Creato da: marialberta2004.1 il 03/12/2007
Ferrara

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

zoecorvinaannatinacontinovince19591valy485michela.grossi75novizioemanuelerikiliberoonofrisilrossettiverniciatureclaus.gisidora.manciaglialdoclemenzi1942nata52copernicano111hopeandhappy
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

I miei link preferiti

 

 

 
« QUEL TANTO CHE BASTA - R...QUEL TANTO CHE BASTA - R... »

QUEL TANTO CHE BASTA - RECENSIONE in 4 Post

Post n°389 pubblicato il 08 Novembre 2017 da marialberta2004.1
 
Foto di marialberta2004.1

Maria Alberta Faggioli Saletti (recensione) e Sandra Goberti (scelta delle pagine da leggere), socie di Terra Ferma, Associazione di Volontariato Onlus, fondata nel 1999 per la tutela delle persone con disabilità intellettiva e disagio anche complessi - Presidente Malvina Zanella Montanari, Sede associativa presso la Fondazione Fratelli Navarra, Ferrara.

Maria Rosa Pizzi, Quel tanto che basta,Youcanprint Self-Publishing, Collana Narrativa, Lecce Ottobre 2017 (prima edizione 2015), Prefazione, pp. 5-13. 2  (clicca sull'Immagine)

La vicenda personale  della figlia e del nipote di Telene, Maria Rosa e Dario, è di quelle che commuovono profondamente. Incinta a 40 anni (il marito Tullio ne ha 50 e la figlia Silvia è già adolescente), Maria Rosa  è colta dalla gravidanza alla sprovvista, “come un temporale senza nuvole”,  e teme di mettere al mondo un figlio con anomalie genetiche, perciò si affida all’amniocentesi per ricevere indicazioni. Data l’età, Maria Rosa sa di correre maggiori rischi, ma il vero problema è se avrà il coraggio di abortire, d’accordo o in contrasto con il marito: dovrebbe interrogare veramente se stessa, come le ha consigliato la madre “nella sua saggezza di persona semplice” (Capitolo 3).

L’esito dell’analisi la rassicura che il figlio non presenta anomalie genetiche, e la successiva ecografia compie il miracolo di mettere d’accordo i genitori. Il parto però non è quello naturale, con travaglio doloroso e felicità per la nascita, bensì un parto cesareo d’urgenza.

Dopo l’intervento, la mamma trascorre più giorni senza vedere il suo bambino, poi la comunicazione che il bambino appena nato è ricoverato in Neonatologia per “compromissioni cerebrali”: in Ospedale, una sconosciuta “messaggera di sventura” raccomanda aduna mamma sconvolta “rassegnazione e coraggio”.  Dario è nato affetto da una sindrome genetica rara che l’amniocentesi non ha individuato, “ipotonia”, scoperta al momento della nascita e diagnosticata poi come sindrome di Prader-Willi.

La narrazione che segue è drammatica e tiene avvinto chi legge,  soprattutto la lettrice.  La lettrice mamma si sente toccata nel profondo fin dalla prima ferita di Maria Rosa,quella dopo la trattativa per allattare il piccolo che però deve essere nutrito con un sondino.

Per la famiglia iniziano i pellegrinaggi in centri specializzati e dal celebre neuropsichiatra. Per la mamma si manifesta chiara la decisione di non abbandonare il suo “piccolo bimbo indifeso”, un bambino che, se non viene nutrito a forza, muore “di fame senza emettere neppure un suono”(Capitoli 4,5,6,7).

C’è tanta proprietà di narrazione riflessa nel racconto di Maria Rosa, sia nei contenuti personali e privati, sia in quelli più generali. La scrittrice sa custodire le emozioni e nel contempo sa affidare al lettore un ruolo attivo. L’auspicio è che tra i lettori ci siano parecchi genitori, e persone che operano nel mondo della Scuola e della Sanità.

LEGGIAMO dal Capitolo 12, (Tullio ha “perso” Dario) “Godersi un figlio bambino è un modo di dire che si usa dalle mie parti per esprimere la gioia che dà vederlo crescere. È un godimento fatto di sguardi ricambiati, di gesti, del piacere di stare insieme.

Mio figlio non sa esprimere i suoi sentimenti né con il gesto né con la parola e in questa mancanza di reciprocità ho finito per scambiare l’amore con la cura, con l’ansia. Solo adesso che l’ho perso mi rendo conto di quanto lo amo, di quanto ho bisogno di lui. Se in questo momento mi offrissero al suo posto il bambino più bello e più intelligente del mondo, direi:

- “No, è solo mio figlio che voglio, è lui e nessun altro.” E adesso, l’ho perso.

Ha smesso di piovere. Mi siedo sulla panchina e piango. Piango con la testa tra le mani con sfinimento e disperazione.

- “Dio, ti prego, fammelo trovare.” Da quanto tempo non prego? Da quanto tempo sono arrabbiata con Dio? -“Ti prego fammelo trovare.”  Non so se è una vera preghiera, ma continuo a ripeterla come una giaculatoria. Mi sento toccare un braccio. Alzo la testa, pensando che sia Tullio, invece è un vecchietto.

- “Signora, è lei che ha perso un bambino?”

- “Sì, sì, sono io… Sa dov’è?” Gli prendo le mani e gliele stringo con forza.

- “Stia tranquilla, il bambino è al sicuro. Una signora l’ha visto vagare nella piazza e l’ha portato a casa sua. So dove abita, venga che l’accompagno.”

Nella vita di Maria Rosa c’è un “prima” e un “dopo” la nascita di Dario, “un figlio speciale”.

Il dopo comprende anzitutto l’accoglienza calda, fisica, dei familiari, la mamma, il marito, la sorella Rina, il padre,la figlia Silvia, nell’abitazione condivisa. E’ grande il contributo di una famiglia numerosa, solida e coesa, alla cultura dell’accoglienza e alla custodia di identità e appartenenza dei genitori di un bambino con disabilità.

Così si leggono con le lacrime agli occhi le pagine in cui Maria Rosa riesce a raccontare alla sorella quello che prova, “tutte le mie paure, tutta la mia disperazione”, trovando così la forza di risalire da un dolore profondo, da una sofferenza che l’ha quasi annullata anche fisicamente. Ed anche l’angoscioso interrogativo “che ne sarà di Dario quando noi non ci saremo più” (Capitoli 2,6,12,18).

Altrettanto commoventi le pagine dedicate alla figlia Silvia, al Diario di Silvia: le sue parole sono capaci di rendere resistenti al tempo le prime emozioni e gli sguardi fraterni (Capitoli 10,19). Coinvolgenti il Capitolo sulle “nipotine” (le figlie di Silvia) e le pagine su Giulia e Ilaria, le figlie della sorella (Capitolo 20).

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963