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Poesia

Post n°400 pubblicato il 25 Novembre 2009 da Guerrino35

Poesia del 15 giugno 1843, trovata da Piera tra le carte di suo padre. Autore a me sconosciuto.

 

 

 

Messer Domenedio dopo tant'anni

Mosso a pietà dei nostri lunghi affanni,

Aperto su nel cielo un finestrino

Fè capolino;

 

E con un colpo d'occhio da maestro

Scorse il lato sinistro e il lato destro;

Restò confuso e si rivolse a Pietro

Che aveva dietro.

 

E disse: o Pietro! o io non son più Dio

o è venuto men l'ingegno mio.

Affacciati e rimira l'universo.

Oh tempo perso!

 

E Pietro messo il capo al finestrino,

Disse: Cos'è, Signor, quel burattino

Che in Roma vedo in gran pompa ornato

e imbavagliato.

 

Sorridendo a lui disse il Signore:

O Pietro! E' il tuo gran successore;

Gli hanno le man, la testa e i piè legati

i potentati.

 

E col filo a vicenda se lo tirano,

Lo volgono, lo piegano, lo aggirano;

e il popol ignorante tutto vede.

Eppur ci crede.

 

Ed ei, povero vecchio, la cuccagna

Si gode di far niente e di scampagna

Vuotarsi la bottiglia senza spesa.

Povera chiesa.

 

Esclamò Pietro: ov'è la primitiva

Semplicità che al mondo si fè viva?

Ov'è quella miseria che provai?

Cangiata è assai.

 

E quel che è peggio, o Pietro, in nome mio

Che solo il ben degli uomini desio,

Si vendono gli anatemi e le indulgenze

Dalle Eminenze.

 

 

Si lucra sul battesimo e la cresima,

E si guadagna ancor sulla quaresima.

E poi chi può pagar, per quanto n'odo,

Mangia a suo modo.

 

Senti quei corvi neri appollaiati

Che urlando van contro gli altrui peccati

Minacciando ruine e distruzioni

Come padroni.

 

E tutto in nome mio che non so niente,

Che felice vorrei tutta la gente;

Ma lor farò vedere che non son schiavo.

E Pietro: Bravo.

 

E questi re, che cinti di splendore

Van gridando: Siamo unti del Signore;

Darò lor l'unto come si conviene.

E Pietro: Bene

 

Vantan diritti ed io non ne so nulla,

Eguali li creai fin dalla culla,

e son re perchè gli altri son balordi,

Pietro, l'accordi?

 

Almen se il ben dei sudditi cercassero.

Se con buone maniere comandassero,

Se le leggi facessero da savi

Direi lor bravi.

 

Se mostrassero al popolo buon cuore,

Per l'arti e per le scienze un vero amore

E vivi affetti d'onorevol storia

Avrebber Gloria.

 

Ma invece fanno a chi le fa più belle,

Il mondo pèar la torre di Babele.

Non commetton che stragi ed uccisioni

Oh! che birboni!

 

Ruban a più non posso e poi fan guerre;

Scavano le prigioni sotto terra

Innalzano teatri e insiem patiboli,

Chiese e postriboli.

 

E poi chi ne è l'autor, se senti i frati?

E' Dio che li castiga dei peccati;

Tutto s'addossa alle spalle mie,

Anche le spie.

 

E l'ignorante, oppresso e gramo

Va dicendo che il popolo non amo.

Bestemmia e mi manca di rispetto.

Se mi ci metto...

 

Io che creai, può dirsi in un momento

La terra e il mare e tutto il firmamento

e credei di far il mio simile, l'uomo

Un galant'uomo.

 

Che mi detti persino la premura

di porre a suo servizio la natura.

Mi veggo in modo tal remunerato.

O mondo ingrato!

 

E Pietro allor: Signor, non v'affliggete,

Di tanti mali la cagion non siete.

Sono i principi, i frati, i preti, il papa,

Teste di rapa.

 

Senti Pietro, il bambin non l'ho mai fatto

Ma se mi salta un ghiribizzo matto

Con le mie mani li bastono forte.

E Pietro: a morte.

 

Dunque, Pierin, guardami bene in viso

Tu che il guardiano sei del paradiso,

Se c'entra un sol, non so se ben mi spiego,

Perdi l'impiego.

 

Così dicendo chiuse il finestrino,

E messo bravamente il nottolino,

Se ne andò a passeggiar inosservato

Sopra il creato.

 

 

 

 

 

 

 

 
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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Nevio Maccaferri il 24/01/13 alle 12:32 via WEB
La poesia ritengo sia di Giuseppe Giusti
(Rispondi)
 
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