Creato da MarianneWerefkin il 26/10/2007

Il mignolo

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Messaggi di Aprile 2014

che qualcuno faccia sparire il cioccolato da casa mia...

Post n°199 pubblicato il 28 Aprile 2014 da MarianneWerefkin

...perché mi dà alla testa.

Lo zio di mio marito è morto. Condoglianze sentite a tutti ecc ecc. Per la sua famiglia io sono una testa di cazzo tollerata educatamente. Per mia madre ho solo un carattere di merda, grazie mamma, a tratti ne vado quasi fiera. Comunque. Mio malgrado ho tentato di essere moglie degna di rispetto, in questa circostanza, e quindi oggi, sotto un crepuscolo piovoso, sono andata in solitaria alla camera mortuaria. So che il tono di questo post può sembrare tutt'altro che di rispetto verso quest'uomo, ma in realtà questa mia leggerezza mi aiuta solo a mandare a fanculo una fine indegna. Onestamente mi dispiace profondamente per la lunga conclusione della vicenda, come mi rattrista e mi fa sentire impotente il dolore altrui. Ma così è, come sempre, e allora di diverso c'è che questa volta l'ho presa così, con discreta ironia. Senza ammazzarmi di dolore. E quindi fanculo:fine.

La vedova sofferente mi si avvicina e mi abbraccia, all'orecchio mi confida che ha seguito il mio consiglio. Non riesco a piangere, lei al contrario sembra un piccione spennacchiato bagnato. -Hai seguito il mio consiglio S.? Quale...?- abbozzo preoccupata e incredula. In quel millesimo di secondo che separa la mia domanda dalla sua risposta, setaccio ogni parola, ogni opinione, ogni riflessione io abbia esternato negli ultimi giorni e che potesse anche solo avvicinarsi ad un consiglio sottolineandomi mille volte la cruda realtà: se davvero ho dato un consiglio, che neppure ricordo, giuro che ho una faccia come il culo. Timidamente mi risponde che sarà seppellito in terra. E io allora ricordo. La tenerezza mi avvolge per la creatura fragile e innocente che ho di fronte. Ne abbiamo parlato di fronte all' hospice, quando piangeva così a dirotto che arrivai a stordirla di cazzate, e le dissi che io avrei voluto una bella tomba in terra, con una meravigliosa lapide gotica, mica geometrica, ed un salice piangente accanto, tanto per rendere l'insieme più passionale e drammatico. E proseguì così sino a quando, sotto due occhi stralunati, comparve un minuscolo sorriso. Così, invece, accanto alla tomba ci saranno due querce, il salice piangente rimane mio.

Tornata a casa , a mio marito: - Senti oggi ho chiesto a tua cugina se era proprio obbligatorio esporre il morto qualche giorno prima del funerale..- -glielo hai chiesto sul serio?...- - Sì, no ma era "tranquilla", è stato un secondo, però no, non è obbligatorio sai...allora pensavo una cosa- -non me lo dire, per favore- - dai dai, non voglio esser esposta! Ma non ti sembra macabra 'sta cosa, poi i familiari che stanno lì a vegliare 'sto povero corpo, eh? Non fa per me.- -sì, ok, glielo dici tu però a tua madre che sua figlia sarà una stronza anche per tutta l'eternità?-.

 
 
 

la fine di tutto.

Post n°198 pubblicato il 22 Aprile 2014 da MarianneWerefkin

Insomma prima o poi ci sarei entrata in un posto così. Ritrovarsi dall'altra parte non è semplice e mai l'ho pensato, solo che non ci sono mai stata nei panni di chi assiste, e purtroppo devo dire che sino a quando non lo vivi puoi solo, nel migliore dei casi, mantenere un atteggiamento di confortevole forte e ingenua comprensione. Siamo soli di fronte al dolore. Tutto il resto è un contorno, una spalla su cui appoggiare la testa, una gola che fa uscire parole che si perdono nell'aria e alleviano in minima parte la sofferenza. Ma servono tanto e danno l'illusione di non essere poi così fragili, di avere uno scudo alla tristezza, di avere tempo per prepararsi, di avere un terreno su cui camminare. Ma non c'è problema è solo una illusione per andare avanti. Quando arriva il momento finale non si è mai pronti, l'equilibrio cede, gli altri sono solo attorno a noi, la fragilità viene fuori e l'abisso ci guarda e ci chiama e noi ci cadiamo e vediamo il fondo. Succede sempre. Ma sempre accade anche di ritornare su. Basta aver pazienza.
Hospice. 
 

