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« non è scienza, ma...IL SESSO QUALE "FORZA VITALE" »

Post n°66 pubblicato il 07 Agosto 2006 da MAHATMADEVA

Questo che segue è il pensiero di un maestro riguardo l’annoso problema degli ebrei. Vi consiglio vivamente di leggerlo in maniera da far luce su un evento che da millenni influenza la storia del nostro pianeta. In effetti è un tantino lungo ma vi assicuro che ne vale la pena.

Consideriamo ora brevemente il problema ebraico. Ricordate che è un fatto interessante che gli Ebrei si trovino in ogni paese senza eccezione, che la loro influenza sia potente e diffusa (molto più di quanto essi stessi siano disposti a riconoscere) e che manipolano in modo estremamente potente la particolare concretizzazione d'energia che chiamiamo denaro. Essi costituiscono in modo strano un centro mondiale d'energia unico e distintamente separato. La ragione di questo fatto è che essi rappresentano l'energia e la vita del sistema solare precedente. Vi è stato detto sovente come al termine di questo sistema solare una certa percentuale dei componenti della famiglia umana non riuscirà a raggiungere la meta e sarà tenuta in pralaya o in soluzione fino al momento opportuno per la manifestazione del prossimo terzo sistema solare. Essi costituiranno allora l'avanguardia e il simbolo della futura umanità di quel sistema. Vi esorto quindi a considerare il tutto in una visione d’insieme più inclusiva che tenga conto di forze che trovano la loro espressione nella legge del Karma, che dai livelli planetari trova espressione attraverso i popoli e le ideologie di un determinato periodo storico.

Karma è dunque ciò che l'Uomo Celeste (Logos Planetario) che ci ospita, l'umanità tutta, gruppi, popoli, e individui ha istituito, avviato, sostenuto, trascurato o ben fatto in tutti i tempi, sino ad oggi. Il raccolto è maturo, e ora si miete ciò che si è seminato per poi tornare ad arare nella primavera dell'Era nuova, e a spandere altri semi, che (speriamo e auspichiamo) daranno frutti migliori. La migliore conferma della Legge di Causa ed Effetto è visibile nella storia degli Ebrei. Essa agisce in tutti i popoli, ma scelgo questa nazione perché ha un passato noto a tutti, e il suo destino futuro preoccupa il mondo intero. Gli Ebrei sono stati sempre un simbolo; portano in sé — come popolo, in ogni tempo -- sia gli abissi del male che le sublimità divine dell'uomo. Il loro passato aggressivo, narrato nel Vecchio Testamento, fa il paio con le attuali imprese tedesche; eppure il Cristo fu un Ebreo, un prodotto di quella razza: non dimenticatelo.

Gli Ebrei furono violenti; saccheggiarono l'Egitto e conquistarono la Terra Promessa sul filo della spada, senza risparmiare uomo, donna o bambino. La loro fede religiosa ruota attorno a Jehova, un dio possessivo, avido, che incorag­gia la violenza. La loro storia è il simbolo di tutti gli aggressori, che si giustificano con la convinzione di agire per un disegno divino, che rubano le proprietà altrui a scopo di difesa, e rie­scono a trovare ragioni, valide ai loro occhi, per legittimare l'ingiustizia. Conquistarono la Palestina perché « vi scorreva latte e miele », nella pretesa di obbedire a un comando divino. Poi il loro valore simbolico si accentuò: si divisero in due parti: Israeliti, in Samaria, ed Ebrei (cioè alcune delle dodici tribù), attorno a Gerusalemme. Questo dualismo si ritrova nella religione, inculcata dai Sadducei e dai Farisei, in continuo con­flitto fra loro. Il Cristo fu Ebreo, ma gli Ebrei Lo ripudiarono. Ora la legge li costringe a pagare il prezzo, reale e simbo­lico, di quanto hanno fatto in passato - e con ciò dimostra di agire a lungo termine. Di fatto, e in modo simbolico, gli Ebrei rappresentano la cultura e la civiltà, sono l'umanità, e, come sempre, hanno scelto la separazione. Si considerano il popolo eletto, e hanno coscienza innata di quel grande destino, ma scordano il loro ruolo di simbolo, e che il vero popolo eletto è l'Umanità, e non, la loro sparuta, trascurabile entità parziale. Di fatto e simbolicamente anelano all'unità e a cooperare, ma non sanno farlo; sono l' « eterno pellegrino »; sono l'umanità che vaga nei meandri dei tre mondi in cui evolve, gli occhi fissi ad una terra promessa; sono come le moltitudini che rifiu­tano di comprendere il proposito spirituale di ogni fenomeno materiale, ripudiano il Cristo interiore (come essi fecero, mil­lenni or sono, con quello vivente sui loro territori), avide di beni concreti, ignare di quelli immateriali.

