard cross alle Olimpiadi invernali di PyeogChang. Un successo annunciato, perché l'azzurra partita tra le favorite di una delle specialità più spettacolari dei Giochi, ma non per questo meno bello. La Moioli ha vinto davanti alla portoghese Pereira de Souza e alla ceca Samkova. E' stata in testa dall'inizio alla fine della run di finale dopo aver condotto con autorità anche i turni eliminatori. Mai spaventata dalle sportellate che sono una caratteristica dello snowboard cross e che rendono imprevedibile il risultato ribaltando spesso le gerarchie sulla neve. 19 febbraio - Staffetta Short track (argento) Staffetta biathlon (bronzo) Giornata storica per lo short track italiano che festeggia un altro podio dopo l'oro individuale della Fontana. La medaglia d'argento la conquista la staffetta femminile trascinata proprio da Arianna Fontana e composta anche da Martina Valcepina, Lucia Peretti e Cecilia Maffei: seconde alle spalle della Corea del Sud in una finale caratterizzata da una doppia squalifica per Canada e Cina. Le ragazze cinesi avevano chiuso al secondo posto alle spalle della Corea, ma sono state eliminate per la carambola che ha penalizzato le azzurre. Fuori anche il Canada e così sul podio è salita l'Olanda vincitrice della finale B con il record del Mondo. Per Arianna Fontana settima medaglia olimpica all-time. Poi il bronzo della staffetta mista del biathlon con Lisa Vittozzi, Dorothea Wierer, Lukas Hofer e Domink Windisch: terzo posto alle spalle dell'imprendibile Francia di Fourcade (5° oro in carriera) e della Norvegia. Gli azzurri hanno compiuto un piccolo capolavoro nel tenersi dietro la Germania con arrivo in volata. 21 febbraio - Goggia (oro) Ecco finalmente la medaglia d'oro dallo sci alpino ai Giochi di PyeongChang. A conquistarla è Sofia Goggia, straordinaria nella discesa libera femminile nella quale partiva da favorita insieme alla fuoriclasse statunitense Lindsey Vonn. La Goggia ha vinto con soli 9 centesimi di vantaggio sulla norvegese Mowinckel e 47 sulla Vonn. E' stata perfetta da metà pista fino al traguardo, quando si è sciolta e ha lasciato correre gli sci tenendo linee perfette. Nella prima parte, di pura scorrevolezza, aveva pagato qualche centesimo senza, però, mai farsi prendere dall'ansia ed evitando gli errori che spesso hanno condizionato la sua carriera. Era da Vancouver 2010 (Razzoli nello slalom speciale maschile) che l'Italia non saliva sul gradino più alto del podio olimpico in una delle prove dello sci alpino. La neve molto aggressiva ha tradito le altre azzurre al via: Brignone, Nadia Fanchini e Delago sono tutte cadute nella prima parte della discesa senza arrivare in fondo.
Post n°14310 pubblicato il 25 Febbraio 2018 da Ladridicinema
La scuola, l’università e la ricerca sono state massacrate dalla mannaia neoliberista. Taglio dei fondi e attacchi alla libertà d’insegnamento e ricerca, precarizzazione del lavoro e blocco dei salari sono la norma da decenni a questa parte. Noi crediamo che la formazione sia un pilastro della democrazia, e quindi vogliamo una scuola pubblica di qualità, finalizzata all’acquisizione di un sapere critico e non di semplici competenze funzionali alle logiche mercatiste, gratuita fino ai più alti gradi, laica e aperta davvero a tutte e tutti; vogliamo un’Università pubblica, gratuita, con un reale dritto allo studio per chi non ha i mezzi, e vogliamo che la ricerca nel nostro paese sia libera da interessi e pressioni economiche e possa svilupparsi in autonomia, vivendo dei soli finanziamenti pubblici e mettendosi al servizio della collettività. In tal senso assumiamo la LIP Per la Scuola della Costituzione, www.lipscuola.it, come base di partenza per un progetto complessivo che segni una radicale discontinuità con le politiche scolastiche degli ultimi trent’anni, riconoscendo la piena autonomia del soggetto collettivo e plurale che ne ha costituito la genesi e ne caratterizza il percorso. Per questo lottiamo per: - la cancellazione della legge 107/15 e di tutte le altre riforme che hanno immiserito la scuola, l’università e la ricerca e le hanno messe al servizio delle esigenze delle imprese;
- la copertura totale del fabbisogno di posti negli asili nido e nella scuola dell’infanzia pubblica;
- il rilancio della collegialità e della vita democratica nelle scuole, con l’abolizione della figura del “dirigente-manager”;
- l’introduzione di un limite massimo di 20 alunni per classe e la generalizzazione del tempo pieno per il primo ciclo d’istruzione, l’elevamento dell’obbligo scolastico (e non formativo ) a 18 anni;
- l’eliminazione dell’alternanza scuola-lavoro;
- l’abolizione dei test INVALSI;
- la difesa del carattere pubblico dell’istruzione, con l’abolizione di ogni finanziamento alle scuole private;
- un serio adeguamento salariale per il personale docente e non docente di ogni ordine e grado, l’assunzione di tutti i precari con 36 mesi di servizio e la cancellazione del precariato per il futuro;
- la gratuità degli studi universitari e postuniversitari pubblici;
- l’obbligo della remunerazione dei dottorati e di ogni tipologia di collaborazione con i dipartimenti universitari;
- l’abolizione dell’ANVUR;
- un aumento consistente della quota di PIL destinata all’istruzione, il potenziamento dei fondi d’Istituto, l’aumento del Fondo di Finanziamento Ordinario per gli Atenei sulla base del numero degli iscritti e non di criteri premiali;
- una seria politica pubblica di sostegno alla ricerca, la gratuità dei libri di testo e la certezza del diritto allo studio fino ai più alti gradi, con pari condizioni in tutto il territorio nazionale;
- un piano straordinario di edilizia scolastica con particolare riferimento alla sicurezza antisismica.
