Creato da: lecasame il 04/04/2010
Con calma e per piasèr

 

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DIFENDIAMOCI!

Intanto difendiamoci
da chi ci sta sbranando,
poi penseremo a individuare
chi glielo sta lasciando fare.

 

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UN GIORNO MIGLIAIA DI UOMINI LASCERANNO...

Proclama all’occidente 
del presidente algerino Houari Boumediene
nel 1974 dal podio delle Nazioni Unite:

“’Un giorno milioni di uomini lasceranno l’emisfero sud per fare irruzione nell’emisfero nord. E non in modo amichevole.

Verranno per conquistarlo, e lo conquisteranno popolandolo con i loro figli. E’ il ventre delle nostre donne che ci darà la vittoria”.

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IL CUCULO

... quando si schiude l’uovo del cuculo, il piccolo intruso sbatte fuori dal nido i suoi “fratellastri” caricandosene sul dorso le uova e gettandole fuori, o spingendo giù gli altri uccellini del nido se sono già nati...

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SPOT PARTITO DEMOCRATICO SVEDESE

 

QUESTA E' SPARTA!

 

Dichiarazioni DIRITTI UMANI

Dichiarazione Universale
dei diritti umani

................................

Dichiarazione Universale
dei diritti dell'uomo nell'islam

................................

 

Messaggi del 10/04/2012

 

Barista non serve il caffè al magrebino, il cliente lo denuncia: «Sei razzista»

Post n°816 pubblicato il 10 Aprile 2012 da lecasame

Barista non serve il caffè al magrebino, il cliente lo denuncia: «Sei razzista»

Esasperato dall'ennesima rissa fra stranieri ubriachi, il gestore della coop di Abano impone il divieto alle dipendenti

di Eugenio Garzotto

PADOVA - Un caffè rifiutato per ben due volte a un nordafricano. Secondo quest’ultimo, a causa del colore della pelle, tant'è vero che ha deciso di denunciare il fatto ai carabinieri di Abano. Ma per il gestore del bar il motivo è un altro. Il fatto è avvenuto l'altro ieri al centro ricreativo comunale di via Donati, la struttura dell'amministrazione gestita da 7 anni dalla cooperativa sociale Faber. Sarebbe stato - secondo la denuncia - lo stesso presidente del sodalizio, Lorenzo Pistore, a dare disposizione ai dipendenti di rifiutare per due volte all'immigrato la tazzina. Un caso di razzismo? Non proprio.

Pistore, infatti, ammette di avere impartito quell'ordine. Motivo:

l'esasperazione cui il gestore del Crc è oramai giunto dopo l'ennesima rissa consumatasi nel locale, il giorno precedente, scoppiata proprio per un dissidio fra extracomunitari.

Ma andiamo con ordine. Tutto comincia la sera prima, il sabato della vigilia pasquale. Il Centro ricreativo ospita un concerto all'aperto che richiama un centinaio di persone. D'improvviso,

salgono i toni fra due nordafricani. Si comincia con urla e spintoni, poi si passa a calci e pugni.

La gente assiepata vicino al piccolo palco teme che la situazione degeneri e si rifugia all'interno del locale. Pistore in quel momento è assente. Viene informato dai dipendenti della cooperativa che poi chiamano i carabinieri. Arriva una pattuglia e gli animi si sedano.
I militari procedono all'identificazione dei due "contendenti". Poi tutto torna tranquillo. Ma Lorenzo Pistore la prende malissimo. È la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Il Crc è frequentato da anziani e famiglie. Un posto tranquillo in cui spesso però alcuni extracomunitari alzano il gomito e perdono il controllo.

Più volte il gestore del centro ha chiesto aiuto a un nordafricano
(di cui però non vuole dire il nome) con un rilevante "peso" nella sua comunità di intervenire per placare gli animi più accesi e tenere sotto controllo i connazionali che hanno maggior propensione a esagerare con l'alcol e a perdere il controllo anche per motivi futili. Ricevendo sempre un rifiuto. Ed eccoci a domenica. Quando proprio quella persona varca l'ingresso del Crc, si avvicina al bancone e chiede un caffè. Pistore ha dato precise disposizioni alle dipendenti: niente consumazione. Una forma di «ripicca» per il mancato appoggio.

