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« Georgia on my mindLa parata ed il goal »

La scoperta della borsa

Post n°65 pubblicato il 12 Ottobre 2008 da MagoGandalf2006
 



Il 12 ottobre è data di scoperte importanti e, proprio un 12 ottobre
il MibTel archiviò la seduta con il suo maggior rialzo di sempre
guadagnando il 6,66% e scoprendo di essere fuoriuscito da una
pesantissima crisi finanziaria.
Il 12 ottobre in questione è quello di 10 anni fà: nel 1998, infatti, i
mercati vissero un periodo di turbolenza che ebbe più di
un'analogia con quello attuale e, pertanto, potrebbe valere la
pena aprire il libro dei ricordi di chi, quella crisi, ebbe modo di
viverla dall'altra parte della barricata.
Per trovare la prima analogia bisogna andare a Mosca: se
quest'estate la leadership russa ha conquistato l'attenzione dei
media occidentali attraverso la sua decisa risposta all'offensiva
georgiana, 10 anni fà, l'allora presidente russo Boris Eltsin, occupò
le prime pagine estive per tutt'altri motivi.
Mosca si stava avvitando su sé stessa sull'onda dell'ennesimo
conflitto istituzionale fra la Duma ed il Cremlino: l'allora primo
ministro Sergej Kirienko, un giovane tecnocrate con l'aria da
professorino impacciato, era stato sfiduciato dal parlamento e
ripresentato da corvo bianco.
Sullo sfondo dello scontro si levò presto la sinistra ombra di Georg
Soros, pronto a sferrare un attacco senza precedenti alla valuta russa.
Rilasciò un'intervista in cui si diceva dubbioso sulla tenuta del rublo
in caso di speculazione ribassista: una dichiarazione di guerra in
piena regola.
Rublo, indice PTC e titoli di stato vennero fatti a brandelli mentre
Eltsin e la Duma proseguivano il loro braccio di ferro.
Nel frattempo, dall'altra parte dell'oceano, uno scandaletto di
serie B -il sexgate di Bill Clinton- toccava vette surreali portando il
presidente ad un passo dall'impeachment.
Il combinato disposto di queste 2 distinte storie affossarono i
mercati con la stessa intensità e le stesse percentuali di ribasso
quotidiano degli indici che stiamo registrando oggigiorno.
Anche i commenti erano, più o meno, gli stessi di oggi: credit
crunch, recessione globale, fallimenti a catena in arrivo e così via.
In realtà le borse, in particolare quella italiana, avevano
bruscamente archiviato, già in primavera, un biennale movimento
rialzista che durava dall'ottobre 1995.
Non si trattò solo di un periodo di rialzo per la borsa italiana,
maanche di profonda trasformazione: in essa si riversarono
i risparmi delle famiglie italiane, fino ad allora parcheggiati sui
tranquilli titoli di stato.
La curva dei tassi conobbe, durante tutto quel periodo, una
discesa continua ed ininterrotta dei rendimenti che scontavano
l'ingresso della £ nella futura moneta unica.
I risparmiatori, sempre più insoddisfatti dell'andamento del loro
abituale investimento, furono incuriositi dalle performances
borsistiche lanciando un assist che, gli operatori bancari di
qualsiasi ordine e grado, non lasciarono cadere nel vuoto: fu così
che grasse commissioni (d'ingresso, d'uscita, di gestione, di
performance di chissà cos'altro) fecero così la loro comparsa nei
bilanci delle banche italiane, mentre, per i risparmiatori, si profilava
un vero e proprio salto nel buio.
Mai attrazione risultò più fatale, e per più di un motivo: per tutti i
soggetti coinvolti fu l'affare peggiore che potesse esserci.
In primis per i risparmiatori che scoprirono, a loro spese, la borsa
ovvero una tipologia d'investimento che si confà, sì e no, al 5-10%
di loro; gli altri si limitano a passare dalla più esuberante euforia
alla più cupa disperazione in un battito di ciglia essendo pronti
tanto a vendere tutto sui minimi quanto a vendersi la casa pur
di comprare sui massimi.
In borsa, finiti ben presto i soldi, non rimase altro che l'isteria ed