Gli Ebrei pretendono che sia loro restituita la Palestina, strappata ai popoli che vi dimorano da molti secoli; e per il loro continuo in­sistere sui possessi materiali perdono di vista la vera solu­zione che, di fatto e per simbolo, è di lasciarsi assimilare dagli altri popoli, dalle altre razze, così mostrando di riconoscere l'umanità Una. Bisogna notare però che gli Ebrei dimoranti nella Palestina meridionale attorno a Gerusalemme lo fecero, e si fu­sero con i britannici, gli olandesi, i francesi in misura che gli Israeliti, governati dai Samaritani, mai uguagliarono. E' un fatto che vi esorto a considerare. Se dunque gli Ebrei ricordassero il loro grande destino, e il resto dell'umanità si riconoscesse in, loro, e se entrambe le parti cessassero di pensare in termini di nazionalità e di razza, dando invece valore supremo all'idea di stirpe umana, il karma collettivo cambierebbe assai, e da punizione, com'è ora, diverrebbe la ricompensa del futuro. Se  si  esamina  la  questione  dall'alto  (esplorando  sia  il passato storico che l'avvenire, con le sue speranze) si vede che il compito di risolverlo spetta in gran parte agli stessi Ebrei. Quel popolo infatti non si è mai domandato, con il necessario candore e con onestà, perché tante nazioni, a partire dall'egiziana, li abbiano sempre ripudiati e malvisti. E' sempre stato così, per tanti secoli. Ci deve pur essere una ragione, insita in loro stessi, se quella reazione è così consueta e gene­rale. Ma essi affrontano la grave questione supplicando, o con alti lamenti, o da disperati. Vogliono che i Gentili ristabili­scano la giustizia, e molte volte questi l'hanno tentato. Ma finché non saranno gli stessi Ebrei ad affrontare la situazione, ammettendo che la Legge di Causa ed Effetto opera nei loro confronti e li ripaga, e finché non cercheranno quali cause, in loro stessi, come nazione, hanno generato quell'antico e terribile destino, questo grave problema mondiale resterà insoluto, tal quale come dall'inizio del tempo. Che fra gli Ebrei siano, e siano sempre stati, uomini grandi, buoni, giusti e spirituali, è innegabile: le affermazioni generiche non possono rappre­sentare la realtà nella sua interezza. Ma se si intende il problema ebraico nel tempo e nello spazio, nel passato e nel presente, quanto ho detto merita la più attenta considerazione da parte loro. 

