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Messaggi del 09/06/2017

 

Bombe italiane, guerra nello Yemen e libertà di stampa da articolo21

Post n°13886 pubblicato il 09 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Direzione Arabia Saudita

Oggi sappiamo che quegli ordigni si dirigono verso l’Arabia Saudita, alleato di ferro degli Usa suo grande fornitore di armamenti. L’analista dell’Osservatorio Opal di Brescia, Giorgio Beretta, ha svolto accurate indagini che permettono la ricostruzione meticolosa del tragitto del carico bellico dalla Sardegna verso l’Arabia Saudita con tanto di ritrovamento dei reperti nel teatro di guerra dello Yemen dove si contano milioni di profughi e migliaia di vittime civili con azioni di bombardamento che non risparmiano scuole e ospedali. Nel piccolo e povero Paese del Golfo persico divampa ora l’emergenza sanitaria dell’epidemia di colera.

Numerosi cittadini appartenenti a diverse associazioni hanno deciso di presentare esposti alla magistratura per violazione della legge 185/90 che vieta la vendita e il transito di armi verso Paesi in guerra. Secondo ultime notizie il fascicolo relativo a queste notizie di reato è arrivato per competenza alla Procura di Roma.

Rapporto Onu e risoluzione Parlamento europeo  

Secondo il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” rilasciato il 27 gennaio 2017 al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, «Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei che diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale».

Il 25 marzo 2017 con un articolato e approfondito comunicato stampa congiunto, sei diverse espressioni della società civile (Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo) con il sostegno del missionario Comboniano Alex Zanotelli hanno fatto sapere di aver scritto una lettera ufficiale al Ministro degli Esteri Angelino Alfano chiedendo lo stop all’invio dall’Italia di armi destinate al conflitto yemenita.

Il 9 maggio 2017 la Fondazione Finanza etica è intervenuta in Germania all’assemblea degli azionisti della società Rheinmetall per chiedere perché si sono esportate dall’Italia carichi di «bombe in Arabia Saudita sapendo che il Paese è coinvolto in una guerra che non ha alcuna legittimazione dal punto di vista del diritto internazionale» citando le migliaia di vittime tra i civili, milioni di profughi e ravvisando crimini di guerra con bombardamenti e raid aerei su ospedali, scuole, fabbriche e campi profughi».

Mauro Meggiolaro, intervenuto nell’assemblea per conto di Fondazione Etica, ha riportato la risposta degli amministratori della Rheinmetall che hanno rimandato al fatto che «il Governo italiano ha dato il suo assenso per far partire le armi fabbricate dal marchio tedesco verso l’Arabia Saudita, questo per l’azienda è sufficiente, nel rispetto delle leggi». E poi, riporta ancora Meggiolaro, «è stata la stessa Arabia Saudita a chiedere la partenza delle armi dall’Italia dove la Rheinmetall investirà tra i 30 e i 40 milioni di euro per ampliare la fabbrica di Domusnovas in Sardegna».

La coscienza dei parlamentari

Il governo italiano, tramite Roberta Pinotti, ministro della Difesa, e Paolo Gentiloni, quando era ministro degli esteri, ha dichiarato, alla stampa e in risposta a interrogazioni parlamentari, di agire in linea con la legalità.

Al termine convulso di questa legislatura è venuto il tempo di lanciare un appello nominale alla coscienza di ogni parlamentare, a prescindere dai timori per la riconferma della candidatura, perché si giunga a mettere fine a una contraddizione così eclatante della nostra Costituzione che viene scaricata sulle spalle dei lavoratori della fabbrica di Domusnovas.  A seconda delle fonti, l’organico produttivo oscilla tra 70 e 250 lavoratori, probabilmente in ragione dell’indotto, del lavoro di aziende terze e altre forme di flessibilità.

Esiste già una Risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)) che ha invitato, senza successo finora, ad avviare «un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita».  Perché i parlamentari italiani non seguono l’esempio di quelli europei? Come mai un fatto così devastante non riesce ad entrare nel dibattito all’interno dei partiti e movimenti politici fino ad entrare nell’agenda politica parlamentare come un urgenza da affrontare?

È evidente che le bombe di Domusnovas possono agire da detonatore di equilibri in realtà molto fragili. Mettono in mostra un fatto che non riguarda solo il Sulcis iglesiente. Il boom del fatturato di Finmeccanica – Leonardo si spiega, infatti, con la commessa dei caccia bombardieri al Kuwait, altro Paese coinvolto nella guerra yemenita.

