Creato da giulio.stilla il 21/04/2014
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IL FINE DELLA STORIA (2)

Post n°41 pubblicato il 09 Febbraio 2015 da giulio.stilla

 

IL FINE DELLA STORIA    (2)

 

Il filosofo di Lipsia apriva così, come si è detto sopra, la strada al trascendentalismo di Emanuele Kant, che con le "forme a priori" della sensibilità e dell'intelletto formulerà i "giudizi sintetici a priori", che, secondo Kant, sono alla base dei "giudizi scientifici", cioè della scienza galileiana, newtoniana ed einsteiniana.

Il grande filosofo di Konigsberg, autore superbo delle tre grandi "Critiche",  "Critica della ragion pura",  "Critica della ragion pratica" e  "Critica del Giudizio",  persuaso della nobiltà dell'uomo e della magnificenza di Dio, nel totale rispetto della libertà del primo e del fideistico postulato del Secondo, proclama la Ragione finita dell'uomo, come unica guida e garante  non solo delle conoscenze scientifiche "universali" e "necessarie" , ma anche depositaria assoluta di una "Legge Etica a priori", valida per tutti gli uomini, per tutti i tempi e per tutti i luoghi, e cioè universale, in grado di superare la resistenza delle nostre inclinazioni sensibili ed orientare il nostro comportamento su itinerari morali, difficili ma percorribili.

Certo, non è agevole superare  tutti gli ostacoli interiori ed esteriori della nostra natura sensibile, perché l'Imperativo morale si affermi in maniera "incondizionata", "assoluta", "necessaria", "universale" e "libera".

La nostra natura umana, argomenta Kant, è bidimensionale, è fatta di ragione e sensibilità. Se noi fossimo soltanto sensibilità, la nostra condotta sarebbe regolata, come per gli animali, dalla nostra istintività. In questo caso, non parleremmo di moralità, perché questa è strettamente connessa alla libertà;  e noi siamo creature libere, cioè capaci di scegliere e di agire in base a criteri più o meno razionali.

 Come pure, se noi fossimo soltanto ragione, anche in questo caso non potremmo parlare di moralità, perché ci troveremmo in uno stato di "santità etica", che non è prerogativa della nostra condizione umana.

 Ecco perché la legge etica, scolpita nelle menti di tutti gli uomini, assume la forma del "dovere". "Tu devi"......, quando la ragione liberamente e necessariamente comanda. Ma che cosa comanda l'Imperativo Categorico e Morale? Non comanda dei contenuti ma le modalità per raggiungerli. Non comanda dei precetti ma le intenzioni morali.  Non comanda "cosa" noi dobbiamo fare, ma il "come" noi dobbiamo agire, rispettando l'umanità degli altri e quella che è in noi.

Consistente in una Legge che nasce  non da altri ma in noi, come libera adesione della nostra buona volontà alla razionalità, valente per noi e  per tutti, in maniera universale, l'Imperativo Categorico di Kant ci ricorda:

 "Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo".

Questa formula, che troviamo scritta nell'altra grande opera morale "Fondazione della  metafisica dei costumi", (BA 67-68), istituisce in altri termini il "regno dei fini", nel senso che ammonisce ciascun di noi ad agire in modo tale da rispettare l'umanità che è in noi e quella che è negli altri sempre come "fine" e mai come "mezzo".

L'Umanità è sacra. Non deve essere vissuta in funzione dei nostri scopi e dei nostri calcoli. Non deve essere strumentalizzata per soddisfare i nostri egoismi o per salire in cima alla scala privata e sociale e trasformare le nostre entità fittizie in realtà necessarie alla vita e alla dignità del prossimo.

La dignità di ciascuna delle creature umane, a qualsiasi latitudine di pensiero o posizione etnico-geografica, non può e non deve essere ridotta a zerbino, asservita né alla volontà mostruosa degli altri né ai nostri impulsi egoistici che ci costringono a vivere in uno stato di umiliazione, di prostrazione e di vergogna.

Quante volte, ci è capitato di sentire che  certi uomini diventano ladri, perché si giustificano dicendo che non possono mangiare!

Quante volte, ci è capitato di sentire che certe donne diventano meretrici,  perché la cattiva sorte si è beffata di loro!

Quante volte, ci  è capitato di vedere  finti disabili, ammalati piuttosto di turpitudine dell'animo, stendere la mano sul sagrato della  chiesa per attingere l'elemosina dalla carità dei fedeli!

