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Il teatro visto da Enrico Fiore

 

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Un'Antigone paladina dell'eutanasia

Post n°614 pubblicato il 28 Settembre 2012 da arieleO
 

Dice il Legislatore: «Anche perduta nei boschi della follia o inabissata nelle profondità di un coma irreversibile la vita ha la sua dignità perché è vita accanto ad altre vite, è questo a darle significanza». Antigone, invece, sostiene che «vita e morte sono degne quando possono essere condotte autonomamente».
   È questo lo scambio di battute decisivo dell'«Antigone» di Valeria Parrella, la riscrittura della tragedia di Sofocle presentata al Mercadante nell'ambito della sezione autunnale del Napoli Teatro Festival Italia: contemporaneamente, dà conto, infatti, e del tema qui svolto (l'eutanasia) e della forma in cui viene calato lo svolgimento (una scrittura alta ed antica, tale, cioè, da neutralizzare ogni rischio di retorica derivante dalla connessione con l'attualità: sia quest'ultima il caso di Eluana Englaro o il film, «Bella addormentata», che ad esso ha dedicato Bellocchio).
   Dunque, la Parrella immagina che la (vietata dalle leggi correnti) sepoltura di Polinice da parte di Antigone consista nell'arrestare le macchine che lo tengono in vita, artificialmente, ormai da tredici anni. E il fatto che nella circostanza Creonte sia indicato, per l'appunto, solo come il Legislatore lo trasforma, da singolo personaggio dotato di passioni e impulsi, nell'astratta e fredda e immobile metafora della Società in generale e dello Stato in particolare.
   Mi pare che la regia di Luca De Fusco sottolinei con adeguata precisione tali pregi del testo. I personaggi, materializzandosi dal buio come soprassalti della coscienza, vengono sovrastati, in quanto corpi, dall'immagine dei loro volti proiettata in primo piano e, così, ricondotti alla propria natura d'idee. Fra gl'interpreti, intensi e giusti Gaia Aprea (Antigone) e Paolo Serra (il Legislatore), ma troppo realistici Antonio Casagrande (Tiresia) e Nunzia Schiano (la detenuta).

                                             Enrico Fiore

(«Il Mattino», 28 settembre 2012)

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Utente non iscritto alla Community di Libero
toti bellastella il 01/10/12 alle 00:36 via WEB
Carissimo Maestro, come al solito sono ammirato dalla attenzione assoluta che le tue analisi riservano alla drammaturgia. Al tempo stesso noto - senza stupore - che lo spazio che poi riservi alla regia (che come tu stesso insegni è pure oggetto di assoluto rilievo nel contesto di una completa critica ad un allestimento, pur tanto \\\"caro\\\" a molti) sia quello che di solito si riserva, con consueta formula di stile, a componenti artistiche di minor spicco. Perdonerai la mia sfrontatezza, spero, ma dalla tua recensione, io proprio non riesco a comprendere se questa \\\"adeguata precisione\\\" del De Fusco sia segno di una splendida direzione, o se non lo sia. Con immutabie stima, Toti Bellastella.
 
 
arieleO
arieleO il 02/10/12 alle 16:55 via WEB
Caro Toti, sono io che non riesco a comprendere la tua obiezione. Ho scritto (e lo ribadisco qui) che De Fusco ha sottolineato con "adeguata precisione" i pregi del testo della Parrella, spiegando subito dopo che questa "adeguata precisione" consiste nel fatto che i personaggi, sovrastati in quanto corpi dall'immagine dei loro volti proiettata in primo piano, vengono, così, ricondotti alla propria natura di idee. Non basta? Perché avrei dovuto aggiungere a un simile attestato di benemerenza un aggettivo pleonastico (e sperticato) come lo "splendido" che proponi tu? Enrico Fiore
 
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