Segno di riscatto e conversione economica

Domusnovas può essere un segnale di redenzione e cambiamento radicale per tutto il nostro Paese a cominciare dalla rinascita di un territorio cha sta subendo duramente le conseguenze della crisi economica.  Bisogna partire,infatti,dal senso di dignità e di fierezza presente sul territorio sardo che poteva anche accettare in completo silenzio questa ennesima manifestazione della “banalità del male” e, invece, ha visto esporsi pubblicamente associazioni e persone responsabili che hanno non solo protestato ma avviato un comitato intenzionato a generare un processo serio ed esigente di riconversione economica.

Restare silenziosi o indifferenti a livello nazionale, vuol dire lasciare interi territori da soli davanti al ricatto tra il poco lavoro assicurato dalle armi e il concorso al macello industriale della guerra. Esiste una diversa e possibile politica economica e industriale, un altro modo di stare al mondo.

Al mondo dell’informazione si chiede di non concorrere al silenzio o allo scandalo fine a se stesso che non muove e impegna la coscienza. Chiediamo pertanto di concorrere assieme per fare appello ad ogni parlamentare perché si impegni a fermare l’invio di armi dal nostro Paese verso l’Arabia Saudita seguendo l’esempio dei parlamentari europei. Un segno forte di riscatto della propria dignità e di quello del Paese intero.

Alle 11.30 del 21 giugno 2017 questo appello diretto ad ogni singolo parlamentare sarà formulato con una conferenza stampa presso la sala Stampa della Camera dei deputati da parte del comitato per la riconversione di Iglesias assieme ad diverse associazioni e reti nazionali.

Ad Articolo 21 e agli organi di informazione disponibili e attenti si chiede di poter condividere questo impegno di riscatto civile della nostra comune umanità.

*Carlo Cefaloni, redattore e giornalista di Città Nuova

 
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Martelli e ''il tutto è falso e il falso è tutto'' da antimafia2000

Post n°13885 pubblicato il 09 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

 

 

martelli claudio 500 di Giorgio Bongiovanni 
Le parole profetiche di Giorgio Gaber “il tutto è falso e il falso è tutto”“è misterioso e assai più oscuro se è mescolato a un po’ di vero” si addicono perfettamente al discorso farsa che l’onorevole Claudio Martelli ha tenuto lunedì scorso nell'incontro pubblico con Felice Cavallaro e Alfonso Giordano a Palermo a Villa Filippina. 
Non possiamo non condividere la considerazione di Martelli sulla responsabilità della magistratura e del Consiglio Superiore della magistratura “sulla morte morale di Falcone per averlo denigrato e quasi perseguitato”. Testimonianza avvallata dai documenti desecretati a venticinque anni dalla strage di Capaci, dove emerge come il sinedrio della magistratura umiliò e percosse ingiustamente Falcone quando era in vita. Ciò che non condividiamo e ci disgusta però, è che la verità venga mescolata a falsità o omissioni. 
Sarebbe stato interessante per il pubblico di Villa Filippina se Martelli avesse approfondito le dichiarazioni di un anno fa, quando, sentito come teste al tanto criticato processo trattativa Stato-mafia, disse: “Non è la prima volta che si scambiano favori tra la mafia, associazioni tipo la P2, servizi deviati, massoneria deviata”.
Invece l'ex ministro della Giustizia ha preferito tacere la sua valutazione sul perché la mafia e la massoneria e altri poteri lo avrebbero eliminato politicamente come Ministro della Giustizia. Così come non ha voluto spiegare alla platea la verità sul Conto Protezione a lui intestato ai tempi di Craxi, una storia mai chiarita che coinvolgerebbe tangenti, P2, Licio Gelli, e il Banco Ambrosiano. Oppure chiarire i possibili rapporti di alcuni soggetti del partito socialista in Sicilia con la mafia.
Claudio Martelli ha ricordato Falcone come un migliore amico “di cui tiene la fotografia sulla scrivania assieme alle foto di famiglia” ma non ha rilevato se Giovanni Falcone gli fece delle dichiarazioni sull'uccisione di Salvo Lima, uno dei più famosi dei politici siciliani vicino alla mafia ammazzato pochi mesi prima della strage di Capaci.
Non si è trattenuto invece nell'esprimere un giudizio sul lavoro dei magistrati Ingroia (ora non più in magistratura) e Di Matteo, padri del processo trattativa Stato-mafia, dando lezioni di diritto e indagine: “C'è stato un cedimento da parte dello Stato - ha spiegato Martelli - io non uso la parola trattativa perché l'idea che si mettono al tavolo Stato e mafia è ridicolo ma un cedimento c'è stato”. E ancora: “Non capisco perché Ingroia e Di Matteo non hanno seguito la pista offerta dall’ex ministro Conso” quando “disse che, non rinnovando il carcere duro per i mafiosi, si volle dare un segnale di disponibilità all’ala moderata di Cosa nostra nel tentativo di far cessare le stragi. Non una trattativa ma un dichiarato cedimento, una responsabilità politica che dubito fortemente possa avere una qualsiasi valenza penale”.
Non ci sono migliori parole di quelle utilizzate dallo stesso Falcone per mettere dei punti fermi nelle traballanti peripezie dialogiche di Martelli. Nel libro “Cose di Cosa Nostra” scritto con Marcelle Padovani, Falcone supera il concetto di trattativa e parla addirittura di “dialogo Stato-mafia” che, “con gli alti e i bassi tra i due ordinamenti, dimostra chiaramente che Cosa nostra non è un anti-Stato ma piuttosto un'organizzazione parallela”. 
Frasi concrete e chiare perché quando due soggetti dialogano significa si riconoscono reciprocamente e quindi lo Stato riconosceva uno status di potere all'organizzazione criminale. Un concetto che già prima delle stragi Falcone aveva individuato chiaramente e di cui, dopo, alcuni pentiti di mafia hanno parlato. Ma ancora dal fronte della politica non c'è alcuna voce che ha tolto l'ultimo velo di Maya. In attesa di un pentito di Stato ci sentiamo di consigliare a Martelli, visto la sua poca simpatia per la parola trattativa, di utilizzare le parole di Falcone, “dialogo tra Stato e mafia”.