oggi sono in molti a chiedersi se non fosse stato meglio per tutti
lasciarli a dormire sui titoli di stato.
Anche le banche, a loro volta, scoprirono la finanza come
scorciatoia verso utili record perdendo rapidamente l'aggancio
con l'economia reale: fino a quel momento la redditività di una
banca dipendeva, quasi esclusivamente, dall'efficienza allocativa
con cui impiegava le proprie risorse.
Prima, infatti, quando un'azienda si rivolgeva ad una banca per un
prestito, il direttore si alzava dalla scrivania e si recava
personalmente nelle strutture di quest'ultima (capannoni, cantieri,
laboratori...) per decidere se concedere o meno il prestito richiesto.
Da quel momento in avanti, le banche, cambieranno registro e
finanzieranno i Ricucci e le loro più o meno improbabili scalate,
arrivando ad utili impensabili grazie alle commissioni derivanti da
sottoscrizioni di fondi di tutti i tipi mentre si dedicavano a sfornare
prodotti finanziari sempre più complicati.
E gli altri soldi? Venivano prestati a chi aveva voglia di farsi un
viaggio o di comprarsi lo schermo piatto ultimo modello ed anche il
fatto di "avereavutoqualcheproblemaconipagamenti" non era un
impedimento alla concessione come un po' tutti gli spot televisivi si
premuravano di sottolineare.
Lo stato, infine, non ebbe più come creditore i suoi cittadini, bensì
potenti istituzioni finanziarie ed altri soggetti forti in grado di
condizionare pesantemente le scelte politiche dei governi,
centrodestra o di centrosinistra che sia, attraverso ficcanti azioni di
lobbing.
La crisi finanziaria di allora venne mandata in archivio proprio dal
vistoso rialzo del 12 ottobre (che salutava con ingrato entusiamo
l'uscita di scena del premier Prodi, caduto venerdì 9) per il quale
non vi furono motivazioni particolari.
Milano, in territorio positivo fin dalle prime battute, incrementò i
guadagni nel finale chiudendo sui massimi di seduta e giovandosi,
nelle settimane successive, dello schiarimento della situazione
internazionale (i repubblicani non riusciranno a far scattare la
procedura d'impeachment contro Clinton mentre in quel di Mosca
presidenza e parlamento troveranno un accordo sul nome di Viktor
Chernomyrdin).
Un'altra analogia con la realtà attuale verrà a galla solo in un
secondo momento; quando si scoprirà con grande stupore che la
"Vodka Crisis", come era stata ribattezzata sui media, aveva
mietuto una vittima illustre: l'hedge fund LTCM (Long-Term Capital
Management, fondato e gestito da premi nobel per l'economia) che
gettò la spugna, non prima di aver chiuso, a qualsiasi prezzo, tutte
le posizioni aperte nel vano tentativo di scongiurare il fallimento.
Greenspan allora, come Bernanke oggi, era intervenuto quando i
buoi erano scappati dalla stalla ma il governatore della Federal
Reserve non è l'unico a non aver fatto tesoro degli errori commessi.
Nemmeno il tempo di metabolizzare l'accaduto che, non più
tardi di 4 mesi, Roberto Colanninno lancerà la più nefasta e
distruttiva operazione finanziaria mai pensata nella storia italiana.
I risparmiatori, anzichè ritornare a BOT e CCT, lo acclameranno
come l'uomo della Provvidenza borsistica e lo seguiranno senza
esitazione nell'impresa.
Le banche, anzichè tornare ad occuparsi sobriamente dei loro
impieghi, lo copriranno di miliardi per intraprendere quell'avventura
senza né capo né coda.
Roberto Colanninno, oggi, è ancora sulla breccia dopo un adeguato
cambio di casacca: da salvatore della Patria telefonica di stretta
osservanza D'Alemiana a salvatore Berlusconiano di quella aerea;
un passo che ci si può permettere solo nel paese del trasformismo.
Il bello deve ancora arrivare ma di una cosa si può, comunque
vada, essere sicuri: questa crisi, esattamente come le altre, non
insegnerà nulla a nessuno.

 
 
 
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