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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 13/11/2019
Post n°15471 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Post n°15470 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Post n°15469 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Post n°15468 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Post n°15467 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Post n°15466 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Il box office cresce del 21,4% questo weekend rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e il guadagno su base annua è di oltre il 15%. Le ragazze di Wall Street (guarda la video recensione) è il miglior incasso con 1,5 milioni di euro, davanti a Il giorno più bello del mondo, che ottiene 1,2 milioni e va a 4,7 milioni complessivi, mentre completa il podio La famiglia Addams (guarda la video recensione), che grazie a un ottima domenica, raggiunge 1,1 milioni per un totale di 4,9 milioni di euro. La coppia formata da Joker (guarda la video recensione) e Maleficent - Signora del Male (guarda la video recensione) continua a marciare a ritmi altissimi: il primo supera i 28 milioni di euro, il secondo raggiunge quota 11,5 ed è a soli 300mila euro da C'era una volta a Hollywood (guarda la video recensione). Non un grande esordio invece per Gli uomini d'oro (guarda la video recensione), che si ferma a 428mila euro, mentre passano un eccellente weekend Parasite (guarda la video recensione) e La belle époque (guarda la video recensione), che chiudono rispettivamente con 390mila e 358mila euro, entrambi con un'ottima media per sala. Discreto esordio anche per Motherless Brooklyn (guarda la video recensione), che debutta con 361mila euro, mentre L'uomo del labirinto (guarda la video recensione) arriva a 1,7 milioni e chiuderà probabilmente attorno ai 2 milioni, cifra su cui si sono fermati più o meno tutti i film italiani "di successo" (si fa per dire), questa stagione. Fuori dalla top ten Tutto il mio folle amore (guarda la video recensione), Terminator: Destino Oscuro(guarda la video recensione), Doctor Sleep e La famosa invasione degli orsi in Sicilia (guarda la video recensione).
Questa settimana arrivano, tra gli altri, Le Mans '66 - La grande sfida, Zombieland - Doppio Colpo, Pupazzi alla Riscossa (guarda la video recensione) e l'italiano Sono solo fantasmi, di e con Christian De Sica.
Negli USA i primi quattro posti sono tutti occupati da nuovi film, ma quanto a incassi c'è poco da festeggiare, visto che quello passato è stato il peggior weekend novembrino degli ultimi 19 anni, con la somma dei film della top ten finita sotto la soglia dei 100 milioni di dollari. Effettivamente, numeri alla mano, pochi titoli possono dirsi soddisfatti del loro esordio: il migliore è stato Midway, andato oltre le aspettative degli analisti, che ha incassato 17,5 milioni di dollari. Il podio è completato da Doctor Sleep, da cui ci aspettava di più, rispetto ai 14,1 milioni ottenuti e da Playing With Fire, che ha recuperato tantissimo tra sabato e domenica, chiudendo a 12,8 milioni. Brutta partenza per il "natalizio" Last Christmas, che apre con soli 11,6 milioni. Terrificante debacle per Terminator: Destino Oscuro, che perde oltre il 60% rispetto alla settimana scorsa e chiude a 48 milioni complessivi: non passerà quota 100. Reggono benissimo Joker, a 313 milioni e Maleficent - Signora del Male, a 97 milioni. La prossima settimana arrivano Charlie's Angels, che dovrebbe ottenere la vetta senza grosse difficoltà, L'inganni perfetto e Le Mans '66 - La grande sfida.
A livello internazionale Joker è ancora vivo e vegeto e vola a 984 milioni di dollari: entro la fine della prossima settimana diventerà il settimo film miliardario del 2019 e potrebbe insidiare Aladdin (guarda la video recensione) e Toy Story (guarda la video recensione), una performance pazzesca, specie se si considera che ottenuta senza gli incassi cinesi. Maleficent - Signora del Male sale a 430 milioni di dollari e dovrebbe riuscire a raggiungere il mezzo miliardo a fine corsa. Terminator: Destino Oscuro arriva a fatica a sfiorare i 200 milioni e dovrebbe chiudere attorno ai 250: il franchise è arrivato a destinazione. Notevolissimi i 182 milioni incassati da Downton Abbey(guarda la video recensione), che dovrebbe farcela a passare i 200. Delusioni varie: Il Piccolo Yeti (guarda la video recensione) a 166 milioni, Gemini Man (guarda la video recensione) a 163, Rambo: Last Blood (guarda la video recensione) a 83 milioni.
Post n°15465 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
di Lorenzo FerrazzanoMentre media e partiti politici fanno intendere che criticare la condizione di apartheid a cui lo Stato di Israele costringe i palestinesi è “antisemitismo”, in un sobborgo di Gerusalemme succede questo. Condivido questa foto pubblicata ieri da alcuni media palestinesi e ripresa da Michele Giorgio, firma de Il Manifesto. E mi chiedo cosa c'entri esattamente questa pratica criminale con l'antisemitismo. In che modo puntare il dito contro dei carnefici israeliani significa odiare gli ebrei. Gli ebrei sono sempre stati un popolo antimilitarista. Nessuno di loro avrebbe sacrificato la propria comunità e le regole ebraiche per andare in guerra. Il sabato teoricamente un ebreo praticante non potrebbe neanche fumare una sigaretta, figurarsi brandire un fucile. Per questo motivo, ed anche un po' per non abbandonare affari e famiglia, gli ebrei hanno sempre ripudiato la guerra. La retorica nazionalista di Israele si basa invece sul militarismo. Se poi delle accuse a questo militarismo violento vengono identificate con antisemitismo questo è un problema degli stronzi o dei coglioni. Per non cadere in equivoci frustranti, devo precisare che amo profondamente gli ebrei la cultura ebraica. A Varsavia e a Cracovia ho preso da quello che è rimasto degli ebrei tutto quello che potevo prendere. Tra gli scrittori che più mi hanno influenzato ci sono i fratelli Singer (che scrivevano in yiddish), Joseph Roth (ebreo galiziano), Elias Canetti (ebreo sefardita), Franz Kafka, Spinoza, ed è inutile continuare. Sto studiando i pogrom antiebraici scoppiati in Polonia e Ucraina tra Ottocento e Novecento e le origini del razzismo in Europa. L'Olocausto ci ha insegnato che mai più vorremmo rivedere un soldato che tiene in arresto un bambino. E se questo soldato è israeliano non cambia niente.
Post n°15464 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Influenza in Brasile
In Brasile, il movimento operaio, ancora agli inizi, sorto con i primi segnali di industrializzazione del paese tra la fine del secolo 19° e l'inizio del 20°, attuava le sue prime azioni, sotto l'influenza dell'anarco-sindacalismo, ed è stato scenario dell'apparizione dei primi giornali di agitazione politico-ideologica socialista e della creazione di nuclei operai e socialisti.
Nel luglio 1917, si svolse il primo sciopero generale nel paese, ampia e poderosa affermazione del movimento operaio, il suo battesimo del fuoco, che ebbe forte ripercussione e esercitò impatto sociale e politico. Questo sciopero è stato la pietra miliare del nascente movimento operaio brasiliano. Tra il 1917 e l'inizio del decennio del 1920 il paese fu teatro di scioperi e movimenti sociali, sempre repressi e trasformati in scontri violenti con le forze di polizia. Sorsero i primi nuclei comunisti, già sotto l'influenza degli eventi rivoluzionari in Russia. Tra le azioni del movimento operaio brasiliano all'epoca, spiccano quelle di solidarietà con la rivoluzione sovietica.
Al contrario di quanto avvenne nella maggior parte dei paesi europei, così come in Argentina, Cile e Uruguay, il PC del Brasile non nacque dalla rottura di un grande e influente partito socialdemocratico, ma da una spaccatura nel movimento anarchico. Fu dai confronti politici e ideologici tra i settori avanzati del proletariato brasiliano e soprattutto dalla lotta tra comunisti e anarchici che risultò la formazione dei primi raggruppamenti comunisti, che in seguito si sarebbero uniti per costituire il Partito Comunista del Brasile.
Lo storico brasiliano Nelson Werneck Sodré, marxista studioso della storia del Brasile e dei comunisti, ha sottolineato che il Partito Comunista “è nato e cresciuto come conseguenza necessaria del processo di formazione della classe operaia brasiliana e dello sviluppo delle sue lotte. La sua fondazione ha risposto a un'esigenza del movimento operaio che già aveva mostrato, nei primi decenni del 20° secolo, la mancanza di un partito politico operaio rivoluzionario”.
Il documento commemorativo del 90° anniversario del Partito Comunista del Brasile (2012) sottolinea: “Mentre il movimento operaio brasiliano affrontava una crisi di prospettiva, gli impetuosi venti della vittoriosa rivoluzione socialista in Russia, del 1917 – che già soffiavano per il mondo – hanno raggiunto il Brasile. La vittoria dei lavoratori russi aveva indicato un nuovo cammino agli operai brasiliani: quello della necessaria organizzazione del proletariato in partito politico indipendente, di classe, che abbia come obiettivi la conquista del potere politico e l'instaurazione del socialismo”.
Il Congresso di fondazione del Partito Comunista del Brasile si svolse il 25, 26 e 27 marzo 1922. I primi due giorni di lavoro ebbero luogo nella città di Rio de Janeiro e, a causa delle minacce della polizia, la sessione dell'ultimo giorno fu trasferita a Niterói. Vi parteciparono nove delegati che rappresentavano 73 comunisti. Già all'inizio della sua esistenza, il Partito aderì alle 21 condizioni per l'adesione all'Internazionale Comunista.
Il secolo della lotta per il socialismo
Il 20° secolo è stato fortemente segnato dal socialismo vittorioso in Unione Sovietica e sotto la sua influenza è diventato il secolo delle rivoluzioni antimperialiste, democratiche, popolari e socialiste, delle lotte di liberazione nazionale e sociale dei popoli, delle lotte anticoloniali, democratiche, per la pace e la giustizia, obiettivi questi che si fondono con i grandi valori e ideali della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre.
E' partiva dall'Internazionale Comunista e dai partiti di questa organizzazione l'iniziativa della creazione nel decennio 1930 dei Fronti Popolari, decisiva nella lotta dei popoli contro il fascismo.
L'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche è stata la forza principale nella vittoria sulla maggiore e più aggressiva potenza militare della borghesia imperialista – la Germania hitleriana. La vittoria sul nazi-fascismo ha rappresentato una conquista dei popoli, delle forze della pace, della democrazia, della solidarietà e del progresso sociale. A questa vittoria ha concorso specialmente l'azione dei comunisti, che si sono collocati alla guida della lotta contro il nazi-fascismo. L'Unione Sovietica, patria del socialismo, con la lotta eroica del suo popolo, ha rappresentato il fattore politico e militare decisivo.
I popoli dell'Unione Sovietica hanno pagato il prezzo più terribile in vite umane e danni materiali, con la morte di 27 milioni di cittadini, tra cui 7,5 milioni di soldati. Il paese ha subito una devastazione senza precedenti: 1.710 città e 70.000 villaggi sono stati completamente distrutti; migliaia di fabbriche, imprese e cooperative agricole hanno subito danni, sei milioni di case demolite.
Le vittorie dell'Esercito Rosso nelle storiche battaglie di Mosca (da ottobre 1941 a gennaio 1942), Stalingrado (da agosto 1942 a febbraio 1943), Kursk (tra la primavera e l'estate del 1943) e Berlino, nella primavera del 1945, rimarranno incise in modo indelebile nella memoria dell'umanità, come il tributo dei popoli sovietici alla causa della liberazione dell'umanità.
La vittoria è stata, così, l'espressione e il risultato della fraternità internazionalista tra i popoli, nella ricerca della libertà, della democrazia, dell'indipendenza e della giustizia.
Sotto l'influenza della rivoluzione, si è sviluppato il movimento operaio nei paesi capitalisti e la lotta anticoloniale nei paesi dipendenti.
La Rivoluzione socialista e il socialismo sovietico sono stati presenti come ispirazione, influenza indiretta e appoggio morale nella grande Rivoluzione cinese, nella Rivoluzione cubana, nella Resistenza vietnamita. Anche l'adozione, da parte dei paesi capitalisti, dello Stato del “benessere”, è stata il portato, insieme alle lotte sindacali e politiche in questi paesi, dell'influenza della Rivoluzione d'Ottobre e del socialismo in URSS. Ed è stata la Rivoluzione sovietica alla base dell'organizzazione del campo socialista e del Movimento Comunista Internazionale.
La lotta contro l'opportunismo di destra e di “sinistra”
La Rivoluzione del 1917 ha avuto grande impatto politico e ideologico. I principi che la hanno ispirata e che in seguito ha sviluppato hanno rappresentato la linea rossa, di demarcazione, tra il pensiero socialista scientifico, rivoluzionario, comunista, classista e internazionalista, e il pensiero socialdemocratico, opportunista, che da Eduard Bernstein, ritiene pragmaticamente che “il movimento è tutto e l'obiettivo finale, nulla”.
Celebrare il centenario della Rivoluzione e rimarcare i suoi successi non significa considerarla come modello e cadere nell'anacronismo e nella posizione dogmatica che lo trapianta nei giorni nostri. Il mondo vive in condizioni completamente diverse e la stessa evoluzione delle nazioni insegna che i processi rivoluzionari sono unici e irripetibili.
Si consiglia di riflettere su ciò che Lenin definiva “una delle condizioni fondamentali del successo dei bolscevichi”, in una delle sue opere classiche, “L'estremismo, malattia infantile del comunismo”, di solito citata fuori del contesto storico in cui fu scritta.
“Senza dubbio, quasi tutti ormai vedono che i bolscevichi non si sarebbero mantenuti al potere, non già due anni e mezzo, ma neanche due mesi e mezzo, se nel nostro partito non fosse esistita una disciplina severissima, realmente ferrea, se il nostro partito non avesse avuto l'appoggio pieno e incondizionato di tutta la massa della classe operaia, cioè di tutti i suoi elementi, pensanti, onesti, devoti sino all'abnegazione, autorevoli e capaci di guidare o di conquistare gli strati arretrati”, scriveva in “L'estremismo, malattia infantile del comunismo” il leader della rivoluzione, perché “la dittatura del proletariato è la guerra più eroica e implacabile della nuova classe contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza si decuplica per effetto del suo rovesciamento (sia pure in un solo paese)” (…)
Nello stesso testo in cui si analizzano le condizioni in cui il bolscevismo ha trionfato, Lenin dice: “Soltanto la storia del bolscevismo, per tutto il periodo della sua esistenza, può spiegare in maniera soddisfacente perché esso sia riuscito a creare e mantenere nelle condizioni più difficili la ferrea disciplina necessaria alla vittoria del proletariato”.
E prosegue: “Si pone anzitutto il problema: da che cosa è mantenuta la disciplina del partito rivoluzionario del proletariato? Da che cosa viene messa alla prova? Da che cosa viene rafforzata? In primo luogo, dalla coscienza dell'avanguardia proletaria e dalla sua dedizione alla rivoluzione, dalla sua fermezza e abnegazione, dal suo eroismo. In secondo luogo, dalla capacità di questa avanguardia di collegarsi, avvicinarsi, unirsi fino a un certo punto e, se si vuole, fondersi con la grande massa dei lavoratori, dei proletari anzitutto, ma anche con la massa lavoratrice non proletaria. In terzo luogo, dalla giusta direzione politica realizzata da quest'avanguardia, dalla giustezza della sua strategia e della sua tattica politica, a condizione che le grandi masse si convincano per propria esperienza di questa giustezza. Senza tali condizioni la disciplina di un partito rivoluzionario, realmente capace di essere il partito della classe d'avanguardia che deve rovesciare la borghesia e trasformare tutta la società, non può essere garantita. Senza tali condizioni i tentativi di creare una disciplina si tramutano inevitabilmente in bolle di sapone, in frasi vuote, in farse. D'altra parte, queste condizioni non possono nascere di colpo, ma sono il risultato di un lavoro lungo, di un'esperienza dura. La loro creazione è facilitata da una giusta teoria rivoluzionaria, la quale, a sua volta, non è un dogma, perché si costituisce in modo definitivo in stretta connessione con la pratica di un movimento veramente di massa e veramente rivoluzionario”.
Lenin ha formulato il principio per cui è sempre necessario fare “analisi concreta della situazione concreta”. Per questo, spiegando le ragioni della vittoria del 1917, ha evidenziato che il bolscevismo, sorto nel 1903, si basava sulla “più solida base della teoria del marxismo”, che si è sviluppato in Russia in condizioni peculiari: “Il bolscevismo, sorto su questo fondamento granitico, ha vissuto una storia pratica quindicennale (dal 1903 al 1917) che non ha uguali al mondo per ricchezza di esperienze. Non c'è infatti un solo paese che in questo quindicennio abbia fatto, anche solo approssimativamente, quanto la Russia nel senso dell'esperienza rivoluzionaria, della rapidità e varietà di successione delle diverse forme del movimento, legale e illegale, pacifico e violento, clandestino e aperto, ristretto e di massa, parlamentare e terroristico. In nessun paese è stata concentrata in così breve spazio di tempo una tale ricchezza di forme, sfumature, metodi di lotta di tutte le classi della società contemporanea, di una lotta, inoltre, che, per effetto dell'arretratezza del paese e della pesante oppressione zarista, è andata maturando con singolare rapidità e si è appropriata con particolare avidità e successo dell' “ultima parola” dell'esperienza politica americana ed europea”.
Per i comunisti, la Rivoluzione trionfante nel 1917 sarà sempre una fonte di ispirazione per le lotte che si svolgono oggi, in nuove condizioni, nella resistenza alla feroce offensiva del sistema capitalistico contro i lavoratori e i popoli e per aprire la strada a una nuova tappa della lotta per il socialismo.
Oggettivamente, l'estinzione dell'Unione Sovietica, all'inizio degli anni 90, ha segnato una svolta negativa nell'evoluzione del quadro mondiale. In quanto risultato di una controrivoluzione, i cui primi segnali si erano manifestati a partire dal 20° Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (1956), la sconfitta della Rivoluzione Sovietica ha implicato un regresso senza precedenti nella situazione politica internazionale, contesto in cui si sviluppa una brutale offensiva della borghesia, dell'imperialismo e di tutta la reazione mondiale, contro tutte le conquiste democratiche, sociali, di civiltà dell'umanità.
Attualmente, i popoli si stanno confrontando con le potenze imperialiste, gli Stati Uniti e i loro alleati, che tentano di imporre la loro dominazione attraverso il militarismo e la guerra. In questo contesto, è diventato nozione corrente che il socialismo e la rivoluzione abbiano subito un colpo fatale e che, d'ora in avanti, non sia più il caso di insistere con una strategia rivoluzionaria. In tal modo, risorgono le proposte di adattamento del movimento rivoluzionario all'ordine stabilito.
I comunisti, contrariamente a questo senso comune, ritengono che la lotta per il socialismo continua ad essere all'ordine del giorno, perché corrisponde alla necessità obiettiva dell'evoluzione della società. E non si illudono sulla possibilità che tale salto storico si produca spontaneamente, per via evolutiva o per concessione delle classi dominanti. Le forze che lottano per il socialismo tengono conto delle nuove condizioni storiche, del fatto che la rivoluzione non sarà il frutto di avventure né che il socialismo possa essere costruito bruscamente. L'esame attento della storia e della realtà contemporanea dimostra che il percorso rivoluzionario comporta molte tappe e che la costruzione del socialismo sarà opera di molte generazioni. Si deve anche tenere conto che non esiste modello per la lotta rivoluzionaria e la costruzione del socialismo. L'adozione di un unico modello è stata un grave errore, una posizione anti-scientifica.
Il socialismo è universale come teoria generale e aspirazione alla liberazione della classe operaia in tutto il mondo. E' universale in quanto trasformazione da un'epoca di oppressione in un'era in cui l'umanità sarà libera e realizzerà le proprie aspirazioni di giustizia e progresso. Ma il socialismo sarà il risultato della lotta multiforme di ciascun popolo, in circostanze storiche e politiche ben definite, il che esigerà dalle forze rivoluzionarie e dal Partito Comunista di ogni paese l'elaborazione di nuovi e originali programmi, strategie e tattiche consonanti con i principi e il contesto storico concreto.
Il passaggio del centenario del maggiore evento della storia dell'umanità pone all'attuale generazione di combattenti per il socialismo la necessità di riflessioni che si traducano in azione pratica. Non sono ancora pienamente configurati i rapporti di forza in grado di condurre l'umanità verso un nuovo ciclo rivoluzionario. E neppure tale rapporto di forze si crea per generazione spontanea, dovendo le forze rivoluzionarie adottare linee strategiche, procedure tattiche e metodi d'azione corrispondenti alla necessità di affrontare, nelle nuove condizioni, la lotta per il socialismo.
Di fronte al capitalismo-imperialismo globalizzato, alla sua profonda e inarrestabile crisi strutturale e sistemica, attualmente in fase acuta, alle politiche neoliberiste, alle politiche di guerra, alla natura reazionaria del sistema politico ed economico borghese, diventa rilevante una domanda: è all'ordine del giorno il compito di lottare per miglioramenti nel capitalismo, di combattere solo le “deformazioni” della globalizzazione o si tratta invece di elaborare strategie, tattiche e metodi rivoluzionari che conducano i lavoratori in tutto il mondo alla lotta per il socialismo come unica strada per superare in modo rivoluzionario l'impasse in cui si trova l'umanità sotto l'attuale sistema?
