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Un blog creato da ipotesisudio il 24/06/2009

ipotesi su dio

ovvero : può un laico credere all'immortalità ?

 
 

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Ciao,

mi chiamo Michele ed ho maturato negli anni alcune idee di natura laica sul rapporto che lega gli esseri viventi a quella Entità che identifichiamo con il nome di Dio, da cui ho tratto la mia personale e convinta visione del senso della vita.

Ho scritto un libro che si chiama "Ipotesi su Dio ", nel quale spiego perchè, nonostante io non sia assolutamente religioso, credo che dopo la morte ci sia ancora qualcosa che ci riguardi.

 

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CHI SONO

 

Mi chiamo Michele Sala, sono nato il 1° gennaio del 1950, Capricorno ascendente Acquario, vivo e lavoro in Brianza.

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"Ipotesi su Dio"
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« ...il mio libro...Non sono religioso. Sono... »

Non sono un intellettuale; il che non mi impedisce di pensare...

 

Io non sono né un filosofo, né un teologo, nonostante la spudoratezza con la quale ho affrontato, nel primo saggio nel quale mi cimento, un tema così impegnativo. Sono semplicemente quello che si dice “un tizio qualsiasi” con alcune bizzarre idee che gli frullano nella testa. Probabilmente, la scrittura del libro è stata utile soprattutto per me: ho potuto metabolizzare psicologicamente pensieri inizialmente confusi e che ora mi confortano molto.

Anche se il titolo potrebbe suggerire argomentazioni filo-religiose, è opportuno chiarire che io non mi considero religioso; così come non sono ateo, né agnostico. Credo di potermi ragionevolmente definire un credente laico. Per quanto questa affermazione possa sembrare fantasiosa o illogica, deriva dalla convinzione di aver individuato un'ipotesi trascendentale basata su criteri di tipo razionale alla base della nostra esistenza e propedeutica anche per una laica speranza post mortem.

L’argomento è sicuramente d’attualità. Sono molti, infatti, gli intellettuali laici e cattolici che dibattono giornalmente sulla religione cercando di identificare, i primi con irreprensibile pignoleria tutto quello che sembra essere in contrasto con il raziocinio umano; gli altri invocando la fede come trincea di difesa verso la logica.

Nessuno di loro, però, propone ipotesi alternative e magari condivisibili, quanto meno parzialmente, dagli opposti schieramenti. Augias e Mancuso con la consueta eleganza, piuttosto che il caustico Odifreddi con il suo fin troppo sicuro sarcasmo, hanno dibattuto molto sul tema relativo a Dio e tutto quello che la nostra fantasia gli pone come contorno senza arrivare, sembra, a nessuna ipotesi condivisa.

Io non sono un intellettuale del loro livello e mi sono accontentato di legare tra di loro, senza pregiudizi, alcune considerazioni alla portata di tutti che spero possano far riflettere qualche lettore.

L'embrione di questo libro nasce oltre 20 anni fa da una situazione dolorosa che si è poi risolta positivamente ma che, allora, aveva generato in me uno stato di prostrazione psicologica in profonda antitesi con il mio naturale ottimismo. Forse è stato proprio questo “conflitto” a scatenare l'intuizione che cito all'inizio del libro; il che confermerebbe la convinzione che da situazioni negative è sempre possibile trarre qualcosa di positivo. Mi sembra che la massima popolare che certifichi quest'idea reciti: “Dio chiude una porta e apre un portone”. Io credo che questo detto possa dare conforto a molti. Anche ai non credenti.

