Creato da Fratus il 08/08/2006
Commentiamo la società
 

 

Anche Dawkins ha il gene di DIO

Post n°478 pubblicato il 06 Marzo 2012 da Fratus

Ricordate uno degli ultimi libri di Richard Dawkins? Il best sellers dal titolo “l’illusione di Dio”?. Il libro sosteneva l’esistenza di un virus che stimolava la credenza in Dio arrivando a dire che chi crede è un malato. Povero il nostro Dawkins che sembra sia stato contagiato dal virus che ha scoperto, ne siamo rammaricati. La scoperta del contagio è avvenuta durante il convegno tenutosi domenica 26 febbraio presso l’università di Oxford dove Richard Dawkins, il celebre biologo di Cambridge, esponente di punta della corrente del New Atheism, ha sorpreso i suoi interlocutori  affermando di non considerarsi un ateo bensì un agnostico. Inoltre ha espressamente dichiarato:

«Non posso essere sicuro che Dio non esiste»

È evidente che il virus è in stato di avanzamento e, dopo il caso del famoso prof. Anony Flew, ci ritroviamo ora con una nuova e precoce contaminazione.

Il sito dell’UAAR non dice nulla delle considerazioni del loro eroe ma riporta solamente il fatto che gli anglicani non negano la teoria di Darwin, puff… Non è una notizia e al contrario è risaputo l’errore in cui cade la chiesa Inglese e cioè di credere inutilmente ad una favola che viene spacciata per scienza. Nulla di nuovo sul fronte se non il fatto che anche il tremendo Dawkins ammette la possibilità di Dio.

 
 
 

La scomparsa dell’individuo. Di Massimo FINI

Post n°477 pubblicato il 06 Marzo 2012 da Fratus

La scomparsa dell’individuo. Di Massimo FINI

http://vocearancio.ingdirect.it/wp-content/uploads/2010/06/astronauta1.jpg

Daniele De Rossi, per essere arrivato con cinque minuti di ritardo alla riunione prepartita, è stato escluso dalla formazione dal suo allenatore, Luis Enrique. I giallorossi hanno poi perso 4-1 con l’Atalanta. Enrique, richiesto se, visto il risultato, avrebbe rifatto la stessa scelta ha risposto: “Sì. Il gruppo viene prima del singolo”. La questione travalica il delirio di onnipotenza degli allenatori che si credono dei demiurghi (di gente in grado di rendere competitive squadre di giocatori modesti e persino mediocri conosco solo Hiddink, che portò ai mondiali l’Australia, la Corea ai quarti di finale e con la Russia uccellò l’Olanda del presuntuoso Van Basten; Van Gaal che con l’Aiax di una generazione ben lontana, per classe, da quella dei Neeskens, dei Cruijff e dei Kroll, vinse due Champions e, forse, Capello che con tre fuoriclasse, Van Nistelrooy, Ramos, Casillias e il resto di autentici brocchi scippò col Madrid due campionati di Liga) e della mistica del ‘gruppo’ che ossessiona il calcio odierno (uno segna quattro goal e all’intervistotatore che si complimenta dice: “Ma no, il merito è del gruppo”. Non lo pensa affatto ma così gli impone il ‘politically correct’ calcistico che è ancora più asfissiante di quello ideologico). E prima di entrare in ‘medias res’ mi piace anche ricordare che Nereo Rocco, allenatore del Milan, prima di una partita di Coppa dei Campioni (allora si chiamava ancora così), gettò via il gessetto con cui stava disegnando le tattiche sulla lavagna e disse: “Ragazzi, andate in campo e mettetecela tutta”.

E’ indubbio che nella nostra società, in qualsiasi settore, l’organizzazione e la disciplina prevalgano sull’individuo per quanto talentuoso ed estroso sia se non si conforma al millimetro alle regole codificate. Conferma Paolo Iacci, Vicepresidente dell’Associazione direttori del personale: “Se devo fare un’assunzione voglio essere certo che il dipendente abbia capacità di fare squadra”. Il cacciatore di teste Claudio Ceper afferma: “Non vogliamo lupi solitari…il successo non è mai del singolo ma del team”. Un altro parla di “integrazioni sinergiche”. E questo vale non solo nelle aziende ma anche in campo artistico. I fenomeni di Madonna e di Lady Gaga sono il prodotto di un’abile organizzazione capace di far apparire il talento dove non c’è (nessuna delle due sa far nulla). E lo stesso discorso si può fare, in buona misura, per la letteratura e le arti visive (forse solo la musica, classica, si salva). Ma con le ‘integrazioni sinergiche’ viene cancellato l’individuo, con la sua singolarità, le sue peculiarità. Persino la guerra -perlomeno quella occidentale- è diventata un fatto manageriale, sistemico, computerizzato, digitalizzato dove il valore del soldato non conta più nulla. Tommy Frank, che comandò per qualche tempo la missione Nato in Afghanistan, dirigeva le operazioni da Tampa, in Florida (A Schettino!).