L'uomo se ne va, ma nel pomeriggio si ripresenta. La scena è la medesima: ancora la richiesta di un caffè, ancora una risposta negativa. Il messaggio è chiaro. E soprattutto, indirizzato a una persona specifica che non può equivocare. Se ne va minacciando una denuncia per razzismo e mantiene la promessa: ieri ha varcato la soglia della caserma dei carabinieri. Oggi Pistore si recherà al comando per fornire la propria versione dei fatti.

http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=190075&sez=NORDEST

Se l'immigrazione fosse stato - e fosse - un fenomeno seriamente gestito e controllato, oggi non saremmo PREDA di immigrati clandestini, violenti, delinquenti.

 
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Gran Bretagna: «Sì al velo islamico, no alla croce cristiana»

Post n°815 pubblicato il 10 Aprile 2012 da lecasame

Gran Bretagna: «Sì al velo islamico, no alla croce cristiana»

Nadia Eweida e Shirley Chaplin erano state licenziate perché portavano la croce al collo. Secondo lo Stato inglese, poiché il cristianesimo non impone di indossare simboli religiosi, è giusto che le due donne siano state allontanate. «Così, però, - dice il loro avvocato - si discrimina la religione cristiana e lo Stato giudica non secondo principi laici, ma confessionali». Persino la stampa russa parla di decisione «totalitaria» e «sovietica».

 

Il governo inglese si era già schierato dalla parte dei datori di lavoro che vogliono vietare ai propri impiegati di indossare simboli religiosi. Ora, però, la Gran Bretagna si è spinta oltre, discriminando la libertà di espressione di alcune confessioni.

Il fulcro della relazione che la Gran Bretagna ha portato davanti alla Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo, sul caso di due donne licenziate perché portavano la croce al collo, dice - in sostanza - che a rimetterci deve essere la religione cristiana, proprio grazie al suo carattere liberale. Mentre quella musulmana deve essere rispettata per via delle norme che vincolano i suoi fedeli. Per il governo, insomma, le croci si possono vietare, mentre il velo e il turbante no.

Le due vittime, Nadia Eweida e Shirley Chaplin, furono licenziate nel 2006 e, in seguito, persero il ricorso presentato davanti ai tribunali inglesi. La prima donna fu licenziata dalla British Airways perché si rifiutò di togliere la croce che portava al collo che, a parere dei dirigenti dell'azienda, rovinava la divisa della compagnia. La seconda fu esclusa dal reparto di un ospedale statale in cui lavorava da 30 anni per non aver accettato di nascondere la catenina.

Neil Addison, avvocato del Thomas More Legal Centre (per la difesa delle vittime di discriminazioni religiose), ha sottolineato che le motivazioni del governo inglese si spostano sempre più in là: «Non si vietano più simboli religiosi in generale, ma si proibisce di portare simboli cristiani in pubblico per il fatto che non sono obbligatori. Diversamente dal velo o dal turbante islamici che, invece, devo essere accettati perché imposti dal credo musulmano. Questo significa privilegiare alcune religioni rispetto ad altre». Tale decisione, ha continuato Addison, è ancor più grave dal momento che «mina le fondamenta di uno Stato laico, lasciando che la giustizia prenda decisioni su basi religiose e teologiche per dire cosa sia obbligatorio o meno».

I media europei non hanno parlato della vicenda. A dare, invece, ampio risalto alle nuove motivazioni legali è stata la televisione russa, che ha paragonato le misure inglesi a quelle sovietiche: «Un grande errore viene fatto oggi dall'Occidente liberale che impone alle persone libere le misure che ci imposero i regimi totalitari. (...) Non sanno cosa significa la persecuzione religiosa. È un segno di follia preoccupante quando norme di questo tipo non solo vengono introdotte, ma addirittura discusse come ragionevoli. Che c'è, infatti, di violento nel portare una croce al collo? Chi e cosa si può danneggiare? Perché si possono portare amuleti, veli o turbanti e non indossare simboli d'amore?»

http://www.tempi.it/gran-bretagna-s-al-velo-islamico-no-alla-croce-cristiana

 
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Nessuno infanghi la canottiera che cambiò il Paese

Post n°814 pubblicato il 10 Aprile 2012 da lecasame

Nessuno infanghi la canottiera che cambiò il Paese

Chi getta fango su Bossi parla in perfetta malafede: è stato fra i pochi a lavorare per risolvere davvero i problemi degli italiani. E prima di lui il Nord non esisteva


di Giuliano Ferrara - 08 aprile 2012

La mia parte indignata è morta, se mai sia vissuta. Non me ne importa delle lauree dei famigli, delle macchine sgargianti e rombanti, del giro della Rosi (che naturalmente deve lasciare la carica senatoriale seduta stante), della moglie arpia, dei poteva o non poteva non sapere a proposito di un uomo che è stato grande nella salute e grandioso nella malattia.

