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Non è mai troppo tardi

 

La storia di Alberto Manzi by Patrizio Roversi

 
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I dimenticati di Collegno - Basta con la 180!

Foto di maxvaunter

Cari invasati del CAUS,

oggi il vostro affezionatissimo Max Vaunter vuole raccontarvi una fiaba.

C’era un volta, tanto, tanto, tanto tempo fa… quanto?? E chi cavolo se lo ricorda, fate sempre domande assurde!

Riprendiamo: allora, c’era una volta, a nord ovest di Torino, quindi nel farwest, una ridente cittadina che si chiamava, si chiamava… boh, adesso non ricordo, poi mi tornerà in mente, ultimamente sono un po’ smemorato…

Ebbene: in quegli attivi sobborghi industriali, molti anni fa, si buttò giù il muro che circondava una immensa struttura manicomiale che impediva ai degenti di oltrepassare i confini: delle recizioni, del comune, delle strade, delle tangenziali, dei loro disagi, delle loro bizzarie. Dopo lo smantellamento della struttura e l’abbattimento dei muri perimetrali, molti pazienti (senza pazienza), trovarono ospitalità in una nuova dimora, extraterrena, sponsorizzata dalle Ferrovie dello Stato.

Ora ricordo il nome del Comune: Collegno, città famosa in tutto il globo per  “lo smemorato di Collegno”, oh, quanto sono distratto!

Scherzi a parte, è necessario che qualcuno ogni tanto ricordi la tragica fine di quei poveretti, impreparati alla libertà, frastornati, confusi, finiti spiaccicati sotto i treni ad alta velocità della linea ferroviaria che costeggia il territorio dell’ex manicomio - ex certosa benedettina collegnese. Erano pazzi! Sì dirà! Ma erano persone! Sì risponderà! Esseri viventi, trasformati in macinato per il brodo, loro mal grado, dalle ruote dei locomotori. Le loro morti sono state riconosciute come suicidi, il più delle volte per convenienza! I ricoverati nel famoso manicomio, (alcuni a vita, altri nati semplicemente in quella struttura, poi diventata la loro casa) sono vittime della legge 180, sulla chiusura delle strutture psichiatriche.

Diabolico! Miserabile! Vergognoso! Fate ammenda, autorità che avete attestato la morte di questi nostri fratelli di vita, per poi archiviare rapidamente e rinnegarne la memoria!!

Ma il problema è un altro: perché non costruire un monumento o deporre una una lapide, con nomi e cognomi degli esseri umani,  vittime dimenticate della follia, ma soprattutto della pazzia dei “normali”?

E’ necessaria una testimonianza  visibile, a memoria di queste stragi, a memoria delle vittime non solo della 180, ma della ignominiosa irresponsabilità di chi aveva il dovere di curarle e proteggerle (fisicamente e giuridicamente) e che non l’ha fatto!

Sia ben chiaro: la 180 a livello teorico è inattaccabile. Ma quanti martiri ha generato, dalla sua applicazione ad oggi? Questo post sollecita e s’indigna, per invitarvi a non dimenticare tutte le persone ignare,  uccise dalla follia! Donne e uomini divenuti semplici casi di “suicidio”, archiviati dalla giustizia con la velocità di un “rapido”,  con l’avvallo della psichiatria e di politicanti. Non tutti, s’intende!

E questo non vale solo per gli ammalati degli ex manicomi. Vogliamo onorare tutte le altre vittime indirette (persone comuni, passanti, ecc.) caduti per mano di questa follia, che ancora oggi uccide?!

Credo che la richiesta di una lapide commemorativa, possa valere anche  per molte realtà piemontesi (penso all’ex manicomio di Racconigi – CN -) e di numerose altre città dell’Italia.