Alessandro Magno e gli altri conquistadores guidarono i loro uomini ai confini del mondo non perchè avevano alle spalle una grande organizzazione (basta pensare a Colombo, poveraccio), ma in virtù del loro carisma, della loro intelligenza, del loro coraggio, della loro singolare personalità.

Nel 1969 la Nasa conquistò la luna grazie a una formidabile organizzazione tecnologica. I tre astronauti a bordo dell’Apollo 11 erano dei replicanti, ben addestrati, delle cavie sostituibili. Quando Neil Armstrong mise il piede sulla crosta del nostro satellite disse: “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità”. La frase gliel’ aveva scritta l’Ufficio Stampa. Valeva la pena andare fin lassù e invece di esprimere le proprie emozioni dire una simile stronzata?

 
 
 

FEDE E SCIENZA, NEMICHE PER DAVVERO?

Post n°476 pubblicato il 05 Marzo 2012 da Fratus

A cura di Andrea Carbone

Sono intervenuti: M. Respinti, V. Sofo, M Moron.

Ha moderato: V. R. Cosenza

V. Romoli Cosenza, moderatore e vice presidente dell’associazione “Ex alunni Gonzaga”

- Questa è l’introduzione al primo incontro di una serie di convegni. Fine ultimo degli eventi che organizzeremo, e a cui speriamo di rivedervi,  è l’arricchimento di un clima culturale altrimenti sterile quando non nocivo. Argomento di stasera sarà la contrapposizione (apparente?) tra scienza e fede, e ciò nonostante la scomodità di parlare di Dio in questo occidente moderno.

Punto di focale sarà la conversione di uno scienziato, focalizzatosi (quasi) per una vita sulla distruzione delle basi culturali e sociali europee: mi riferisco ad Antony  Flew-.

M. Maron, coordinatore del gruppo culturale “Ideopolis”

-E’ importante innanzitutto riflettere sull’assenza nel nostro Paese di informazione riguardo eventi come quello biografico di Flew. Ciò è senz’altro da ricollegarsi ad un clima culturale a priori censorio nei confronti di alcuni argomenti e tematiche. Osserviamo con tutta probabilità il frutto del concetto di egemonia culturale gramsciana (come intervento sull’educazione onde influire sul lungo termine sulla forma mentis italiana) che fu parte del programma politico del PCI negli anni sessanta e settanta.

Nonostante tale obiettivo programmatico, esploso in tutta la sua violenza nel ’68, sia rimasto incompiuto, i tristi lasciti li soffriamo ancora. La mentalità così prodotta ha ironicamente portato a creare contrasti su posizioni che essa stessa era tesa a creare: in altri termini tali istanze progressiste si sono imposte come egemoni e , di contro, hanno creato creato i propri nemici ideologici.

Rileva poi il fatto che la mentalità post illuminista per assioma adogmatica faccia invece uso sempre più di frequente proprio di schemi fissi e proposizioni di assoluta ma non dimostrata verità. L’abbandono del paradigma della dimostrabilità in funzione di credenze tenute vere è uno degli aspetti più preoccupanti, e per nulla marginali, di parte del oderno sapere scientifico.

V. Sofo, redattore della rivista “Sintesi”

-In primis dobbiamo sottolineare quanto all’egemonia culturale sinistrorsa sia corrisposta e spesso corrisponda una fondamentale apatia di chi a tale parte politica dovrebbe opporsi. Ad oggi anche nei minimi sistemi, di cdz e comune ad esempio, l’utilizzo di aspetti “culturali” strumentalizzati da parte di ambienti di sinistra è sotto gli occhi di tutti. A tal proposito, e limitandosi al passato recentissimo, non possiamo non citare la mistificazione della tragedia delle foibe che abbiamo osservato a Milano e la conseguente censura di chi vi si sia opposto.

Passando a meglio centrare l’argomento della serata, battaglie culturali si sono combattute e si stanno combattendo per riportare la scienza a nuova indagine. Due esempi su tutti: l’abbattimento del sistema darwinista e la sempre maggiore riscoperta da parte di scienziati di una; propria ed intima, dimensione religiosa. Ed è proprio questo il caso di Flew.

In particolare a molti risulta ormai palese come il problema  sull’origine del mondo e i profili di moralità inerenti all’essere umano dimostrato un ordine ulteriore che fornisca una spiegazione più completa e coerente di quanto la sola scienza non ispiri. Da sottolineare che mai la scienza è arrivata a negare Dio, al massimo essa l’ha rinnegata in virtù di un non giustificato approccio metodologico-.