Il grande paradosso dell'epoca presente è che il capitalismo ha raggiunto una tale livello di sviluppo , un tale grado di espansione che raggiunge tutti gli angoli del pianeta, una scala prima inimmaginabile di sviluppo delle sue capacità, pur conservando allo stesso tempo la propria essenza di perseguire il massimo profitto, che ottiene attraverso lo sfruttamento e l'oppressione delle masse lavoratrici e la spoliazione delle nazioni dipendenti. Questa è la contraddizione fondamentale a partire dalla quale si svilupperà la lotta politica delle classi lavoratrici. Il capitalismo dei giorni nostri avvantaggia solo le grandi borghesie parassitarie dei paesi imperialisti e delle loro dipendenze. E' quindi inevitabile l'esplosione di lotte, in cui i fattori di classe si intrecciano con quelli nazionali. E' in questo contesto che emerge contemporaneamente la lotta per il socialismo.
In questo contesto, si presenta ai comunisti e alle altre correnti della sinistra conseguente la questione della costruzione di un soggetto politico capace di unire, mobilitare e organizzare la classe lavoratrice e le masse popolari in una dimensione strategica e tattica.
Dal punto di vista dei comunisti, è indispensabile persistere nel rafforzamento politico, ideologico, organizzativo, elettorale e di massa del partito comunista, nell'unità con altri settori conseguenti della sinistra. In momenti di profonda crisi del capitalismo e in cui le uscite della borghesia monopolistica-finanziaria e dell'imperialismo sono sempre più antidemocratiche e belliciste, il partito comunista deve mantenere chiaro l'orizzonte socialista, consolidare la propria identità di classe e ideologica e rafforzare i suoi legami con le masse popolari e lavoratrici. Quali che siano le procedure tattiche necessarie all'accumulazione di forze e per quanto flessibili debbano essere i comunisti nella creazione di alleanze ampie per ottenere vittorie parziali, più ancora si deve affermare il carattere rivoluzionario della loro strategia e il loro profilo politico e ideologico.
Parte inseparabile da ciò è l'internazionalismo proletario, principio essenziale dei comunisti, che significa solidarietà con i popoli in lotta per la sovranità nazionale, la giustizia sociale e la rivoluzione politica e sociale, compito al quale i comunisti brasiliani si dedicano con vigore, partecipando a entità e movimenti che hanno un nitido carattere antimperialista, rafforzando i legami di cooperazione e l'unità con i partiti comunisti e le organizzazioni rivoluzionarie e popolari, condividendo esperienze e concertando azioni comuni nell'ambito dell'Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (IIPCO) che, nell'ambito delle celebrazioni dei 100 anni dalla gloriosa Rivoluzione Sovietica, svolgerà il suo 19° Incontro in Russia, nel novembre 20177, e del Foro di San Paolo, importante e ampio spazio di collaborazione delle forze progressiste e antimperialiste latinoamericane e caraibiche, che riunisce più di un centinaio di partiti.
Per i comunisti brasiliani, la Rivoluzione trionfante nel 1917 sarà sempre una fonte di ispirazione nelle lotte che si svolgono, in nuove condizioni, nella resistenza alla feroce offensiva del sistema capitalista contro i lavoratori e i popoli e per aprire la strada alla lotta per il socialismo, nelle nuove condizioni del secolo XXI.
*José Reinaldo Carvalho, giornalista, membro del Comitato Centrale, della Commissione Politica Nazionale e della Segreteria del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), responsabile di politica e relazioni internazionali. Direttore del sito Resistência (www.resistencia.cc)
Post n°15463 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
La creazione delle repubbliche sovietiche nel 1919 in Ungheria e in Baviera (Germania), hanno segnato il momento culminante dei movimenti rivoluzionari in Europa in conseguenza della Rivoluzione russa, sebbene siano state sconfitte.
La Grande Rivoluzione Socialista Sovietica ha creato condizioni propizie all'apparizione dell'Internazionale Comunista, la Terza Internazionale, dopo la bancarotta della Seconda Internazionale, provocata da un gretto nazionalismo, dalla collaborazione di classe e dall'opportunismo di destra. Questa rivoluzione ha esercitato grande influenza nel movimento operaio, nell'espansione e nel compattamento di gruppi di sinistra e nella sua separazione dall'influenza socialdemocratica. Come partito al potere, spetta al partito di Lenin, l'iniziativa di riunire nell'ambito della nuova organizzazione internazionale le forze di sinistra, comuniste, rivoluzionarie, separate dalle forze centriste e opportuniste di destra. La creazione della Terza Internazionale nel 1919 è stato un evento di grande rilievo per il movimento operaio internazionale. Il suo merito è stato di avere assimilato in tempo i frutti della lotta rivoluzionaria del proletariato russo, come base per il percorso che si apriva nella lotta per il socialismo su scala mondiale.
Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale e durante il conflitto, la maggioranza dei dirigenti della Seconda Internazionale aveva tradito la classe operaia. Invece di seguire la politica dell'unità internazionalista dei lavoratori contro la borghesia, si sono trasformati in propagandisti della conciliazione di classe e sostenitori dello spargimento di sangue dei lavoratori dei paesi belligeranti a favore degli interessi della borghesia. I partiti della Seconda Internazionale sono caduti in posizioni riformiste e social-scioviniste. Di conseguenza, la Seconda Internazionale ha fatto bancarotta. In queste circostanze storiche è stata lanciata la sfida a rompere con i partiti socialdemocratici e a spezzare i legami con l'opportunismo di destra, come qualcosa di indispensabile a proseguire il corso della lotta politica di classe.
Nel contesto della preparazione della guerra, in cui erano affannosamente impegnate le borghesie dei paesi imperialisti, con la complicità di settori della socialdemocrazia, il Partito Bolscevico ha lanciato la parola d'ordine di trasformare la guerra imperialista in guerra civile. Nel quadro di questa lotta, sono sorti gruppi di sinistra e rivoluzionari in seno ai partiti socialdemocratici. Lenin ha apprezzato l'emergere di questi gruppi e ha dedicato a loro attenzione, partecipando alla Conferenza internazionale dei socialisti a Zimmerwald (1915), dove li ha aiutati a combattere gli opportunisti e a rompere con costoro nei campi ideologico, politico e organizzativo. Questa iniziativa ha rappresentato un passo importante verso la creazione della Terza Internazionale Comunista e il ristabilimento dell'unità rivoluzionaria del proletariato internazionale.
In questo processo, la sinistra si è separata organizzativamente dagli opportunisti. Di conseguenza, è cresciuto il numero dei partiti di sinistra e su tale base sono stati creati partiti comunisti in molti paesi. All'inizio del 1919, i rappresentanti di questi partiti, riuniti a Pietrogrado, decisero di convocare il congresso internazionalista. Le condizioni per la partecipazione erano: primo, i partiti e le organizzazioni si sarebbero dovute collocare alla direzione della lotta rivoluzionaria del proletariato per il rovesciamento dal potere della borghesia; secondo, sostenere la Rivoluzione d'Ottobre e il potere sovietico in Russia.
Il primo Congresso della Terza Internazionale Comunista si svolse a Mosca il 2 marzo 1919, con la partecipazione di delegati di 30 paesi, tra i quali, per la prima volta, rappresentanti del proletariato di paesi coloniali e dipendenti. Il Congresso approvò la creazione della Terza Internazionale come centro del movimento comunista internazionale.
Tra i temi in discussione, il carattere dello Stato, opponendosi nel dibattito concetti come democrazia borghese e dittatura del proletariato. Il riferimento era il rapporto di Lenin “Sulla democrazia borghese e la dittatura del proletariato”. Lenin sostenne che la rivoluzione è la legge generale delle trasformazioni sociali e politiche, a cui aspira il proletariato e che per costruire conseguentemente il socialismo è necessario rovesciare lo Stato borghese, sostituendolo con il potere politico dei lavoratori. Egli sottolineava che gli opportunisti di destra, insorgendo contro i metodi rivoluzionari e lottando per la “democrazia pura” e predicando il passaggio al socialismo attraverso il parlamento borghese, cercavano di evitare l'abbattimento del regime capitalistico.
L'Internazionale Comunista negli anni dell'impeto rivoluzionario (1920-1923)
La creazione dei partiti comunisti ha rivestito grande importanza. Partiti di classe ideologicamente e teoricamente consistenti, bene orientati politicamente, legati alle masse, rappresentano un fattore decisivo nella rivoluzione politico-sociale, in presenza di condizioni oggettive favorevoli. Nel periodo immediatamente successivo alla vittoria della rivoluzione socialista sovietica, i partiti comunisti sono stati creati come organizzazioni rivoluzionarie, protagoniste della lotta ideologica contro la corrente opportunista di destra, il nemico ideologico principale da combattere.
Lenin non ha lasciato neppure da parte la lotta contro l'opportunismo “di sinistra”, che si è manifestato nei partiti comunisti della Germania e dell'Inghilterra, scrivendo anche a proposito l'opera “Estremismo, malattia infantile del comunismo”. I “sinistri” non comprendevano la necessità di combinare la lotta legale e l'utilizzo di diverse forme di legame del partito con le masse. L'opportunismo “di sinistra” costituiva un pericolo perché conduceva all'allontanamento del partito dalle masse.
Il secondo congresso dell'Internazionale Comunista ha sottolineato l'importanza dell'alleanza tra operai e contadini e l'insieme delle masse oppresse. Il congresso ha indirizzato i partiti comunisti a legarsi strettamente alle masse lavoratrici, a dirigere le organizzazioni popolari e a lanciarsi nella lotta ideologica, politica e organizzativa.
Un documento importantissimo approvato dal secondo congresso è quello relativo alle condizioni per l'accettazione nell'Internazionale Comunista, che sono passate alla storia come le 21 condizioni leniniste. L'obiettivo del movimento comunista internazionale, con l'approvazione di tali condizioni, era quello di creare una barriera alla penetrazione dell'opportunismo nei partiti comunisti e nella Terza Internazionale.
Lenin riteneva che “senza combattere l'opportunismo, non si può combattere l'imperialismo”. Considerava l'opportunismo come base di appoggio al capitalismo, una corrente controrivoluzionaria, antisocialista, anti-internazionalista.
L'Internazionale Comunista negli anni 1921-1924
Negli anni 1921-1924 ebbe inizio la prima crisi economica del dopoguerra. Con l'aiuto dei dirigenti socialdemocratici la borghesia fece di tutto per dividere, minare e reprimere il movimento operaio rivoluzionario. I dirigenti di questi partiti crearono nuove organizzazioni come la “Internazionale 2,5”, intervennero contro gli scioperi ed espulsero i comunisti dai sindacati. In tali condizioni era necessario che i partiti comunisti elaborassero ulteriormente la loro linea tattica. Fu a questo scopo che si convocò il terzo congresso dell'Internazionale Comunista, nel 1921, con la parola d'ordine sulla lotta di massa. Il compito dei comunisti era organizzare, dalla base, il fronte unico dei lavoratori nella lotta, per assicurare la realizzazione delle richieste antimperialiste e democratiche. I partiti comunisti diressero le manifestazioni del 1° maggio 1922, in cui le richieste economiche erano collegate alle parole d'ordine politiche per la democrazia e il riconoscimento della Russia Sovietica. A causa del tradimento dei socialdemocratici, la borghesia dell'Europa Occidentale riuscì ad impedire l'unità della classe operaia, togliendole i pochi diritti democratici che aveva conquistato dopo la guerra. In Ungheria, Polonia, Austria e Bulgaria crebbe il pericolo del fascismo, mentre in Italia il regime fascista veniva instaurato nel 1922.
Anche il 4° congresso dell'Internazionale Comunista sottolineò che per combattere la minaccia fascista era indispensabile rafforzare i legami dei partiti comunisti con le masse. Nell'analizzare la questione del movimento rivoluzionario nei paesi coloniali e dipendenti, il congresso rilevò la necessità di creare un fronte unito con tutte le forze antimperialiste, notando che il proletariato sarebbe dovuto stare alla guida di questo fronte, come la classe più interessata di qualsiasi altra a portare a compimento la rivoluzione democratica e antimperialista. Avrebbe svolto tale ruolo per mezzo del suo partito, che avrebbe dovuto sempre mantenere la propria indipendenza organizzativa e politica nell'ambito del fronte unito antimperialista.
Nel 1923, per schiacciare il movimento rivoluzionario, la reazione polacca e quella bulgara instaurarono la dittatura fascista. La borghesia tedesca represse il movimento rivoluzionario con l'aiuto dei socialdemocratici. Schiacciando il movimento rivoluzionario degli anni 1920-1923, la borghesia rafforzò il suo dominio nei principali paesi capitalisti del mondo.
Questo rafforzamento segnò l'inizio della stabilizzazione temporanea e parziale del capitalismo e influenzò il manifestarsi di posizioni opportuniste di destra in seno ai partiti comunisti, con la negazione della possibilità di una nuova marea rivoluzionaria, mentre i “sinistri” negavano il rilusso temporaneo di questa marea.
Dopo il 5° congresso dell'Internazionale Comunista, ci fu una dura lotta in diversi partiti comunisti tra queste due ali, che sfociò nell'esclusione degli elementi opportunisti che avevano ricoperto importanti ruoli negli organi di direzione.
I partiti comunisti, ancora nella fase iniziale della loro esistenza, non avevano accumulato sufficiente forza per affrontare la borghesia e l'imperialismo, né una sufficiente maturazione politica, ideologica e organizzativa. Si stava vivendo una fase iniziale dell'evoluzione e della maturazione di questi partiti per diventare partiti comunisti di tipo nuovo, di avanguardia, rivoluzionari e di massa.
La vittoria della rivoluzione sovietica nel 1917 ha segnato una profonda svolta nella storia delle lotte di emancipazione dei popoli, nella lotta della classe operaia internazionale e ha posto nuove questioni teoriche e pratiche, metodologiche e organizzative, nuove sfide all'organizzazione della lotta della classe operaia in tutto il mondo. E' in tale prospettiva che devono essere inquadrati l'esistenza e lo sviluppo della Terza Internazionale nel contesto dell'epoca immediatamente posteriore al trionfo della Rivoluzione socialista in Russia.
Post n°15462 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
di José Reinaldo Carvalho*
da resistencia.cc
Traduzione di Mauro Gemma
A Daniel Ilirian Carvalho, che ha vissuto nell'attesa di commemorare il centenario della Rivoluzione d'Ottobre
La Rivoluzione, il cui centenario è motivo di celebrazione da parte delle forze vive del movimento operaio, rivoluzionario e comunista per tutto l'anno 2017, la Grande Rivoluzione Sovietica, diretta dal Partito Bolscevico guidato da Lenin, è stata il più grande evento politico-sociale della storia dell'umanità. Per la prima volta, il proletariato, unito con gli altri ceti popolari, soprattutto i contadini, ha conquistato il potere politico e ha iniziato la costruzione del potere dei lavoratori e della società socialista.
Il trionfo, 100 anni fa, della Rivoluzione d'Ottobre in Russia segna l'inizio di una grande epoca nella storia dell'umanità, l'epoca del passaggio dal capitalismo al socialismo. Con questo evento il capitalismo ha cessato di essere l'unico sistema mondiale. Come conseguenza della vittoria della Rivoluzione d'Ottobre e dell'instaurazione del potere rivoluzionario, è sorto il nuovo sistema socialista, il primo paese con il proletariato emancipato ad esercitare il potere. Un sostegno colossale ai lavoratori in tutto il mondo.
La Rivoluzione russa del 1917 ha confermato la tesi di Marx e Engels, basata sull'analisi scientifica della società, che il capitalismo è un sistema economico-sociale e politico storicamente condannato. Sotto l'influenza di insanabili contraddizioni antagoniste, a un certo punto lo sviluppo economico e la lotta politica di classe presentano inevitabilmente acuti dilemmi e si verificano situazioni rivoluzionarie, che, nel quadro della maturazione di condizioni oggettive e soggettive, portano alla vittoria della rivoluzione.
La rivoluzione del 1917 è stata la forza trainante del progresso sociale. Partendo da una base economica arretrata, in pochi decenni l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche si è trasformata in uno dei paesi più prosperi e socialmente più avanzati del mondo. Sulle rovine del vecchio regime, è sorta una nuova civiltà umana, un'economia sviluppata, si è realizzato un immenso progresso materiale e spirituale, si è conquistata la giustizia, l'uguaglianza, è nato un popolo colto e dignitoso. Sono incomparabili le conquiste sociali, le riforme strutturali, i progressi civili operati dal nuovo ordinamento politico dello Stato proletario basato sull'alleanza tra operai e contadini.
La vittoria della rivoluzione russa, nelle condizioni particolari dell'inizio del secolo scorso, ha confermato la tesi di Lenin, secondo cui, con il passaggio del capitalismo alla fase imperialista, si sarebbe aperta l'epoca della rivoluzione socialista. Ciò diventa più chiaro quando si analizza lo scenario segnato dalle contraddizioni generali che definiscono il carattere dell'epoca.
La rivoluzione vittoriosa nel 1917, con la conseguente instaurazione del regime socialista e l'inizio della costruzione della società socialista, ha portato sulla scena dei conflitti sociali e geopolitici la contraddizione tra i due sistemi opposti, socialista e capitalista.
Lo sviluppo del sistema capitalista, già su scala globale, ha aggravato la contraddizione tra lavoro e capitale.
A cavallo tra il 19° e il 20° secolo, c'è stato un salto di qualità nel sistema capitalista, che ha raggiunto la sua fase imperialista, dando luogo all'antagonismo tra questo sistema e i popoli e nazioni oppressi dei paesi coloniali e dipendenti.
Tale quadro è completato dalle contraddizioni tra le potenze imperialiste, in lotta per il dominio del mondo, per i mercati, le materie prime e la divisione geopolitica del pianeta, che si potrebbe solo realizzare mediante la guerra. Queste contraddizioni si sono manifestate in modo evidente e si sono acutizzate nello scenario della Prima Guerra Mondiale e della Rivoluzione Sovietica.
Il trionfo delle classi oppresse nel 1917 in Russia ha dimostrato che solamente la rivoluzione può aprire la strada alla conquista dell'emancipazione nazionale e sociale, alle trasformazioni sociali e politiche progressiste. La rivoluzione russa ha seppellito la collaborazione di classe come strategia del movimento operaio e popolare.
Dimensione internazionale della Rivoluzione sovietica
Nessun altro evento politico-sociale ha concretizzato in tale dimensione la parola d'ordine lanciata sei decenni prima da Marx: “Proletari di tutti i paesi, unitevi!”. Sebbene non abbia portato alla rivoluzione proletaria mondiale – questa era l'aspettativa dei bolscevichi e di tutto il movimento rivoluzionario all'epoca –, la rivoluzione socialista del 1917 ha avuto uno straordinario impatto internazionale, ha esercitato un'influenza diretta sugli eventi successivi, ha cambiato il volto del mondo e ha lasciato un segno indelebile in tutto il 20° secolo.
La Rivoluzione Socialista d'Ottobre e la fondazione dello Stato sovietico hanno esercitato un'enorme influenza sul movimento rivoluzionario mondiale. Hanno mostrato alle masse lavoratrici di tutto il mondo la via da seguire, le hanno ispirate con il loro esempio, hanno dato una spinta poderosa al movimento operaio e di liberazione nazionale. La Rivoluzione d'Ottobre ha colpito duramente il sistema capitalistico sia nelle metropoli che nelle colonie e nei paesi dipendenti e ha approfondito ulteriormente la crisi generale del sistema capitalistico, iniziata con la Prima Guerra Mondiale.
Cambiava il volto del mondo, si apriva una nuova epoca nella storia dell'umanità. Realizzata al culmine della guerra tra grandi potenze che rivaleggiavano per dominare il pianeta, la Rivoluzione russa ha rappresentato il contrappunto essenziale al sistema capitalistico. Da allora, il confronto tra il capitalismo (imperialista) e il socialismo è diventato una delle contraddizioni fondamentali dell'epoca. Gli scontri politici, le guerre e le rivoluzioni nazionali-di liberazione e socialiste del 20° secolo sono esplose e e si sono sviluppate avendo questi antagonismi come fattori oggettivi di condizionamento.
Il potere statale socialista che è emerso nel 1917, internazionalista per sua natura, è diventato il vettore trainante nella lotta per la pace mondiale e il progresso sociale, un fattore essenziale per neutralizzare gli effetti dell'aggressività dell'imperialismo e influenzare positivamente le lotte dei lavoratori e dei popoli.
Dopo la rivoluzione sovietica del 1917 e sotto la sua diretta influenza, si sono formati partiti comunisti in diversi paesi, in particolare Argentina, Finlandia, Brasile, Uruguay, Austria, Ungheria, Estonia, Polonia, Germania, Grecia, Cina, Portogallo, Francia, Italia, Spagna, Australia, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Romania, Svizzera, Cecoslovacchia, Mongolia, Canada, Stati Uniti, Indonesia, Iraq, India, Vietnam, Cuba , Corea, Sudafrica, tra gli altri.
La rivoluzione sovietica ha prodotto un impatto sulla mobilitazione del movimento comunista rivoluzionario internazionale e dei popoli delle colonie e semi-colonie. Scioperi e manifestazioni in solidarietà con il potere sovietico si sono verificati in quasi tutta l'Europa, negli Stati Uniti, in Giappone e America Latina. Il movimento di liberazione nazionale ha acquisito slancio in paesi coloniali e semicoloniali, come in Cina, Corea, India e Indocina.
