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Gaza: chi può restare zitto

Post n°354 pubblicato il 14 Gennaio 2009 da Guerrino35

                                                             
“forse le parole che vengono da lontano non riescono a fermare
una bomba, ma è come se nell'oscura casa della morte si
aprisse una crepa per lasciar filtrare un piccolo raggio di luce”
(Marcos dal Messico, il 4 gennaio 2009)
...Due giorni fa, proprio mentre parlavamo di violenza, l'ineffabile Condoleezza
Rice, funzionaria del governo nordamericano, ha dichiarato che quello che stava
accadendo a Gaza è colpa dei palestinesi e dovuto alla loro natura violenta.
I fiumi sotterranei che percorrono il mondo possono cambiare la loro geografia,
ma intonano lo stesso canto. E quello che ora ascoltiamo è un canto di guerra e di
sofferenza.
Non molto lontano da qui, in un luogo chiamato Gaza, in Palestina, in Medio
Oriente, proprio vicino a noi, l'esercito pesantemente armato e ben addestrato del
governo di Israele continua la sua avanzata portando morte e distruzione.
I passi che ha intrapreso finora sono quelli di una classica guerra militare di
conquista: prima un bombardamento intenso e massiccio per distruggere punti
militari "nevralgici" (così dicono i manuali militari) e per "ammorbidire" le
fortificazioni della resistenza; poi il ferreo controllo dell'informazione; tutto ciò che
si vede e si sente "nel mondo esterno", vale a dire esterno al teatro delle
operazioni, deve essere selezionato in base a criteri militari; adesso il fuoco
intenso dell'artiglieria sulla fanteria nemica per proteggere l'avanzata delle truppe
verso nuove postazioni; in seguito l'accerchiamento e l'assedio per indebolire la
guarnigione nemica; poi l'assalto che conquisterà la posizione annientando il
nemico, infine la "pulizia" delle probabili "sacche di resistenza".
Il manuale militare di guerra moderna, con alcune varianti e aggiunte, viene
seguito passo dopo passo dalle forze militari dell'invasore.
Noi non ne sappiamo molto e di certo esistono esperti del cosiddetto "conflitto in
Medio Oriente", però da questo nostro angolo abbiamo qualcosa da dire.
Secondo le fotografie delle agenzie di informazione, i punti "nevralgici" distrutti
dall'aviazione del governo di Israele sono case, baracche, edifici civili. Tra le
macerie non abbiamo visto bunker, caserme, aeroporti militari o batterie di
cannoni. Così noi, perdonate la nostra ignoranza, pensiamo o che l'artiglieria aerea
abbia una cattiva mira o che a Gaza non esistano tali punti militari "nevralgici".
Non abbiamo l'onore di conoscere la Palestina, ma supponiamo che in quelle
case, baracche ed edifici abitasse della gente – uomini, donne, bambini e anziani –
e non soldati.
E non abbiamo neanche visto fortificazioni della resistenza, solo macerie.
Abbiamo assistito, invece, ai futili sforzi dell'assedio informativo e abbiamo visto
diversi governi del mondo indecisi tra fare finta di nulla o applaudire l'invasione, e
un'ONU, ormai da tempo inutile, emettere fiacchi comunicati stampa.
Ma aspettate. Ci è appena venuto in mente che forse per il governo di Israele
quegli uomini, quelle donne, quei bambini e quegli anziani sono soldati nemici e, in
quanto tali, le baracche, le case e gli edifici in cui vivono sono caserme che devono
essere distrutte.
Dunque di sicuro il fuoco d'artiglieria che stamane colpisce Gaza serve a
proteggere l'avanzata della fanteria dell'esercito israeliano da questi uomini,
donne, bambini e anziani. E la guarnigione nemica che si vuole indebolire con
l'accerchiamento e l'assedio di Gaza non è altro che la popolazione civile che vi
abita. E l'offensiva cercherà di annientare quella popolazione. E a ogni uomo,
donna, bambino o anziano che riuscirà a sfuggire, nascondendosi, dall'assalto
prevedibilmente sanguinoso, sarà in seguito data la "caccia" perché la pulizia sia
completa e il comando militare dell'operazione possa riferire ai suoi superiori:
"missione compiuta".
Perdonate ancora la nostra ignoranza, forse quello che stiamo dicendo non
c'entra. E invece di ripudiare e condannare il crimine in corso, da indios e guerrieri
quali siamo, dovremmo discutere e prendere posizione sul "sionismo" o
l'"antisemitismo", o se all'inizio di tutto ci siano state le bombe di Hamas.