M. Respinti, saggista, traduttore e giornalista professionista:

-In realtà il dogma, come verità incontestabile di Fede, nella storia della Chiesa ha un carattere solo transitorio e residuale. Esso è stato utilizzato come riaffermazione di un qualcosa che, sebbene già socialmente condiviso, era in crisi in quanto a “popolarità”. Anzi, al contrario di quanto siamo solitamente portati a credere,  l’ambito credente è stato fucina di gran parte delle scoperte dell’umanità: il credere in un senso di ciò che ci circonda rappresenta il primo e più forte motore della nostra indagine.

La scienza non si occupa di Dio, ma di eventi spazio-temporalizzati. Ad altre scienze, teologiche, è deputata l’indagine sulla Verità: lo strumento essenziale, la ragione, è la stessa, solamente l’utilizzo risulta essere differente. E in ambo gli ambiti si procede similmente per approssimazioni successive. Di più: la scienza non fornisce valori definitivi di verità, ma ogni assioma da essa fornita rimane vero (dove il valore di verità coincide con quello di efficacia) solo contestualizzato nella contemporaneità che l’ha prodotto.

L’ateismo, frutto del secolo dei Lumi, ha tutto da dimostrare della propria verità e delle esemplificativi bassi livelli quantitativi. A ciò rileva innanzitutto l’essenzialità nell’uomo di una tensione verso indagini metafisico-religiose. Tutto ciò è evidente sin dalle prime  tracce dell’uomo (dalle pitture rupestri in poi): ruotano tutte intorno alla divinità. Dio è una Verità che si autoimpone: non è necessario credere la sua esistenza, già la avvertiamo.

La carriera di A. Flew fu tesa si dall’inizio a demolire la pretesa della ragione non di comprendere Dio, ma di percepirne la presenza e la facoltà di rivelazione. Lo stesso Lewis che ispirò in quanto apologeta teista l’indagine di Flew passò da ateo convinto a promotore del senso religioso grazie all’amicizia di Tolkien. Queste “conversione eccellenti”, e sono pochi dei numerosissimi casi, ci devono far riflettere sulla forza con cui la religione (percezione di un legame a qualcosa di ulteriore) ci conquista per quanto strenue possano essere le nostre resistenze-.

 
 
 

La ragione aveva torto, di Massimo FINI

Post n°475 pubblicato il 05 Marzo 2012 da Fratus

Viviamo in una società (iper) complessa nata dalla rivoluzione industriale del ‘700 e culturale dell’800. Il filosofo K. Popper l’ha definita la migliore società possibile. La nostra è una civiltà tecnologica con molti limiti. Quanto di quello che ci viene raccontato sul miglioramento della nostra qualità della vita è reale? La rivoluzione illuminista, scientista hanno realmente accresciuto il benessere degli uomini e migliorato la qualità della loro vita?

Il pensiero unico, che non ammette critica a questo modello, ci racconta dei grandi successi del progresso… ma è tutto vero? Il libro di Massimo Fini, autore di molti saggi, “La Ragione aveva Torto”, compara la nostra società moderna con quella del recente passato, affronta i temi della vita sociale, della cultura, sul cibo, sulla fatica fisica nel lavoro, analizza i piaceri del corpo e morali, il rapporto con l’ambiente la vita e la morte. Un raffronto sconvolgente che fa rilevare sorprese inaspettate e nega quel comune credo che oggi vi sia una vita migliore, qualitativamente superiore.

Si stava meglio quando si stava peggio? Questa è la domanda posta da Fini. Un libro fuori dagli schemi che tutti dovrebbero avere letto almeno una volta.

 

 
 
 

INTERVISTA A TELMO PIEVANI: AFFERMAZIONI RIDICOLE.

Post n°474 pubblicato il 01 Marzo 2012 da Fratus

Sul sito Lo Sgamato (http://www.losgamato.it/2012/02/12/intervista-a-telmo-pievani-per-il-darwin-day-2012/) è possibile leggere l’intervista a Telmo Pievani sul Darwin day; come sempre il nostro professore pecca di arroganza e presunzione per giungere a giudizi senza mai dare risposte a domande a cui gli evoluzionisti arrancano da sempre: da dove nasce la vita? dove sono gli anelli di congiunzione tra le diverse specie? Quali sarebbero le mutazioni positive che sviluppano nuove informazioni? Etc. etc. Già alla prima risposta Pievani omette la verità, l’importanza di Darwin in confronto a Wallace è data dal fatto che il primo era uno studioso di teologia che voleva farsi pastore, il suo lavoro, quindi, era più consono allo sviluppo  del pensiero post rivoluzione industriale e culturale avvenuta tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800. Darwin è stato l’uomo giusto al momento giusto.