 
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Simonyan: RT smaschera una delle peggiori bufale riguardo la Siria da sputnik

Post n°13884 pubblicato il 09 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

I giornalisti di RT sono riusciti a smascherare uno delle bufale peggiori della guerra in Siria: la storia del bambino definito “il simbolo della sofferenza di Aleppo” ha dichiarato la caporedattrice del canale televisivo Margarita Simonyan.

"La prossima volta porteremo con noi Christiane Amanpour e chiunque lo desideri. Solo se tutti avranno il coraggio di parlare con il bambino, Omran, e la sua famiglia" ha detto la Simonyan.

Ieri il padre di Omran Daqneesh ha detto a RT che i "Caschi Bianchi" hanno fotografato lungo il figlio prima ancora di fornirgli il primo soccorso. Ha dichiarato che la gravità delle ferite di suo figlio sono state enormemente esagerate, e che la foto è stata utilizzata a fini di lucro.

La foto ritraente Omran, salvato dalle macerie dai membri dei "Caschi Bianchi", è apparsa sui media nell'estate del 2016. I media occidentali hanno accusato la Russia di aver condotto un raid aereo sulla casa dove viveva la famiglia del bambino ad Aleppo. Il Ministero della difesa a sua volta ha annunciato della presenza di tracce di attacchi con mine e bombole a gas, ordigni usati tipicamente dai terroristi. Il Ministero ha dichiarato che nel video i medici non hanno nessuna fretta di curare il bambino, ma cercano attentamente di tenerlo sotto l'obiettivo della telecamera.

Il capo corrispondente internazionale della CNN Christiane Amanpour durante l'intervista col il Ministro degli affari esteri Sergey Lavrov ha mostrato la foto del bambino dicendo "Questo è un crimine contro l'umanità". Più tardi il rappresentante ufficiale del Ministero degli esteri Maria Zakharova ha proposto a Christiane Amanpour di recarsi in Siria e fare una vera intervista con Omran "e non una finta, come alla CNN sanno fare".

"I Caschi Bianchi" sono stati più volte accusati di aver registrato video nei quali applicano il trucco alle "vittime", dettano le "battute" e effettuano "operazioni di salvataggio" su un bambino morto.

 
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Tutto è in frantumi e danza

Post n°13883 pubblicato il 09 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Tutto è in frantumi e danza. L'ingranaggio celeste Copertina flessibile – 20 apr 2017

 
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