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Un blog creato da Virplatonicus il 19/06/2006

Smisurata preghiera

Vita di un aspirante filosofo, disputazioni e dialoghi, alla ricerca costante di verità e virtù, viaggiando in direzione ostinata e contraria

 
 

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What a dream I had
Pressed in organdy
Clothed in crinoline
Of smoky burgundy
Softer than the rain

I wandered empty streets
Down past the shop displays
I heard cathedral bells
Tripping down the alleyways
As I walked on

And when you ran to me
Your cheeks flushed with the night
We walked on frosted fields
Of juniper and lamplight
I held your hand

And when I woke
And felt you warm and near
I kissed your honey hair
With my grateful tears
Oh I love you girl
Oh I love you

Simon & Garfunkel

 

 

« To be or not to be? (part I)Vivere forte »

To be or not to be (part II)

Post n°103 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da Virplatonicus
 

Se qualcuno di voi osa leggere queste righe senza esser passato per il post di sotto, farà la fine del re Claudio. Amleto ha un problema: non riesca ada agire. Il fantasma di suo padre gli ha rivelato la verità, suo zio è un lussurioso usurpatore, e Re Amleto vuole vendetta. Ma il Principe Amleto non ci riesce, i pesi che egli porta sono più grandi di lui.
E allora, perché non farla finita? Tanto, come dirà poi al teschio di Yorick, finiremo tutti lì, sotto terra, polvere. Che senso ha tutto questo? Che senso ha sopportare la vita?
Amleto vuol dirci: perché vivere in-attivamente? Uomini, donne, vivete. La morte è un ostacolo? C'è timore di quello che c'è dopo? Sì, forse è vero, Amleto, gli uomino commettono un errore: allontanano dagli occhi la morte, non la guardano nel volto. Sì, sappiamo che abbiamo poco tempo e viviamo come se fossimo immortali, sappiamo che dobbiamo morire ma consideriamo l'aldilà come un luogo verso cui non siamo diretti. Timore? Timore di cosa? Di trapassare? A tal proposito, propongo un altro celebre passo, stavolta di Platone:

Gli uomini, a causa della loro paura della morte, mentono anche sui cigni, e dicono che essi, lamentandosi della morte, cantano per (il) dolore, e non pensano che nessun uccello canta quando ha fame o ha freddo o prova qualche altra sofferenza, neppure lo stesso usignolo, né la rondine né l’upupa, che dicono che cantino lamentandosi per il dolore. Però a me sembra che né questi né i cigni cantino per il dolore, ma, poiché, credo, (questi ultimi) sono sacri ad Apollo, sono indovini, e cantano prevedendo i beni (che troveranno) nell’Ade e si rallegrano in quel giorno più che nel tempo precedente. E anch’io penso di essere compagno di servitù dei cigni e (di essere) sacro allo stesso dio e di avere non meno di loro, da parte del (mio) signore, l’arte divinatoria, e di non allontanarmi dalla vita con minor gioia di loro.

Sì, la morte è nostra sorella, e noi la respingiamo come nostra nemica. Amleto ci da una grande lezione: essere o non essere, non chiediamo noi né l'uno né l'altro, si suol dire. E invece sì, dobbiamo scegliere di esistere, e dire "sì, siamo vivi". Proprio la morte dà senso alla vita: senza la morte, non ci sarebbe la vita. Diceva Eraclito: "Noi viviamo la loro morte, loro vivono la nostra". E' un ciclo, come dice anche Archiloco "questo phythmos governa i mortali".
Infatti noi non abbiamo poco tempo, ne perdiamo molto (Seneca). Impariamo ad essere.

 
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SMISURATA PREGHIERA (DA “ANIME SALVE”, 1996)

Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità

Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie

Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine

per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità

per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità

ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere

Fabrizio Dé André

 

SHIVA

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SOCRATE

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PLATONE ED ARISTOTELE

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BUDDHA

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DORME, DORME PLACIDO SULLA COLLINA

“… E dov’è Jones, quel vecchio suonatore
che giocò con la vita per tutti i suoi novant’anni,
affrontando la tormenta a petto nudo,
bevendo e facendo chiasso,
senza mai un pensiero né a moglie, né a parenti,
non al denaro, non all'amore, né al cielo?
Eccolo! Ciancia ancora delle porcate di tanti anni fa
delle corse bel boschetto di Clary
di ciò che Abe Lincoln disse una volta a Springfield

(da “La Collina” di E.L. Masters)

 
 
 
 

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