Piazza CarloGiuliani

..perchè crediamo in un'altra scomoda verità

 

PIAZZA ALIMONDA



 

Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare
respiro al largo, verso l'orizzonte.
Genova, repubblicana di cuore, vento di sale, d'anima forte.
Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carrugi,
parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi.
Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido d'Africa nera.
Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera.
Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia;
facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia.
Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane
guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare;
una voce spezzava l'urlare estatico dei bambini.
Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini.

Uscir di casa a vent'anni è quasi un obbligo, quasi un dovere,
piacere d'incontri a grappoli, ideali identici, essere e avere,
la grande folla chiama, canti e colori, grida ed avanza,
sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza.
Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione,
Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione.
Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia
e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia.
Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso,
appeso al buio e al niente, poi l'assurdo video ritorna acceso;
marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite
dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite.

Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore,
ma come quella vita giovane spenta, Genova muore.
Per quanti giorni l'odio colpirà ancora a mani piene.
Genova risponde al porto con l'urlo alto delle sirene.
Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione,
dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione,
come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare
una vita troncata, tutta una vita da immaginare.
Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare,
c'è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare.
La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l'onda.
Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda.

La "salvia splendens" luccica, copre un'aiuola triangolare,
viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare.
Dal bar caffè e grappini, verde un'edicola vende la vita.
Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita

Francesco Guccini


 

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la zona rossa...

Post n°26 pubblicato il 16 Novembre 2007 da ExPiazzaAlimonda

Ieri sera ad Annozero hanno nuovamente parlato del G8 di Genova del 2001. Ospiti in studio da Santoro c'erano Agnoletto, il padre di Carlo Giuliani, il carabiniere - pardon l'EX  carabiniere - Placanica, il poliziotto - nonchè rappresentante di un sindacato di Polizia - Ascerto e "l'illustre" Ignazio Larussa. Come sempre oramai da sei anni e quasi cinque mesi  (e non sette caro il mio Larussa) le immagini sulle infamie di quei giorni hanno il potere di far affiorare, insieme alla rabbia e al senso di impotenza, le lacrime. E lo scambio di sms con il mio amico e compagno di viaggio di questo blog, anche se non ha stemperato le lacrime, ne la frustrazione e l'amarezza, ha rafforzato la condivisione di un pensiero comune sapendo che anche lui stava guardando le stesse immagini, ascoltando le stesse parole. E non è poco, credetemi.
Perchè a distanza di sei anni e quasi cinque mesi c'è ancora chi ha il coraggio, come "l'illustre Larussa" di negare l'evidenza dei fatti. Che questo sia stato fatto nei giorni e nei mesi immediatamente successivi al G8 posso anche capirlo, ma adesso no. Non ci possono più essere scuse. Non si possono guardare quelle scene da repressione cilena e dire: "le tute bianche non hanno indossato le tute bianche per confondersi con il black block". Si dovrebbe provare solo vergogna nel pensarla una frase del genere, figuriamo poi pronunciarla. Non si può -  guardando le immagini di Carlo Giuliani steso per terra con la camionetta che gli passa sopra con le PROVE che qualcuno in divisa ha voluto anche "offendere" Carlo da morto spaccandogli la fronte con un sasso - restare indifferenti, e non fare ammenda per quanto QUEL governo ha permesso in quei giorni alle forze del (dis)ordine. Non si possono guardare le immagini dei ragazzi che uscivano in barella dalla scuola Diaz, o le pozzanghere di sangue dentro la scuola e non chiedere SCUSA a nome dello Stato. Non si può, eppure c'è chi continua a farlo. C'è chi continua a nascondersi dietro i giochi di parole, le precisazioni ("Fini non c'era il venerdì, è andato il sabato, devi essere preciso"),  c'è chi continua negare la connivenza con i black-block, e continua  a difendere a spada tratta l'operato delle forze del (dis)ordine di quei giorni.
Fra tutte le immagini e tutte le conversazioni che ho visto ed  ascoltato, e rivisto e riascoltato mille volte - il ragazzo pestato da Perugini, la gente che dalle finestre dei palazzi grida ai poliziotti e carabinieri che sono assassini, che la smettano di picchiare, la ragazza uscita in barella dalla Diaz con il crani fracassato, i blindati della celere che caricano a tutta velocità i manifestanti ... e potrei continuare all'infinito - senza ancora averci fatto l'abitudine...PERCHE' NON CI SI PUO' ABITUARE..voglio ricordare qui a chi passerà e leggerà un passo di una deposizione rilasciata  durante il processo ai manifestanti da un poliziotto che alle domande dell'avvocato della difesa così risponde. E poi ditemi se qualcuno non dovrebbe vergognarsi di indossare una divisa a "tutela dei cittadini"...
Stefi
 
Difesa: Lei ha visto qualcuno dei suoi uomini lanciare dei sassi verso dei dimostranti?
Poliziotto:che ho visto qualcuno dei miei uomini no ... non ho detto che non li hanno lanciati ho  ho detto che non li ho visti io.....
Difesa:Lei ricorda quella scena? chi può essere quell'agente? ...
Poliziotto: ero io.

 
 
 
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