Post n°15461 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Parasite ( Gisaengchung ) Parasite è un film di genere drammatico del 2019, diretto da Bong Joon Ho, con Hye-jin Jang e Kang-ho Song. Uscita al cinema il 07 novembre 2019. Durata 132 minuti. Distribuito da Academy Two. Data di uscita:07 novembre 2019 Genere:Drammatico Anno:2019 Paese:Corea del Sud Durata:132 min Distribuzione:Academy Two Produzione:Barunson E&A, CJ E&M Film Financing & Investment Entertainment & Comics, CJ Entertainment, Frontier Works Comic TRAMA PARASITE Parasite, film diretto da Joon-ho Bong, è un dramma che racconta la storia della famiglia Kim, formata dal padre Ki-taek (Kang-ho Song), un uomo privo di stimoli, una madre, Chung-sook (Hye-jin Jang), senza alcuna ambizione e due figli, la 25enne Ki-jung (So-dam Park) e il minore, Ki-woo (Woo-sik Choi). Vivono in uno squallido appartamento, sito nel seminterrato di un palazzo, e sono molto legati tra loro, ma senza un soldo in tasca né un lavoro né una speranza per un futuro roseo. A Ki-woo viene la perversa idea di falsificare il suo diploma e la sua identità per reinventarsi come tutor e impartire lezioni a Yeon-kyuo (Yeo-jeong Jo), la figlia adolescente dei Park. Quest'ultimi sono una ricca famiglia, che, al contrario dei Kim, vivono in una grande villa, grazie ai guadagni del patriarca, dirigente di un'azienda informatica. Ki-woo insegna principalmente inglese alla ragazza a un ottimo prezzo, cosa che genera entusiasmo e speranza nella suoi parenti. Il ragazzo, notando come alla figlia minore dei Park piaccia disegnare, ha la subdola idea di inventare che sua sorella Ki-jung è un'insegnante d'arte, permettendo anche a lei di infiltrarsi nella loro vita. Le due famiglie non sanno, però, che questo incontro è solo l'inizio di una storia strana, che porterà i Kim a introdursi sempre più nella routine dei Park, come un parassita fa con un organismo estraneo. PANORAMICA SU PARASITE Dopo due film realizzati in inglese e con capitali statunitensi come Snowpiercer e Okja, Bong Joon-ho è tornato a realizzare un film al 100% coreano con questo Parasite, clamoroso cocktail di generi che va dalla commedia nera al dramma sociale, passando per il thriller capace di assumere venature quasi horror ma anche per un sentimentalismo commovente. Nelle parole dello stesso regista, questo film è "il racconto di persone comuni alle prese con una inestricabile confusione; una commedia senza clown, una tragedia senza cattivi, dove tutto porta verso un groviglio di violenza e a un tuffo a capofitto giù dalle scale." Prima della proiezione ufficiale al Festival di Cannes del 2019, dove il film è stato presentato in prima mondiale, Bong aveva scritto ai giornalisti e critici una lettera aperta nella quale, come Tarantino per il suo C'era una volta a... Hollywood, pregava di non rivelare in articoli e recensioni le tante sorprese e i molti ribaltamenti presenti nella trama, ma soprattutto il grande twist a sorpresa del finale. A Cannes, dove in passato aveva già presentato film come The Host, l'antologico Tokyo!, Mother e l'Okja targato Netflix, ha vinto la Palma d'oro. Parasite è stato il primo film sudcoreano a vincere il festival, e il primo a ricevere la Palma d'oro all'unanimità dai tempi di La vita di Adele di Abdellatif Kechiche. Forte del riconoscimento ottenuto in Francia, Parasite è uscito all'inizio di giugno nelle sale coreane ottenendo risultati straordinari: nel suo primo weekend di programmazione, ha incassato più di venti milioni di dollari, ovvero 70% degli incassi complessivi, stracciando la concorrenza di blockbuster hollwyoodiani come Aladdin e Godzilla: King of the Monsters. Nel corso delle settimane e dei mesi è arrivato a un totale di oltre 88 milioni di dollari incassati in tutto il mondo, dei quali ben 70 ottenuti in patria. Il regista e Song Kang-ho, uno degli attori protagonisti del film, arrivano con Parasite alla loro quinta collaborazione. La terza, invece, col direttore della fotografia Hong Kyung-pyo, lo stesso del Burning di Lee Chang-dong. CURIOSITÀ SU PARASITE Palma d'oro al Festival di Cannes 2019. Vietato ai minori di 14 anni. INTERPRETI E PERSONAGGI DI PARASITE
Post n°15460 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
ITALIA Roma, nuovo rogo distrugge la libreria "La pecora elettrica" Già danneggiata ad aprile, avrebbe dovuto riaprire domani. Trovato liquido infiammabile. Il titolare: "Hanno dato fuoco a tutto". Al vaglio pista pusher, la libreria disturberebbe lo spaccio Tweet 06 novembre 2019 I Vigili del fuoco hanno ritrovato liquido infiammabile all'interno della libreria Pecora Elettrica, a cui la scorsa notte ignoti avrebbero dato fuoco alla vigilia della riapertura. La libreria di via delle Palme era stata oggetto di un atto con identiche modalità il 25 aprile scorso. A seguito del primo incendio, migliaia di cittadini e attività commerciali del quartiere si erano mobilitati per raccogliere fondi per la riapertura della libreria caffetteria. Non si segnalano feriti. Sono in corso le indagini. "L'incendio di stanotte l'ha distrutta di nuovo. Sono entrati e hanno dato fuoco a tutto". Così il titolare della libreria andata a fuoco nella notte alla vigilia della sua riapertura. Potrebbe esserci un collegamento tra i due incendi alla libreria antifascista "La Pecora elettrica" e quello divampato quasi un mese fa nel locale di fronte. È una delle ipotesi al vaglio degli investigatori. Tra le piste quella che i due locali, gli unici aperti la sera, possano avere disturbato un giro di spaccio nel parco adiacente. "Inquietante l'ennesimo rogo alla libreria la Pecora Elettrica a Roma. Se fosse confermato l'atto doloso sarebbe estremamente grave. Vicina ai proprietari, si faccia subito chiarezza" aveva scritto su twitter Virginia Raggi, sindaca di Roma. "Questi gli attacchi che rivelan chi il pensiero mafioso e non democratico tema: chi vuole capire, leggendo e scoprendo il più possibile il mondo. Libro rinvia a #libertà. E chi ha paura della libertà incendia le librerie... #pecoraelettrica". Lo scrive su Twitter il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, commentando la notizia del nuovo incendio appiccato alla libreria romana, proprio alla vigilia della riapertura. Franceschini: lo Stato si impegna "Il nuovo incendio alla libreria La Pecora Elettrica proprio alla vigilia della sua riapertura è un fatto di una gravità assoluta". Così il ministro della cultura Dario Franceschini arrivato sul posto, a Roma, per testimoniare solidarietà ai ragazzi che hanno animato il progetto della libreria antifascista di Centocelle. "Sono qui per esprimere la vicinanza di tutti i colori politici, ma anche per garantire l'impegno del governo perché non accada mai più". E anticipa di aver parlato con il ministro Lamorgese e annuncia per il 15 novembre una riunione in Prefettura su Centocelle. Quando succede un fatto di questo genere, dice il ministro e capo della delegazione pd al governo,"è evidente che ci deve essere la vicinanza di tutti. Quando si bruciano i libri poi è ancora più terribile, tanto più che questa libreria era molto impegnata sul tema dei diritti civili. Saranno gli inquirenti a indagare e trovare i colori. E' evidente che lo Stato ha il dovere di garantire il libero svolgimento delle attività commerciali, soprattutto quando c'è un atto culturalmente così importante. Quindi io sono qui oggi per manifestare la vicinanza di tutti i colori politici, ma anche per garantire un impegno assoluto perché non accada mai più". - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Roma-nuovo-rogo-distrugge-la-libreria-pecora-elettrica-c3f92ba5-1ed6-45af-8362-39d4a41a88e6.html
Post n°15459 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Motherless Brooklyn - I Segreti di una Città ( Motherless Brooklyn ) Motherless Brooklyn - I Segreti di una Città è un film di genere drammatico, noir del 2019, diretto da Edward Norton, con Edward Norton e Bruce Willis. Uscita al cinema il 07 novembre 2019. Durata 144 minuti. Distribuito da Warner Bros. Pictures. Data di uscita:07 novembre 2019
Genere:Drammatico, Noir Anno:2019 Attori:Edward Norton, Bruce Willis, Bobby Cannavale, Leslie Mann, Willem Dafoe, Gugu Mbatha-Raw, Ethan Suplee, Alec Baldwin, Kenneth Williams, Fisher Stevens, Dallas Roberts, Cherry Jones Paese:USA Durata:144 min Distribuzione:Warner Bros. Pictures Produzione:Class 5 Films, MWM, Warner Bros. Pictures TRAMA MOTHERLESS BROOKLYN - I SEGRETI DI UNA CITTÀ Motherless Brooklyn, film diretto da Edward Norton, è ambientato nella New York degli anni '50 ed è la storia di Lionel Essrog (Edward Norton), un investigatore privato affetto dalla sindrome di Tourette e con un carattere molto solitario. È stato Frank Minna (Bruce Willis), a capo dell'agenzia d'investigazione, a trovare Lionel e i suoi colleghi, tra cui Tony Vermonte (Bobby Cannavale), in un orfanotrofio, dove venivano maltrattati da un gruppo di monache violente. Colpito dalla sua intelligenza, dal suo fare gentile e soprattutto dalla sua memoria fotografica, Minna ha permesso a Lionel di entrare nella sua agenzia. Ma soprattutto l'uomo lo ha aiutato a capire che quello che le persone percepivano come stranezze date dalla sindrome, potevano essere un vero e proprio dono per la sua professione. Quando Frank muore, Lionel indaga sulla morte del suo amico e mentore, nonostante i pochi indizi a disposizione. Lionel è fiducioso, infatti, che grazie alla sua ossessiva capacità di analisi e riflessione possa riuscire a risolvere il caso. Le sue indagini lo portano a svelare molti segreti, fino a quel momento ben custoditi, e dai quali dipende il destino dell'intera città. Girando New York, dai night club di Harlem ai bassifondi di Brooklyn, fino ai dorati e lussuosi salotti di potenti finanzieri, l'investigatore si ritrova faccia a faccia con i più pericolosi delinquenti della città, pronto ad affrontarli pur di onorare la memoria del suo amico e salvare l'unica donna che forse potrebbe aiutarlo. PANORAMICA SU MOTHERLESS BROOKLYN - I SEGRETI DI UNA CITTÀ L'immaginario legato di New York è infinito, ma anche quello di uno dei suoi più intriganti quartieri, Brooklyn, non è da meno. Da Coney Island e i suoi dintorni in cui si parlano russo e ucraino, come mostrato nel cinema di James Gray, al più bohémien Williambsurg raccontato da Noah Baumbach. In ambito letterario sono le strade, con tanto di case di arenaria a schiera, di autori come Paul Auster o Jonathan Safran Foer o Jonathan Lethem, il cui classico contemporaneo, Motherless Brooklyn(pubblicato in italiano come Brooklyn senza madre da Bompiani), è portato ora sullo schermo da Edward Norton, in veste di protagonista, regista, sceneggiatore e produttore.
Il romanzo, uscito nel 1999, vinse il premio Gold Dagger e il National Book Critics Circle Award, raccontando il ritorno a casa, a Brooklyn, del protagonista, raccontandone la trasformazione da zona popolare e disagiata a quartiere di gran moda. Un’ambientazione di fine anni 90 che nel film diventa anni Cinquanta, con al centro Lionel Essrog (Norton stesso), un detective privato affetto dalla sindrome di Tourette.
Il più noto romanzo di Lethem è probabilmente La fortezza della solitudine (Tropea), ennesimo tentativo di scrivere "il grande romanzo americano". Fin dall'uscita del libro si è discusso della possibilità di un adattamento per il grande schermo, con un coinvolgimento fin da subito di Edward Norton, in dubbio per anni se dirigerlo o meno. La produzione è poi iniziata a febbraio 2018 con protagonisti, oltre a Norton, Bruce Willis, Willem Dafoe, Bobby Cannavale, Alec Baldwin e la brava Gugu Mbatha-Raw, vista in Black Mirror.
Il 22 marzo un incendio è esploso nella cantina dell'edificio in cui aveva sede la produzione, appena sotto al set. L'incidente ha provocato la morte di un vigile del fuoco, mentre le riprese sono state sospese per una settimana. Si tratta del secondo film di Norton a distanza di 19 anni, data di uscita della commedia romantica Tentazioni d'amore, in cui recitava al fianco di Ben Stiller e Jenna Elfman. In carriera ha ricevuto tre nomination all'Oscar, per American History X, Birdman e Schegge di paura, per il quel vinse il Golden Globe. Il cantante dei Radiohead, Thom Yorke, ha scritto una canzone per il film, "Daily Battles". Motherless Brooklyn è stato presentato in prima mondiale a Telluride, poi a Toronto, San Diego e New York, prima di aprire la Festa del Cinema di Roma 2019. CURIOSITÀ SU MOTHERLESS BROOKLYN - I SEGRETI DI UNA CITTÀ È stato il film di apertura della Festa del Cinema di Roma 2019.
Secondo film da regista di Edward Norton.
Il film è tratto dall'omonimo romanzo, scritto da Jonathan Lethem e pubblicato nel 1999.
Sebbene il romanzo sia ambientato nel 1999, Norton ha riscritto la storia in un diverso periodo. Secondo lui girare un film ambientato negli anni '90 con detective che si comportano come quelli dei noir degli anni '50 sarebbe stato ironico. Inoltre, la scelta di questo decennio è stata data anche dal fatto che i 50s sono stati un’epoca di grandi cambiamenti per New York. FRASI CELEBRI DI MOTHERLESS BROOKLYN - I SEGRETI DI UNA CITTÀ Dal Trailer Italiano del Film: Lionel Essrog (Edward Norton): Ok, sentite, io ho qualcosa che non va, è la prima cosa da sapere. Ho dei tic e urlo, sembro un fenomeno da baraccone. Ma nella mia testa il casino è più grosso, giro e rigiro le cose, parole e rumori soprattutto, continuo a giocarci finché non escono giusti...come dicevo un bel casino! Però lavoravo per Frank, Frank Minna, investigatore. Lui mi ha insegnato come usare la mia testa e renderla una forza, mi ha dato un posto in un mondo di merda, ma ho rovinato tutto!
Paul Randolph (willem Dafoe): Questa città è in mano a Moses Randolph, quando qualcuno non è visto per quello che è veramente, è una cosa molto pericolosa!
Moses Randolph (Alec Baldwin): Hai la minima di come funziona il potere? Il potere è sapere tutto quello che vuoi e nessuno ti fermerà mai! INTERPRETI E PERSONAGGI DI MOTHERLESS BROOKLYN - I SEGRETI DI UNA CITTÀ
Post n°15458 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Post n°15457 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Post n°15456 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Post n°15455 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
di Mauro Gemma per Marx21.it
Mai come il 6 novembre 2019 il termine "busiarda" (a suo tempo appioppato a La Stampa dagli antifascisti torinesi per il suo vergognoso appiattimento filo regime mussoliniano) è stato più azzeccato.
Innanzitutto, si distingue "Buongiorno" in prima pagina di Mattia Feltri (figlio di Vittorio) sui rigurgiti neonazisti in Germania (e altro), quando, nel più smaccato spregio della verità storica, il nostro arriva persino a scrivere che "quasi niente" si era fatto nella RDT per non far cadere il ricordo delle efferatezze hitleriane, dimenticando che, non solo la RDT (i cui primi dirigenti erano stati tutti perseguitati dal nazismo, costretti all'esilio o internati nei campi di concentramento) era sempre stata in prima fila nel tenere viva la "memoria storica" di quanto era accaduto in Germania, ma sempre si era distinta per la solidarietà politica e materiale con chi lottava contro il fascismo in tutto il mondo (come possono, ad esempio, confermare gli antifascisti cileni). Un altro esempio di palese mistificazione (e dire che il direttore di La Stampa è uno di quelli che più innalza grida contro le fake news) è quanto scrive, a pagina 21, Alessandro De Nicola (Adam Smith Society) che si lancia in un'esaltazione della politica economica cilena, dipingendo quel paese come una sorta di "paradiso" dal punto di vista economico grazie alle ricette ultra-liberiste (ereditate da Pinochet) che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.
Dopo avere magnificato i risultati ottenuti, l''ospite della "busiarda" non manca di sottolineare che " I 19 milioni di cileni sono usciti dalla povertà, posseggono 25 milioni di telefonini e 5,5 milioni di autoveicoli e non accettano di non godere del benessere della classe media dei paesi sviluppati".
Avete capito? In fondo, secondo De Nicola, in piazza, nell'intero Cile, ci andrebbero solo dei "privilegiati" che non sanno di quale fortuna godono rispetto al resto dell'America Latina. E già! il popolo cileno si fa massacrare (con decine di morti, centinaia di feriti e torturati dai Carabineros de Chile), non perché è disperato ed esasperato per una situazione sociale insostenibile e perché è oppresso da un regime autoritario che non ha ancora fatto i conti con il "pinochettismo", ma solo perché desidera più telefonini.
Non è che la "busiarda", che quotidianamente sforna menzogne su qualsiasi argomento di politica, si sta preparando (con al seguito tutto il mainstream) a demonizzare la straordinaria prova di dignità e orgoglio del popolo cileno, esattamente come aveva fatto con i "gilet gialli" francesi e con tutte le sollevazioni popolari che non hanno il marchio di fabbrica dell'Occidente imperialista?