Post n°14309 pubblicato il 25 Febbraio 2018 da Ladridicinema
"Grandi produzioni o opere indipendenti non fa differenza: quello che conta è che ogni film riesca a cambiare lo sguardo sul mondo che avevo fino a quel punto". Intervista all'attore americano, che a Berlino 68 riceve il premio alla carriera Willem Dafoe È andato all’attore americano Willem Dafoe l’Orso d’Oro alla carriera del Festival di Berlino. L’attore dallo sguardo e dalla mimica senza eguali, è uno dei volti più marcati di Hollywood. Una star, ma capace di illuminare un film anche dalla seconda fila di un ensemble di stelle. Uno stile che gli ha fatto conquistare tre nomination agli Oscar come Miglior attore non protagonista per l’iconico dramma sul Vietnam Platoon di Oliver Stone del 1986, per il tributo al genio di Friedrich Wilhelm Murnau su un possibile dietro le quinte del film Nosferatu del 1922, L’ombra del vampiro (2000) e per la pellicola indipendente attualmente in corsa, The Florida Project (Un sogno chiamato Florida, in Italia dal 29 marzo). Il 4 marzo Dafoe ha davvero ottime chance di ricevere finalmente la sua prima statuetta. Anche per questo l’atmosfera al Berlinale Palast alla serata di gala in suo onore era particolarmente festosa e tesa. Nel programma della Berlinale c’è anche un omaggio dedicato a lui con dieci film in cartellone. Lo abbiamo incontrato prima della premiazione. Mister Dafoe, la pellicola Vivere e morire a L.A. che l’ha consacrata attore di caratura mondiale, ha trent’anni. Nella sua carriera ha lavorato finora in oltre cento film. Ci pensa ancora agli inizi? Si, alcuni film mi sono oggi ancora molto vicini. A cominciare da Vivere e morire a L.A. Si ricorda di Darlanne Fluegel in quel film? È l’informatrice del suo antagonista, William Peterson. Ho saputo da poco, e per caso, che è morta. Era malata di Alzheimer da tempo. Uno choc, avevamo più o meno la stessa età. I miei film mi ricordano le fasi della vita che ho attraversato: le difficoltà iniziali, il mio innamoramento, la gioia di un successo, il dolore per una perdita. I titoli dei miei film sono anche quelli dei capitoli della mia vita. Quali ricordi la legano al successo di Vivere e morire a L.A.? All’epoca lavoravo ogni giorno con il Wooster Group, la compagnia di teatro sperimentale di New York, di cui sono anche co fondatore. Mi sentivo ancora un attore di teatro e solo quello. Friedkin venne da me per dirmi che stava preparando un film che voleva assolutamente fosse recitato da volti sconosciuti. Solo così, questa la sua tesi, lo spettatore può immedesimarsi nel suo personaggio senza riserve. Questo approccio è uno strumento che ho fatto mio da allora. Da spettatore trovo affascinante non sapere nulla dell’interprete. Ovviamente è assurdo immaginare di presentarmi oggi da sconosciuto davanti a una macchina da presa. Ma è quello che mi aspetto dai lavori degli altri se devono conquistarmi. Nel recente The Florida Project di Sean Baker, la mia aspettativa si è addirittura concretizzata, in quanto sono circondato da un cast di attori non professionisti. Persone meravigliose, ma non attori. Un’esperienza di grande ispirazione. Per The Florida Project è nominato all’Oscar per la terza volta. Nella pellicola è il portiere di un motel vicino a DisneyWorld dove vivono giovani famiglie senza dimora. Non ha pensato che il suo nome potesse distogliere l’attenzione dagli altri interpreti? Sean Baker è seguito da un pubblico molto fedele, anche se piccolo. Ho lavorato in tanti film dove il mio nome era in cima ai credits senza che ciò abbia reso il numero di spettatori minimamente più grande. Purtroppo. Prima di The Florida Project era consapevole di cavarsela così bene sul set con i bambini? Amo lavorare con i bambini. E lo sapevo già a teatro. Se da un punto di vista tecnico i bambini sono naturalmente limitati, quello che li rende magici è l’assoluta libertà che sanno esprimere. Iniziano semplicemente a recitare quando li si incoraggia a iniziare. Quando sono davanti la camera sono in un loro mondo, separato da tutto il resto, in un modo così totale che nessun attore professionista potrà mai conoscere. E portano sul set un caos contagioso che fa bene