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Il dialetto a scuola

Post n°19 pubblicato il 19 Agosto 2009 da eyelpis

 

Premetto che questo post è apolitico, quindi nessun colore di nessun tipo se non un bianco neutralee riflettente.

A giorni non si fa altro che parlare della proposta della Lega per insegnare il dialetto regionale nelle scuole italiane.

Ritengo a pare mio giusto in quanto la nostra cara e amata Italia è formata da più regioni, con caratteristiche e folclori diversi: dalla gastronomia ai costumi usanze, modi di fare e dialetti.  Ognuno di noi con n dialetto e un proverbio diverso o simile ma che importa: è sempre bello.

 Ad oggi a stento si sente parlare il dialetto se non altre lingue straniere di persone emigrate da noi per necessità o altro che più furbi di noi, mantengono le loro tradizioni religiose, folcloristiche, di costume e dialettali integrandosi molto egregiamente nella nostra società ed integrandoci tutto ciò che è di loro uso e fare.

Qualche tempo fa addirittura, si chiedeva di eliminare il crocefisso da scuole e ospedali, per non offendere chi non è cristiano o ateo.

Ma noi siamo italiani! Un popolo laico ma cristiano. Perché dobbiamo vergognarci di Gesù Cristo che tra l’altro è morto per noi???? O mio Dio, pronunciare Gesù è da “bambini”, quindi difenderlo parrebbe infantile…Povero Gesù che male avrai mai fatto!!! Che sia questo il pensiero di alcuni “adulti”?

Ritornando al discorso del dialetto. Qualcuno ha riferito sia meglio che i nostri figli imparino l’inglese che serve di più del dialetto. Ma che lo insegnassero per davvero!! I nostri figli hanno una conoscenza minima scolastica della lingua inglese (compresa la mia generazione) che dovrebbe essere fluente considerato che la scuola ha il compito di insegnare e non solo di dare le basi, peraltro molto scarse. Ma già anche per l’italiano, possiamo calare un velo pietoso, (diamo più fede al “grande fratello” cui alcuni partecipanti alla domanda chi era Muzio Scevola, risposero se era una squadra di calcio).

Senza contare che la nostra nazione insieme a Grecia, Siria, Egitto, Iran, Iraq tutta la parte orientale ed asiatica oltre ai popoli dell’America Latina, vantiamo antiche civiltà dominanti per l’epoca, baluardo del nostro essere oggi.

La nostra Roma era definita “caput mundi”

Ma ciò è solo un euforismo, perché ahimè l’inglese servirebbe molto ai nostri figli al giorno d’oggi!

I nostri dialetti comunque non sono da meno. Sono quello che ci rimane delle nostre tradizioni. Il tramandarsi da padre a figlio sembra scomparire. Solo alcuni anziani di paese si parlano tra loro in dialetto. Ed io quando li sento ne rimango affascinata.

Se facciamo estinguere la parlata dialettale prima o poi faremo estinguere anche la cucina regionale, perché dovrà unificarsi ad altre e nuove normative (come già per alcuni cibi italiani e non, non ritenuti idonei dalla CEE) . Anche se la cucina mediterranea è rientrata nel  patrimonio UNESCO.

A parer mio è giusto che i nostri figli sappiano parlare i nostri dialetti. Non permettiamo di farci estinguere nel nostro modo di essere. Di essere italiani.

Persino le sagre di paese sono state criticate perché non permetterebbero ai ristoratori di guadagnare normalmente in quei giorni.

Io sono nata a Genova, e ogni tanto “belin” o “sgrosso” (scusatemi per chi è genovese, ma non lo so scrivere) mi scappa. Così pure “as veduma duman” (scusatemi voi piemontesi ma non lo sto scrivere e lo sto imparando ora un pochetto) mi scappa. Tra amici ridiamo e ci rispondiamo in tono.

Non perdiamo le nostre tradizioni, come non lo fanno gli altri.

E ritorniamo semplicemente noi stessi riappropriandoci del nostro folclore, costume, tradizione , dialetto e religione. Siamo italiani no?

 

 

 

 

 

 
 
 
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