Forse il nostro pensiero è troppo semplice e ci mancano le sfumature e le postille
sempre necessarie all'analisi, però per noi zapatisti a Gaza c'è un esercito
professionale che sta assassinando una popolazione indifesa. Chi può
restare zitto, in basso e a sinistra? È utile dire qualcosa? Le nostre grida
fermano le bombe? La nostra parola salva la vita di qualche bambino palestinese?
Noi pensiamo che sia utile, sì, che forse non fermeremo le bombe e che la nostra
parola non si trasformerà in uno scudo blindato per impedire che quella pallottola
da 5,56 o 9 mm con le lettere IMI, Industria Militare Israeliana, incise alla base
della cartuccia, colpisca il petto di una bambina o di un bambino, ma forse la
nostra parola riuscirà a unirsi ad altre parole nel Messico e nel mondo e
magari dapprima diventerà un sussurro, poi si farà più forte e infine si
trasformerà in un grido che si farà sentire fino a Gaza.
Non sappiamo voi, ma noi, uomini e donne zapatisti dell'EZLN, sappiamo
quanto sia importante, in mezzo alla distruzione e alla morte, sentire
delle parole di incoraggiamento.
Non so come spiegarlo, ma risulta che sì, forse le parole che vengono
da lontano non riescono a fermare una bomba, ma è come se nell'oscura
casa della morte si aprisse una crepa per lasciar filtrare un piccolo raggio
di luce.
Per tutto il resto, accadrà quello che accadrà. Il governo di Israele dichiarerà che
è stato inferto un duro colpo al terrorismo, nasconderà alla sua popolazione le
proporzioni del massacro, i grandi produttori di armi avranno ottenuto un sostegno
economico per affrontare la crisi e l'"opinione pubblica mondiale", questa entità
malleabile e sempre a modo, distoglierà lo sguardo.
Ma non è tutto. Accadrà anche che il popolo palestinese resisterà, sopravviverà
e continuerà a lottare, e a conservare la simpatia dal basso per la sua causa.
E forse sopravviveranno anche un bambino e una bambina di Gaza. Forse
cresceranno e con loro il coraggio, l'indignazione, la rabbia. Forse diventeranno
soldati o miliziani di uno dei gruppi che lottano in Palestina. Forse si troveranno a
combattere contro Israele. Forse lo faranno sparando con un fucile. Forse
immolandosi con una cintura di dinamite legata attorno alla vita.
E allora, dall'alto, scriveranno della natura violenta dei palestinesi e faranno
dichiarazioni condannando questa violenza e si tornerà a discutere di sionismo o
antisemitismo.
E nessuno domanderà chi è stato a seminare ciò che viene raccolto.
Per gli uomini, le donne, i bambini e gli anziani
dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale,
subcomandante Insurgente Marcos
Messico, 4 gennaio 2009

 
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Guerrino35
Guerrino35 il 14/01/09 alle 23:35 via WEB
La guerra e il gas: l’invasione israeliana e i giacimenti offshore di Gaza :::: 14 Gennaio 2009 :::: 8:24 T.U. :::: Analisi :::: Michel Chossudovsky di Michel Chossudovsky http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=11680 L'invasione militare della striscia di Gaza da parte delle forze israeliane è direttamente legata al possesso ed al controllo delle riserve strategiche di gas in mare. Si tratta di una guerra di conquista: nel 2002 furono scoperte vaste riserve di gas, al largo del litorale di Gaza. In un accordo firmato nel novembre 1999, l'Autorità palestinese (AP) ha garantito i diritti di prospezione per il gas e il petrolio della durata di 25 anni alla British Gas (BG Group) e al suo partner di Atene Consolidated Contractors International Company (CCC), di proprietà delle famiglie libanesi Sabbagh e Koury. Questi diritti sui giacimenti di gas in mare, sono pari al 60% per la British Gas, 30% per la Consolidated Contractors e 10% per il Fondo per gli investimenti palestinesi. (Haaretz 21 ottobre 2007). L'accordo AP-BG-CCC include lo sfruttamento dei giacimenti e la costruzione di un gasdotto. (Middle East Economic Digest, 5 gennaio 2001). La licenza della BG copre tutta la zona marittima situata al largo di Gaza, contigua a molti impianti gasiferi israeliani. (Vedere la carta qui di seguito). Occorre sottolineare che il 60% delle riserve di gas lungo il litorale di Gaza e di Israele appartiene alla Palestina. BG Group ha trivellato due pozzi nel 2000: Gaza Marina-1 e Gaza Marina-2. British Gas ritiene che le riserve siano dell'ordine di 1,4 miliardi di piedi cubici, valutate a circa 4 miliardi di dollari. Sono le