a tutti. È un attore che impiega molto il corpo. È stata dura tenere il passo con l’energia dei tanti bambini del film? Il bello di The Florida Project è che il mio ruolo in un certo senso riflette le condizioni di lavoro di un set manager. Il mio personaggio è responsabile per l’ordine e il funzionamento delle cose. Il mio approccio al ruolo è stato così molto pragmatico e tranquillo. Naturalmente non intervenivo quando c’erano i momenti di gioia incontrollata. Lì stavo a osservare. E fermavo il mio lavoro. Prima di iniziare le riprese ha vissuto per qualche mese in diversi motel della Florida. Si prepara sempre in modo così accurato ai suoi ruoli? Dipende dal progetto. In genere mi resta sempre un sapore in bocca un po’ amaro quando professionisti dell’industria dell’intrattenimento cercano di rappresentare aspetti della società come la povertà o la classe operaia. Anche io ho fatto errori in passato. L’atteggiamento, la posa, nei confronti di questi milieu può scivolare facilmente nella presunzione. Il che è inutile e dannoso al pari di una simpatia eccessiva o della compassione. Quello che ho voluto fare prima di iniziare questo film è stato conoscere storie di vita da vicino, biografie ascoltate dall’altra parte della parete. The Florida Project Sul grande schermo si ha spesso l’impressione che a interessarle di più non sia tanto la tecnica quanto l’espressione, la fisicità dei personaggi che interpreta. Sono con un piede a Hollywood, e con l’altro nel cinema indipendente. Sono consapevole di quello che si aspetta quest’industria, ma sono anche rimasto in parte molto naif, nonostante il numero di film che ho fatto. Amo osservare come certe pellicole riescano a cambiare lo sguardo sul mondo che avevo avuto fino a quel punto. La fisicità è tutto. Da attore mi affascina l’idea di vivere un’avventura che venga immortalata da una macchina da presa. Per questo vorrei tanto lavorare col regista messicano Carlos Reygadas. Gliel’ho anche proposto recentemente a un festival. Lui però ha gentilmente rifiutato con la motivazione che lavora esclusivamente con attori non professionisti. E ho pensato: sarebbe la mia occasione tanto agognata! Perché sono un attore professionista che vorrebbe essere di nuovo un profano. Cambia continuamente tra grandi studios e produzioni indipendenti. Ne vale ancora la pena? Onestamente non lo so. Vivo tra Roma e New York e non sono un grande conoscitore degli ingranaggi interni di Hollywood. Quello che so è che voglio mantenermi molte possibilità aperte. I miei biglietti da visita sono i miei film. Finché ne esisteranno delle copie in giro sicuramente non resterò disoccupato. Qualcuno mi offrirà una parte. Il paesaggio cinematografico americano sta cambiando a una velocità drammatica. Finanziare piccoli film sta diventando una missione impossibile. Vede l’esito di questo cambiamento? Vivo con le conseguenze che si fanno sentire ora. Sul futuro non posso dire nulla. Nessuno può prevederlo. Ormai anche i grandi studios stanno sparendo e l’industria è dominata sempre più da persone che di cinema sanno poco o nulla. Hollywood è dominato da franchising, e piattaforme di streaming come Amazon o Netflix lo stanno ormai inglobando. Dove tutto questo porterà è difficile a dirsi. Sicuramente il nostro rapporto con il cinema è già cambiato profondamente. Simone Porrovecchio
Post n°14308 pubblicato il 24 Febbraio 2018 da Ladridicinema
Ripartono le fake news contro assad... eppure sono passati solo pochi giorni, nel silenzio dei media, da quando anche gli americani hanno dovuto ammettere che non ci sono prove sulle armi chimiche... La signora qui sotto ama farsi le foto con i tagliagole... “Disastro senza eguali a #Goutha dove i bombardamenti del regime e gli aerei russi hanno fatto 300 vittime. ...Goutha, che già nel 2013 subì i bombardamenti chimici del regime, bombardamenti cui gli Usa per poco non reagirono" Nessun senso dell'osceno per colei che usa accompagnarsi ai terroristi. Solo la settimana scorsa negli Usa hanno dovuto affermare non vi sia prova alcuna dell'utilizzo di armi chimiche da parte di Assad. #LuciaGoracci da Istanbul
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45