D'altro canto, tutto ciò non mitiga certo la colpevolezza di quanti li hanno oltraggiati con tanta crudeltà. Il comportamento usato dai Gentili verso gli Ebrei, culmi­nato nelle atrocità del secondo quarto di questo secolo, non ha scusanti. La legge è inesorabile. Se è vero che molte scia­gure degli Ebrei sono nate dal loro passato e da quel loro at­teggiamento separativo, dal rifiuto di lasciarsi assimilare, dall'importanza annessa ai beni materiali, chi ha inferto loro il karma dell'espiazione incorrerà nei rigori retributivi della stessa legge; è un circolo vizioso di errori e misfatti, di giustizia e vendetta, e proprio per questo i popoli dovranno un giorno pervenire a cooperare insieme per eliminare gli atteggiamenti errati di ambo le parti. Il karma cattivo si risolve quando esi­stono volontà di accettare e amore per cooperare, quando si riconoscono con franchezza le proprie responsabilità e si riesce a concertare l'azione abile, congiunta e concorde per il bene di tutta l'umanità, e non solo di un popolo singolo. Il problema ebraico non si risolve conquistando la Palestina o con i lamenti, o raccogliendo fondi. Ciò non serve che a prolungare gli antichi errori, l'antica sete di possessi materiali. Avrà so­luzione solo quando gli Ebrei vorranno conformarsi alla ci­viltà, alla cultura e al modo di vivere delle genti fra cui dimo­rano, per nascita ed educazione, e lasciarsi assimilare. Sarà risolto quando essi tralasceranno l'orgoglio di razza e l'idea di selezione; quando rinunceranno a dogmi e usanze ormai ob­solete e che creano attriti con l'ambiente; quando sostituiran­no l'egoismo nei loro negozi e la tendenza all'intrigo con forme di attività più disinteressate e più oneste.

L'Ebreo, per raggi e sviluppo, possiede notevoli doti creative e artistiche. Lo riconosca, ma senza volere eccellere in ogni campo, come oggi, afferrando per sé ogni occasione, per mi­gliorare se stesso e i suoi a spese altrui. La situazione miglio­rerà quando egli scorderà di essere Ebreo, per essere, nell'in­timo della coscienza, solo Italiano, Americano, Inglese, Te­desco o Polacco. Oggi non è così; il problema ebraico sarà risolto dai matrimoni misti. Ciò comporterà, da parte ebraica, rinunce e compromessi, non come semplici espedienti, ma per forza di convinzione. Dirò ancora che come la Kabbalah e il Talmud sono vie di approccio minori alla verità esoterica, e la loro tecnica è ma­terialistica (in quanto concerne la magia di correlare fra loro gradi diversi di materia), così il Vecchio Testamento è senza dubbio una Scrittura di valore secondario, certo non pari alla Bhagavad Gita, ai Testi sacri dell'Oriente, al Nuovo Testamento. Anche qui l'enfasi è posta sulla materia, e ha l'effetto di imporre un Dio materialistico (Jehova) alla coscienza del mondo. Come tema generale vi riecheggia quella che fu la massima espressione della divina saggezza nel primo sistema solare; il quale incorporò l'opera creativa del terzo aspetto divino: l'intelligenza attiva che si manifesta tramite la ma­teria. Ma in questo sistema, il creato vuole esprimere il secondo aspetto, l'amore divino. L'Ebreo non l'ha mai capito, e infatti nel Vecchio Testamento l'amore di Jehova è separativo, pos­sessivo, destinato a una parte esigua del regno umano. San Paolo descrisse con poche parole il giusto atteggiamento: « Non ci sono Ebrei né Gentili ». Il cattivo karma conduce gli Ebrei a porre termine al loro isolamento, ad abbandonare le finalità materiali, a rinunciare al loro nazionalismo che li fa parassiti fra genti diverse, a manifestare amore inclusivo, anziché infelicità separativa. E i Gentili? E' indispensabile che essi accolgano l'Ebreo senza mezze misure, quando questi — lentamente e per gradi — addolcirà la propria ortodossia nazionalistica.