Post n°15454 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
"La lezione che la DDR può dare ancora al mondo". Il racconto di Victor Grossman esule nella Germania Est, fuggito dagli USA nel 1952 per la persecuzione maccartista La Germania celebra 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, vista come un momento di unità. Tuttavia, le lezioni che la Germania orientale una volta aveva da offrire sono state messe da parte, secondo Victor Grossman, giornalista, scrittore, fuggito dagli Stati Uniti, esule nella Germania orientale nel 1952 in seguito alla persecuzione maccartistaDopo la caduta del muro, che è stata vista come la più vivida manifestazione della divisione dell'Europa durante l'era della Guerra Fredda, i tedeschi - e probabilmente il resto del mondo con loro - hanno abbracciato felicemente e senza dubbio le idee del capitalismo occidentale nella speranza che avrebbe offerto loro un futuro luminoso. Tuttavia, la realtà in cui si sono trovati si è rivelata molto meno sicura, anche se li ha resi un po' più ricchi, secondo Victor Grossman, un giornalista nato negli Stati Uniti nel 1928, fuggito dalla persecuzione maccartista nella Germania orientale nel 1952. In un'intervista concessa ad RT, Grossman condivide la sua storia e fornisce una prospettiva unica su ciò che la Germania orientale, una volta considerata obsoleta, inefficace e non democratica, può ancora offrire questo mondo. Essere di sinistra era un crimine negli Stati Uniti degli anni '50 Ho deciso di fuggire qualche anno dopo aver lasciato il college, dopo aver lasciato Harvard, perché ero di sinistra ed ero molto coinvolto politicamente a sinistra. Ho visto molte persone, cresciute negli anni '30 e '40 a New York e negli Stati Uniti, ma nel 1951, quando sono stato arruolato nell'esercito, la scena era completamente cambiata; la guerra fredda era iniziata. "La cosiddetta Era McCarthy significava che le persone con idee di sinistra erano in realtà paria" Poi sono stato arruolato all'inizio della guerra di Corea. Quando eri arruolato, dovevi dire se eri mai stato in un'organizzazione di sinistra. Mi ha ha preso il panico perché questo già mi rendeva un criminale. Quindi, anche se ero stato, ho firmato che non lo ero mai stato. Sono stato fortunato ad essere inviato non in Corea ma nella Germania occidentale, ma mi hanno controllato. La pena per aver mentito, rischiavo fino cinque anni di carcere. Non volevo passare un anno e sei mesi in una prigione militare, quindi ho deciso di abbandonare e ho fatto una diserzione drammatica, nuotando attraverso il Danubio dalla parte americana alla zona sovietica, e l'esercito sovietico mi ha mandato nella Germania orientale, la DDR. È così che sono giunto qui molti anni fa. La caduta del muro di Berlino ha avuto lati positivi e negativi La caduta del muro di Berlino ha significato molto. Vivevo a Berlino est. Da un lato ho potuto vedere come le persone felici potessero incontrarsi molto facilmente con amici e parenti nella Berlino ovest e nella Germania occidentale, per viaggiare in tutte le parti del mondo. Significava che potevano ottenere molte merci che non erano disponibili nella Germania orientale. Le persone avevano molto di mangiare e indossavano le cose più moderne e usavano i beni migliori che vedevano pubblicizzati ogni sera sulla TV occidentale. Non potevano prenderli facilmente e ora, con il muro abbattuto, potevano. Significava una propaganda meno stupidamente noiosa nei media, l'idea che ci sia davvero solo un'idea corretta e che tutto il resto sia sbagliato - e la pressione in gioco. Per questi motivi, ho capito che le persone erano molto felici. Non mi ha influenzato molto perché non potevo andare da nessuna parte in Occidente, come disertore. Ho avuto amari rimpianti allo stesso tempo. Perché per me la DDR, Germania dell'Est, è stato un esperimento, che alla fine non ha avuto successo ma che è stato un esperimento molto prezioso e importante. Solo alcuni punti: non abbiamo avuto problemi di droga nella Germania orientale e quindi anche nessun di AIDS. Queste erano le due cose che il muro teneva fuori. Ancora più importante, per due generazioni, i tedeschi non hanno potuto sbarazzarsi delle idee naziste e razziste nella testa delle persone. Nella Germania dell'Est, se le avessero avute, li avrebbero tenuti per sé. Non le hanno espressi pubblicamente. Avrebbero potuto dar loro voce tra la loro famiglia o amici intimi, ma non pubblicamente. Ora, dopo la caduta del muro, vedo intere colonne di delinquenti fascisti proprio vicino a casa mia, con svastiche, slogan fascisti e simili agli uomini delle SS di ottanta anni fa. Questa è una delle cose più spaventose sulla caduta del muro. Milioni di persone hanno perso il lavoro Una delle cose positive della DDR che ho sentito è che le grandi compagnie e le società che sostenevano Hitler e che avevano causato la guerra erano state completamente eliminate nella Germania dell'Est dopo il 1945, ma erano rimaste forti nella Germania occidentale. Il senatore degli Stati Uniti Kilgore (Harley M. Kilgore) dichiarò ufficialmente al senato degli Stati Uniti come avevano sostenuto Hitler. Non era solo un uomo, erano queste grandi corporazioni. Dopo che il muro è caduto, sono tornati. "Non solo sono tornati, ma sono tornati chiudendo l'intera industria nella Germania orientale, creando milioni di persone senza lavoro, cacciando quasi tutti i professori, cacciando via tutti i miei amici giornalisti - perché ho studiato giornalismo a Lipsia, - senza lavoro e davvero tagliando l'intera società in tutti i modi possibili." Ogni evento ha i suoi lati positivi e negativi. Potrei essere felice con le persone che si rallegravano, ma ero preoccupato per quello che sarebbe successo. E non mi sono completamente sbagliato. Temo che le mie paure fossero giustificate. La disoccupazione è diventata meno grave rispetto ai primi anni terribili e disastrosi. Le persone hanno più o meno trovato lavoro. Le condizioni non erano altrettanto buone, soprattutto perché sono molto insicure. Nella DDR non hai mai avuto paura di perdere un lavoro salvo se non avevi abbattuto con il tuo caposquadra con un piede di porco o se arrivavi per tre settimane di fila ubriaco a morte da essere buttato fuori - e, anche allora, il sindacato ha dovuto approvarlo. Tra i lavoratori c'era un detto che fece il giro tre anni dopo la caduta del muro. Ai tempi della DDR se eri intelligente, non potevi dire nulla contro la leadership del partito, ma avresti potresti dire tutto ciò che desideravi sul tuo caposquadra o sulla tua direzione. Ora è il contrario: puoi dire qualcosa contro un presidente o un cancelliere, ma è meglio non dire nulla sul tuo caposquadra. Ciò dimostra questo diverso modo di vivere tra due società. Niente più fiducia nel futuro Ora abbiamo un'industria e una società in cui milioni sono incerti su ciò che il domani porterà. Non sanno se domani avranno un lavoro, non sanno se possono permettersi le case che affittano domani. Le persone vengono espulse dalle loro case se non possono permettersi di pagare o non riescono a tenere il passo con i pagamenti dei mutui. Ciò era illegale ai tempi della DDR. Era illegale buttare le persone fuori dal loro appartamento. Nel peggiore dei casi, poterli farli uscire ma poi dovevi dargli un altro appartamento, anche se più economico. Ai tempi della DDR, dicevo alle persone che sognavano il futuro d'oro occidentale che avrebbero avuto tutto e vivere come i re, che sarebbero in grado di acquistare tutte le bibite che desideravano e di viaggiare per vedere la torre pendente di Pisa o il Golden Gate Bridge, ma potrebbero non avere un lavoro e non essere in grado di pagare per la loro casa. Sfortunatamente, le mie paure si sono giustificate. Ciò significa che oggi, sebbene la disoccupazione non sia così terribile come nei primi quattro o cinque anni, non è ancora buona e molti lavori che le persone svolgono sono insicuri. Non sanno per quanto tempo durerà e hanno paura di non entrare nei fine settimana per paura di perdere il lavoro. "C'era un senso di sicurezza ai vecchi tempi che oggi manca completamente" Mancavano molti prodotti, che vorresti avere avuto in quei giorni. Puoi averne di più oggi se te lo puoi permettere. Anche questo è un problema diverso. Ai vecchi tempi, la maggior parte delle persone sembrava avere più soldi di quanti ne potessero spendere perché non c'erano abbastanza beni di lusso nei nostri negozi. Avevano i soldi per andare in vacanza. Non tutti, ma un gran numero. Oggi molte persone - e in particolare i bambini - soffrono di una grave mancanza di denaro. Questo è un altro problema che è sorto. Questo mi fa pensare, dopo 30 anni, che, come accade con molti eventi nella storia del mondo, c'è un lato positivo e uno negativo in ogni evento. E c'erano anche lati negativi. Ciò mi rende ancora triste che quell'esperimento, la DDR, una piccola e una povera parte della Germania - eppure siano riusciti a liberarsi quasi completamente della povertà lì. Questo è un risultato che è stato raramente raggiunto in qualsiasi luogo del mondo. In larga misura, la DDR ha raggiunto uno stato in cui nessuno temeva davvero la povertà. In questi giorni, abbiamo avuto una terribile depressione nel 2006, 2007 o 2008. Chissà quando ne arriverà un altro? E forse sarà peggiore. Noi non lo sappiamo. Le classi dirigenti non riescono a rispondere alle preoccupazioni della gente, alimentando una nuova ascesa nazista C'è anche un altro aspetto. Quella domanda dei nazisti che ho menzionato prima. Ai vecchi tempi, come dicevo, alcune persone avevano quel tipo di pensieri ma li tenevano per sé. Oggi non marciano solo per le strade, ma hanno partiti politici nel Bundestag. È una grande festa, hanno oltre 90 parlamentari. Non solo, ma nelle recenti elezioni nella Germania orientale, in tre dei cinque stati hanno conquistato un ottimo secondo posto. Ciò significa per molti vecchi ... e io sono abbastanza vecchio da ricordare gli anni prima della seconda guerra mondiale, ero un bambino ma a New York eravamo molto coinvolti politicamente - ricordo ancora di aver combattuto per salvare la Spagna e di lottare per prevenire una guerra, e, quando venne la guerra, mio ??fratello andò a combattere, mio ??padre trovò un lavoro aiutando gli Stati Uniti. Guardare sulla mappa come i nazisti si avvicinarono a Mosca e poi nel sud fino al Caucaso e nel Nord Africa avvicinandosi al canale di Suez, e quindi, naturalmente, nel Pacifico - fu spaventoso. È iniziato nei primi anni '30 in Germania e oggi vediamo segni davvero simili a quegli anni. Le persone si stanno innamorando della propaganda che affrontano i loro problemi e l'insicurezza, la mancanza di posti di lavoro e possibilità - gli viene detto - anche da molti media - di dare la colpa a tutti gli stranieri che arrivano - i migranti o i rifugiati o i musulmani. Gli viene detto che stanno ottenendo tutti i privilegi e i vantaggi che dovrebbero ottenere loro. Questo aspetto falso ha portato molte persone a votare per questi partiti di destra, che non sono affatto interessati al loro benessere e che sono molto pericolosi. A volte suonano quasi come Goebbels, Hitler e il loro gruppo. E questo significa che oggi è una situazione piuttosto spaventosa. "Sfortunatamente, le parti dell'establishment non hanno offerto risposte adeguate alle domande che le persone hanno, non solo sull'immigrazione ma sull'intero sistema di supporto [sociale]. Non hanno risposto" Avevo speranze e ho ancora speranze che una parte - la Sinistra, a cui appartengo, colmi quel vuoto e non solo offra soluzioni, ma combatta anche per loro. Aiutare le persone a riunirsi per lottare per i loro diritti in modo che gli affitti non arrivino alle stelle, così come sono, e che ci sia un lavoro solido e che i loro figli ne abbiano abbastanza, ecc. Questa ricorrenza favorisce queste cose, ma non è stato sufficiente per catturare l'immaginazione delle persone e organizzarle nel fare qualcosa. È anche importante per il mondo perché la Germania è un paese così importante, è il più importante in Europa, uno dei più importanti al mondo perché è così potente economicamente - ora, specialmente con il Regno Unito che esce dall'UE e tutti i tipi di difficoltà che lo accompagnano - in quasi tutti i paesi ci sono sconvolgimenti politici. La domanda è in che modo l'Europa girerà e in che modo la Germania la aiuterà a girare.
Post n°15453 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Dato che noi; come già ha detto Endash; di persona non abbiamo ammazzato nessuno, né abbiamo direttamente ordinato di ammazzare nessuno, l’azione omicida viene ravvisata nella costruzione del muro, nell’averlo tenuto in piedi e nell’imposizione del divieto di lasciare la RDT senza autorizzazione statale. E naturalmente questo non c’entrerebbe affatto con la politica. Così almeno sostiene la giurisprudenza tedesca. Ma non potrà sostenerlo di fronte alla storia o al raziocinio umano. Non farà altro che tradire ancora una volta le sue origini e mostrare di quale spirito sia figlia e dove stia andando la Germania. Tutti noi che avevamo a quell’epoca responsabilità di governo nei paesi del Patto di Varsavia prendemmo quella decisione politica collettivamente. Non lo dico per scaricarmi dalle mie responsabilità attribuendole ad altri; lo dico soltanto perché così è stato e non altrimenti e io sono convinto che quella decisione di allora, del 1961, fosse giusta e tale sarebbe rimasta finché non fosse terminato lo scontro tra USA e URSS. Quella decisione politica e i convincimenti che la dettarono costituiscono appunto l’oggetto di questo processo. Bisogna essere ciechi o chiudere consapevolmente gli occhi davanti agli avvenimenti del passato per non riconoscere che questo è un processo politico dei vinti contro i vincitori, per non capire che esso significa deformare la storia per motivazioni di ordine politico. Voi ritenete che quella decisione politica fosse sbagliata e considerate me e i miei compagni responsabili penalmente per i morti ammazzati al muro. Ebbene io vi dico che la decisione che voi ritenete giusta avrebbe causato migliaia o milioni di morti. Di questo ero e sono tuttora convinto e credo ne siano convinti anche i miei compagni. è per questa convinzione politica che ci troviamo qui davanti a voi. E voi ci condannerete perché avete un’opinione politica diversa dalla nostra. Come e perché si sia giunti alla costruzione del muro non sembra che interessi la pubblica accusa. Su questo l’accusa non spende una parola. Cause e circostanze vengono del tutto ignorate, la catena degli avvenimenti storici viene arbitrariamente spezzata. Erich Honecker ha costruito e tenuto in piedi il muro. Stop. Questa é la rappresentazione semplicistica che i giuristi tedeschi riescono a dare della storia. Quel che gli interessa é che i comunisti siano bollati da criminali e come tali condannati. I tedeschi in realtà sono perfettamente in grado di sapere come si è arrivati al muro e conoscere le ragioni per cui al muro si è sparato. Ma poiché l’accusa si comporta come se costruire muri e farvi ammazzare la gente fosse una caratteristica peculiare del socialismo e come se singoli «delinquenti» come me e i miei compagni ne portassero intera la responsabilità, mi vedo costretto, pur non essendo uno storico, a riassumere la storia che ha portato al muro. Le sue origini si spingono lontano. Ci riportano alla formazione del capitalismo e del proletariato. Ma l’inizio immediato della tragedia dell’ultima fase della storia tedesca si situa nell’anno 1933. In quell’anno, com’è noto, molti tedeschi votarono in libere elezioni per il partito nazista e il presidente Hindenburg, che era stato eletto altrettanto liberamente nel 1932, investi democraticamente Adolf Hitler delle funzioni di capo del governo. Subito dopo i predecessori politici degli attuali partiti dominanti, con l’eccezione della SPD, votarono i pieni poteri, dando a Hitler poteri assoluti dittatoriali. Solo i comunisti prima di quelle elezioni avevano detto: «chi vota Hindenburg vota Hitler, chi vota Hitler vota per la guerra». Al momento del voto per i pieni poteri i deputati comunisti erano già stati allontanati dal Reichstag, molti comunisti erano stati arrestati o vivevano in clandestinità. Già allora la messa fuori legge dei comunisti fu il segnale della fine della democrazia in Germania. Non appena Hitler fu messo a capo del governo, la Germania conobbe il suo primo miracolo economico. La disoccupazione era vinta; i titoli Volkswagen andavano bene e l’animo ardente del popolo portava a scacciare e assassinare gli ebrei. Il popolo tedesco in maggioranza era felice e contento. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale e le fanfare annunciavano le guerre lampo contro Polonia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia, Jugoslavia, Grecia, l’entusiasmo non conobbe più confini. I cuori di quasi tutti i tedeschi battevano all’unisono con il loro cancelliere, il più grande duce di tutti i tempi. Nessuno immaginava che l’impero millenario sarebbe durato solo 12 anni. Quando nel 1945 tutto fu ridotto in macerie, la Germania non si trovò padrona del mondo, come prediceva una ben nota canzone nazista, ma totalmente dominata dagli alleati. La Germania fu divisa in quattro zone. Non c’era assolutamente libertà di trasferirsi da una zona all’altra. Nemmeno per gli emigrati tedeschi che, come Gerhart Eisler, volevano ritornare in Germania dagli USA. Negli USA c’erano piani (per esempio il piano Morgenthau) che prevedevano la divisione perpetua della Germania in vari stati. Proprio in risposta a questi piani Stalin pronunciò le famose parole: «Gli Hitler vengono e vanno, il popolo tedesco e lo Stato tedesco rimangono». Ma l’unità della Germania, che a quel tempo l’URSS voleva fosse mantenuta, non si realizzò. Per effetto della guerra fredda proclamata dagli USA nel 1947, la Germania; con l’accorpamento di due e poi di tre zone, con la riforma monetaria, infine con la costituzione nel maggio 1949 della RFT; fu divisa per un lungo periodo in due parti. Come si vede dalla successione temporale, questa divisione non fu opera dei comunisti, ma degli alleati occidentali e di Konrad Adenauer. La costituzione della RDT seguì in un secondo tempo e fu la conseguenza logica della costituzione della RFT. Ormai si erano formati due diversi Stati tedeschi. Ma la RFT non aveva nessuna intenzione di riconoscere la RDT e stabilire con essa rapporti pacifici. La RFT pretendeva anzi di essere l’unica rappresentante di tutta la Germania e di tutti i tedeschi. Con l’aiuto degli alleati proclamò un embargo economico e cercò per quella via di isolare la RDT economicamente e politicamente. Una politica di aggressione senza guerra: così si può definire la linea seguita dalla RFT nei confronti della RDT. Questa fu la forma che la guerra fredda assunse sul suolo tedesco. Fu questa politica che portò al muro. Dopo l’ingresso della RFT nella NATO, la RDT aderì al Patto di Varsavia. I due Stati tedeschi si fronteggiarono così come Stati membri di alleanze militari ostili. La RFT era più forte della RDT sotto diversi aspetti: per numero di abitanti, potenza economica, legami politici ed economici. Grazie al piano Marshall e al pagamento di minori riparazioni dovette inoltre sopportare le conseguenze della guerra in misura ridotta. La RFT disponeva di maggiori ricchezze naturali e di un territorio più ampio. Essa sfruttò questa molteplice superiorità in tutti i modi, ma soprattutto promettendo ai cittadini della RDT vantaggi materiali se abbandonavano il loro paese. Molti cittadini della RDT non resistettero a questa tentazione e fecero quello che i politici della RFT si aspettavano che facessero: “votarono con i piedi”. Il successo economico esercitò un’attrazione fatale sui tedeschi dopo il 1945 non meno di quanto era accaduto dopo il 1933. La RDT e gli Stati alleati del Patto di Varsavia vennero a trovarsi in una situazione difficile. La politica del roll back sembrava coronata da successo in Germania. La NATO si accingeva ad estendere la sua area di influenza fino all’Oder. Questa politica produsse nel 1961 una situazione di tensione in Germania che metteva in pericolo la pace mondiale. L’umanità si trovò sull’orlo di una guerra atomica. Questa era la situazione quando gli Stati del Patto di Varsavia decisero la costruzione del muro. Nessuno prese quella decisione a cuor leggero. Perché divideva le famiglie, ma anche perché era il segno di una debolezza politica ed economica del Patto di Varsavia rispetto alla NATO che poteva essere compensata solo con mezzi militari. Politici eminenti fuori della Germania, ma anche nella RFT, riconobbero dopo il 1961 che la costruzione del muro aveva diminuito la tensione nel mondo. Franz Josef Strauss scrisse nelle sue memorie: «Con la costruzione del muro la crisi, in modo certo non positivo per i tedeschi, poteva però dirsi non solo sotto controllo ma effettivamente chiusa» (pag. 390). In precedenza Strauss aveva parlato dei piani di bombardamento atomico del territorio della RDT (pag. 388). Io credo che non ci sarebbero stati nè il Trattato Fondamentale [trattato che regolava i rapporti tra le due Germanie concluso nel dicembre 1972, N.d.T.], nè Helsinki, ne l’unità della Germania se in quel momento non fosse stato costruito il muro o se esso fosse stato abbattuto prima della fine della guerra fredda. Penso perciò che approvando la costruzione del muro e mantenendo poi quella posizione nè io nè i miei compagni ci siamo macchiati di alcuna colpa, non solo dal punto di vista del diritto, ma neanche da un punto di vista morale e politico. Rispetto alla storia della Germania è certo solo una nota marginale, ma è il caso di notare che adesso molti tedeschi sia dell’ovest che dell’est vedrebbero volentieri una riedizione del muro. Ma ci si deve anche chiedere che cosa sarebbe successo se avessimo agito come l’accusa dà per scontato che avremmo dovuto fare. Cioè se non avessimo eretto il muro, se avessimo consentito a chiunque di lasciare la RDT, segnando così spontaneamente la resa della RDT già nel 1961. Non c’è bisogno di particolare fantasia per capire quali effetti avrebbe prodotto una politica siffatta. Basta considerare quel che è successo nel 1956 in Ungheria e nel 1968 nella Repubblica Socialista Cecoslovacca. Le truppe sovietiche, che tra l’altro erano già presenti, sarebbero intervenute anche nella RDT nel 1961, esattamente come avevano fatto negli altri paesi. Anche in Polonia Jaruzelski proclamò lo stato di emergenza nel 1981 per impedire un intervento di quel tipo. L’acutizzazione della crisi che avremmo provocato se ci fossimo attenuti al modello che l’accusa ritiene essere l’unico politicamente, moralmente e giuridicamente fondato avrebbe comportato il rischio di una terza guerra mondiale. Noi non abbiamo voluto e non potevamo correre questo rischio. Se questo per voi è un crimine pronuncerete voi stessi la vostra condanna di fronte alla storia con la vostra sentenza. Ma questo importerebbe poco. Quel che più importa è che la vostra sentenza costituirà un segnale per