Sono queste situazioni autofrustranti che offendono la propria umanità, ridotta a strumento della perversa sensibilità. Sono, però, anche, condizioni minimali più sopportabili e giustificabili dei comportamenti immorali di quegli "uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini" -  come predica Papa Francesco e ripete il neo-presidente della Repubblica, Sergio Mattarella  -  che rubano e corrompono con  la flemma farisaica dell'uomo pubblico, abusando delle  istituzioni civili dello Stato, della Società e della Famiglia e arrecando danni irreparabili alla crescita e alla promozione dell'Umanità.

Che dire poi degli uomini che uccidono gli altri uomini per avidità di ricchezze, con le arti raffinate dell'esercizio professionale o del potere economico e politico, che predicano violenza ed esercitano terrorismo con la teologia del terrore o della liberazione, con l'odio religioso, politico, economico e sociale? Un odio che sovrasta ogni soglia di sopportabilità e si attesta molto spesso nell'ambito di un cieco fanatismo irrazionale, meglio demenziale, che raccoglie adepti in mezzo a tutti quei soggetti che sono convinti di  esistere in uno stato di "santità etica".

Nel corso della storia di tutti i tempi non sono mai mancati fenomeni collettivi di truce e violento  fanatismo, in preda a derive "puritane" di scaturigine quasi sempre politica o religiosa.

Penso al cruento fanatismo islamico di questi mesi, che si ritira da ogni umana posizione di riflessione, trucidando, come è capitato in questi giorni, tredici ragazzi che assistevano alla partita di calcio della nazionale irachena o crucifiggendo e seppellendo vivi i bambini o  decapitando sventurati malcapitati con la mannaia dell'ISIS o bruciando vivo un povero pilota giordano, chiuso in una gabbia da circo, dopo averlo inzuppato di carburante del suo aereo.

Spettacolo orrendo che nemmeno la immaginazione più demoniaca sarebbe stata capace di escogitare. Ma il fanatismo, no! Il fanatismo religioso o pseudo- religioso o il fanatismo pseudo-politico e sociale è in grado di farci assistere a simili spettacoli, tanto che, andando indietro con un minimo di memoria storica, è possibile ricordare gli innumerevoli episodi  di uomini bruciati vivi,  in tempo di "pace" e nella nostra civile Europa, in nome di una "Idea" o in nome di un processo di psicosi socio-ambientale o di catarsi collettiva.

Il fanatismo uccide, violenta donne, bambini, anziani, disabili; non ha riguardo nemmeno per la Umanità più fragile. Non si vergogna nemmeno di invocare Dio per giustificare le fiumane di sangue che fa scorrere nei mari dell'odio, dell'abbrutimento, della spregevolezza, della ripugnanza e dell'infamia.

Ho combattuto ogni forma di fanatismo, per quarant'anni, nelle aule scolastiche con l'arma della parola e con la fede nell'arte dell'educazione alla civile convivenza. Ho incontrato spesso giovani ed adulti, innamorati delle proprie idee, tanto da esprimerle con  prepotenza facinorosa e arroganza pseudo-culturale, senza lasciarsi mai sfiorare dal minimo dubbio. Mi riferisco agli innamorati delle ideologie, che muovono  i primi passi verso il fanatismo.

Non cesserò di contrastare il fanatismo adesso più che mai, perché non ho certezze precostituite e credo nel dubbio che feconda la mente, coltiva il dialogo, sorregge la critica, impone l'autocritica, rafforza la razionalità comprendendo le ragioni degli altri.

Emanuele Kant è il filosofo della "Critica" per antonomasia.  A lui bisogna fare  laico riferimento quando ci ammonisce che l'uomo non è "mezzo-strumento" per l'altro uomo, ma "fine" a cui guardare per la salvezza nostra e di tutta l'Umanità. Rispettando e considerando l'altro per la sue sofferenze, per le sue difficoltà, per la sua libertà, la  sua dignità e i suoi diritti sanciti dalla sua natura, noi rispettiamo la nostra dignità, la nostra libertà, i nostri diritti naturali e razionali;  noi rispettiamo la nostra Umanità.

Si comprende così meglio il pensiero di E. Kant, quando scrive nella "Fondazione della metafisica dei costumi" che bisogna adoperarsi a qualsiasi titolo, in nome della nostra sacrosanta umanità, per la creazione del "Regno dei Fini", cioè di  una società fatta di persone libere e razionali.