cifre pubblicate da British Gas. Le dimensioni delle riserve di gas palestinesi potrebbero rivelarsi assai superiori. Chi possiede le riserve di gas? La questione della sovranità sui giacimenti gasiferi di Gaza è determinante. Da un punto di vista legale queste riserve appartengono alla Palestina. La morte di Yasser Arafat, l'elezione del governo di Hamas, come pure il crollo dell'Autorità palestinese, ha permesso ad Israele di prendere, de facto, il controllo di queste riserve. British Gas (BG Group) ha negoziato con il governo di Tel-Aviv. In compenso, il governo di Hamas non è stato consultato in ciò che riguarda la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti gasiferi. L'elezione del primo ministro Ariel Sharon nel 2001 fu una svolta importante per l’affare. All'epoca, la sovranità della Palestina sulle riserve gasifere in mare era contestata alla Corte suprema d'Israele. Il Sig. Sharon affermava senza ambiguità che “Israele non comprerebbe mai gas dalla Palestina”, suggerendo che le riserve marine di Gaza appartenessero ad Israele. Nel 2003, Ariel Sharon ha opposto il suo veto a un primo accordo, che avrebbe permesso alla British Gas di rifornire Israele di gas naturale proveniente dai pozzi marini di Gaza. (The Independent, 19 agosto 2003). La vittoria elettorale di Hamas nel 2006 ha contribuito alla caduta dell'Autorità palestinese, che è stata limitata alla Cisgiordania, sotto il regime mandatario di Mahmoud Abbas. Nel 2006, la British Gas “era sul punto di firmare un accordo per trasportare il gas in Egitto.” (Times, 28 maggio 2007). Secondo i servizi, il primo ministro britannico dell'epoca, Tony Blair è intervenuto, per conto d'Israele, per fare rovesciare l'accordo con l'Egitto. L'anno successivo, nel maggio 2007, il gabinetto israeliano ha approvato una proposta del primo ministro Ehud Olmert, “di comperare gas dall'Autorità palestinese.” Il contratto proposto era di 4 miliardi di dollari ed i profitti previsti a 2 miliardi di dollari, di cui uno sarebbe andato ai palestinesi. Tuttavia, Tel-Aviv non aveva nessuna intenzione di condividere il suo profitto con la Palestina. Un gruppo di negoziatori è stato costituito dal gabinetto israeliano allo scopo di giungere ad un accordo con la BG Group, evitando allo stesso tempo il governo Hamas e l'Autorità palestinese. “Le autorità della difesa israeliana vogliono che i palestinesi siano pagati in beni ed in servizi, ed insistono affinché il governo di Hamas non riceva denaro.” (Ibid) L'obiettivo era soprattutto di fare decadere il contratto firmato nel 1999 tra la BG Group e l'Autorità palestinese, allora sotto Yasser Arafat. Ai sensi dell'accordo proposto nel 2007 con BG, il gas palestinese dei pozzi marini di Gaza doveva essere trasportato al porto israeliano di Ashkelon con un gasdotto subacqueo, trasferendo così ad Israele il controllo sulla vendita del gas naturale. Il piano fallì ed i negoziati furono sospesi: “Il capo del Mossad, Meir Dagan, s’era opposto alla transazione per ragioni di sicurezza, temendo che le entrate accumulate sarebbero servite a finanziare il terrorismo“ (Gilad Erdan membro dello Knesset, allocuzione alla Knesset “sulle intenzioni del vice primo ministro Ehud Olmert di comperare gas dai palestinesi, con i pagamenti che andrebbero a vantaggio di Hamas”, 1° marzo 2006, citato nell’articolo del tenente-generale (in pensione) Moshe Yaalon, Does the Prospective Purchase lontano British Gas from Gaza's Coastal Waters Threaten Israel's National Security? Jerusalem Center for Public Affairs, ottobre 2007) L'intenzione d´Israele era evitare la possibilità che i compensi fossero pagati ai palestinesi. Nel dicembre 2007 la BG Group si ritirò dai negoziati con Israele e nel gennaio 2008 chiuse il suo ufficio in Israele. (sito Internet della BG). Il piano d'invasione allo studio Secondo le fonti militari israeliane, il piano d'invasione della striscia di Gaza, nominato “Operation Cast Lead” (operazione piombo forgiato (fuso)) è stato messo allo studio nel giugno 2008: "fonti della difesa hanno dichiarato che sei mesi fa (giugno), il ministro della difesa Ehud Barak ha chiesto alle forze israeliane di prepararsi per questa operazione, benché Israele avesse iniziato a negoziare un accordo per una tregua con Hamas. (Barak Ravid Operation "Cast Lead": Israeli air Force strike followed months of planning, Haaretz, 27 dicembre 2008). Durante questo stesso mese, le