riproporre le vecchie contrapposizioni anziché ricucirle. In presenza del pericolo di un collasso ecologico del mondo, voi riproponete la vecchia strategia di classe degli anni ‘30 e la politica di potenza tipica della Germania fin dai tempi del cancelliere di ferro. Se ci condannerete per le nostre decisioni politiche del 1961; e io penso che lo farete; la vostra sentenza sarà non solo priva di ogni fondamento giuridico, non solo emessa da un tribunale di parte, ma anche una sentenza che ignora totalmente consuetudini politiche e comportamenti di quegli stessi paesi che godono del vostro massimo rispetto come Stati di diritto. In questo contesto non voglio certo, nè potrei elencare tutti i casi in cui negli ultimi 28 anni sono state prese decisioni politiche che hanno avuto un costo di vite umane, perché non voglio abusare del vostro tempo e della vostra sensibilità. E nemmeno potrei ricordarmeli tutti. Ne voglio menzionare soltanto alcuni: Nel 1963 l’allora presidente degli Stati Uniti Kennedy decise di inviare truppe nel Vietnam per prendere il posto dei francesi sconfitti e far la guerra fino al 1975 contro i vietnamiti che combattevano per la loro libertà, indipendenza e autodeterminazione. Questa decisione del presidente degli USA, che comportava una violazione eclatante dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale, non ha mai ricevuto la minima critica da parte del governo della RFT. I presidenti degli USA Kennedy, Johnson e Nixon non sono mai stati portati davanti a un tribunale e il loro onore non ha subito la minima macchia, almeno non per quella guerra. E in questo caso nè i soldati americani ne quelli vietnamiti hanno potuto decidere liberamente se correre o meno il rischio di morire per una guerra ingiusta. Nel 1981 l’Inghilterra fece intervenire le sue truppe contro l’Argentina per mantenere le isole Falkland come colonia per l’impero. La “lady di ferro” si assicurò in quel modo una vittoria elettorale e la sua immagine non ne fu minimamente offuscata, neanche dopo la fine delle sue fortune elettorali. Nessuno pensò di accusarla di omicidio. Nel 1983 il presidente Reagan ordinò alle sue truppe di occupare Grenada. Non cè persona che goda di maggior rispetto in Germania di questo presidente americano. Evidentemente le vittime di questa impresa era giusto che fossero ammazzate. Nel 1986 Reagan fece bombardare in un’azione punitiva le città di Tripoli e Bengasi, senza chiedersi se le sue bombe avrebbero colpito colpevoli o innocenti. Nel 1989 il presidente Bush ordinò di portare via da Panama con la forza delle armi il generale Noriega. Migliaia di panamensi innocenti furono uccisi. Ma per il presidente americano ciò non ha comportato la minima macchia, figurarsi un’accusa di omicidio. L’elenco potrebbe continuare a piacere. Anche solo menzionare la condotta inglese in Irlanda potrebbe sembrare ineducato. Sugli effetti che le armi della Repubblica Federale Tedesca producono tra i Kurdi della Turchia o tra i neri del Sudafrica si pongono interrogativi retorici, ma nessuno fa la conta dei morti e nessuno chiama per nome i colpevoli. Parlo solo di paesi che vengono considerati modelli di stato di diritto e ricordo solo alcune delle loro scelte politiche. Ognuno può agevolmente fare un confronto tra queste scelte e quella di erigere un muro al confine tra Patto di Varsavia e NATO. Ma voi direte che non potete nè dovete decidere in merito alle azioni di altri paesi e che tutto questo non vi riguarda. Io non credo però che si possa dare un giudizio storico della RDT senza analizzare quel che è accaduto in altri paesi nel periodo in cui la RDT è esistita a motivo della contrapposizione tra i due blocchi. Credo anche che le azioni politiche possano essere giudicate soltanto nel loro contesto. Se voi chiudete gli occhi su quel che è successo nel mondo fuori dalla Germania dal 1961 al 1989 non potete pronunciare una sentenza giusta. Ma anche se vi limitate alla Germania, mettendo a confronto le scelte politiche dei due Stati tedeschi, un bilancio onesto e obiettivo non può che andare a vantaggio della RDT. Chi nega al proprio popolo il diritto al lavoro o il diritto alla casa, come avviene nella RFT, mette in conto che molti si sentano negare il diritto all’esistenza e non vedano altra soluzione che togliersi la vita. La disoccupazione, la condizione dei senza tetto, l’abuso di droghe, i crimini per procurarsi la droga e la criminalità in genere sono frutto della scelta politica dell’economia di mercato. Anche scelte apparentemente cosi neutre dal punto di vista politico come i limiti di velocità sulle autostrade, sono il prodotto di un assetto statale in cui sono determinanti non i politici liberamente eletti ma i padroni che non sono stati eletti da nessuno. Se il dipartimento per i reati commessi nell’esercizio del potere presso la Corte suprema si curasse per una volta di questi aspetti, presto avrei nuovamente la possibilità di stringere la mano ai rappresentanti della Repubblica Federale Tedesca. Questa volta però a Moabit. Ma questo naturalmente non accadrà perchè alle vittime dell’economia di mercato era giusto che si togliesse la vita. Non sono io la persona che possa fare un bilancio della storia della RDT. Il momento di farlo non è ancora venuto. Il bilancio sarà tratto in futuro e da altri. Io ho speso la mia esistenza per la RDT. Dal maggio 1971 soprattutto ho avuto una responsabilità rilevante per la sua storia. Io sono perciò parte in causa e oltre a ciò indebolito per l’età e la malattia. E tuttavia, giunto alla fine della mia vita, ho la certezza che la RDT non è stata costituita invano. Essa ha rappresentato un segno che il socialismo è possibile e che è migliore del capitalismo. Si è trattato di un esperimento che è fallito. Ma per un esperimento fallito l’umanità non ha mai abbandonato la ricerca di nuove conoscenze e nuove vie. Bisognerà ora analizzare le ragioni per cui l’esperimento è fallito. Sicuramente ciò è accaduto anche perchè noi; voglio dire i responsabili in tutti i paesi socialisti europei; abbiamo commesso errori che potevano essere evitati. Sicuramente è fallito in Germania tra l’altro anche perchè i cittadini della RDT, come altri tedeschi prima di loro, hanno compiuto una scelta sbagliata e perché i nostri avversari erano ancora troppo potenti. Le esperienze storiche della RDT, insieme a quelle degli altri paesi ex socialisti, saranno utili a milioni di uomini nei paesi socialisti ancora esistenti e serviranno al mondo futuro. Chi si è impegnato con i! proprio lavoro e con la propria vita per la RDT non ha vissuto invano. Un numero sempre maggiore di persone dell’est si renderanno conto che le condizioni di vita della RDT li avevano deformati assai meno di quanto la gente dell’ovest non sia deformata dall’economia di mercato e che nei nidi, negli asili e nelle scuole i bambini della RDT crescevano più spensierati, più felici, più istruiti, più liberi dei bambini delle strade e delle piazze dominate dalla violenza della RFT. I malati si renderanno conto che nel sistema sanitario della RDT, nonostante le arretratezze tecniche, erano dei pazienti e non oggetti commerciali del marketing dei medici. Gli artisti comprenderanno che la censura, vera o presunta, della RDT non poteva recare all’arte i danni prodotti dalla censura del mercato. I cittadini constateranno che anche sommando la burocrazia della RDT e la caccia alle merci scarse non c’era bisogno che sacrificassero tutto il tempo libero che devono sacrificare ora alla burocrazia della RFT. Gli operai e i contadini si renderanno conto che la RFT è lo Stato degli imprenditori (cioè dei capitalisti) e che non a caso la RDT si chiamava Stato degli operai e dei contadini. Le donne daranno maggior valore, nella nuova situazione, alla parità e al diritto di decidere sul proprio corpo di cui godevano nella RDT. Dopo aver conosciuto da vicino le leggi e il diritto della RFT molti diranno, con la signora Bohley, a cui i comunisti non piacciono: «Abbiamo chiesto giustizia. Ci hanno dato un altro Stato». Molti capiranno anche che la libertà di scegliere tra CDU/CSU, SPD e FDP è solo una libertà apparente. Si renderanno conto che nella vita di tutti i giorni, specialmente sul posto di lavoro, avevano assai più libertà nella RDT di quante ne abbiano ora. Infine la protezione e la sicurezza che la piccola RDT, così povera rispetto alla RFT, garantiva ai suoi cittadini non saranno più minimizzate come cose ovvie, perchè la realtà quotidiana del capitalismo si incaricherà adesso di far capire a tutti quanto fossero preziose. Il bilancio della storia quarantennale della RDT è diverso da quello che ci viene presentato dai politici e dai mass media. Col passar del tempo questo sarà sempre più evidente. Vorreste trasformare il processo contro di noi, membri del Consiglio Nazionale della Difesa della RDT, in un processo di Norimberga contro i comunisti. Ma questo tentativo è condannato al fallimento. Nella RDT non c’erano campi di concentramento, non c’erano camere a gas, sentenze politiche di morte, tribunali speciali, non c’erano Gestapo ne’ SS. La RDT non ha fatto guerre e non ha commesso crimini di guerra contro l’umanità. La RDT è stata un paese coerentemente antifascista che godeva di altissimo prestigio internazionale per il suo impegno in favore della pace. Il processo contro di noi «pezzi grossi» della RDT deve servire di risposta a quanti dicono «se la prendono con i pesci piccoli, i grossi invece li lasciano scappare». La nostra condanna servirebbe dunque ad eliminare ogni ostacolo per poter perseguitare anche i «pesci piccoli». Finora comunque non è che si siano trattenuti più di tanto dal farlo. II processo serve a costruire la base per bollare la RDT come Stato ingiusto e illegale. Uno Stato governato da «criminali» e «omicidi» del nostro calibro non può che essere illegale e ingiusto. Chi stava in stretto rapporto con questo Stato, chi ne era cittadino cosciente dei propri doveri deve essere marcato con il segno di Caino. Uno Stato contrario al diritto non può esser retto e governato che da «organizzazioni criminali» come il Ministero per la Sicurezza e la SED. Si invocano colpe e condanne collettive in luogo di responsabilità individuali perchè così si può mascherare la mancanza di prove dei crimini attribuiti. Ci sono pastori e parroci della RDT che vengono dati in pasto a una nuova inquisizione, una moderna caccia alle streghe. Milioni di persone vengono così emarginati e banditi dalla società. Molti si vedono ridurre fino all’estremo le possibilità di esistenza. Basta essere registrati come «collaboratori informali» per essere condannati alla morte civile. Il giornalista autore delle denuncie riceve elogi e laute ricompense. Delle sue vittime nessuno si cura. Il numero dei suicidi è un tabù. E tutto ciò ad opera di un governo che si vuole cristiano e liberale e con la tolleranza o addirittura l’appoggio di un’opposizione che non merita questo nome più di quanto meriti la qualifica «sociale». Il tutto con il marchio di qualità dello Stato di diritto che si sono autoattribuiti. Questo processo rivela tutta la sua dimensione politica anche come processo agli antifascisti. Nel momento in cui la marmaglia neonazista impazza impunita per le strade e gli stranieri sono perseguitati e assassinati come a Mölln, ecco che lo stato di diritto mostra tutta la sua forza arrestando gli ebrei che protestano e perseguendo i comunisti. Per far questo non si lamentano carenze di funzionari e di fondi. Sono cose queste che abbiamo già visto in passato. Questo processo, se ne vogliamo riassumere i contenuti politici, si pone in continuità con la guerra fredda e nega la nuova mentalità. Esso svela il vero carattere politico di questa Repubblica Federale. L’accusa, gli ordini di cattura e la sentenza del tribunale sull’ammissibilità dell’accusa portano l’impronta dello spirito della guerra fredda. Le sentenze si rifanno a precedenti del 1964. Da allora il mondo è cambiato, ma la giustizia tedesca imbastisce processi politici come al tempo di Guglielmo II. Ha superato ormai la momentanea «debolezza» politica liberale che l’aveva colpita dopo il 1968 e adesso ha recuperato la splendida forma anticomunista di un tempo. Di noi si dice che siamo dei dinosauri incapaci di rinnovarci. Questo processo fa vedere dove stanno in realtà i dinosauri e chi è incapace di rinnovarsi. Verso l’esterno si fa mostra di grande flessibilità. A Gorbaciov viene attribuita la cittadinanza onoraria di Berlino e magnanimamente gli si perdona di aver elogiato i cosiddetti tiratori del muro iscrivendo il proprio nome nel loro registro d’onore. All’interno invece ci si mostra «duri come l’acciaio di Krupp» e il vecchio alleato di Gorbaciov viene messo sotto processo. Gorbaciov e io siamo stati entrambi esponenti del movimento comunista internazionale. E’ noto che su alcuni punti essenziali avevamo opinioni divergenti. In quella fase però io pensavo che gli elementi di divergenza fossero meno rilevanti di quello che avevamo in comune. Il cancelliere federale non mi ha paragonato a Goebbels, come ha fatto con altri, ne glielo avrei mai perdonato. Nè per il cancelliere nè per Gorbaciov il processo contro di me costituisce un ostacolo alla loro stretta amicizia. Anche questo è significativo. Le mie considerazioni terminano qui. Fate dunque quello che non potete fare a meno di fare.» 8 novembre alle ore 09:16 · In questi giorni ricchi di anniversari (102 anni dalla Rivoluzione Sovietica e 30 anni dalla caduta del muro di Berlino) abbiamo avuto una prova della forza dell'apparato mediatico del capitalismo globalizzato per demonizzare il Comunismo con ogni menzogna possibile. La questione più sottile riguarda la dicotomia nuovo-vecchio, innovazione-conservazione. Non c'è nulla di più vecchio di chi non vuol cambiare nulla. Il sistema capitalistico vede i suoi albori nelle società mercantili, attraversa la rivoluzione industriale, per arrivare alla globalizzazione. Ha sette/otto secoli di storia ed oggi non può dare più alcuna risposta di futuro. L'idea socialista e comunista ha appena un secolo di realizzazione poi sconfitta. Cosa è il vecchio, cosa è il nuovo? Nella storia della mutazione genetica del PCI e nel tradimento gorbacioviano del PCUS in Unione Sovietica, la lotta apparve inizialmente tra innovatori e conservatori; prevalsero in entrambi i casi i cosiddetti innovatori e abbiamo visto come è finita. L'idea e i principi del marxismo-leninismo sono attualissimi, serve darne una convincente versione odierna. Diffidate di chi si accompagna spesso col termine dell'innovazione. Rendere evidente la centralità del conflitto capitale-lavoro, costruire il Partito Comunista, come partito della classe operaia e dei lavoratori tutti. Criticare la sinistra dell'eclettismo teorico, contendere alla destra i lavoratori e le periferie, idealizzare la società comunista di liberi e uguali, senza imperialismo, senza guerre, col rispetto dell'ambiente. Tornare a mostrare con orgoglio la nostra identità, ad usare con fierezza il nostro linguaggio. Questi sono i nostri compiti! Noi vogliamo rivoluzionare il mondo, vogliamo fare il comunismo anche con i non comunisti (convincendoli), per questo dobbiamo rifuggire chi vuole, 'contaminarci' coi cosiddetti temi dell'attualità. Noi comunisti siamo di altra 'pasta'. Noi vogliamo, noi dobbiamo essere assolutamente irriducibili alla nostra idea e ai nostri principi, che sono giusti e oggi, grazie alla tecnologia ed il progresso , ancor più attuabili. Nel 1917 è successo. Può e deve succedere ancora. Lavoriamo affinchè accada.
Post n°15452 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Dato che noi; come già ha detto Endash; di persona non abbiamo ammazzato nessuno, né abbiamo direttamente ordinato di ammazzare nessuno, l’azione omicida viene ravvisata nella costruzione del muro, nell’averlo tenuto in piedi e nell’imposizione del divieto di lasciare la RDT senza autorizzazione statale. E naturalmente questo non c’entrerebbe affatto con la politica. Così almeno sostiene la giurisprudenza tedesca. Ma non potrà sostenerlo di fronte alla storia o al raziocinio umano. Non farà altro che tradire ancora una volta le sue origini e mostrare di quale spirito sia figlia e dove stia andando la Germania. Tutti noi che avevamo a quell’epoca responsabilità di governo nei paesi del Patto di Varsavia prendemmo quella decisione politica collettivamente. Non lo dico per scaricarmi dalle mie responsabilità attribuendole ad altri; lo dico soltanto perché così è stato e non altrimenti e io sono convinto che quella decisione di allora, del 1961, fosse giusta e tale sarebbe rimasta finché non fosse terminato lo scontro tra USA e URSS. Quella decisione politica e i convincimenti che la dettarono costituiscono appunto l’oggetto di questo processo. Bisogna essere ciechi o chiudere consapevolmente gli occhi davanti agli avvenimenti del passato per non riconoscere che questo è un processo politico dei vinti contro i vincitori, per non capire che esso significa deformare la storia per motivazioni di ordine politico. Voi ritenete che quella decisione politica fosse sbagliata e considerate me e i miei compagni responsabili penalmente per i morti ammazzati al muro. Ebbene io vi dico che la decisione che voi ritenete giusta avrebbe causato migliaia o milioni di morti. Di questo ero e sono tuttora convinto e credo ne siano convinti anche i miei compagni. è per questa convinzione politica che ci troviamo qui davanti a voi. E voi ci condannerete perché avete un’opinione politica diversa dalla nostra. Come e perché si sia giunti alla costruzione del muro non sembra che interessi la pubblica accusa. Su questo l’accusa non spende una parola. Cause e circostanze vengono del tutto ignorate, la catena degli avvenimenti storici viene arbitrariamente spezzata. Erich Honecker ha costruito e tenuto in piedi il muro. Stop. Questa é la rappresentazione semplicistica che i giuristi tedeschi riescono a dare della storia. Quel che gli interessa é che i comunisti siano bollati da criminali e come tali condannati. I tedeschi in realtà sono perfettamente in grado di sapere come si è arrivati al muro e conoscere le ragioni per cui al muro si è sparato. Ma poiché l’accusa si comporta come se costruire muri e farvi ammazzare la gente fosse una caratteristica peculiare del socialismo e come se singoli «delinquenti» come me e i miei compagni ne portassero intera la responsabilità, mi vedo costretto, pur non essendo uno storico, a riassumere la storia che ha portato al muro. Le sue origini si spingono lontano. Ci riportano alla formazione del capitalismo e del proletariato. Ma l’inizio immediato della tragedia dell’ultima fase della storia tedesca si situa nell’anno 1933. In quell’anno, com’è noto, molti tedeschi votarono in libere elezioni per il partito nazista e il presidente Hindenburg, che era stato eletto altrettanto liberamente nel 1932, investi democraticamente Adolf Hitler delle funzioni di capo del governo. Subito dopo i predecessori politici degli attuali partiti dominanti, con l’eccezione della SPD, votarono i pieni poteri, dando a Hitler poteri assoluti dittatoriali. Solo i comunisti prima di quelle elezioni avevano detto: «chi vota Hindenburg vota Hitler, chi vota Hitler vota per la guerra». Al momento del voto per i pieni poteri i deputati comunisti erano già stati allontanati dal Reichstag, molti comunisti erano stati arrestati o vivevano in clandestinità. Già allora la messa fuori legge dei comunisti fu il segnale della fine della democrazia in Germania. Non appena Hitler fu messo a capo del governo, la Germania conobbe il suo primo miracolo economico. La disoccupazione era vinta; i titoli Volkswagen andavano bene e l’animo ardente del popolo portava a scacciare e assassinare gli ebrei. Il popolo tedesco in maggioranza era felice e contento. