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LAURA BOLDRINI E LA DIVISIONE "FOLGORE"

Post n°108 pubblicato il 06 Giugno 2017 da giulio.stilla

LAURA BOLDRINI E LA DIVISIONE “FOLGORE”

Mi è capitato di leggere, ieri sera, l’articolo  di giornale, riportato sopra, a firma di DAVIDE PELLEGRINO,  e con mia grande sorpresa  ho saputo che le più alte cariche dello Stato, rappresentate dal Presidente della Repubblica, SERGIO MATTARELLA,   -   che pure mi sembra persona colta e  libera da fanatismi e faziosità  -   e dalla Sig.ra BOLDRINI  -   che a me sembra, invece, persona incolta ed animata da spirito antistorico, più volte manifestato con livore personale non confacente al suo ruolo di  Presidente della Camera dei Deputati -  avrebbero assunto chiari atteggiamenti di disapprovazione al passaggio della  Divisione “FOLGORE”, nella sfilata della parata militare del 2 Giugno, non applaudendo e mettendosi a sedere, come avrebbe fatto la Signora della Camera.

Io ritengo, invece, che, al di là dei nostri convincimenti politici ed ideologici, per quanto moralmente ed assiologicamente irreprensibili, devono sempre e comunque essere reverenti e religiosamente rispettosi del sacrificio estremo della vita altrui, immolata eroicamente sui campi di battaglia.

Per servire, forse, la causa del Fascismo? Io ne dubito fortemente, perché non si bruciano le proprie esistenze di giovani ventenni per delle cause consapevolmente sbagliate. Ma voglio ancora ricordare ai nostri rappresentanti dello Stato che nelle lande del deserto di El Alamein, nell’autunno del 1942, si facevano trucidare migliaia di giovani ventenni, forse non fascisti, ma certamente figli del popolo fascista, che, nel 1936, esprimeva il massimo consenso alla dittatura di Mussolini. Figli di quel popolo fascista, di cui forse facevano parte integrante anche i progenitori della nostra Laura Boldrini.

La Storia non giudica, non è un tribunale, ma spiega i fatti alle contemporanee generazioni con grande rispetto per i morti che non possono più difendersi, ma per i quali, cantava già VINCENZO MONTI nel poemetto “In morte di Ugo Bassville: “Oltra il rogo non vive ira nemica“.  Oltre la tomba, cioè, non dura l’ira nemica. Certamente, per diventare Presidente della Repubblica Italiana, antifascista e nata dalla resistenza, bisogna dimostrare di essere inequivocabilmente antifascista, ma non è consentito soprattutto al Presidente della Camera dei Deputati ignorare le cognizioni elementari della nostra civiltà letteraria.

Non è consentito altresì al terzo Rappresentante dello Stato Italiano ignorare i concetti fondamentali della Storiografia nazionale ed estera, che avrebbero dovuto insegnare soprattutto ai nostri politici che la conoscenza della Storia è una conoscenza razionale. Non dipende dagli umori uterini ed isterici di questa o di quell’altra circostanza. Non mi permetto di suggerire ai nostri illustri rappresentanti dello Stato Italiano la lezione di Benedetto Croce, che, giusto un secolo fa, nel 1917, pubblicava “TEORIA E STORIA DELLA STORIOGRAFIA” e, nel 1938, pubblicava “LA STORIA COME PENSIERO E COME AZIONE” oppure di accostarsi alla conoscenza delle opere ormai classiche di FEDERICO CHABOD, di EDWARD CARR, di MARC BLOCH  o, più recentemente, alla monumentale Opera storiografica di RENZO DE FELICE.

Sarebbe veramente troppo. Basterebbe, però, leggere un piccolo prontuario di metodologia storica per sapere che bisogna alzarsi in piedi ed assumere una posizione superbamente eretta anche al passaggio della Divisione  “FOLGORE”, alla quale resero, sul finire del 1942, gli onori delle armi le preponderanti forze nemiche e suggerirono di scrivere su un cippo, a 133 km da Alessandria d’Egitto, “Mancò la fortuna, non il valore”.

Altrimenti, i nostri governanti trovassero il coraggio e la coerenza di sopprimere la Divisione “FOLGORE”  o di non farla più sfilare nella parata militare del 2 Giugno, motivando il gesto folle che essa ricorda eccessivamente alle genti italiche il Fascismo e non le gesta epiche della Storia patria.

Voglio altresì ricordare alla Presidente della Camera che, nel 1944, fu istituito l’Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo, di cui Presidente fu il repubblicano Carlo Sforza, che doveva occuparsi soprattutto dell’epurazione dagli apparati militari e civili dello Stato di tutti quei funzionari maggiormente coinvolti nel passato regime. Il processo di defascistizzazione, in verità, non resse di fronte alle difficoltà oggettive incontrate, perché i governanti dell’epoca si resero conto che avrebbero dovuto epurare i gangli vitali dello Stato. E, nel 1946,  il ministro della Giustizia, che si chiamava, guarda un po’, Palmiro Togliatti, concesse l’amnistia generale alla stragrande maggioranza degli ex-fascisti, permettendo loro di continuare a lavorare nelle diverse Amministrazioni dello Stato Repubblicano. Ma Palmiro Togliatti aveva il senso della Storia. Quello che manca alla Signora della Camera dei Deputati.

 
 
 
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