Allora, il fine della Storia dell'uomo è indirizzare l'uomo a ricostruire la sua stessa Umanità.

La Rivoluzione Scientifica di Galileo, di Cartesio, di Newton, di Leibniz, di Kant, ci ha insegnato che non c'è conoscenza scientifica se non indirizziamo la nostra ricerca alla individuazione delle cause efficienti che producono i fenomeni, ma ci ha anche insegnato che i risultati delle scienze e delle tecniche, che realizzano le scoperte, possono riuscire fatali e letali allo stesso uomo, se vengono manipolate ed abusate da chi uomo non è.

E' un concetto antico ma sempre validissimo quello della prima speculazione morale sulla condotta dell'uomo, che ci induce  a riflettere sulla necessità di scoprire "l'essenza" cioè la "substantia" dell'uomo, quella che sta sotto l'uomo, che sorregge la sua "esistenza", che lo definisce e lo qualifica come tale. E "l'Essenza" dell'uomo è la sua "Umanità".

Dopo la testimonianza epistemologica di Democrito di Abdera, che esortava a ricercare le cause efficienti sul piano del  procedimento scientifico, bloccato per tanti secoli da filosofi come Platone ed Aristotele, che si ostinarono a ricercare invano le "Essenze" e le cause finali per ogni fenomeno di natura, senza alcuna aderenza alle esigenze del realismo conoscitivo, noi dell'Età moderna e post-moderna, al contrario, dobbiamo ricercare o riscoprire  l'Essenza" e i "Fini" dell'uomo sul piano dello sviluppo storico e della evoluzione civile dei popoli.

Un discepolo di Kant, JOHANN GOTTFRIED HERDER (1744-1803) che del maestro tesse gli encomi più celebrativi, scrivendo delle meraviglie del  suo pensiero, ma conservando sempre gelosamente l'indipendenza del proprio, fu molto critico nei confronti del maestro, perché riteneva che la "ragione" non fosse l'unico organo di conoscenza, ma accanto a questa si dovesse sempre ricorrere alla "fede"in Dio, l'unico grande organizzatore del mondo della natura e del mondo della storia.

Natura e storia sono entrambe creazione ed epifania di Dio, il Dio dell'Amore e Signore della Vita.

Io non ho letto molto della speculazione di Herder, un filosofo minore, si fa per dire, vissuto nella seconda metà del 1700, ma di lui conservo attentamente molte delle sue riflessioni raccolte dai testi della storia della filosofia, come questa, tratta dall'opera "Idee per una filosofia della storia dell'umanità":  "Come vi è un Dio nella natura vi è anche un Dio nella storia; giacché l'uomo è parte della natura e deve, anche nelle sue più selvagge intemperanze e passioni, seguire leggi che non sono meno belle ed eccellenti di quelle secondo le quali si muovono tutti i cieli e i corpi terrestri".

 Il fine, dunque, a cui le leggi della natura e della storia orientano l'uomo è quello di rendere migliore la sua stessa umanità, emendarla dalle scorie della barbarie e dell'abbrutimento, lottare per l'affermazione delle leggi dello spirito su quelle della violenza.

"A questo scopo evidente - cioè alla nostra stessa umanità - è organizzata la nostra natura; per esso ci sono dati  sensi e impulsi più raffinati, per esso ci sono date la ragione e la libertà, una salute delicata e durevole, il linguaggio, l'arte e la religione.. In ogni condizione e in ogni società, l'uomo non può avere altro in vista né può altro costruire che l'Umanità, così come la pensa in se stesso". ( Herder,Op. cit.)

A noi, dunque,  tocca riscoprire l'uomo nella sua "essenza", che è l'Umanità in Dio , il Dio dell'Amore e il Signore della Vita. "Deus Caritas est", Dio è Amore.

A noi, dunque, tocca scoprire l'uomo nella sua integralità, spirito di ragione e sapienza di cuore, "esprit de geometrie ed esprit de finesse", scrive Blaise Pascal, nei suoi "Pensieri".

Chiunque si mette contro la natura della Creazione, contro le leggi di Natura, devastando il nostro habitat,  facendo scempio dell'Umanità, spargendo sangue innocente, operando pulizie etniche, olocausti e stermini di popoli, si mette contro la Storia, lavora per la fine della Storia.

Noi, invece, lotteremo per la sacralità dell'Umanità, combatteremo per il processo di umanizzazione di tutti quegli uomini a cui sfugge IL FINE DELLA STORIA, cioè l'AMORE.

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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