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale e le fanfare annunciavano le guerre lampo contro Polonia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia, Jugoslavia, Grecia, l’entusiasmo non conobbe più confini. I cuori di quasi tutti i tedeschi battevano all’unisono con il loro cancelliere, il più grande duce di tutti i tempi. Nessuno immaginava che l’impero millenario sarebbe durato solo 12 anni. Quando nel 1945 tutto fu ridotto in macerie, la Germania non si trovò padrona del mondo, come prediceva una ben nota canzone nazista, ma totalmente dominata dagli alleati. La Germania fu divisa in quattro zone. Non c’era assolutamente libertà di trasferirsi da una zona all’altra. Nemmeno per gli emigrati tedeschi che, come Gerhart Eisler, volevano ritornare in Germania dagli USA. Negli USA c’erano piani (per esempio il piano Morgenthau) che prevedevano la divisione perpetua della Germania in vari stati. Proprio in risposta a questi piani Stalin pronunciò le famose parole: «Gli Hitler vengono e vanno, il popolo tedesco e lo Stato tedesco rimangono». Ma l’unità della Germania, che a quel tempo l’URSS voleva fosse mantenuta, non si realizzò. Per effetto della guerra fredda proclamata dagli USA nel 1947, la Germania; con l’accorpamento di due e poi di tre zone, con la riforma monetaria, infine con la costituzione nel maggio 1949 della RFT; fu divisa per un lungo periodo in due parti. Come si vede dalla successione temporale, questa divisione non fu opera dei comunisti, ma degli alleati occidentali e di Konrad Adenauer. La costituzione della RDT seguì in un secondo tempo e fu la conseguenza logica della costituzione della RFT. Ormai si erano formati due diversi Stati tedeschi. Ma la RFT non aveva nessuna intenzione di riconoscere la RDT e stabilire con essa rapporti pacifici. La RFT pretendeva anzi di essere l’unica rappresentante di tutta la Germania e di tutti i tedeschi. Con l’aiuto degli alleati proclamò un embargo economico e cercò per quella via di isolare la RDT economicamente e politicamente. Una politica di aggressione senza guerra: così si può definire la linea seguita dalla RFT nei confronti della RDT. Questa fu la forma che la guerra fredda assunse sul suolo tedesco. Fu questa politica che portò al muro. Dopo l’ingresso della RFT nella NATO, la RDT aderì al Patto di Varsavia. I due Stati tedeschi si fronteggiarono così come Stati membri di alleanze militari ostili. La RFT era più forte della RDT sotto diversi aspetti: per numero di abitanti, potenza economica, legami politici ed economici. Grazie al piano Marshall e al pagamento di minori riparazioni dovette inoltre sopportare le conseguenze della guerra in misura ridotta. La RFT disponeva di maggiori ricchezze naturali e di un territorio più ampio. Essa sfruttò questa molteplice superiorità in tutti i modi, ma soprattutto promettendo ai cittadini della RDT vantaggi materiali se abbandonavano il loro paese. Molti cittadini della RDT non resistettero a questa tentazione e fecero quello che i politici della RFT si aspettavano che facessero: “votarono con i piedi”. Il successo economico esercitò un’attrazione fatale sui tedeschi dopo il 1945 non meno di quanto era accaduto dopo il 1933. La RDT e gli Stati alleati del Patto di Varsavia vennero a trovarsi in una situazione difficile. La politica del roll back sembrava coronata da successo in Germania. La NATO si accingeva ad estendere la sua area di influenza fino all’Oder. Questa politica produsse nel 1961 una situazione di tensione in Germania che metteva in pericolo la pace mondiale. L’umanità si trovò sull’orlo di una guerra atomica. Questa era la situazione quando gli Stati del Patto di Varsavia decisero la costruzione del muro. Nessuno prese quella decisione a cuor leggero. Perché divideva le famiglie, ma anche perché era il segno di una debolezza politica ed economica del Patto di Varsavia rispetto alla NATO che poteva essere compensata solo con mezzi militari. Politici eminenti fuori della Germania, ma anche nella RFT, riconobbero dopo il 1961 che la costruzione del muro aveva diminuito la tensione nel mondo. Franz Josef Strauss scrisse nelle sue memorie: «Con la costruzione del muro la crisi, in modo certo non positivo per i tedeschi, poteva però dirsi non solo sotto controllo ma effettivamente chiusa» (pag. 390). In precedenza Strauss aveva parlato dei piani di bombardamento atomico del territorio della RDT (pag. 388). Io credo che non ci sarebbero stati nè il Trattato Fondamentale [trattato che regolava i rapporti tra le due Germanie concluso nel dicembre 1972, N.d.T.], nè Helsinki, ne l’unità della Germania se in quel momento non fosse stato costruito il muro o se esso fosse stato abbattuto prima della fine della guerra fredda. Penso perciò che approvando la costruzione del muro e mantenendo poi quella posizione nè io nè i miei compagni ci siamo macchiati di alcuna colpa, non solo dal punto di vista del diritto, ma neanche da un punto di vista morale e politico. Rispetto alla storia della Germania è certo solo una nota marginale, ma è il caso di notare che adesso molti tedeschi sia dell’ovest che dell’est vedrebbero volentieri una riedizione del muro. Ma ci si deve anche chiedere che cosa sarebbe successo se avessimo agito come l’accusa dà per scontato che avremmo dovuto fare. Cioè se non avessimo eretto il muro, se avessimo consentito a chiunque di lasciare la RDT, segnando così spontaneamente la resa della RDT già nel 1961. Non c’è bisogno di particolare fantasia per capire quali effetti avrebbe prodotto una politica siffatta. Basta considerare quel che è successo nel 1956 in Ungheria e nel 1968 nella Repubblica Socialista Cecoslovacca. Le truppe sovietiche, che tra l’altro erano già presenti, sarebbero intervenute anche nella RDT nel 1961, esattamente come avevano fatto negli altri paesi. Anche in Polonia Jaruzelski proclamò lo stato di emergenza nel 1981 per impedire un intervento di quel tipo. L’acutizzazione della crisi che avremmo provocato se ci fossimo attenuti al modello che l’accusa ritiene essere l’unico politicamente, moralmente e giuridicamente fondato avrebbe comportato il rischio di una terza guerra mondiale. Noi non abbiamo voluto e non potevamo correre questo rischio. Se questo per voi è un crimine pronuncerete voi stessi la vostra condanna di fronte alla storia con la vostra sentenza. Ma questo importerebbe poco. Quel che più importa è che la vostra sentenza costituirà un segnale per riproporre le vecchie contrapposizioni anziché ricucirle. In presenza del pericolo di un collasso ecologico del mondo, voi riproponete la vecchia strategia di classe degli anni ‘30 e la politica di potenza tipica della Germania fin dai tempi del cancelliere di ferro. Se ci condannerete per le nostre decisioni politiche del 1961; e io penso che lo farete; la vostra sentenza sarà non solo priva di ogni fondamento giuridico, non solo emessa da un tribunale di parte, ma anche una sentenza che ignora totalmente consuetudini politiche e comportamenti di quegli stessi paesi che godono del vostro massimo rispetto come Stati di diritto. In questo contesto non voglio certo, nè potrei elencare tutti i casi in cui negli ultimi 28 anni sono state prese decisioni politiche che hanno avuto un costo di vite umane, perché non voglio abusare del vostro tempo e della vostra sensibilità. E nemmeno potrei ricordarmeli tutti. Ne voglio menzionare soltanto alcuni: Nel 1963 l’allora presidente degli Stati Uniti Kennedy decise di inviare truppe nel Vietnam per prendere il posto dei francesi sconfitti e far la guerra fino al 1975 contro i vietnamiti che combattevano per la loro libertà, indipendenza e autodeterminazione. Questa decisione del presidente degli USA, che comportava una violazione eclatante dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale, non ha mai ricevuto la minima critica da parte del governo della RFT. I presidenti degli USA Kennedy, Johnson e Nixon non sono mai stati portati davanti a un tribunale e il loro onore non ha subito la minima macchia, almeno non per quella guerra. E in questo caso nè i soldati americani ne quelli vietnamiti hanno potuto decidere liberamente se correre o meno il rischio di morire per una guerra ingiusta. Nel 1981 l’Inghilterra fece intervenire le sue truppe contro l’Argentina per mantenere le isole Falkland come colonia per l’impero. La “lady di ferro” si assicurò in quel modo una vittoria elettorale e la sua immagine non ne fu minimamente offuscata, neanche dopo la fine delle sue fortune elettorali. Nessuno pensò di accusarla di omicidio. Nel 1983 il presidente Reagan ordinò alle sue truppe di occupare Grenada. Non cè persona che goda di maggior rispetto in Germania di questo presidente americano. Evidentemente le vittime di questa impresa era giusto che fossero ammazzate. Nel 1986 Reagan fece bombardare in un’azione punitiva le città di Tripoli e Bengasi, senza chiedersi se le sue bombe avrebbero colpito colpevoli o innocenti. Nel 1989 il presidente Bush ordinò di portare via da Panama con la forza delle armi il generale Noriega. Migliaia di panamensi innocenti furono uccisi. Ma per il presidente americano ciò non ha comportato la minima macchia, figurarsi un’accusa di omicidio. L’elenco potrebbe continuare a piacere. Anche solo menzionare la condotta inglese in Irlanda potrebbe sembrare ineducato. Sugli effetti che le armi della Repubblica Federale Tedesca producono tra i Kurdi della Turchia o tra i neri del Sudafrica si pongono interrogativi retorici, ma nessuno fa la conta dei morti e nessuno chiama per nome i colpevoli. Parlo solo di paesi che vengono considerati modelli di stato di diritto e ricordo solo alcune delle loro scelte politiche. Ognuno può agevolmente fare un confronto tra queste scelte e quella di erigere un muro al confine tra Patto di Varsavia e NATO. Ma voi direte che non potete nè dovete decidere in merito alle azioni di altri paesi e che tutto questo non vi riguarda. Io non credo però che si possa dare un giudizio storico della RDT senza analizzare quel che è accaduto in altri paesi nel periodo in cui la RDT è esistita a motivo della contrapposizione tra i due blocchi. Credo anche che le azioni politiche possano essere giudicate soltanto nel loro contesto. Se voi chiudete gli occhi su quel che è successo nel mondo fuori dalla Germania dal 1961 al 1989 non potete pronunciare una sentenza giusta. Ma anche se vi limitate alla Germania, mettendo a confronto le scelte politiche dei due Stati tedeschi, un bilancio onesto e obiettivo non può che andare a vantaggio della RDT. Chi nega al proprio popolo il diritto al lavoro o il diritto alla casa, come avviene nella RFT, mette in conto che molti si sentano negare il diritto all’esistenza e non vedano altra soluzione che togliersi la vita. La disoccupazione, la condizione dei senza tetto, l’abuso di droghe, i crimini per procurarsi la droga e la criminalità in genere sono frutto della scelta politica dell’economia di mercato. Anche scelte apparentemente cosi neutre dal punto di vista politico come i limiti di velocità sulle autostrade, sono il prodotto di un assetto statale in cui sono determinanti non i politici liberamente eletti ma i padroni che non sono stati eletti da nessuno. Se il dipartimento per i reati commessi nell’esercizio del potere presso la Corte suprema si curasse per una volta di questi aspetti, presto avrei nuovamente la possibilità di stringere la mano ai rappresentanti della Repubblica Federale Tedesca. Questa volta però a Moabit. Ma questo naturalmente non accadrà perchè alle vittime dell’economia di mercato era giusto che si togliesse la vita. Non sono io la persona che possa fare un bilancio della storia della RDT. Il momento di farlo non è ancora venuto. Il bilancio sarà tratto in futuro e da altri. Io ho speso la mia esistenza per la RDT. Dal maggio 1971 soprattutto ho avuto una responsabilità rilevante per la sua storia. Io sono perciò parte in causa e oltre a ciò indebolito per l’età e la malattia. E tuttavia, giunto alla fine della mia vita, ho la certezza che la RDT non è stata costituita invano. Essa ha rappresentato un segno che il socialismo è possibile e che è migliore del capitalismo. Si è trattato di un esperimento che è fallito. Ma per un esperimento fallito l’umanità non ha mai abbandonato la ricerca di nuove conoscenze e nuove vie. Bisognerà ora analizzare le ragioni per cui l’esperimento è fallito. Sicuramente ciò è accaduto anche perchè noi; voglio dire i responsabili in tutti i paesi socialisti europei; abbiamo commesso errori che potevano essere evitati. Sicuramente è fallito in Germania tra l’altro anche perchè i cittadini della RDT, come altri tedeschi prima di loro, hanno compiuto una scelta sbagliata e perché i nostri avversari erano ancora troppo potenti. Le esperienze storiche della RDT, insieme a quelle degli altri paesi ex socialisti, saranno utili a milioni di uomini nei paesi socialisti ancora esistenti e serviranno al mondo futuro. Chi si è impegnato con i! proprio lavoro e con la propria vita per la RDT non ha vissuto invano. Un numero sempre maggiore di persone dell’est si renderanno conto che le condizioni di vita della RDT li avevano deformati assai meno di quanto la gente dell’ovest non sia deformata dall’economia di mercato e che nei nidi, negli asili e nelle scuole i bambini della RDT crescevano più spensierati, più felici, più istruiti, più liberi dei bambini delle strade e delle piazze dominate dalla violenza della RFT. I malati si renderanno conto che nel sistema sanitario della RDT, nonostante le arretratezze tecniche, erano dei pazienti e non oggetti commerciali del marketing dei medici. Gli artisti comprenderanno che la censura, vera o presunta, della RDT non poteva recare all’arte i danni prodotti dalla censura del mercato. I cittadini constateranno che anche sommando la burocrazia della RDT e la caccia alle merci scarse non c’era bisogno che sacrificassero tutto il tempo libero che devono sacrificare ora alla burocrazia della RFT. Gli operai e i contadini si renderanno conto che la RFT è lo Stato degli imprenditori (cioè dei capitalisti) e che non a caso la RDT si chiamava Stato degli operai e dei contadini. Le donne daranno maggior valore, nella nuova situazione, alla parità e al diritto di decidere sul proprio corpo di cui godevano nella RDT. Dopo aver conosciuto da vicino le leggi e il diritto della RFT molti diranno, con la signora Bohley, a cui i comunisti non piacciono: «Abbiamo chiesto giustizia. Ci hanno dato un altro Stato». Molti capiranno anche che la libertà di scegliere tra CDU/CSU, SPD e FDP è solo una libertà apparente. Si renderanno conto che nella vita di tutti i giorni, specialmente sul posto di lavoro, avevano assai più libertà nella RDT di quante ne abbiano ora. Infine la protezione e la sicurezza che la piccola RDT, così povera rispetto alla RFT, garantiva ai suoi cittadini non saranno più minimizzate come cose ovvie, perchè la realtà quotidiana del capitalismo si incaricherà adesso di far capire a tutti quanto fossero preziose. Il bilancio della storia quarantennale della RDT è diverso da quello che ci viene presentato dai politici e dai mass media. Col passar del tempo questo sarà sempre più evidente. Vorreste trasformare il processo contro di noi, membri del Consiglio Nazionale della Difesa della RDT, in un processo di Norimberga contro i comunisti. Ma questo tentativo è condannato al fallimento. Nella RDT non c’erano campi di concentramento, non c’erano camere a gas, sentenze politiche di morte, tribunali speciali, non c’erano Gestapo ne’ SS. La RDT non ha fatto guerre e non ha commesso crimini di guerra contro l’umanità. La RDT è stata un paese coerentemente antifascista che godeva di altissimo prestigio internazionale per il suo impegno in favore della pace. Il processo contro di noi «pezzi grossi» della RDT deve servire di risposta a quanti dicono «se la prendono con i pesci piccoli, i grossi invece li lasciano scappare». La nostra condanna servirebbe dunque ad eliminare ogni ostacolo per poter perseguitare anche i «pesci piccoli». Finora comunque non è che si siano trattenuti più di tanto dal farlo. II processo serve a costruire la base per bollare la RDT come Stato ingiusto e illegale. Uno Stato governato da «criminali» e «omicidi» del nostro calibro non può che essere illegale e ingiusto. Chi stava in stretto rapporto con questo Stato, chi ne era cittadino cosciente dei propri doveri deve essere marcato con il segno di Caino. Uno Stato contrario al diritto non può esser retto e governato che da «organizzazioni criminali» come il Ministero per la Sicurezza e la SED. Si invocano colpe e condanne collettive in luogo di responsabilità individuali perchè così si può mascherare la mancanza di prove dei crimini attribuiti. Ci sono pastori e parroci della RDT che vengono dati in pasto a una nuova inquisizione, una moderna caccia alle streghe. Milioni di persone vengono così emarginati e banditi dalla società. Molti si vedono ridurre fino all’estremo le possibilità di esistenza. Basta essere registrati come «collaboratori informali» per essere condannati alla morte civile. Il giornalista autore delle denuncie riceve elogi e laute ricompense. Delle sue vittime nessuno si cura. Il numero dei suicidi è un tabù. E tutto ciò ad opera di un governo che si vuole cristiano e liberale e con la tolleranza o addirittura l’appoggio di un’opposizione che non merita questo nome più di quanto meriti la qualifica «sociale». Il tutto con il marchio di qualità dello Stato di diritto che si sono autoattribuiti. Questo processo rivela tutta la sua dimensione politica anche come processo agli antifascisti. Nel momento in cui la marmaglia neonazista impazza impunita per le strade e gli stranieri sono perseguitati e assassinati come a Mölln, ecco che lo stato di diritto mostra tutta la sua forza arrestando gli ebrei che protestano e perseguendo i comunisti. Per far questo non si lamentano carenze di funzionari e di fondi. Sono cose queste che abbiamo già visto in passato. Questo processo, se ne vogliamo riassumere i contenuti politici, si pone in continuità con la guerra fredda e nega la nuova mentalità. Esso svela il vero carattere politico di questa Repubblica Federale. L’accusa, gli ordini di cattura e la sentenza del tribunale sull’ammissibilità dell’accusa portano l’impronta dello spirito della guerra fredda. Le sentenze si rifanno a precedenti del 1964. Da allora il mondo è cambiato, ma la giustizia tedesca imbastisce processi politici come al tempo di Guglielmo II. Ha superato ormai la momentanea «debolezza» politica liberale che l’aveva colpita dopo il 1968 e adesso ha recuperato la splendida forma anticomunista di un tempo. Di noi si dice che siamo dei dinosauri incapaci di rinnovarci. Questo processo fa vedere dove stanno in realtà i dinosauri e chi è incapace di rinnovarsi. Verso l’esterno si fa mostra di grande flessibilità. A Gorbaciov viene attribuita la cittadinanza onoraria di Berlino e magnanimamente gli si perdona di aver elogiato i cosiddetti tiratori del muro iscrivendo il proprio nome nel loro registro d’onore. All’interno invece ci si mostra «duri come l’acciaio di Krupp» e il vecchio alleato di Gorbaciov viene messo sotto processo. Gorbaciov e io siamo stati entrambi esponenti del movimento comunista internazionale. E’ noto che su alcuni punti essenziali avevamo opinioni divergenti. In quella fase però io pensavo che gli elementi di divergenza fossero meno rilevanti di quello che avevamo in comune. Il cancelliere federale non mi ha paragonato a Goebbels, come ha fatto con altri, ne glielo avrei mai perdonato. Nè per il cancelliere nè per Gorbaciov il processo contro di me costituisce un ostacolo alla loro stretta amicizia. Anche questo è significativo. Le mie considerazioni terminano qui. Fate dunque quello che non potete fare a meno di fare.»
Post n°15451 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Marco Rizzo è con Fausto Longo.9 Novembre 2019. Dopo 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, la globalizzazione capitalistica vive ancora nel timore di un mondo comunista, il cambiamento del sistema attraverso la presa del potere politico da parte dei lavoratori. Da giorni e giorni i media sparano falsità sulla storia della DDR e sul movimento comunista internazionale. Questo spiega il feroce anticomunismo che si è manifestato con la risoluzione approvata dal parlamento europeo che equipara il comunismo al nazismo. Un anticomunismo che ha come bersaglio la menzogna sulla storia della seconda guerra mondiale, sul ruolo indispensabile dell'Urss e della Armata Rossa nel liberare l'Europa dal nazismo. La grande finanza, le multinazionali, il FMI, la UE e la NATO fanno bene ad avere paura perchè la ragione sta dalla nostra parte e vinceremo. Lo sapeva bene il compagno Presidente Erich Honecker nel suo discorso davanti al Tribunale di Berlino nel 1991 che qui ripropongo integralmente. Buona lettura. «Difendendomi dall’accusa manifestamente infondata di omicidio non intendo certo attribuire a questo Tribunale e a questo procedimento penale l’apparenza della legalita’. La difesa del resto non servirebbe a niente, anche perche’ non vivro’ abbastanza per ascoltare la vostra sentenza. La condanna che evidentemente mi volete infliggere non mi potra’ piu’ raggiungere. Ora tutti lo sanno. Basterebbe questo a dimostrare che il processo e’ una farsa. E’ una messa in scena politica.
Nessuno nelle regioni occidentali della Germania, compresa la citta’ di prima linea di Berlino Ovest, ha il diritto di portare sul banco degli accusati o addirittura condannare i miei compagni coimputati, me o qualsiasi altro cittadino della RDT, per azioni compiute nell’adempimento dei doveri emananti dallo Stato RDT. Se parlo in questa sede, lo faccio solo per rendere testimonianza alle idee del socialismo e per un giudizio moralmente e politicamente corretto di quella Repubblica Democratica Tedesca che piu’ di cento stati avevano riconosciuto in termini di diritto internazionale. Questa Repubblica, che ora la RFT chiama Stato illegale e ingiusto, è stata membro del Consiglio di Sicurezza dell’ O.N.U., che per qualche tempo ha anche presieduto, e ha presieduto per un periodo la stessa l’Assemblea generale. Non mi aspetto certo da questo processo e da questo Tribunale un giudizio politicamente e moralmente corretto della RDT, ma colgo l’occasione di questa messa in scena politica per far conoscere ai miei concittadini la mia posizione. La situazione in cui mi trovo con questo processo non è un fatto straordinario. Lo Stato di diritto tedesco ha già perseguitato e condannato Karl Marx, August Bebel, Karl Liebknecht e tanti altri socialisti e comunisti. Il terzo Reich, servendosi dei giudici ereditati dallo Stato di diritto di Weimar portò avanti quest’opera in molti processi, uno dei quali io stesso ho vissuto in qualità di imputato. Dopo la sconfitta del fascismo tedesco e dello Stato hitleriano, la RFT non ha avuto bisogno di cercarsi nuovi procuratori della repubblica e nuovi giudici per riprendere a perseguitare penalmente in massa i comunisti, togliendo loro il lavoro e il pane nei tribunali del lavoro, allontanandoli dagli impieghi pubblici tramite i tribunali amministrativi o perseguitandoli in altri modi. Ora capita a noi quello che ai nostri compagni della Germania occidentale era già capitato negli anni ‘50. Da circa 190 anni è sempre lo stesso arbitrio che si ripete. Lo Stato di diritto della Repubblica Federale Tedesca non è uno stato di diritto ma uno stato delle destre [gioco di parole in tedesco, N.d.T.]