Strano a dirsi, ma a parlare e a dettare legge in questo campo sono, tutt’ora, non i familiari e gli amici delle vittime psichiatriche (tenuti debitamente a distanza dalle istituzioni), ma chi trae profitto e prestigio professionale dal disagio e dalla malattia altrui. Per non parlare, ma parliamone, dei manicomi criminali, dove un semplice attestato di follia cancella l’ergastolo di pluriomicidi  impenitenti (ma di gran lunga più sani di mente dei loro periti di parte). Boh : valla a capire questa magistratura e questa psichiatria!

In ultimo: vi prego, signore e signorine benestanti della media-alta borghesia italiana, ammiratrici di Santa Teresa di Calcutta, di Eros Ramazzotti, Fini e Casini e Dalema, mascherate da pie santerelline. Smettetela, una volta per tutte, di organizzare mostre e convegni, invitando potenti, vip dell’ultima ora, mafia bianca e gangster di vario calibro. Smettela di esporre foto di poveri internati manicomiali. Basta con l’inaugurazione di vernissage dolenti, a base di Martini, caviale, uova di quaglia, Castelmagno, pasticceria assortita, camerieri bianchi come infermieri ed escort prosciuttone.

Smettetela, davvero, per favore, di far svolazzare inorgoglite la locandina dell’evento, immancabilmente patrocinata da questo o quel ministero, assessorato, ordine laico-religioso… democratico… indipendente,  influente, lucente, impenitente, eccetera.

E’ penoso! E qui finisce la fiaba, magari ci fosse ancora… una volta!

 
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Richiesta Beatificazione del Maestro Alberto Manzi

Foto di maxvaunter

Spettabile Arcidiocesi di Grosseto

Uffici di Curia

Corso G. Carducci n° 11

Grosseto 

Alla cortese attenzione del VESCOVO S.E. Rev.ma FRANCO AGOSTINELLI

Oggetto: Richiesta d’introduzione alla pratica di beatificazione del maestro Alberto Manzi.

Le sotto elencante associazioni e singole persone fanno formale richiesta d’introduzione della pratica di beatificazione del maestro Alberto Manzi, nato a Roma nel 1924, morto a Pitignano (Grosseto) il 4 dicembre 1997. Seguono firme.

Questa istanza desidera sottolineare l’impegno cristiano del maestro Alberto Manzi, rivolto ad istruire e confortare con il pane della cultura, i più poveri e bisognosi, come umile e costante educatore, divulgatore di sani principi etici e morali, apostolo della pace e dell’integrazione razziale.

Alberto Manzi, per quasi quarant’anni tra i migliori esponenti della scuola italiana, noto per la trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi”, fu anche maestro dei carcerati, apostolo di pace e cultura tra gli indios e i campesinos analfabeti del Sud America e insegnante d’italiano fra gli extracomunitari, nonché scrittore di libri altamente spirituali e formativi per bambini e ragazzi.

“I poveri li avrete sempre con voi”, come disse Gesù. Il maestro Alberto Manzi non si tirò indietro, ma tradusse questo incitamento in una quotidiana preghiera di legittimazione dei più deboli, cercando di lenire con il suo ininterrotto lavoro la piaga dell’analfabetismo e della miseria, senza mai farsi interprete di dispute e dissensioni faziose, né di giudizi di parte.

Seguiranno firme.

Per conoscenza a:

Eredi di Alberto Manzi

Centro Alberto Manzi · Via Aldo Moro 68 · Bologna

 
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La via confuciana alla risata

Post n°17 pubblicato il 03 Ottobre 2009 da maxvaunter
 
Foto di maxvaunter

La via confuciana alla risata: i veri giullari sono i sacerdoti d’una religione sanguinaria che chiede sacrifici umani. In una posizione pericolosa, ogni giorno giocano alla roulette russa con il re,  scegliendo di far ridere il popolo mostrando ora questa ora quella verità. Mantenere la via di mezzo facendosi beffe dei potenti non è facile, per fortuna oggi esiste una certa differenza rispetto al passato. Un tempo l’estrema moralità e l’estremo sberleffo producevano un identico risultato: roghi ed eretici. Oggi producono, in prima istanza, serrati tentativi di corruzione e di assorbimento del comico scomodo, se questi resiste subentra il silenzio televisivo e dei media, se questi non resiste è in crisi d’astinenza.