autorità israeliane hanno contattato la British Gas per riprendere i negoziati volti a determinare l'acquisto del gas naturale di Gaza: “I direttori generali del tesoro e del ministero delle Infrastrutture nazionali Yarom Ariav ed Hezi Kugler hanno deciso di informare la BG che Israele desiderava riprendere i negoziati. Le fonti hanno aggiunto che la BG non ha ancora risposto ufficialmente alla richiesta d’Israele, ma che dei quadri della società verrebbero probabilmente in Israele fra alcune settimane, per discutere con ufficiali del governo.” (Globes online-Israel's Business Arena, 23 giugno 2008) Cronologicamente la decisione di accelerare i negoziati con la British Gas (il gruppo BG) coincideva con la pianificazione dell'invasione di Gaza iniziata a giugno. Sembra che Israele si affrettasse a concludere un accordo con la BG Group prima dell'invasione, la cui pianificazione era già in una fase avanzata. Più che altro, questi negoziati erano condotti dal governo di Ehud Olmert, che era al corrente che un'invasione militare era allo studio. Con ogni probabilità, il governo israeliano prevedeva anche un nuovo accordo politico-territoriale “del dopo-guerra” per la striscia di Gaza. In realtà, i negoziati tra British Gas e gli ufficiali israeliani erano in corso nell'ottobre 2008, cioè 2 a 3 mesi prima dell'inizio dei bombardamenti del 27 dicembre. Nel novembre 2008, i ministeri israeliani delle finanze e delle infrastrutture nazionali insieme all’Israel Electric Corporation (IEC) avviarono i negoziati con la British Gas riguardo l'acquisto di gas naturale delle sue concessioni in mare a Gaza. (Globes, 13 novembre 2008). Yarom Ariav direttore generale del ministero delle finanze, ed Hezi Kugler, direttore generale del ministero delle infrastrutture nazionali, scrissero ad Amos Lasker, capo della direzione d´IEC, informandolo della decisione del governo di permettere ai negoziati di andare avanti, conformemente alla proposta-quadro, approvata all’inizio di quest'anno. Alcune settimane fa, il consiglio d’amministrazione della IEC, diretto dal presidente Moti Friedman, ha approvato i principi della proposta-quadro. I negoziati con la BG Group cominceranno appena il consiglio d´amministrazione approverà la presentazione dell’offerta. (Globes, 13 novembre 2008) Gaza e la geopolitica dell'energia L'occupazione militare di Gaza ha lo scopo di trasferire la sovranità dei giacimenti gasiferi ad Israele, in violazione del diritto internazionale. Cosa possiamo aspettarci dopo l'invasione? Qual’è l'intenzione d'Israele per quanto riguarda il gas naturale della Palestina? Ci sarà un nuovo accordo territoriale, con lo stanziamento di truppe israeliane e/o la presenza “di forze per il mantenimento della pace”? Assisteremo alla militarizzazione della totalità del litorale di Gaza, strategico per Israele? I giacimenti gasiferi palestinesi saranno puramente e semplicemente confiscati, e la sovranità israeliana sulle zone marittime della striscia di Gaza sarà dichiarata unilateralmente? Se ciò dovesse accadere, i giacimenti gasiferi di Gaza sarebbero integrati negli adiacenti impianti marittimi d'Israele. (Vedere la carta 1). Questi diversi impianti in mare sono anche collegati al corridoio per il trasporto energetico d’Israele, che si prolunga dal porto d’Eilat, il terminale sul Mare Rosso del gasdotto, al terminale di Ashkelon e verso nord, ad Haifa. Il corridoio si ricollegherebbe eventualmente con l’oleogasdotto israeliano-turco, attualmente in esame, nel porto turco di Ceyhan. Ceyhan è il terminale dell’oleodotto Trans-Caspico Baku-Tbilissi-Ceyhan (BTC). “Si prevede il collegamento dell’oleodotto BTC con quello Trans-Israele Eilat-Ashkelon, noto con il nome di Israel’s Tipline.” (Vedasi Michel Chossudovsky, The War si Lebanon and the Battle foro Oil, Global Research, 23 luglio 2006). Fonte: Mondialisation.ca 12 gennaio 2009 *Michel Chossudovsky è direttore del Centro di Ricerca sulla Mondializzazione ed è professore d'economia all'Università di Ottawa. È autore di Guerre et mondialisation, La vérité derrière le 11 septembre e Mondialisation de la pauvreté et nouvel ordre mondial (best-seller internazionale pubblicato in 11 lingue). Traduzione di Alessandro Lattanzio http://www.aurora03.da.ru/ http://sitoaurora.altervista.org/ http://sitoaurora.narod.ru/ http://xoomer.virgilio.it/aurorafile sopra
 
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