 
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corrado morozzo il 19/07/11 alle 12:54 via WEB
Sono arrivato al tuo blog passando dal blog “dio non esiste”, (a cui invierò anche questo intervento) nel quale ero intervenuto cercato di convincere Paolo, con poco successo, che l’inesistenza di dio era altrettanto impossibile da dimostrare della sua esistenza. Se ci fossero ancora dei dubbi il teorema di Gödel li eliminerebbe sostenendo, appunto, che nessun formalismo (l’uomo con il suo ragionamento razionale) potrebbe validare se stesso ma che per farlo dovrebbe utilizzare un formalismo d’ordine superiore. Ovviamente l’impossibilità di dimostrare l’esistenza di dio mi mette in contrasto anche con il tuo punto di vista, non tanto sull’esistenza di una realtà trascendente ma sulla sua possibile descrizione . Accertata la presenza di una realtà che ha due componenti: una componente materiale di cui abbiamo tutti una esperienza diretta e materiale e una componente trascendente indefinita e soprattutto indefinibile, tu bruci le tappe e, con delle descrizioni che si riferiscono al vivere civile umano, ne dai delle interpretazioni in termini di spiritualità ed altro. Cercare di dare una interpretazione alle esperienze umane non è sbagliato ma non prende in considerazione che il combinarsi del materialismo con la trascendenza non è iniziato con l’uomo ma con la storia dell’universo e se l’uomo ne vuol dare una interpretazione corretta deve partire dall’inizio e non a mezza strada, (o ad un possibile capolinea) perché riflettendo sulla storia dell’universo è anche logico considerare l’uomo come uno dei tanti salti di qualità che la natura ha saputo produrre nel suo cammino, (non tutti andati poi a buon fine) e che il processo evolutivo naturale potrebbe continuare anche indipendentemente dalla presenza dell’uomo. Mi rendo conto che non sia facile ridimensionare questa presenza umana e riconoscere che la sua esistenza e le sue potenzialità siano derivate dal semplice (si fa per dire) interagire degli elementi in una sintonia capace di dare vita ad un processo creativo/evolutivo che ha decisamente funzionato. Un processo creativo che, per definizione, deve aver permesso ad ogni suo elemento di combinarsi con gli altri elementi con una assoluta libertà (creatività è sinonimo di libertà) una libertà capace, nondimeno, di autolimitarsi per non ostacolare la libertà degli altri elementi, alla moda dei moschettieri “uno per tutti, tutti per uno”. E questo porta ad un altro aspetto su cui riflettere: la capacità dell’uomo di interagire “consapevolmente” con gli altri uomini e con la natura è in grado di autolimitare la propria libertà per favorire la libertà degli altri uomini e della natura che lo circonda? Tu puoi immaginare la mia risposta ovviamente negativa, l’uomo con tutta la sua “ragione” non ha ancora capito come avere la garanzia che il proprio agire in libertà sia anche in grado di rispettare la libertà degli altri, e tra gli altri non includo solo i suoi simili ma anche gli elementi materiali che lo circondano e che con la loro “inconsapevole” sintonia garantiscono anche la sua esistenza. Ritornando al tuo libro se posso fare un paragone, contrariamente ad un materialista che descriverebbe l’albero come un composto di elementi obbligati a rispettare delle specifiche leggi le quali permetteranno agli elementi stessi di ottenere determinati risultati, tu giustamente sostieni che l’albero non potrebbe avvantaggiarsi delle regole materialiste che indubbiamente esistono, se non ci fosse anche un “humus” favorevole, un humus che non potrebbe mai essere descritto con dei semplici rapporti di causa-effetto, quando però cerchi di dare una descrizione a questo Humus, a mio parere, perdi di vista il vero problema che riguarda la “qualità” della nostra conoscenza o consapevolezza. Il vero problema della conoscenza consapevole, infatti, non è capire il processo che permette ad un albero di svilupparsi (gli aspetti materialistici) o il processo che sta alla base dell’Humus (gli aspetti trascendenti) ma capire (ed ottenere) che le proprie “consapevoli” scelte, unite alle consapevoli scelte di tutti gli altri uomini siano anche coerenti con il processo evolutivo naturale originale e non solo con il (molto problematico) processo evolutivo della nostra civiltà. Ed essendomi posto la domanda devo anche cercare o ipotizzare una risposta. corrado morozzo
 
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