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"ORA CHE FACCIAMO ?" 2 1

Post n°75 pubblicato il 04 Settembre 2016 da giulio.stilla

            ORA CHE FACCIAMO ?”    2

 

Si parla sempre più spesso dell’urgenza di approfondire la riflessione filosofica sulla biologia, sulla fisica, sulla comunicazione elettronica, sulle tematiche ambientali, sulla medicina, sulle organizzazioni delle società, sempre più multietniche, multiculturali e multireligiose.

La società globale è stata già realizzata dall’economia, dalla finanza, dalla rete informatica, ecc., che rovesciano sull’uomo miliardi di informazioni e di istruzioni, ma l’uomo vive enormi difficoltà di organizzazioni sociali, di integrazioni etniche, di coesistenze di culture, di costumi diversi, di tradizioni, che spesso fanno registrare fra di loro distanze millenarie su un globo terrestre ridotto dalla velocità del tempo ad una ragnatela di spazi geopolitici tanto estesi quanto quelli raffigurabili su un gomitolo.

I problemi dell’uomo si sono dilatati su scala planetaria. Non ha più senso parlare o semplicemente pensare in dimensioni nazionalistiche o, per contrapposte posizioni, in termini teoricamente cosmopolitici. La contrapposizione non esiste più. E’ stata superata dalla realtà globale che impone a ciascun di noi, anche al cittadino del piccolo villaggio, di elaborare categorie mentali volte a rivoluzionare i nostri sistemi di coesistenza, creando istituzioni sociopolitiche e strutture culturali ed educative per diffondere e rendere omogenei i valori civili ed umani più onnicomprensivi delle esigenze e dei bisogni di ognuno.

Bisogna avviare presto un processo di globalizzazione effettiva, tendendo alla realizzazione di una società cosmopolitica, una federazione universale che nasca da una nuova organizzazione degli Stati nazionali, che, in dinamiche di sussidiarietà, si attivino e contribuiscano alla creazione e allo sviluppo di strutture economiche e produttive e alla diffusione di Accademie e di Istituzioni culturali e scolastiche in tutte quelle realtà geopolitiche, dilaniate dalle guerre intestine e dalla mancanza assoluta delle condizioni primarie ed elementari per sopravvivere alla fame, alle orribili malattie, alle miserrime condizioni imposte dalle violenze e dalle orde dei nuovi barbari.

Gli Stati Europei che per secoli hanno assoggettato le popolazioni indigene dell’Africa, dell’Asia, delle Americhe, nutrendosi delle loro energie fisiche e mentali e sfruttando le loro risorse naturali, adesso hanno l’obbligo morale di portare la civiltà vera in tutte quelle Terre martoriate dalla schiavitù, resa stato sociale e costruzione di benessere per una sparuta minoranza di colonizzatori.

Non è una utopia. Non può essere più una fantasiosa utopia, come ai tempi di Emanuele Kant, quando scriveva, nel 1795, l’importante saggio “Per una pace perpetua”, in cui sostiene, per l’appunto, il superamento degli Stati Nazionali e l’auspicio di passare alla creazione di una grande Federazione planetaria per la realizzazione della pace nel mondo e lo sviluppo delle società degli uomini, di tutti gli uomini formati ai valori etici della ragione e della libertà.

Oggi, una organizzazione mondiale cosmopolitica è dettata dalla necessità e dalla urgenza di trovare soluzioni alle espansioni inarrestabili di ingenti masse di migranti, che non possono, di certo, essere fermate dallo sterminio etnico e dai genocidi programmati, come leggevo in uno stravagante quanto assurdo articolo di giornale, in cui si delineava la possibilità che, per il prossimo futuro, i convincimenti del gotha della Finanza internazionale avrebbero già programmato la drastica riduzione della popolazione mondiale da 7 o  8 miliardi di persone a sole 500.000 (cinquecento mila).