Paure e persecuzioni, odio e barriere devono crollare. L'anti-semitismo, oggi in aumento, non ha giustificazione, al cospetto di Dio e dell'uomo; e non parlo solo delle abominevoli atrocità commesse dal popolo tedesco, in preda alla ossessione. (All'origine di questa sta una storia dell'epoca dell'Atlantide, ma è inutile parlarne, poiché non avrei modo di comprovarla). Intendo le vicende degli ultimi due millenni e il comporta­mento costante dei Gentili in ogni paese. I cittadini di tutte le nazioni devono decidersi ad assimilare gli Ebrei, con matrimoni misti, rifiutando di riconoscere come insormontabili certe vecchie distinzioni di costume, di pensiero, certi ingiu­sti rapporti. Gli uomini devono ovunque considerare una mac­chia sull'integrità nazionale se l'antico dualismo si manifesta entro i loro confini: Ebrei e Gentili. Non esistono Ebrei, né Gentili; esiste solo l'Umanità. La guerra (1914-1945) si può dire abbia concluso l'antica ostilità fra le due parti, che ora hanno l'occasione di costruire una vita nuova e più felice, con sincera collaborazione reciproca. L'assimilazione sarà lenta, poiché gli effetti presenti sono di origine così remota che abitudini di pensiero, consuetudini e usanze separative sono ben affermate e ardue a rimuoversi. Ma i mutamenti ne­cessari sono possibili, se la buona volontà guiderà la parola, gli scritti, la vita in comune.

La Gerarchia non fa distinzioni. Il Suo Capo, anche se attualmente non riveste un corpo ebreo, pure conseguì la massima vetta spirituale per l'uomo quando era incarnato in corpo ebraico; e la Gerarchia ha inviato in corpi ebrei alcuni discepoli allo scopo di mutare la situazione, con il massimo impegno. Già oggi alcuni Ebrei, ancorché po­chi, non pensano di essere tali; non sono assillati solo dal pro­blema ebraico, e attivamente lavorano a fondere tutti i popoli in una sola umanità, e quindi a saldare quella frattura. I Maestri di Saggezza — lo ripeto — non distinguono fra Ebrei e Gentili: vedono solo anime e figli di Dio Che gli Ebrei deb­bano essere liberati dalla paura è cosa importantissima; che essi deb­bano conoscere e riconoscere il Cristo come il Messia, e perciò trova­re da sé che la religione che professano distrugge molti dei valori più elevati, è purè estremamente importante; che l'Ebraismo ortodos­so e tutte le altre fedi si rendano conto che non esiste alcun desiderio di farli divenire cristiani (nel senso ordinario del termine), ma che dovrebbero tutti tendere ad una sintesi amorevole ed eliminare i reciproci antagonismi, è ugualmente urgente, e questa affermazione in­clude anche la fede cristiana. Che il Vaticano cessi i suoi intrighi politici, lo sfruttamento delle masse e l'enfasi sull'ignoranza, è pari-menti importante; che le molteplici divisioni delle Chiese protestanti siano superate, è imperativo. Se nulla di tutto questo avverrà, l'uma­nità si dirigerà verso una guerra religiosa che farà sembrare l'ultima guerra un gioco infantile; gli antagonismi e gli odi coinvolgeranno intere popolazioni e gli uomini politici di tutte le nazioni approfitte­ranno pienamente della situazione per precipitare una guerra, che po­trebbe rappresentare la fine dell'umanità. Non vi sono odi tanto gran­di e profondi come quelli alimentati dalla religione.