 
 
 

. Adesso parlo io.

Post n°197 pubblicato il 20 Aprile 2014 da MarianneWerefkin

Esiste un posto orrido, sicuramente più di uno, in cui ci si scambia veleno, i "giusti" affliggono i "cattivi", i "cattivi" beh... Affliggono i "giusti". Ringrazio ogni giorno di essere nata in una terra schietta, genuina ed incantata. Capace di rendere sognatore anche il più irriducibile dei disincantati. Sono felice ed orgogliosa di appartenere a questo suolo, che mi ha insegnato a scusarmi, a tacere, ma anche sorridere all'emozione altrui... Come dice una canzone antica :"Siamo romagnoli, lasciateci cantare. Siamo romagnoli, lasciateci passare." Chi non capisce il senso di questi semplici versi è meglio che ci rimanga lontano perché solitamente noi il veleno lo diamo alle viti, non alle persone. E questo accade tutti i giorni dell'anno. Tanti auguri.

 
 
 

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Post n°196 pubblicato il 15 Aprile 2014 da MarianneWerefkin

È così. I momenti che un tempo si riempivano di soffici parole, quasi fossero cuscini su cui appoggiarsi e ritrovare le forze, rimasero poi baratri dai quali stare alla larga per non cadere sino in fondo e ritrovarsi nuovamente con le ossa rotte, frantumate; ed è da qui, dalla consapevolezza dello scuro niente, che ritornarono poi a riempirsi.

Simone de Beauvoir si ripeteva - è finita, è finita. E' finita: tutto comincia.- Mentre assaporava la libertà alla fine di una Guerra.

Uno schienale rosso,                              

l'odore di un lillà,

il sapore di un caffè.

Un'autostrada,
una stazione,
un porto,
un aeroporto.

Un libro.

Anche un teatro, a volte.

 

 

 
 
 

Parentesi.

Post n°195 pubblicato il 11 Aprile 2014 da MarianneWerefkin

Una panchina, una strada, due braccia conserte e le gambe incrociate.
La persona sta guardando le foglie degli alberi, dei cespugli che incorniciano la stagione tiepida appena iniziata e che ornano in prospettiva la linea dell'orizzonte, spezzata da cemento. Passa un'auto, ne passano due e una bicicletta e poi rivolge lo sguardo nuovamente al di là dell'ovvio che la circonda. Chiude gli occhi un istante. Li riapre e li socchiude, appoggia gli occhiali accanto a sè e si toglie la commozione rimasta incastrata fra le ciglia. Era troppo leggera per rigare le guance. Che scena tristemente deprimente, pensa. Non sono io. Sì, sono io.
La persona osserva il suo lavoro, le soddisfazioni che non sono tardate ad arrivare ed aggrotta la fronte, stringe le mani alla vita e le labbra rimangono impassibili. Passa qualcuno, lei guarda i ciottoli che compongono la camminata. Rialza lo sguardo. Scuote la testa e abbozza un sorriso impercettibile. Scioglie il suo nodo personale che l'abbraccia e si massaggia la fronte, appoggia una mano alla clavicola oramai evidente e riflette: Quadro. Non sono io. Sì, sono io.
La persona pone attenzione sulla sua auto parcheggiata dall'altra parte della strada, si dice - dovrei muovermi, potrei farlo- ma poi riflette sullo sbrago fatale che ha ammazzato la sua volontà. Quindi resta immobile ad osservare un momento che non vivrà. Le dita danzano e si passano le chiavi che non inserirà, con la mente percorre una via sulla quale non viaggerà. I pensieri disegnano un viso che non rivedrà. Abbozza un sorriso ed un respiro profondo buttando via la pesantezza della responsabilità, richiudendo la macchia scura nel passato, che è tale e non tornerà.
La persona guarda un orologio e decide che è il momento di andare, in direzione contraria, ma non lo può sopportare.
La persona si alza e caccia giù l'incredibile realtà: ciò che è stato è stato e mentendo a sè stessa sentenzia - mai più accadrà-.

(pure la rima finaleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee)

 
 
 

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