 

Bossi non lo vedo da quasi vent’anni, quando mollò il primo governo Berlusconi lo chiamai in faccia in tv «la cara salma», e mai previsione fu più azzardata. Del bossismo non ho amato mai nulla, non ho mai urlato il «grazie barbari» del compianto Giorgio Bocca, non ho mai flirtato in chiave antipolitica con il cappio in Parlamento e tutto il resto di «Milano, Italia », ho sempre considerato la Lega una tribù sciamannata e una satrapia personale dai toni pagani, figuriamoci, a me piaceva il garibaldino Craxi e, se era per la Lega e i suoi tesorieri, preferivo Citaristi e la Dc. Di Roma ladrona sono figlio e abitante, ne so più di Fiorello e dei nuovi stornellatori.

Di nemesi non sono autorizzati a parlare quelli di Repubblica . Sono sempre stati, loro e il loro esercito politico di riferimento, dalla parte del giustizialismo, anche di quello duro e puro alla leghista, se era per colpire chi non rientrava nel cerchio magico dei loro interessi e pregiudizi. Troppe ne abbiamo viste, noi garantisti, di nemesi. A partire dal loro eroe preferito Di Pietro, anche lì macchine sgargianti e un partito padronale- contadino, per finire con la sinistra perbene che i suoi sistemi fatti apposta per abusare dei finanziamenti pubblici e accaparrarsi ogni tipo di finanziamento irregolare li ha messi in piedisenza pudore o, se volete, con grande ipocrisia. Però il mancato riconoscimento della vera storia di Umberto Bossi, il seppellimento sotto i lazzi e gli insulti della sua rozza ed eccezionale avventura che ha convinto un terzo degli elettori del Veneto, un quarto di quelli della Lombardia e che ha cambiato la cultura e l’incultura politica italiane, questo mi avvilisce e mi umilia come persona che ama la storia e la politica, che desidera capire le cose e non esercitare la superbia del proprio io nel gesto d’accusa.

Prima di Bossi il nord di questo Paese non esisteva, né civilmente né politicamente. Bossi nasce da una costola della sinistra, come disse una volta D’Alema. Forse. Nasce certamente da una costola del mio Paese, e chi oggi getta palate di infamia su di lui e sulla sua parabola non si rende conto di quello che dice o lo dice in perfetta malafede.

Quando ebbe un primo attacco del male dopo un comizio, questo straordinario popolano da pizzeria, Craxi gli fece immediati auguri «perché ho bisogno di avversari sani». Nessuno come un capo socialista del sistema dei vecchi partiti era lontano dal bossismo e dalla sua versione dell’attacco alla casta romanocentrica. Ma nella vecchia cultura repubblicana il senso della storia era vivo, e anche gli avversari sapevano rispettare uno spiantato da falsa laurea capace di sollevare le valli e le città e la grande pianura padana in un’impresa che aveva effetti sismici sulla pietrificata mentalità delle vecchie istituzioni sabaude e meridionali. Siamo diventati, per quanto riguarda il linguaggio della classe snobistica che fa l’opinione e scrive sui giornali, una comunità di guardoni e uditori giudiziari, gente che non ha lo sguardo lungimirante e pietoso necessario a comprendere, che non vuol dire giustificare o chiudere un occhio, vuol dire al contrario spalancare gli occhi. Padre debole e sentimentale? Chissenefrega. Marito birbaccione rientrato e rinchiuso nell’ovile del coniugio nel momento disperato della menomazione da malattia?

Chissenefrega. Non sapeva far di conto sui nostri soldi, affidati a improbabili suoi tesorieri senza che fossero fissate regole sicure di controllo e certificazione?

Chissenefrega. Se è per questo, anche il dignitoso e non ladro Rutelli di conti se ne intendeva a quanto pare pochino, e i Lusi di tutti i partiti, tutti, sono per legge le persone più libere di peccare e incasinare i conti che ci siano al mondo.

Ma intanto Bossi fu altro, è stato una chiave per la comprensione e l’incanalamento di grandi e pericolose rabbie nordiste, ha flirtato con i mostri del secolo, da Milosevic in giù, ha usato una lingua da trivio, la sua gesticolazione corporale era la volgarità incarnata, ma mostro non è mai stato.

Se chi gli sputa addosso adesso, brutti maramaldi che non sono altro, avesse fatto un centesimo di quello che ha fatto Bossi per cercare soluzioni ai problemi veri italiani, avrebbe il diritto di parlare.

 
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