L'Ebreo lungo le età ha insistito a mantenersi separato da tutte le altre razze, e di quel siste­ma precedente ha conservato la conoscenza (necessaria allora, ma an­tiquata oggi) che la sua razza era il «popolo eletto». «L'Ebreo errante» ha vagato dal primo sistema a questo, nel quale deve imparare la lezione dell'assorbimento e cessare il suo errare. Ha insistito sulla purezza razziale, perché era il suo problema principale agli inizi dell'epoca lemuriana quando la razza venne in un mondo che non conte­neva esseri umani, perché ciò avvenne prima dell'arrivo dei Signori della Fiamma; questa insistenza è stata mantenuta lungo le età e ha governato le regole del matrimonio e della preparazione del cibo, in­vece di essere abbandonata (come avrebbe dovuto avvenire) migliaia di anni fa. Sono questi i fatti (ignorati dall'Ebreo moderno) che han­no militato contro di lui nel corso degli anni ed hanno permesso alle forze della separazione e dell'odio di usare la razza ebraica per fomen­tare le difficoltà mondiali e condurre così ad un punto di crisi il problema umano fondamentale della separazione. Quando l'umanità avrà risolto il problema ebraico (con la collaborazione comprensiva degli Ebrei) e vinto le antipatie e gli odi antichi, lo farà fondendo il problema in un'unica ampia situazione umanitaria. Quando ciò av­verrà, il problema sarà risolto rapidamente e una delle maggiori diffi­coltà scomparirà dalla faccia della terra. Allora sarà possibile la fusio­ne razziale. La nostra umanità terrestre e il gruppo di esseri umani che hanno un'origine di gran lunga più antica della nostra formeranno una sola umanità e sulla terra vi sarà pace. Perché il nostro pianeta e questo sistema solare debbano essere stati il vivaio dei semi della separatività, e perché questo residuo di un'umanità molto più avanzata della nostra debba essere stato desti­nato a elaborare il suo futuro sulla nostra terra, è celato nella cono­scenza del Signore di Shamballa, per voi irraggiungibile e, invero, anche per molti membri della Gerarchia. È semplicemente un fatto che dovete accettare. La soluzione verrà, come ho detto, quando le razze considereranno il problema ebraico da un punto di vista umani­tario, ma anche quando l'Ebreo contribuirà con la sua parte di comprensione, amore e azione corretta.

Finora non lo fa, parlando in senso razziale. Deve abbandonare le sue tendenze separative e il suo profondo senso di persecuzione. Quest'ultimo verrà risolto con maggiore facilità quando la razza ebrea comprenderà il significato e l'inevitabilità della legge del karma e, con lo studio attento del Vecchio Testamento e degli atti e fatti ivi da essa rivendicati come atti e fatti razziali (conquista, terrorismo e crudeltà) si renderà conto che la legge si sta attuando e incidentalmente la libera per un futuro più grande. Nel contempo dovrà esserci il riconoscimento, sia da parte dell'Ebreo che del Gentile, della parità di responsabilità e obblighi di fronte alle attuali difficoltà mondiali. Le due forze cui ho accennato devono pertanto essere prese in considerazione da tutti i discepoli che cercano di servire in questo ciclo critico; inoltre dovrete tener conto di queste due forze nel momento di iniziare questo nuovo lavoro di gruppo, altrimenti i vostri falsi idealismi e i pensieri sbagliati potrebbero ostacolare il lavoro di gruppo.

Dovete riconoscere teoricamente le cinque forze (tre principali e due secondarie) che s'incontrano e scontrano in questo mo­mento nella famiglia umana. Era necessario che io attirassi la vostra attenzione su questi fatti. Se i discepoli vogliono compiere insieme un lavoro di gruppo sui livelli mentali, devono liberare le loro menti dal pregiudizio, dall'odio e da ogni tendenza alla superiorità e alla critica. Non è possibile lavorare in gruppo se sono presenti queste idee e questi pensieri, ed io ora mi accingo ad insegnarvi alcuni dei primi stadi del lavoro e dell'utilità di gruppo. Non sarebbe stato ne­cessario trattare di questi problemi mondiali, se voi foste stati immu­ni da reazioni emotive verso di essi; ma pochi di voi hanno le menti sgombre da pregiudizi e libere dall'odio. Il lavoro è possibile grazie a quei pochi, ed anche a voi è possibile distaccare la mente dalle influenze inopportune e dalle idee sbagliate. In questo lavoro vi chiedo di concentrarvi sulle forze di Shamballa e su quelle della Gerarchia. Vi chiedo di considerarvi dei canali puri e non ostruiti, e di cercare soltanto di essere collegati con l'anima di ognuno e di tutti coloro la cui natura è amore puro e sintesi.

MAESTRO    D.K.    (il tibetano)

 
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