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Luzi, Il poeta e la poesia

Post n°299 pubblicato il 17 Maggio 2014 da marialberta2004.1
 
Foto di marialberta2004.1

Maria Alberta Faggioli Saletti

Mario Luzi, IL POETA E LA POESIA-CONCLUSIONI (7)

Si può confermare che, “col passare degli anni, la figura del poeta e dell’uomo ha sempre più acquistato in fermezza e chiarezza, al punto di apparirci come una delle grandi soluzioni della poesia nuova, dopo Montale e Ungaretti” (Carlo Bo, La nuova poesia, in “Storia della Letteratura Italiana”, Direttori E. Cecchi-N. Sapegno, vol. IX, Il Novecento, Garzanti, Milano 1969, cit.).

L’attività del poeta consiste anzitutto nella testimonianza, il cui valore si fonda sulla fiducia nel valore della scrittura poetica. Allora il poeta, come detto, fiducioso nella forza e nel valore profetico della parola assunti dalla poesia deve contare su di un linguaggio puro e trasparente, sulla capacità di fissare in ardite metafore il suo messaggio poetico: “Vola alta parola, cresci in profondità,/ tocca nadir e zenith della tua significazione,/ giacchè talvolta lo puoi-sogno che la cosa esclami/ nel buio della mente-/ però non separarti/ da me, non arrivare,/ ti prego, a quel celestiale appuntamento/ da sola, senza il caldo di me/ o almeno il mio ricordo, sii/ luce, non disabitata trasparenza…/ La cosa e la sua anima? O la mia e la sua sofferenza?” (Vola alta parola, da “Per il battesimo dei nostri frammenti” ”-1985, in M. Luzi, Tutte le poesie, Garzanti-Gli Elefanti, cit., p. 591).

E la poesia? “La poesia ormai non è più registrazione di momenti privilegiati, illuminazioni e visioni in cui si condensa un cosmo, ma si espande in una specie di ‘lingua totale’, cronaca di una vicenda cosmica, di una metamorfosi dinamica che va da essenza a esistenza, da possibilità a realizzazione” (Alfonso Berardinelli, La poesia, pp. 169-267, in La Letteratura italiana-Corriere della Sera, vol. 20, p.194).

In una conversazione con il giornalista e critico Renato Minore, recentemente ripubblicata, è contenuta un’enunciazione del grande poeta nella quale ciascuno può ritrovarsi: “So che la poesia è una necessità come la vita. E’ una lettura molto approfondita del presente, di quello che c’è, dell’esistente. Riordina le esperienze quotidiane che - non ripensate- minacciano in modo preoccupante la nostra vita. Dà un senso a ciò che pare non averne. Ritrova la ragione del nostro essere e del nostro soffrire. E’ quel supplemento di verità di cui sentiamo bisogno, di cui il cuore e l’anima hanno bisogno.” ( Renato Minore, La promessa della notte. Conversazioni con i poeti italiani, Donzelli Editore, Roma 2012, p. 119).

Effettivamente la sua poesia raggiunge vertici lirici quando affronta le esperienze profonde dell’uomo, ed essa assume luminosità intensa se si fa contemplazione che trascende la quotidianità. Sempre più la poesia di Luzi sembra invocare "ascensioni umane" e presenza religiosa, come in Un mazzo di rose, che conclude l'edizione di Tutte le poesie, nei "Meridiani" del 1998: "Pure tutto cuoce, / carbonizza, flagra. / […] / E noi dentro quel fuoco / resine stillanti, oh / liberazione dalle scorze" (M. Luzi. L’opera poetica, a cura di Stefano Verdino, Mondadori Meridiani, Milano 1998).

Si è parlato di poesia e contemplazione, di razionalità estatica, di poesia “filosofica e simbolica, cristiana ed esistenzialista, cosmologica e morale”, cioè con vocazione filosofica e teologica, ma è certo che il poeta è stato capace di rinnovare temi e stile anche ben dopo i settant’anni, conservando sempre qualcosa di nobile, grandioso e globale, scegliendo come ultime forme quella dell’inno, e quella del ditirambo (Alfonso Berardinelli, La poesia, pp. 169-267, in La Letteratura italiana-Corriere della Sera, vol. 20, pp. 193-194).

Nell’itinerario antologico “La ferita nell’essere”-2004, è contenuta un’intensa riflessione sulla sua poesia: “Né dalla memoria né dal futuro arrivano soccorsi, ed è la poesia a dover scendere tra i rovi , ferirsi anch’essa, per ritrovare la risposta nella pietà, perché ‘fiori tristi’, ‘erbe opache’, ‘reste grigie’ siano pur sempre ‘presagio’, ‘indizio’, ‘segno’” (Mario Luzi, “La ferita nell’essere”, Un itinerario antologico, a cura di Valerio Nardoni, Passigli Editori, Firenze 2004, p. 39).

Sotto l’aspetto formale, la poesia cui Luzi ha senza sosta riconosciuto grande valore, è parsa negli anni sempre più sciolta dagli schemi metrici, distesa/posata sulla limpidezza di uno stile pressoché perfetto, dalla grande musicalità.

Quanto ai temi, giova ripeterlo, il poeta ha trattato l’essenziale, primordiale concordia del “creato” di cui ha provato a restituirci la voce ubbidiente al “grande codice” della natura, con il suo ritmo, una voce di creatura che è l’evidenza della poesia. Ecco, ad esempio, “Per lei vita soltanto”: Finchè/le avviva/la nuova primavera/il piumaggio del collare,/ finchè/ le apre la forza delle ali// ed essa/è là librata/ nel cielo aperto/ nell’aperta plaga// le viene incontro/ a ondate/ quella terra luminosa,/ le scorre giù,/in basso,/sotto il petto, le scocca/qualche folgorante abbaglio// e lei vira, la chiama/qua e là/ la lucentezza del mattino/e ondeggia/e scopre meraviglie-/o no, non scopre niente/ lei, risale il lungo ramo/ della sua memoria, bruca/l’albero di sapienza della sua famiglia/ed è felicità, quella,/ forse, ma solo nostra/ e per lei vita soltanto? (Per lei vita soltanto, da “Per il battesimo dei nostri frammenti”-1985, in M. Luzi, Tutte le poesie, Garzanti-Gli Elefanti, cit., p. 651).

In conclusione, si può concordare con Stefano Verdino che ha a lungo studiato, e curato l’opera poetica di Luzi: “Non esiste un poeta di così lungo corso e sempre in ascolto come Luzi, il cui itinerario poetico … non ha mai comportato una pigra amministrazione delle proprie ricchezze, ma si è sempre prodigalmente speso…in diverse avventure dell’immaginazione con un esito di molteplicità che non ha eguali nel nostro secolo” (S. Verdino, Mario Luzi, L’opera poetica, Mondadori-I Meridiani, Milano 1998, p. XI ).

 
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