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Curare il corpo e lo spirito nei parchi d' Italia
Post n°1107 pubblicato il 09 Maggio 2020 da rbx1dgl
Di salute si parla fin troppo in questi mesi. Contagi, decessi, terapie intensive, guarigioni: che sia collettiva o individuale, è sempre con il corpo al centro che si parla di salute. Rare voci si fanno strada, nella babele di problemi e soluzioni che hanno come palcoscenico principale ospedali e case di cura, per richiamare l’attenzione su un altro aspetto del nostro esistere, che ha a chefare con le nostre anime, il nostro spirito, le nostre relazioni. Perché se di questa pandemia l’impatto più urgente ed evidente – e anche quello più tristemente e facilmente calcolabile – è sui corpi, le ricadute più pericolose, subdole e di lungo periodo per noi umani saranno di certo quelle psicologiche. La limitazione delle libertà e la distanza sociale sono parole molto pratiche in giorni di emergenza, ma sono altrettanto condizioni esistenziali che si stanno già radicando nel nostro nuovo orizzonte relazionale, che ci vede più timorosi, rassegnati e soli quando il nostro sguardo incrocia quello di un nostro simile. Favorire quindi un recupero psicologico della fiducia è indispensabile tanto quanto garantire dispositivi di sicurezza per convivere con un virus che non scomparirà per magia da un giorno all’altro, ma che probabilmente ci trascinerà nelle sue vorticose mutazioni, alle quali saremo sempre impreparati finché resteremo ciechi e refrattari di fronte alle nostre responsabilità nei confronti non solo degli uomini, ma soprattutto della natura e della complessa rete di ecosistemi alla quale siamo annodati.
E proprio dalla natura alcuni provano a suggerire una ripartenza: Federparchi, Federazione Italiana Parchi e Riserve naturali, avanza al governo un paio di proposte che vanno in questa direzione, sottolineando il ruolo fondamentale che le aree naturali e protette possono avere per la ripresa e per il recupero di quel delicato equilibrio psicofisico che molti di noi, fortunatamente sani, hanno puntellato con fatica e dedizione in questi giorni di forzata e, nella maggior parte dei casi responsabile, reclusione. Per garantire l’accesso in sicurezza a quelle oasi benefiche e antidepressive che sono i boschi, il mare, le montagne, i giardini, i parchi (i cosiddetti “paesaggi terapeutici”), riconosciuti scientificamente anche come stimolatori attivi del sistema immunitario e delle funzioni di difesa dell’organismo (per esempio attraverso alcuni agenti chimici emessi dalle piante, i monoterpeni), Federparchi propone nel primo punto del documento presentato dal Consiglio Direttivo una riapertura su prenotazione, garantendo accessi contingentati ma costanti alle aree naturali che decidano di aderire alla sperimentazione di una soluzione informatica che permette, tramite tutti gli strumenti elettronici a partire dallo smartphone, di collegarsi al parco di riferimento vicino a casa, trovare gli spazi disponibili, ottenere l’autorizzazione per un tempo controllato e tenere le distanze di sicurezza, in collaborazione con i Ministeri e i Comuni competenti. Una prospettiva alla quale certo non sarà immediato abituarci, ma che tra i molteplici benefici annovera anche quello di alleggerire l’afflusso verso quelle aree che conservano la delicatezza di una biodiversità messa spesso sotto stress anche dall’elevata presenza umana. Nel secondo punto del documento, la proposta si spinge oltre, avanzando la possibilità di estendere le ZEA (zone economiche ambientali con fiscalità di vantaggio e incentivi per azioni economiche fondate sulla sostenibilità) a tutte le aree protette istituite ai sensi della legge 394, ragionando nell’ottica di ampliare il sistema dei parchi nazionali come modello di riferimento per lo sviluppo sostenibile che, alla luce anche dei mutamenti climatici e della stessa pandemia, dovrebbe costituire la direzione di marcia per una nuova economia globale più a misura d’uomo.
Una proposta che, a differenza di tante altre, non perde di vista un parametro fondamentale, quello legato alle attività economiche che si intrecciano intorno ai parchi, e che riguarda sì, inevitabilmente, la salute dei corpi e il loro rapporto con la natura e con il mondo, ma che ha anche ben chiara la necessità di scaricare le tensioni emotive dovute al difficile momento che tutti stiamo vivendo. Quella che avanza Federparchi è la voce che dà fiato al lavoro di sistema che, in questo periodo più che mai, caratterizza l’incrocio e la condivisione delle esperienze di territori anche molto diversi tra loro, ma tutti orientati a prefigurare ipotesi concrete che guardino al “dopo emergenza”, per contribuire a costruire un percorso virtuoso per il futuro in un momento in cui stiamo vivendo un “salto d'epoca” che segna l’invitabile confine tra un prima e un dopo. In poche settimane stiamo imparando, pur senza averlo valutato o anticipato con la necessaria cautela, a misurarci con drammatici problemi di salute e di sicurezza collettiva, problemi che si schiantano direttamente contro la vita a cui eravamo abituati, imponendo una lettura diversa che tenga sempre più in considerazione l’importanza per l’uomo di un movimento, turistico (#ripartiamodallitalia) o semplicemente quotidiano, più sostenibile, volto a recuperare con gentilezza il contatto con il nostro ambiente naturale.
dal web
L'affresco di Saype sull'erba: "Oltre il virus"
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