 

Per salvare la comicità si dovrebbero ridistribuire in modo equo la cocaina fra i comici e gli autori poveri, ma per curare i mali e i disastri causati dal capitalismo, sarebbe immorale usare la droga sporca di sangue del capitalismo. Quindi, per rendere utilizzabile la cocaina sporca, occorrerebbe del denaro pulito, con cui comprare tanti detersivi per lavarla, continuando ad inquinare le acque che inquinano i panettoni, che inquinano le televisioni, che dopo i pasti inquinano le digestioni.

Etiam: il comico drogato di sinistra pecca di meno del comico drogato qualunquista?

In ogni modo, quando un umorista diventa un cretino per egoismo dei sensi, indica la via del successo ai suoi simili, e la via dei suicidio morale a chi aveva creduto in lui.

 

Proverbio mediatico: la religione mediatica dell’hai ragione trasforma l’uomo in coglione.

 

 
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Quanto sono pulite le panettiere?

Post n°16 pubblicato il 25 Settembre 2009 da maxvaunter
Foto di maxvaunter

Ci risiamo con le panettiere: sempre loro, le zozzone!

Eccezion fatta per rarissimi casi, non è la prima volta che vedo servire pane, croissant, grissini, pizze, focacce eccetera con mani nude e luride. L’altra mattina la panettiera dal culo basso e massiccio che ho sotto casa, era fuori il negozio a scopare polvere e raccattare schifezze varie. Entro per prendere del pane. Anche lei rientra e, come se nulla fosse, come se il buon Dio non avesse mai inventato l’acqua e l’industria cosmetica non producesse più da secoli il sapone, senza guanti per uso alimentare stà per afferrare due rosette da pesare e farmi pagare.

E’ inutile dire che l’ho investita con parole da porcilaio, invitando a mangiarsele lei quelle pagnotte lerce. Poi, allontanandomi schifato, ho capito perché aveva il volto (muso) imbiancato: non era né cipria e neppure farina, bensì polvere del selciato tirata su poco prima mentre ramazzava l’esterno del negozio.

E che dire di quelle altre panetterie che mettono sopra il bancone ogni genere alimentare e i clienti ci starnutiscono sopra, parlano e tossiscono lanciando schizzi di saliva su ogni bendiddio senza protezione, monetine che cadono sugli alimenti e poi affannosamente vengono ricercate spostando a mani nude i vari prodotti.

Non è stato neppure troppo tempo fa che, in una panetteria assai rinomata in Torino, la commessa vistomi entrare, cessa di pulire il pavimento, strizza rapidamente a mani nude lo straccio e dopo averlo posato sopra il secchio d’acqua sporca, si appresta a prendere il pane che le stavo per ordinare. Posso capire i verdurieri e i fruttivendoli: la verdura si lava e la frutta si sbuccia; pazienza i macellai e i pescivendoli poichè i loro alimenti vanno cotti. Ma col pane possiamo mica aprirlo, mangiare solo la mollica e buttare via il resto?

Non ci salva neppure pensare alle mondine che per necessità e urgenza produttiva, sono obbligate a fare pipì nell’acqua dove raccolgono il riso. Ai vinaioli che pigiano l’uva con piedi non del tutto sani e puliti.

O ai formaggiai che fanno macerare alcuni formaggi DOC tra muffe e larve di mosche.

Il pane è pane, anzi, come diceva il grande De Sica (padre) osannando questo alimento come vitale e primario per noi italiani : " Bimbi, mai soli: sempre il pane vi deve accompagnare"!

 
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Origini dell'uomo seconda parte

Post n°15 pubblicato il 25 Settembre 2009 da maxvaunter
Foto di maxvaunter

D – Sua superiorità, continui a parlarci delle origini del mondo, per carità!