. Per questo processo, come per altri in cui altri cittadini della RDT vengono perseguitati per la loro contiguità col sistema di fronte ai tribunali penali o del lavoro, sociali o amministrativi, c’è un argomento principe che viene usato. Politici e giuristi sostengono: dobbiamo condannare i comunisti perchè non lo abbiamo fatto con i nazisti. Questa volta dobbiamo fare i conti con il nostro passato. A molti sembra un ragionamento ovvio, ma in realtà è totalmente falso. La verità è che la giustizia tedesco‑occidentale non poteva punire i nazisti perchè i giudici e i procuratori della repubblica non potevano punire se stessi. La verità è che questa giustizia della Germania Federale deve il suo attuale livello, comunque lo si voglia giudicare, ai nazisti di cui ha assunto l’eredità. La verità è che i comunisti e i cittadini della RDT vengono perseguitati oggi per le stesse ragioni per cui sono sempre stati perseguitati in Germania. Solo nei 40 anni di esistenza della RDT le cose sono andate in senso opposto. E’ con questo spiacevole inconveniente che bisogna ora fare i conti. Il tutto naturalmente nel pieno rispetto del diritto. La politica non c’entra assolutamente niente! I giuristi più eminenti di questo paese, tanto dei partiti di maggioranza che della SPD, giurano che il nostro processo altro non è che un normale processo penale, non un processo politico, non una messa in scena. Vengono arrestati i membri di uno dei più alti organismi statali del paese confinante e si dice che però la politica non c’entra niente. Si contestano ai generali della contrapposta alleanza militare le decisioni prese, ma si sostiene che la politica non c’entra niente. Quelle stesse personalità che ieri venivano ricevute con tutti gli onori come ospiti di stato e interlocutori degli sforzi congiunti per impedire che potesse mai più scaturire una guerra dal suolo tedesco, vengono oggi etichettate come criminali. Ma anche questo non avrebbe niente a che fare con la politica. Si mettono sotto accusa i comunisti, che da quando sono apparsi sulla scena politica sono sempre stati perseguitati, ma nella RFT oggi tutto ciò non avrebbe niente a che fare con la politica. Per me e, credo, per chiunque non sia prevenuto, è evidente che questo processo è politico come solo può esserlo un processo contro la dirigenza politica e militare della RDT. Chi lo nega non sbaglia, chi lo nega mente. Mente per ingannare ancora una volta il popolo. Con questo processo si fa proprio ciò di cui noi veniamo accusati: ci si sbarazza degli avversari politici con i mezzi del diritto penale. Ma naturalmente tutto avviene secondo la legge. Anche altre circostanze mostrano senza ombra di dubbio che con questo processo si perseguono fini politici. Come mai il cancelliere federale, come mai il signor Kinkel, già capo dei servizi segreti, poi ministro della giustizia e infine ministro degli esteri della RFT si sono tanto impegnati per riportarmi a qualsiasi costo in Germania e rinchiudermi nel carcere di Moabit dove sono già stato sotto Hitler? Come mai il cancelliere ha lasciato che io volassi a Mosca per poi far pressioni su Mosca e sul Cile perché mi consegnassero, contro ogni principio del diritto internazionale? Come mai i medici russi che avevano fatto la diagnosi giusta al primo esame l’hanno poi dovuta falsificare? Come mai io e i miei compagni, che di salute non stanno tanto meglio di me, veniamo trascinati di fronte al popolo come facevano anticamente gli imperatori romani con i loro avversari prigionieri? Non so se tutto questo abbia una spiegazione razionale. Forse si conferma il detto antico che coloro che Dio vuole perdere prima li acceca. Una cosa comunque è chiara, ed è che tutti quegli uomini politici che un tempo mi chiedevano udienza ed erano felici di potermi a loro volta ricevere, non usciranno indenni da questo processo. Anche i bambini in Germania sapevano che degli uomini erano stati uccisi al muro e che tra i politici viventi il massimo responsabile del muro ero io, presidente del Consiglio Nazionale della Difesa (CND), segretario generale, presidente del Consiglio di Stato della RDT. Non ci sono perciò che due sole possibilità: la prima è che i signori politici della RFT abbiano coscientemente, liberamente e persino avidamente cercato di avere rapporti con un assassino. La seconda è che essi coscientemente e con soddisfazione lasciano adesso che un innocente venga incolpato di omicidio. Di queste due possibilità nessuna torna a loro onore. Una terza possibilità non c’è. Ma chi accetta un dilemma di questo genere e risulta perciò comunque, tanto in un caso come nell’altro, una persona priva di carattere, o è cieco oppure persegue altri fini che gli premono più del proprio onore. Ammettiamo pure che nè’ il signor Kohl, nè il signor Kinkel, nè gli altri signori ministri e dirigenti di partito della Repubblica Federale Tedesca siano ciechi (cosa che non mi sento affatto di escludere). Rimane, come scopo politico di questo processo, la volontà di discreditare totalmente la RDT e con essa il socialismo in Germania. Il crollo della RDT e del socialismo in Germania e in Europa evidentemente ancora non gli basta. Devono eliminare tutto ciò che può far apparire questo periodo in cui gli operai e i contadini hanno governato in una luce diversa da quella della perversione e del delitto. La vittoria dell’economia di mercato (come chiamano oggi eufemisticamente il capitalismo) deve essere assoluta, e così la sconfitta del socialismo. Si vuole fare in modo, come diceva Hitler prima di Stalingrado, che quel nemico non si rialzi mai più. I capitalisti tedeschi in effetti hanno sempre avuto un’inclinazione per l’assoluto. Questa finalità del processo, questa volontà di uccidere ancora una volta il socialismo già dato per morto, mostra quale sia il giudizio che il signor Kohl, il governo e anche l’opposizione della RFT danno della situazione. Il capitalismo ha vinto economicamente scavandosi la fossa, cosi come aveva fatto Hitler vincendo militarmente. In tutto il mondo il capitalismo è entrato in una crisi priva di sbocchi. Non gli è rimasta altra scelta che sprofondare in un caos ecologico e sociale oppure accettare la rinuncia alla proprietà privata dei mezzi di produzione e quindi il socialismo. Ambedue le alternative significano la sua fine. Ma per i potenti della Repubblica Federale Tedesca il pericolo più grave è chiaramente il socialismo. E questo processo deve servire a prevenirlo, così come deve servire a prevenirlo tutta la campagna contro la ormai scomparsa RDT, che deve essere marchiata come stato ingiusto e illegale. Tutti i casi di morte per ragioni non naturali nel nostro paese ci hanno sempre colpito. Le uccisioni al muro non solo ci hanno colpito umanamente, ma ci hanno anche danneggiati politicamente. Più di ogni altro io porto dal maggio 1971 il peso della responsabilità politica del fatto che si è sparato, in base alle disposizioni sull’uso delle armi da fuoco, contro chi cercava di attraversare senza autorizzazione il confine tra la RDT e la RFT, tra il Patto di Varsavia e la NATO. E’ una pesante responsabilità, certo. Dirò più avanti perché me la sono assunta. Ma ora, in sede di definizione di quella che è la finalità politica di questo processo, non posso fare a meno di sottolineare anche il tipo di mezzi che vengono utilizzati per cercare di raggiungere il fine di diffamare la RDT. I mezzi utilizzati sono i morti al muro. Questi morti devono servire e servono a rendere appetibile ai media questo processo, come altri in precedenza. Tra i morti mancano però le guardie di confine della RDT assassinate. Abbiamo già visto, e soprattutto voi avete già visto, come le immagini dei morti siano state oggetto di mercato, senza rispetto per la pietà e la decenza. Questi sono i mezzi con cui si fa politica e si crea il giusto clima. Così si usano, anzi cosi si abusa dei morti nella lotta che i padroni conducono per mantenere la proprietà capitalistica. Perchè di questo e niente altro si tratta nella lotta contro il socialismo. I morti servono a mostrare quanto la RDT e il socialismo fossero inumani e anche a sviare l’attenzione dalla miseria del presente e dalle vittime dell’economia di mercato. Tutto ciò viene fatto democraticamente, legalmente, cristianamente, umanamente e per il bene del popolo tedesco. Povera Germania! E ora entriamo nel merito. I procuratori della città di prima linea ci accusano di omicidio come criminali comuni. Dato che personalmente non abbiamo ammazzato nessuna delle 68 persone la cui morte ci viene contestata nell’accusa, e dato che evidentemente non abbiamo nemmeno ordinato in precedenza che fossero uccisi, ne abbiamo in qualche modo provocato la loro morte, ecco che l’accusa, a pagina 9, mi contesta letteralmente: « è... di aver ordinato, in qualità di segretario del Consiglio Nazionale della Difesa e responsabile dei problemi della sicurezza del CC della SED, di rafforzare le opere di confine intorno a Berlino (ovest) e gli sbarramenti di confine con la RFT per rendere impossibile il passaggio ». Più avanti l’accusa mi contesta di aver partecipato in 17 sedute del CND dal 29/1l/1961 all’ 1/7/1983 alle decisioni di: « costruire ulteriori sbarramenti di mine a strappo (dove la parola “ulteriori” fa capire che le forze armate sovietiche avevano già installato questi sbarramenti); migliorare il sistema di sicurezza del confine e l’addestramento all’uso delle armi da parte delle guardie confinarie; impedire gli sconfinamenti». Mi si contesta inoltre di «aver dichiarato il 3/5 1974 che bisognava far ricorso senza scrupoli alle armi da fuoco» (cosa peraltro non vera) e infine di «aver votato a favore del progetto di legge confinaria entrato in vigore il 1° maggio l982». Le accuse contro di me, o contro di noi, si riferiscono dunque a decreti del Consiglio Nazionale della Difesa, decreti di un organo costituzionale della RDT. Oggetto del procedimento è dunque la politica della RDT, sono le decisioni prese dal CND per difendere e preservare la RDT come Stato. Questo procedimento serve a criminalizzare questa politica. La RDT deve essere marchiata come Stato illegale e ingiusto e tutti coloro che l’hanno servita devono essere bollati come criminali. La persecuzione contro decine di migliaia ed eventualmente centinaia di migliaia di cittadini della RDT, di cui già parla la procura: questo è il vero scopo di questo procedimento, preparato da processi‑pilota contro guardie di confine e accompagnato da innumerevoli altri procedimenti giudiziari discriminatori dei cittadini della RDT, condotti di fronte a tribunali civili, sociali, del lavoro o amministrativi, nonché da moltissimi atti amministrativi. Non è in gioco dunque solamente la mia persona o quella degli alai imputati di questo processo. E’ in gioco molto di più. E’ in gioco il futuro della Germania e dell’Europa, anzi del mondo che, con la fine della guerra fredda e con la nuova mentalità, sembrava dovesse entrare in una fase tanto positiva. Qui non solo si prosegue la guerra fredda, ma si vogliono gettare le fondamenta di un’Europa dei ricchi. L’idea della giustizia sociale deve essere soffocata una volta per tutte. Bollarci come assassini serve a questo. Io sono l’ultimo a oppormi a norme morali e legali che servano a giudicare e anche condannare gli uomini politici. Ma tre condizioni devono essere soddisfatte: Le norme devono essere formulate esattamente in precedenza. Esse devono valere allo stesso modo per tutti gli uomini politici. La sentenza deve essere pronunciata da un tribunale al di sopra delle parti, un tribunale dunque che non deve essere composto né da amici né da nemici degli accusati. Mi sembra che si tratti di condizioni ovvie, eppure nel mondo attuale non mi sembra che possano ancora essere soddisfatte. Se voi oggi sedete in giudizio contro di noi, lo fate come tribunale dei vincitori contro i vinti. Questo fatto é espressione dei rapporti di forza reali, ma non può pretendere validità giuridica né costituire un atto di giustizia. Basterebbero questi argomenti a dimostrare l’illegalità dell’accusa. Ma poiché non ci sottraiamo al confronto neanche nel particolare, voglio dire io quel che l’accusa, o per malafede o per cecità, non dice. Abbiamo già citato le parole con cui l’accusa inizia l’enumerazione cronologica dei fatti che ci vengono contestati: « I1 12 agosto 1961 l’imputato Honecker, in qualità di segretario del CND e responsabile dei problemi della sicurezza del CC della SED ordinava di rafforzare le opere di confine intorno a Berlino (ovest) e gli sbarramenti di confine con la RFT per rendere impossibile il passaggio ». Questo modo di vedere la storia è assai eloquente. Il responsabile dei problemi della sicurezza del CC della SED nel 1961 dava disposizioni su un fatto che poteva cambiare la storia del mondo! Qui si supera anche l’autoironia dei cittadini della RDT che chiamavano il loro paese «la più grande RDT del mondo». Va bene che oggi Enno von Löwenstein cerca di ingigantire la RDT per dare così più valore alla vittoria della RFT, ma neanche quest’ala destra del giornalismo politico tedesco riesce a fare della RDT una grande potenza mondiale. Questo rimane prerogativa dell’«autorità più obiettiva del mondo», la procura della repubblica. Ciascuno è padrone di rendersi ridicolo di fronte alla storia a proprio piacimento. Ma in ogni caso la costruzione del muro fu decisa a Mosca il 5/8/1961 in una riunione degli Stati del Patto di Varsavia. In quella alleanza tra i paesi socialisti la RDT era un membro importante, ma non la potenza guida. Questo il tribunale lo potrebbe dare per assodato senza bisogno di dimostrazione.
Post n°15450 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
La cantante tra gli artisti dell'album di cover Note di viaggio Roma, 4 nov. (askanews) – Elisa racconta del suo rapporto con Francesco Guccini e le sue emozioni nel cantare uno dei suoi brani più famosi, “Auschwitz”. “Non l’ho mai conosciuto bene, credo di avergli stretto la mano una volta, è stato molto gentile, sorridente, semplice” ricorda la cantante parlando dallo studio di registrazione. Elisa è tra gli artisti, accanto a Manuel Agnelli, Malika Ayane, Samuele Bersani, Brunori Sas, Luca Carboni, Carmen Consoli, Francesco Gabbani, Ligabue, Giuliano Sangiorgi, Margherita Vicario e Nina Zilli, ad aver preso parte a “Note di Viaggio – capitolo 1: venite avanti “, la prima parte dell’attesa raccolta delle più belle e indimenticabili canzoni di Guccini, prodotta e arrangiata da Mauro Pagani e interpretate dalle grandi voci della musica italiana, in uscita il 15 novembre per BMG, già disponibile in pre-order. “Mi ha sempre affascinato Guccini – racconta ancora Elisa – nel suo lavoro il testo è centrale e la musica ruota intorno… , è poesia urbana” ha detto, parlando poi della sua emozione nel reinterpretare una delle sue più famose canzoni. “Ho avuto il grandissimo onore e la responsabilità di cantare un brano come ‘Auschwitz’ ed è stato fortissimo per me, emozionante; l’ho fatto anche perché nella mia storia familiare lo sento fortissimo, mio nonno era un partigiano ed è stato deportato a Buchenwald. Mio nonno era anche legato alla musica, quindi per me è stato come un segno del destino che mi proponesse di cantare proprio questo brano”.
Post n°15449 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
GUCCINI E PAGANI A MILANO PRESENTANO “NOTE DI VIAGGIO” Pubblicato su 9 Novembre 2019 by admin Francesco Guccini e Mauro Pagani presenteranno il prossimo 18 novembre, a Milano, “Note di Viaggio, Venite Avanti…”, il primo volume della raccolta delle più belle canzoni del cantautore modenese interpretate dalle grandi voci della musica italiana. Appuntamento, dalle ore 17.00, presso la Fondazione Feltrinelli in Viale Pasubio 5 a Milano. Pubblicato in NewsTaggato francesco guccini, guccini mauro pagani, guccini note di viaggio
Post n°15448 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino di Fosco Giannini In questi giorni, coi fescennini e i canti tribali di un’orgia disgustosa, i media italiani e di tutto l’occidente capitalistico celebrano i trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, 9 novembre 1989. I canti tribali, col monotòno anticomunista, occupano ogni televisione nazionale e privata, ogni radio, ogni giornale, ognuno dei cento e cento siti “politici” e “culturali” dispersi nella Rete, tutta la Rete. L’azione vandalica si estende su di un terreno vastissimo, ma il messaggio è unico e totalizzante: il Muro di Berlino è stato l’orrore, l’oscurità della Storia, il disumano, ed esso ha incarnato il socialismo stesso, che dunque è oscurità e orrore. L’apparato semantico dell’intero sistema mediatico occidentale è un esercito distruttore in cammino e nel suo procedere implacabile, nella sua narrazione non ha né dubbi né zone grigie, né analisi né storicizzazione: il Muro è stato eretto “improvvisamente”, il 13 agosto del 1961, per volontà di un gruppo dirigente folle e maligno, perché così è il socialismo, erige muri, semina terrore, senza motivazioni. Dal fiume infinito di articoli, saggi, trasmissioni sul trentesimo anniversario della caduta del Muro non emerge una frase, un rigo appena, un modesto accenno ai perché storici di quella edificazione e un giovane lettore può pensare che lì, nella Germania Est, semplicemente, come in un graphic novel americano, s’estendeva il Regno del Male. Al contrario, un’intera letteratura sociologica si riversa dai media per imporre l’idea che al di là del Muro vi era un intero popolo reso schiavo dalla dittatura comunista, vi era una parte della Germania ridotta ad un’unica ed opprimente caserma, uomini e donne dall’anima incatenata e dai corpi che conoscevano solo la miseria e la fame. Questo quadro è dipinto dall’esercito di giornalisti e intellettuali d’osservanza capitalistica che il mainstream occidentale ha sguinzagliato per raccontare il Muro di Berlino. Il compito che la classe dominante ha dato a questo esercito è stato quello di costruire una falsa coscienza di massa, in tutta Europa, in tutto l’occidente, volta a identificare il socialismo con la repressione e il terrore, elevando il Muro a paradigma di questo nefasto socialismo. Compito portato a termine, riuscito, poiché, ora, pochi altri eventi storici, secondo la narrazione odierna sul Muro, hanno in sé tanta densità del Male. Con tutto il Male che ora il Muro ha accumulato in sé diviene di second’ordine il male dell’atomica americana su Hiroshima e Nagasaki, il napalm americano sul Vietnam, il sangue versato dall’imperialismo francese in Africa, la tenebrosa “linea Pinochet”, ripetuta dagli USA in tutta L’America Latina, il “golpe” fascista dei colonnelli in Grecia, nel 1967 ( solo sei anni dopo l’edificazione del Muro) sostenuto dagli USA e dalla NATO, la distruzione della Jugoslavia e l’uranio impoverito sparato dall’occidente buono per seminare leucemia sulle presenti e future generazioni, la distruzione dell’Iraq, della Libia, della Siria e i milioni di morti e di profughi prodotti dalle bombe buone dell’imperialismo, i nazifascisti organizzati dagli USA, dalla NATO e dall’Ue per sostenere il golpe in Ucraina: tutto questo male viene raccolto e spostato, in questi giorni, sul Muro di Berlino che in sé tutto lo raccoglie. Si chiama spostamento. Si chiama rimozione. E se la Storia, quella vera, un giorno, in occidente, rialzerà la testa, uomini come Ezio Mauro, de “la Repubblica”, apripista della menzogna sul Muro di Berlino e sul socialismo, dovranno essere messi alla gogna. La cultura occidentale è fortemente segnata dalla categoria kantiana della “cosa in sé”, priva di relazioni con il tutto reale. Si potrebbe pensare, a partire da un tale assunto, a partire dalla potenza di fuoco ideologica dispiegata contro il Muro di Berlino che è il Muro in sé, ogni Muro, a indignare l’occidente capitalistico. Ma se fosse così, perché Ezio Mauro e l’intero esercito di aedi dell’occidente imperialista tacciono sul lungo Muro che Israele ha eretto per accerchiare e incarcerare il popolo palestinese nella sua stessa terra? Perché fingono di non vedere il Muro che la Corea del Sud (colonia americana) ha costruito nella Penisola di Corea, per dividere l’intero popolo coreano, secondo i voleri USA? Perché fingono di non vedere il Muro che ha eretto il Marocco contro il popolo sahraui, per contenerne la lotta liberatrice? Perché i mille giornalisti e i reggimenti di intellettuali che ora raccontano il Muro di Berlino come fosse il castello di Dracula, in Transilvania, non si strappano i capelli per il Muro che Obama ha eretto sul confine del Messico e che ora Trump allunga e rafforza? E oltre tutto ciò, oltre i muri di mattoni, di reticolati, c’è un immenso Muro che l’imperialismo ha eretto nel mondo intero, accelerandone l’edificazione nella fase post sovietica: quello economico, politico e militare che serve a separare i ristretti ceti ricchi del mondo dai vasti popoli della miseria, il Muro che serve a dividere i tre miliardi e mezzo di uomini e donne - i tre quarti della popolazione mondiale adulta che detengono complessivamente meno del 2,5% della ricchezza globale - dai signori della ricchezza e della guerra, difesi dalle spade degli USA e dell’occidente imperialista.
L’immenso festival occidentale che si sta svolgendo per demonizzare il Muro di Berlino e che in verità ha come obiettivo il socialismo stesso, il comunismo, ha bisogno, per funzionare, per conquistare la coscienza di centinaia di milioni di persone, di mettere impunemente in campo un intero apparato scientifico di menzogne. La prima delle quali è relativa al supposto ruolo che la Germania socialista (la Repubblica Democratica Tedesca, la RDT) avrebbe scientemente svolto per dividere l’intero popolo tedesco in due popoli contrapposti, uniti poi solo dalla caduta del Muro. Qui, la rimozione è titanica, la menzogna è spaventosa. Mentre l’Unione Sovietica, alla fine della seconda guerra mondiale, si dichiarava contraria alla divisione della Germania, furono proprio le potenze imperialiste (USA, Francia e Gran Bretagna) a lavorare strenuamente affinché le “zone” tedesche da esse militarmente occupate si distaccassero dalla “zona” tedesca occupata dall’Armata Rossa, nell’intento di costruire una Germania capitalista legata alle forze imperialiste e prioritariamente subordinata agli USA e alla nascente NATO. Per questo obiettivo (portare subito nel campo imperialista la parte tedesca potenzialmente più ricca e industrializzata), gli USA, la Francia e la Gran Bretagna non smantellarono affatto le strutture naziste (come invece avveniva nella “zona” sovietica) ma riconsegnarono immediatamente ruolo, dignità e libertà d’azione ai gruppi capitalistici tedeschi (a partire dalla Krupp e dalla Siemens) che avevano sorretto Hitler. Da questa linea franco-britannica-americana (in netto disaccordo con gli stessi accordi di Jalta e di Potsdam) prende corpo la divisione della Germania e si costituisce (il 23 marzo 1949, un solo mese prima, significativamente, della nascita della NATO) la Repubblica Federale Tedesca (RFT), il nuovo nocciolo imperialista tedesco consustanziale al fronte imperialista e anticomunista mondiale.
È solo a partire da ciò, da questo fatto storico centrale, che va compreso il senso ultimo dell’edificazione del Muro di Berlino. Senza contestualizzazione, l’edificazione del Muro appare, come vuole la propaganda imperialista occidentale, un’operazione di tetri tiranni. I gruppi dirigenti della SED (il Partito di Unità Socialista che guida la RDT dal 1949) erano invece gli eredi della grande cultura politica e filosofica tedesca di Marx ed Engels, di Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht ed Ernst Thalmann. Erano gli eredi delle lotte contro le guerre imperialiste, delle grandi lotte per la pace e per la costruzione del socialismo.
La Guerra Fredda voluta dalle forze imperialiste (una Guerra Fredda che già si palesa come progetto del fronte imperialista durante la coda della stessa guerra calda, attraverso lo sganciamento dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki) come risposta all’immenso prestigio che l’URSS aveva conquistato per la vittoria contro il nazifascismo e come reazione alla conseguente espansione universale dei valori del socialismo, muove i suoi primi passi proprio attraverso il lavorio, condotto dagli USA e dai suoi alleati, volto alla divisione della Germania attraverso la collocazione della Germania Ovest nel campo imperialista.
La Guerra Fredda imperialista vede accelerare il suo passo, peraltro, proprio attraverso l’entrata della Repubblica Federale Tedesca nella NATO, nel 1955, atto che sancisce la rottura del progetto di pace mondiale sostenuto dall’URSS dopo gli orrori della seconda guerra mondiale e che costringe il campo socialista (ben sei anni dopo la costituzione della NATO) a rispondere all’aggressività militare imperialista con il Patto di Varsavia. Un altro, eclatante, avviso da parte degli USA che il progetto di pace è recisamente respinto sarà la guerra americana in Corea, dal 1950 al 1953. Ma sarà proprio contro la Germania socialista che si scatenerà con forza il disegno di un’immediata destrutturazione del “campo” e dei sistemi socialisti prodotti dalla fine della seconda guerra in Europa. Il progetto del ritorno ad una Germania imperialista riunificata e legata al fronte imperialista mondiale in funzione anticomunista e antisovietica è in nuce, tra gli USA e i suoi alleati, sin dalla strenuamente ricercata divisione della Germania e dalla costituzione della RFT e tale progetto è un tutt’uno col progetto di attacco e destrutturazione della RDT e dell’intero “campo” socialista dell’Europa dell’Est. In questo contesto va compresa e ricordata la potentissima azione politica, economica e ideologica che gli USA e gli altri Paesi imperialisti iniziano a sferrare, sin dai primi anni ’50, contro la Repubblica Democratica Tedesca.