Durante l’intervista Pievani parla di falsità da parte di coloro che negano validità alla teoria di Darwin, è molto singolare questa sua dichiarazione visto che il passato è pieno di errori e di vere menzogne create ad hoc da parte di scienziati evoluzionisti. Pievani esalta la figura di Darwin come illuminato cha ha contribuito a dare luce al mondo intero, dimenticando che proprio nelle parti in cui esalta la capacità di Darwin

“…fu anche molto pronto ad ammettere i suoi punti deboli e a tenere in considerazione seriamente le obiezioni degli avversari.”

nega che oggi proprio lui e gli evoluzionisti non sono in grado di fare la stessa cosa arrivando a falsificare la teoria della complessità irriducibile nei contenuti e nella spiegazione (http://antidarwin.wordpress.com/2012/02/09/pikaia-e-le-sue-baggianate/); la visione dogmatica degli evoluzionisti è un male assoluto nella scienza.

Alla terza domanda il professore Pievani cade nel ridicolo, gli viene chiesto cosa intendeva Darwin per “mutazioni casuali”. Il nostro professore risponde seriamente e ovviamente in modo convinto che Darwin intendeva che erano casuali. La sua spiegazione è di sostanza e rivelatrice, Darwin riteneva che le mutazioni sono casuali, una spiegazione molto scientifica ed esaustiva.

Continuando la nostra lettura ci sovvengono sempre maggiormente sorrisi sconfortanti per la spiegazione sul neodarwinismo:

“è in fase di profonda e feconda revisione ed estensione, come è bene che sia per ogni programma di ricerca scientifico in salute. La spiegazione evoluzionistica è diventata più pluralista: circa i modi e i tempi delle speciazioni (a volte graduali, a volte punteggiate);”

insomma, è una teoria che non ha un inizio in quanto non si sa da dove abbia origine la vita,  nulla su cui appoggiarsi in quanto le prove paleontologiche non esistono, si sviluppa in diversi filoni che si contraddicono (esempio è la teoria graduale con quella degli equilibri punteggiati) ma resta un fatto tanto certo quanto inspiegabile.

Continuando si legge:

“Sostenere che la teoria darwiniana sarebbe diventata un’ideologia è una totale imbecillità”.

Qui Pievani diviene lui stesso ciò che accredita ad altri visto che basta leggere le citazioni di diversi autorevoli scienziati evoluzionisti per confermare che il dogma evoluzionista è ideologia, uno per tutti:

“Noi difendiamo la scienza nonostante l’evidente assurdità di alcune delle sue affermazioni e la tolleranza della comunità scientifica per delle favole immaginarie… perché abbiamo un impegno materialista aprioristico… Non è che i metodi e le istituzioni della scienza ci obbligano ad accettare una spiegazione materialista dei fenomeni, ma al contrario, siamo costretti dalla nostra adesione aprioristica alle cause materiali… Questo materialismo è assoluto, perché non possiamo permettere l’accesso a Dio.”

Richard Lewontin

Non è una posizione ideologica caro Pievani? Hai difficoltà a comprendere cosa dicono i tuoi “soci”? Riporto anche ciò che ha dichiarato Todd Scott, biologo dell’Università di Kansas:

“Anche se tutti i dati indicano un progettista intelligente, una tale ipotesi è esclusa dalla scienza perché non è naturalista”.

Queste sono solo due delle molteplici dichiarazioni in cui si esprime un sostanziale concetto e cioè che la teoria di Darwin è valida in quanto è materialista. Questa è una posizione ideologica, quindi chi sono gli imbecilli?

Pievani ci dice poi che l’evoluzione è un fatto, ma ci fornisca una vera prova empirica e sperimentale e non aprioristiche certezze basate su interpretazioni di dati, sono gli evoluzionisti che continuano a sbagliare. L’ultimo caso è quello riguardante la resistenza dei batteri agli antibiotici: http://www.origini.info/Articolo.asp?id=452.

 

L’atteggiamento di Pievani è assolutamente da incompetente quando scrive:

“Ma vedo che ormai la tesi del darwinismo come ideologia è sostenuta soltanto da qualche frangia di estremisti, dai fondamentalisti religiosi e da qualche poveraccio isolato in cerca di visibilità sul web”.

Potrei fare un elenco di scienziati che sono molto più autorevoli di lui e hanno un nome di livello mondiale, tra loro si trova un certo Dr. J. C. Sanford,  inventore del ‘gene gun’ e autore di Genetic Entropy & The Mystery of the Genome. Lo legga Pievani e comprenda così che vi sono eminenti scienziati a sostenere che la teoria di Darwin è una stupidata. J. C. Sanford, come Antony Flew, era ateo e proprio grazie alla scienza si è ricreduto e ha pubblicamente affermato che l’evoluzione della specie non è scienza…

Per concludere:

“L’evoluzione darwiniana – quali che siano le altre sue virtù – non fornisce un’euristica vantaggiosa alla biologia sperimentale”

Philip S. Skell, Professore Emerito della Pennsylvania State University e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze

 
 
 

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