 

R – Tenterò, se tentar è possibile, mi ci proverò, se miciprovar è auspicabile. Dunque, indi, poscia… nulla è più fugace del nulla, più caduco della storia, più caduco della torta di compleanno, che prima splende in tutta la sua panna con i canditi e le candeline, poi scompare, sino a diventare un cumulo di briciole, granelle, zuccherini multicolori e sbafi di crema immangiabile, sparsa sul piatto di portata.  Essa muta come i fiori di ciliegio all’apparire del caldo afoso. E dopo l’abbuffata, gli effluvi di rum aleggiano nell’aria e prendono lo stomaco. Quindi, che senso avrebbe dire di un uomo che  fece l’amore duecentoventimilatrentasei volte, e mangiò 88 fette di torta di compleanno, ebbe gli occhi azzurri e le guance grassocce? Che fu un bravo padre di famiglia, un operaio onesto e si fece inchiappettare dal capitale, quando ormai lui e chi lo attorniava, tutti gli Agnelli, i Berlusconi, i Pirelli, e tutte le torte alla panna, reali e immaginabili, sono polvere? Niente panna! Solo l’anima, come lo zucchero vaniglinato “Manna degli Angeli”, può farti gustare una torta morbida come la luce, che non si spegnerà mai! La consapevolezza rende l’uomo inutile, caro mio. 

D - Chi accresce il sapere, accresce l’affanno, egregio Max Vaunter.

R – Non mi pare che lei sia affannato, signor Piero Ferraris, è anche giunto…

D – Dove?

R – E’ giunto, è andato, è venuto… ad una conclusione.

D – Ha provato un orgasmo intellettuale, intende dire!

R – Sì. Purtroppo non ci restano che testimonianze frammentarie di tal’evento. Stavo parlando della preistoria, lei lo sa che per migliaia di anni non si capì nulla di graffiti e caratteri cuneiformi?! Pare infatti che siano stati ideati a Cuneo.

D – Bravo Max, sei bravo!

R – Bravo sarà lei, come si permette, bifolco, di darmi del tu!? Mi lasci dire e stia zitto.

D – Certo certo, non mi permetterei mai, ma dato che lei è stato per mesi la mia guida, pensavo di poter iniziare a prendermi qualche libertà.

R – Ma scherziamo?! Ma se vuole una guida vada all’Aci o alle pagine gialle. Ma lei, tu, voi, chi siete, chi è? Chi la ha interrogata?! Come vi ti permetti di parlare senza prima alzare la mano? Rispetto! Io sono un luminare della scienza, ma che dico luminare?! Sono un lampadario, un lampione, una centrale elettri-iconica della conoscenza!

D – Si calmi maestro, è una battuta vecchia…  mala tempora currunt!

R -  Può ben dirmelo, giunge la brutta stagione e a tutti lacrima il grande nasone, temporali currunt su tutta la penisola e ci attendiamo a momenti l’alluvione. Però mutatis mutande! Almeno una volta al mese cambiatevi le mutande!

 

D – Bando agli indugi…

R – Sì, tagliamo la testa al topo!

D – Toro… vorrà dire?!

R – Ma stia zitto, mi lasci dire, mi lasci dire… oggi  parlerò… dov’è la telecamera?…

D – Cavaliere, non c’è la telecamera.

R – Ah No? Ciò è assolutamente deforme ad ogni mia aspettativa, sono putrefatto dallo stupore.

D – Cavaliere, questa è una seduta spiritica e lei parla per mia bocca, mentre io registro…

R – Quindi non c’è la telecamera?

D – No, non c’è.

R – Peccato. Se potessi la prenderei a schiaffi! Ricordi sempre che la violenza è la virtù dei deboli; la non violenza la virtù dei morti. Ed ora non mi interrompa più. Cari telespettatori, oggi vi parlerò di una mia invenzione. La pre-i-sto-ria.

 
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