Fanno parte di questa Guerra Fredda contro il socialismo tedesco la secca e impunita autoriduzione, da parte della RFT (ma sollecitata dagli USA) del pagamento dei danni di guerra prodotti dal nazismo, danni per i quali la Germania filo americana pagò, infine, solo 2, 1 miliardi di dollari, a fronte dei 99,1 miliardi di dollari che pagò la Germania socialista. Questione, questa dell’enorme pagamento iniziale da parte della Germania socialista, che sta alla base della difficoltà del pieno sviluppo economico della RDT ed è parte significativa del dislivello costituitosi tra lo sviluppo economico della Germania dell’Ovest e quello dell’Est. Fanno parte di questa Guerra Fredda gli aiuti economici straordinari che gli USA e il fronte imperialista dettero alla RFT, nella lucida strategia volta a far emergere una differenza di sviluppo tra le due Germanie; fanno parte di questa Guerra gli aiuti economici americani volti a far sì che le aziende tedesche dell’ Ovest avessero i mezzi per attrarre, con stipendi dorati, gli scienziati, i tecnici e gli intellettuali della RDT nella Germania capitalista; fa parte di questa Guerra la messa in campo di una poderosa propaganda mediatica volta all’esaltazione delle “libertà” e della ricchezza della Germania capitalista, propaganda che si accompagna all’attivazione, all’interno stesso della RDT, di una vera e propria militanza intellettuale e sociale volta a denigrare la Germania socialista e mitizzare quella capitalista ( chi crede poco al ruolo dei servizi segreti USA nel determinare alcune vicende storiche pensi ai grandi investimenti di risorse economiche del bilancio USA verso tali pratiche). Fa parte di questa Guerra la costruzione, da parte dell’occidente capitalistico, della mitologia della miseria di massa nella Germania socialista. Vera e propria menzogna di fronte ai risultati concreti dell’economia socialista tedesca, che furono particolarmente positivi dopo il superamento dell’iniziale e rigido modello di economia pianificata e dopo l’attuazione de “Nuovo sistema economico di pianificazione e direzione” sostenuto dall’allora segretario della SED Walter Ulbricht e che portò, dal 1964 al 1970, ad una crescita annua media del reddito nazionale del 5% e ad un tasso di accumulazione addirittura del 20%. E ciò di fronte agli enormi problemi di partenza che subì l’economia socialista tedesca: l’enorme spesa per i ripagare i danni di guerra del nazismo (che, come abbiamo visto, la RFT non pagò); la penuria di materie prime (in gran parte allocate nella Germania capitalista); l’emigrazione sino al 1961, che il Murò tentò di contenere, verso l’Ovest, di due milioni di cittadini , circa il 20% dell’intera forza lavoro, specie tecnica, scientifica ed intellettuale attratta da ben più alti stipendi; la difficile integrazione nel Comecon, il mercato socialista segnato da economie deboli e più arretrate di quella tedesca e chiuso al mercato mondiale; la cosiddetta “dottrina Hallstein”, la linea politica della RFT indotta dagli USA che interrompeva i rapporti diplomatici con i Paesi che riconoscevano la RDT. Questione che allontanava ancor più la Germani socialista dalle relazioni e dal mercato mondiale.
E’ in questo contesto che va giudicata la scelta della RDT di innalzare il Muro di Berlino, nel 1961: la Guerra Fredda annunciava tempesta, la NATO era stata costituita per pensare ad una guerra vera contro l’URSS e i Paesi socialisti, il disegno di destabilizzazione del “campo socialista” dell’Europa dell’Est e soprattutto della Germania socialista era in pieno e ribollente svolgimento, verso la parte più avanzata e qualificata dei lavoratori della Germania socialista era stato lanciato l’amo tedesco-americano degli alti stipendi e ciò al fine di colpire l’economia socialista. Inoltre la guerra di Corea aveva chiarito che gli USA erano concretamente volti alla guerra, tant’è che nelle fabbriche della RDT gli operai erano in armi, pronti a difendere il socialismo. Il Muro si erige di fronte a tutto ciò, anche di fronte alla possibilità, che a partire dalla materialità delle cose di quella fase non si poteva affatto escludere, di un attacco militare tedesco-americano.
Si può naturalmente discutere sul fatto che la scelta di costruire il Muro fosse davvero funzionale alla difesa e agli interessi del socialismo, si può certamente discutere di quanto quella costruzione abbia fatto male all’immagine del socialismo. Ma irricevibili sono le speculazioni del fronte occidentale-capitalistico, accompagnate dalla socialdemocrazia e da tanta “sinistra”: quelle secondo le quali il Muro è stato un orrore e che questo orrore è il socialismo stesso.
In verità, quando il compito che si era dato l’imperialismo (abbattere il socialismo, riunificare la Germania in un unico polo imperialista) ha trovato compimento, proprio attraverso l’abbattimento del Muro di Berlino, ciò che è iniziato non è stato un periodo prospero per i tedeschi dell’Est. La riunificazione tedesca sotto la guida di Helmut Kohl altro non è stata che una violenta annessione (una vera e propria, nuova “Anschluss”) da parte della Germania capitalista ai danni di quella socialista e la distruzione dell’economia della Germania est, della sua industria, delle sue garanzie sociali, con la conseguente produzione di una disoccupazione e di una povertà di massa sono stati i segni drammatici di quella stessa annessione.
L’imperialismo tedesco riunificato, peraltro, non ha tardato a mostrare la propria essenza reazionaria, sia quale traino della guerra contro la Jugoslavia che come “comando imperialista” di un’Unione europea ultraliberista, antipopolare e neocolonialista. Il ruolo svolto dalla Germania riunificata ai danni del popolo greco, nell’intento di imporre le regole e lo spirito di Maastricht, rimarrà come un segno intangibile della prepotenza e della violenza del nuovo imperialismo tedesco. Mentre l’intero fronte imperialista che ora celebra i trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, cantata come la nuova via della pace e della libertà, ha segnato i decenni successivi a quella caduta e alla sconfitta dell’Unione Sovietica con guerre, distruzioni e stragi di massa disseminate in ogni angolo del pianeta.
Post n°15447 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Appena ieri nelle convulse ore quando il golpe prendeva forza, l’esercito boliviano attraverso un ambiguo comunicato aveva informato che non sarebbe intervenuto contro la popolazione. In realtà il messaggio era un altro: luce verde per i golpisti liberi così di compiere e Saccheggiare e devastare la casa di Evo Morales, così come quelle di svariati dirigenti del MAS, il fratello del presidente della Camera preso in ostaggio per costringerlo alle dimissioni in modo da non farlo subentrare a Evo Morales dopo la sua rinuncia; prendere d’assalto la sede della tv e della radio pubblica, con i dipendenti linciati e minacciati e il direttore di Bolivia Tv finito legato ad un albero; prendere d’assalto allo stesso modo sedi di istituzioni pubbliche. La prova che l’esercito e la polizia non sarebbero intervenuti, ma solo contro i golpisti e non contro il popolo, l’abbiamo avuta nella giornata di oggi. I boliviani scesi in piazza per difendere la democrazia e la legittima vittoria di Evo Morales si sono trovati a fronteggiare le forze di sicurezza boliviane oltre che le squadre d’assalto fasciste dei golpisti. A El Alto, la polizia boliviana ha sparato contro i manifestanti come mostrano queste immagini diffuse da Alba Tv. Sempre da El Alto arriva un’altra testimonianza diffusa tramite Twitter da Larissa Costas: «Tristemente stiamo vedendo come la polizia sta sparando alla popolazione…», il giovane che documenta quanto avviene denuncia che sono numerosi i feriti nella città di El Alto. Evidenziando che questo avviene a causa dei «bastardi che stanno vendendo la Patria». Questa è la «democrazia» che difendono alla CNN. Le ultime parole citate del ragazzo boliviano che da El Alto documenta la repressione contro il popolo ci porta a una necessaria riflessione. Di fronte a quanto accade in Bolivia, con il fascismo che avanza verso il completamento del golpe, dove sono finiti gli autoproclamati antifascisti in Italia? Forse lo sono a giorni alterni? Oppure lo sono in base alla collocazione geografica del fascismo?Quanto avviene in Bolivia, la vera e propria caccia all’uomo in atto sin dall’inizio dell’escalation golpista, volta ad annichilire il MAS, dovrebbe sdegnare chiunque faccia professione di antifascismo. Purtroppo non è così. Gli stessi che hanno celebrato l’avvento della ‘democrazia’ in Europa Orientale dopo la caduta del Muro di Berlino, adesso tacciono. Quando le forze del fascio-liberismo abbattono un ‘pericoloso’ governo di segno socialista, come quello di Evo Morales riuscito a rendere il paese più povero dell’America Latina in quello più dinamico e con la maggiore crescita economica della regione, per lorsignori è sempre un fatto positivo. Anche se non possono dirlo apertamente. Quindi cincischiano, preferiscono il silenzio, oppure puntano sui cosiddetti errori di Evo Morales. Che resta pur sempre un indigeno, sindacalista e per giunta antimperialista. Imperdonabile. La Bolivia segna uno spartiacque. Chi non condanna il golpe e non si schiera a favore di Evo Morales e della democrazia non può parlare di antifascismo.
Post n°15446 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
"Ahora sí, guerra civil": il popolo boliviano da El Alto a La Paz scende in campo a difesa di Evo Morales I manifestanti di El Alto, in Bolivia, si sono mobilitati, in difesa del presidente eletto costituzionalmente e senza brogli come ormai è stato chiarito, Evo Morales, costretto a rassegnare le dimissioni dopo il colpo di Stato compiuto nel paese sudamericano che lo riporta direttamente ai tempi tristi delle dittature militari. Nei video che in queste ore convulse drammatiche si vedono manifestati, con la bandiera Whiphala - rappresentativa dei popoli nativi che vivono nei territori andini che facevano parte del Tahuantinsuyo (ossia l'antico Impero Inca) - bruciata dai golpisti e rimossa dalle uniformi della polizia passata dalla parte del golpe. Pido a mi pueblo con mucho cariño y respeto cuidar la paz y no caer en la violencia de grupos que buscan destruir el Estado de Derecho. No podemos enfrentarnos entre hermanos bolivianos. Hago un llamado urgente a resolver cualquier diferencia con el diálogo y la concertación.
Post n°15445 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
ESCLUSIVA TJ - Il docufilm su Scirea, parla Nowomiejski (JuvePoland): "Così raccontiamo la sua vera storia" Sono passati 30 anni e qualche mese, ma nella memoria di chi ha vissuto quel giorno è come se fosse successo ieri. Perchè Gaetano Scirea non è stato soltanto uno dei tanti giocatori che ha vestito la maglia della Juventus. No. E' sempre stato uno di noi. Tra le tantissime testimonianze a lui dedicate, il sito dei tifosi juventini in Polonia ha realizzato un docufilm visibile gratuitamente su YouTube - con sottotitoli in italiano - in cui raccontano la storia e gli aneddoti fino ad ora sconosciuti insieme a Mariella Scirea, Giorgio Chiellini, il fotografo Salvatore Giglio e l'unico sopravvissuto di quel tragico incidente, Andrzej Zdebski. La nostra redazione ha contattato, in esclusiva, uno degli admin di Juvepoland.com, Marcin Nowomiejski: Ci puoi raccontare come nasce l'idea del docufilm? Come tifosi della Juventus in Polonia, siamo molto legati alla sua storia. Innanzitutto perché ha giocato nella stessa squadra con Zibi Boniek, ma anche per il motivo della sua morte avvenuta tragicamente nel nostro paese. Ovviamente, avremmo desiderato che la parte 'polacca' della sua storia fosse stata completamente diversa. Ci sentiamo obbligati a ricordare il suo grande personaggio qui, volevamo onorare la sua memoria proprio nel trentesimo anniversario dalla sua tragica morte. I lavori legati alla produzione del film sono durati in totale quasi un anno e si sono conclusi non soltanto grazie alla nostra determinazione, ma grazie al supporto della Juventus e dello studio creativo torinese Robin Studio che ci ha dato una mano per fare le riprese in Italia". Senza svelare nulla del docufilm, che cosa possiamo dire del "dietro le quinte"? "Da una decina di anni curiamo il posto in cui perse la vita e dove oggi si trova una croce simbolica. Conoscevamo, così come altri tifosi della Juve, la sua storia per come era raccontata su internet; ma tutto questo è cambiato nel gennaio 2017 quando sul nostro forum si è iscritto l'uomo che si è dichiarato come unico sopravvissuto di quella immane tragedia. Ci ha confermato in maniera molto veloce la sua identità e questo particolare ci ha particolarmente colpito, perché finalmente avevamo un contatto con l'ultima persona che aveva parlato con Gaetano. Conseguentemente, Andrzej conosceva la storia precisa di quello che successe tanti anni fa (in quel momento erano passati 28 anni) e chiaramente era differente da quella pubblicata su altri siti. L’uomo si è presentato come Andrzej Zdebski e ci ha raccontato del suo ultimo sogno: visitare la tomba di Gaetano Scirea a Morsasco e vedere una partita della Juventus nel suo stadio". Una vera sorpresa. "Sì, abbiamo deciso di realizzare quel desiderio e in cambio gli abbiamo chiesto una intervista in esclusiva. E’ stata l’idea iniziale per il docufilm. Poco tempo dopo abbiamo non solo realizzato il suo sogno, ma siamo riusciti anche ad organizzare un incontro con Mariella Scirea che non vedeva Zdebski dal 1989. L'incontro è stato un altro passo in avanti verso il nostro film, la stessa Mariella aveva espresso la volontà di farne parte. E qualche mese dopo ci ha raccontato la storia di Gaetano dalla sua prospettiva. Poco tempo dopo anche la Juventus si è interessata dell’iniziativa del film e la società ci ha dichiarato il suo supporto, aiutandoci tra l’altro di organizzare un’intervista con Giorgio Chiellini e con Salvatore Giglio - l'allora fotografo dei bianconeri - che conosceva personalmente Scirea e con cui collaboriamo da qualche anno". Quali sono le aspettative riposte per il bellissimo racconto che avete realizzato su Gaetano Scirea? "Il nostro primo obiettivo è quello di ricordare in maniera migliore il personaggio di Gaetano Scirea. Inoltre, conoscendo già la versione precisa di quello che è successo nel settembre 1989, desideriamo che la vera storia arrivi a tutti tifosi della Juventus. Il film si intitola 'Per non dimenticare', che è stata una delle frasi dette da Salvatore Giglio durante la produzione e ci ha colpiti davvero tanto. Quando abbiamo analizzato quanto girato, sapevamo che si poteva fare qualcosa di più oltre il classico film documentario. La nostra volontà è quella di trasmettere un messaggio positivo, con dei valori molto importanti al di là delle simpatie verso le altre squadre. Gaetano non era solo un giocatore di calcio, era un uomo che trasmetteva valori positivi verso tutti i tifosi. Speriamo che il film sia una spinta per farli riflettere, specialmente perché oggi giorno tutti viviamo in maniera veloce e superficiale spesso dimenticando di quello che davvero conta". Ritornerete ancora in Italia? "Torniamo spesso in Italia, negli ultimi cinque anni abbiamo approfittato del fatto che uno dei nostri redattori vivesse a Torino e perciò avevamo una sorta di nostro ambasciatore nel belpaese (sorride ndr). Nonostante viviamo in Polonia, veniamo molto volentieri a Torino. Ogni tanto ci basta una scusa qualsiasi per andarci". Ci hai ben parlato dell'aiuto offerto dalla Juventus per la realizzazione del docufilm. Come mai avete deciso di coinvolgere l'attuale capitano della Juventus, Giorgio Chiellini? "Volendo raccontare la storia di Gaetano Scirea da differenti punti di vista, abbiamo chiesto alla Juventus di darci una mano per organizzare un incontro con Giorgio Chiellini. Sapevamo quanto per Giorgio fosse importante la figura di Gaetano, nonostante non si siano purtroppo conosciuti. Chiellini ha scritto e pubblicato un libro in cui racconta l’importanza dei valori umani di Scirea. Eravamo convinti che il capitano della Juve potesse estendere ancor di più la storia, raccontandola come persona moderna molto stimata dai milioni di tifosi della Juventus nel mondo. Ha partecipato molto volentieri a questa iniziativa". La Juventus è la squadra più tifata d'Italia e raccoglie consensi anche fuori dal belpaese. Come è il suo tifo in Polonia e come nasce JuvePoland? "Il gruppo di JuvePoland, che unisce i tifosi bianconeri in Polonia, è nato nel 1997 e sin da subito il nostro obiettivo era quello di espandere i valori della Juventus promuovendo il suo brand nel nostro paese in modo da poter trasmettere tutte le notizie che la riguardano. Sono registrati oltre 20 mila tifosi, qui abbiamo creato uno spazio per le discussioni dato che abbiamo anche un forum. La nostra passione è condivisa anche sui vari social network come Facebook, Instagram, Twitter o YouTube. Anche se non abbiamo la possibilità di seguire tutte le partite direttamente allo Stadium, noi viviamo queste emozioni a distanza in maniera particolarmente forte. Siamo con voi tutte le settimane e tutte le giornate quando si giocano le partite. Il nostro tifo non si limita solo al seguire tutte le settimane che cosa fa la Juve. Fino ad ora, oltre la chiacchierata con Giorgio Chiellini, abbiamo realizzato interviste video con Pavel Nedved ed Alessandro Del Piero. Inoltre, abbiamo tradotto e pubblicato in Polonia ben otto libri italiani legati alla Juve come le autobiografie di Gigi Buffon, Andrea Pirlo e il già citato Alex Del Piero. Siamo molto contenti del fatto che in Polonia sempre più persone seguano la Serie A. E’ vero che è il grosso del merito è dei polacchi che attualmente giocano come Szczesny, Piatek, Milik, Zielinski e tutti gli altri. A renderci più felici è che, tra i nostri connazionali appassionati di calcio italiano la maggior parte tifa Juventus e noi speriamo di aiutarli tutti i giorni". Si ringrazia Marcin Nowomiejski di JuvePoland per la realizzazione di questa intervista. | © foto di JuvePoland
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Post n°15444 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
Trovato morto in Turchia uno dei fondatori dei 'caschi bianchi' in Siria: 'Repubblica' già fa trapelare il colpevole: La Russia Il fondatore dei caschi cianchi, ex ufficiale del servizio segreto britannico MI6 James Le Mesurier, è stato trovato morto nella città di Istanbul, secondo il rapporto dei media turchi. Per 'Repubblica' c'è già un potenziale colpevole, ovvero la Russia "James Gustaf Edward Le Mesurier, considerato fondatore dei White Helmets in Siria, è stato trovato morto davanti alla sua casa che ha usato come ufficio a Istanbul", scrivono i media turchi. Il quotidiano fondato da Eugenio Sclfari, tempestivamente già fa trapelare chi potrebbe essere il colpevole. Ovvero la Russia, in quanto venerdì scorso la portavoce della diplomazia russa, AMria Zakharova aveva accusato la sedicente organizzazione umanitaria di spionaggio. Cosa ci sia di strano in questa dichiarazione non lo sappiamo, dal momento che Le Mesurier era anche un ex agente segreto. Al momento, la versione principale che le autorità stanno prendendo in considerazione è che Le Meziere si sia suicidato. L'ex ufficiale dell'intelligence britannica sarebbe saltato dal balcone del suo appartamento al terzo piano. Si specifica che nessuna traccia di un colpo o di una ferita da coltello è stata trovata nel corpo del defunto. Le Mesurier assumeva antidepressivi. La moglie di Le Mesurier è venuta a conoscenza della sua morte attraverso la polizia che era arrivata sul posto dopo aver ricevuto una telefonata dai vicini. "Ieri abbiamo cenato insieme. Poi abbiamo preso i sonniferi e siamo andati a letto. Poche ore dopo mi sono svegliata perché ha suonato il campanello. Era la polizia, mi hanno detto che mio marito è caduto dal balcone ed è morto", racconta la donna citata dal giornale Sabah. L'ufficio del governatore di Istanbul ha riferito che è stata condotta una "indagine approfondita" sulle circostanze in cui è morto Le Mesurier. "Una vasta indagine amministrativa e giudiziaria sulla morte del cittadino britannico James Gustaf Edward Le Mesurier è stata avviata", ha affermato l'orgamismo turco in una nota. Una fonte vicina alle indagini ha riferito a Sputnik che Le Mesurier è arrivato in Turchia quattro anni fa. "Ultimamente, secondo sua moglie, ha sofferto di grave stress e ha assunto sostanze psicotrope, comprese le iniezioni. Al momento della morte, era a casa sotto l'influenza di sedativi", ha spiegato la fonte.
Post n°15443 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
"Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto 'sonoro' potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino."
Post n°15442 pubblicato il 13 Novembre 2019 da Ladridicinema
A chi dice che in fondo Morales se l’è cercata e che non è un vero golpe quello che si è consumato in Bolivia in questi giorni, io dico di guardare queste foto. La prima foto ritrae Morales su un aereo militare dell’aeronautica messicana, Morales costretto - per salvarsi la vita dalla polizia e dall’esercito che lo stava braccando - ad andare in esilio ed accettare l’offerta di asilo politico offertagli dal Messico di un leader progressista e illuminato come Lopez Obrador. La seconda foto ritrae una sindaca boliviana del partito di Morales che è stata aggredita, sequestrata per ore, mentre qualcuno dava fuoco al municipio, trascinata in strada, dove le hanno tagliato forzatamente i capelli, le hanno versato addosso della vernice rossa, costretta a camminare a piedi nudi per strada e firmare sotto minaccia una lettera di dimissioni. Intanto per le strade della Bolivia ci sono stati morti e svariate centinaia e centinaia di feriti, alcuni frutto di sparatorie sulla folla da parte di esercito e polizia, e attacchi perfino alle ambasciate dei paesi più scomodi, come l’ambasciata venezuelana. E intanto cosa fanno le Nazioni Unite? Cosa fa l’Europa? Cosa fa l’Italia? Tutti, tranne pochissimi, assistono compiaciuti allo scempio dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto. Perché questo silenzio dei media occidentali e degli organismi democratici internazionali? Solo perché Morales è figlio del popolo? Solo perché Morales è un indio che deve essere subalterno e non disubbidire? Solo perché Morales ha sovvertito l’economia boliviana anteponendo gli interessi dei più deboli a quelli dei più forti che hanno sempre dominato la Bolivia e stanno tornando a dominarla, col compiacimento dell’America di Trump? Vergogna, Vergogna, Vergogna! È il momento di mobilitarsi e di sollevarsi contro questi soprusi, questi colpi di Stato, contro questo immobilismo complice dell’Italia e dell’Europa. Che fa il Governo Italiano? È il momento di prendere posizione. Odio la neutralità quando ci sono in gioco diritti e vite umane. Odio gli indifferenti (come diceva Antonio Gramsci) perché l’indifferenza e complicità. Antonio Ingroia
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45