Sarebbe questa, sì, una diabolica utopia, ma la Storia ci ammonisce a non considerare assurdo, folle o impossibile ciò che nel recente passato è stato reale, lucidamente reale, demenziale e possibile.

I tempi storici sono maturi per civilizzare le genti nel mondo intero, limitando le nostre ricchezze e lottando in ogni angolo del pianeta per riscattare gli uomini dalla crudele povertà, dalla nuda ignoranza, dalla feroce violenza.

Ciò che scriveva il filosofo Giovanni Amedeo Fichte nella sua celebre opera de “I Discorsi alla nazione tedesca” del 1808, in cui sostiene la tesi che la Germania, culturalmente e spiritualmente elevata, era chiamata a “realizzare la umanità fra gli uomini”, a me sembra che si possa ripetere per la nostra Europa intera, investita da una missione, direi, divina di “unificare tutto il genere umano”, costruendo delle società nazionali e delle comunità locali, fatte di uomini liberi e razionali.

E’ evidente che a queste espressioni si addice una univoca interpretazione, cioè quella di “realizzare la umanità fra gli uomini”, che per il filosofo tedesco aveva una specifica valenza culturale ed immanente, per me invece assume una importanza trascendente e metafisica, un impegno etico e religioso insieme, perché resto persuaso che la nostra Umanità è la Sostanza di natura divina, è la Essenza che aspetta di diventare esistenza, la nostra esistenza, educando noi stessi e il prossimo ai valori etici della ragione, della libertà e della fede nel Dio dell’Amore e dell’Autorivelazione.

Se questo Dio non ci fosse stato, come insegnano gli scienziati della materia e delle particelle, bisognava inventarlo per dare una spiegazione logica, razionale alla nostra umanità, che non può non avere una scaturigine divina.

Noi in qualsiasi contesto storico siamo chiamati ad esistere, in mezzo alla sciagure naturali o in quelle provocate dalla malvagità degli uomini, anzi soprattutto in queste, abbiamo l’imperativo etico di tendere a realizzare sempre l’umanità con le opere morali, che penso essere più gradite a Dio e agli uomini, forse più delle preghiere, che di certo per l’uomo di fede sono la via dell’illuminazione, della grazia e del conforto interiore.

Ma con le opere morali, che realizzano il bene per gli altri, Dio si dispone meglio all’ascolto, anche perché tutti, credenti e non credenti, possiamo pregare con esse, le quali scaturiscono direttamente dalla nostra coscienza, dall’imperativo etico che ci impone di agire senza la mediazione della preghiera orale o del culto religioso, che sono diversi, come sperimentiamo ogni giorno, da religione a religione.

Con le opere morali si esprime la volontà razionale a esplicitare la nostra essenza, la nostra umanità che per il credente è l’adesione all’Amore di Dio oltre che alla sua ragione, per il non credente è l’adesione alla sua razionalità e alla sua scientificità.

Di certo, far prevalere nel comportamento pratico il nostro egoismo, la nostra inclinazione sensibile a lucrare sulla spesa pubblica, impoverendo le risorse del bilancio dello Stato, depredando il lavoro e le intelligenze dei cittadini onesti, dissipando le risorse ambientali e rubando nelle imprese di ricostruzione delle zone disastrate dalle calamità naturali, non aiuta la società degli uomini a realizzare l’Umanità.

E’ stato calcolato che il 10% del fatturato delle opere pubbliche, gestite dalle Amministrazioni periferiche e da quelle centrali, prende la via della tangente, che, qui, in Italia, non è  solo una retta geometrica, toccante una curva senza mai tagliarla, quanto piuttosto una secante la circonferenza, cioè la torta da tagliare per distribuirla ai commensali delle pubbliche amministrazioni.

Di certo, uccidere, prevaricare, sopraffare i deboli e i poveri, delinquere a qualsiasi livello di istruzione e di consapevolezza, non aiuta a realizzare la Umanità fra gli uomini.     (Continua)

 
 
 
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