D'ORIA Opinioni
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La crescita non può riguardare soltanto uno sviluppo quantitativo ma è anche e soprattutto equità distributiva del reddito e della ricchezza. Se la crescita economica non riduce l’area della povertà assoluta o se accresce la quota di povertà relativa, contraddice alle esigenze di sviluppo. La destinazione delle risorse adeguate alla produzione di beni e di servizi, finalizzati alla soddisfazione dei bisogni fondamentali dell’esistenza, non può riguardare solo un’alimentazione sufficiente ad assicurare una sana sopravvivenza, ma anche il potenziamento dei servizi che il mercato non assicura in modo soddisfacente, per cui si richiedono scelte politiche esplicite e un impegno delle strutture e risorse pubbliche. Da tempo immemorabile l’ONU ha formulato la nozione di sviluppo umano, definito come “ il processo di ampliamento delle scelte degli individui”, ma ancora oggi i risultati raggiunti nei tre aspetti essenziali della vita umana, quali la speranza di vita, l’istruzione e il reddito necessario a una vita decorosa, sono scarsi.
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Secondo le indagini le donne vivono di più, ma sono gli uomini che restano fanciulli per un periodo più lungo.
(G. D’Oria)
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IL DDL “Boschi” sulle riforme, compresa quella che intende rivoluzionare il Senato, sulla scia del Patto del Nazareno, ci indica che siamo sulla soglia di una…apocalisse italiana. Riflettendo, è bene che …nessun dorma e si convinca che le albe di vittoria stentano a sorgere. Intanto, scienza e politica dovrebbero sentirsi chiamate a prevedere conseguenti rimedi, orientando, almeno, nel senso appropriato, le fondamentali opzioni del nostro vivere civile, pubblico e privato, che deve fare i conti anche con questa emergenza esistenziale.
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Più si vuole un bene, più si prova piacere quando se ne entrerà in possesso. L’abbondanza toglie alle cose molto del loro pregio.(G. D’Oria)
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La voglia di conoscere migliora l’uomo. Ma l’uomo sarà ancora più degno se, per evolversi, saprà elaborare quanto ha imparato.
(G. D’Oria)
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C’è da porsi un interrogativo: per dare lavoro al Sud è necessario l’atterraggio di iniziative nel suo contesto territoriale, oppure, considerata la persistente “fame” di lavoratori, si impone una rinnovata migrazione di braccia e di cervelli altrove? Senza dubbio, è augurabile che si portino le industrie e gli stabilimenti ove il lavoro manca, anche se il trasferimento verso bacini di intenso lavoro sta divenendo un dato obbligato e permanente. Il vero nodo che raffrena l’opzione Mezzogiorno da parte dell’imprenditorialità produttiva deriva, in larga misura, dal versante della precarietà delle nostre infrastrutture, fondamentali ed essenziali per ravvivare una condizione di potenzialità economica, competitiva ed armonica. E’ questa deficienza che, maggiormente, pesa e scoraggia. L’Italia è lunga e il Meridione è decentrato, con costi conseguenziali altissimi essendo frontiera passiva di un mare muto, a fronte di un Nord che, in poche ore, si trasferisce, anche con i suoi trafori viari e ferroviari, nel cuore dell’Europa. Tale scomoda collocazione territoriale, scarsamente affrancata da una valida rete infrastrutturale, si è resa ancora più acuta da quando si è voluto distruggere l’intervento della Cassa del Mezzogiorno, si è spento, quasi del tutto, il pensatoio del meridionalismo verace e da quando- aspetto più deleterio – è subentrata l’illuministica pretesa di alcuni profeti da strapazzo, credenti, altezzosamente, in una mistificatoria politica del “fai da te”. Nel Sud, invece, lo Stato deve fare investimenti per rimuovere gli squilibri di competitività. D’altronde, a guardare le nostre contrade, si constata che i grandi servizi di una effettiva qualità della vita sono, ancora, senza fiato, pietrificati a qualche decennio fa, con l’eccezione di sparuti miglioramenti. Allora, è davvero tempo che, da parte delle rappresentanze meridionali, si ponga in campo, al primo punto, l’imperiosa esigenza di rilanciare, oltre ad alcuni incentivi, per vero, oramai sfarinati e alle sterili politichette autarchiche casarecce, il problema centrale del Mezzogiorno, che è quello del superamento della sua paurosa povertà infrastrutturale, fattore frenante, anzi di blocco. In sintesi, sono ancora le nostre ataviche deficienze a pesare, oggi più di prima, nel mentre, per giunta, avanza un federalismo che, sin dalle prime battute, marcia ulteriormente a perdere nei riguardi del Sud e ad irrobustire i “paperoni” di sempre, già imbottiti di un assistenzialismo sostanzioso.
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Inviato da: giuseppedoria2010
il 18/06/2015 alle 07:19
Inviato da: Magic_Instinct
il 26/07/2014 alle 16:37
Inviato da: giusedoria0
il 28/06/2014 alle 09:47
Inviato da: ormalibera
il 28/06/2014 alle 08:00
Inviato da: giusedoria0
il 21/06/2014 alle 07:43