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QUEL TANTO CHE BASTA - RECENSIONE in 4 Post

Post n°388 pubblicato il 08 Novembre 2017 da marialberta2004.1
 
Foto di marialberta2004.1

Maria Alberta Faggioli Saletti (recensione) e Sandra Goberti (scelta delle pagine da leggere), socie di Terra Ferma, Associazione di Volontariato Onlus, fondata nel 1999 per la tutela delle persone con disabilità intellettiva e disagio anche complessi - Presidente Malvina Zanella Montanari, Sede associativa presso la Fondazione Fratelli Navarra, Ferrara. 

Maria Rosa Pizzi, Quel tanto che basta,Youcanprint Self-Publishing, Collana Narrativa, Lecce Ottobre 2017 (prima edizione 2015), Prefazione, pp. 5-13. 3 (clicca sull'immagine)

●Mamma Maria Rosa studia di notte manuali specialistici e ne applica i metodi di giorno per stimolare il suo bambino, con la mente occupata nei progetti derivanti da questo super lavoro e dalla convinzione che Dario non deva essere bloccato di fronte ad un’iniziativa, ma piuttosto lasciato libero.Questa risalita vede la mamma parte attiva in un percorso terapeutico mirato con il quale Dario fa progressi (Capitoli 6,7).

Per lei iniziano anche le scoperte educative: Dario ha bisogno di “una motivazione forte”, di tempi lunghissimi e pazienti per accogliere una comunicazione. 

Il bilancio dei primi 10 anni insieme è positivo: Luca “ha bei capelli ricci e molto folti” (è questa l’unica notazione fisica di Dario!), ed è diventato goloso di cioccolatini, rischiando l’obesità, a causa di un problema metabolico, da poco nutrito che poteva essere (Capitoli 6,12).

Maria Rosa, attenta adacquistare oggetti stimolanti per Dario, adotta una didattica essenziale che punta su nomi e azioni, per guadagnare in semplicità ed efficacia, ma si accorge ben presto che è meglio osservare attentamente non tanto quello che manca, ma piuttosto quello che è capace di accendere di interesse gli occhi del bambino, di regalargli passione , di trasformarne i limiti in potenzialità fino a vederlo felice.Interesse e motivazione come quelli che gli derivano dallo sprofondare le mani nella terra e dallo stare nell’acqua, passioni di tutti i bambini. Il viaggio di Dario e Maria Rosa verso le parole inizia in maniera efficace dopo l’incontro con una giovane psicologa di Mestre che segnala e spiega il metodo antico delle Canzoncine e delle Filastrocche, da sempre gradite ai bambini (Capitoli 12,13,17). Di sicuro, questa ricchezza teorica e metodologica si è accompagnata all’elaborazione di validi sussidi didattici che meriterebbero di venire studiati e pubblicati.

La scuola a 6 anni, l’insegnante di sostegno e il suo orario, il problema dell’accudienza,fanno riflettere la mamma/insegnante/scrittrice sulla “legge…che apre le porte della scuola” ai bambini con disabilità e che in un decennio di vita si mostra ancora troppo giovane, con un’organizzazione scolastica “disastrosa”. Eppure Dario ha la fortuna d’incontrare un bravissimo insegnate di sostegno (un insegnante di Educazione fisica) che riesce a fargli capire la necessità di eseguire le “consegne”, di giocare con i compagni, e di … partecipare alla gita scolastica a Venezia. Solo una persona di scuola può cogliere i momenti esilaranti di questi avvenimenti e descriverli con la più calzante ironia. Anche la Prima Comunione è per Dario un avvenimento bello e partecipato. Con l’aiuto dell’insegnante di sostegno che riesce a valorizzarne le “abilità e ad aumentarne l’autostima”, Dario vive belle attività con i compagni e fa passi importanti (Capitolo 16).

Nella sua vita entrano poi il gatto Libero,  le relazioni parentali e le amicizie  che inducono Dario a ad interessarsi, ad appassionarsi “a qualcosa insieme a…” (Capitolo 18).

LEGGIAMO dal Capitolo 18, “E’ ora di tornare, chiudo le finestre e la porta della Bordocchia. –“Dario saluta Libero. Si torna a casa.” Mio figlio non dà segno di ascoltarmi e allora accompagno le parole con il gesto e aggancio il suo sguardo prendendogli la faccia tra le mani, come un’innamorata. Sono sicura che è dispiaciuto di lasciare Libero, anche se niente nel suo atteggiamento lo lascia capire.

Andiamo verso la macchina,apro lo sportello e lo aiuto a salire, ma, mentre sto per chiudere, incredibilmente il gatto fa un balzo e sale in macchina:

- “Hai visto, Dario, Libero viene a casa con noi.”

Metto un’enfasi esagerata nella mie parole per aiutare mio figlio ad imitarmi, ma, invece di salire sulla Panda, Dario si incammina verso il fienile.

- “Dove vai? Non vedi che Libero è già salito in macchina?

Continua a camminare fino al sacchetto dei croccantini. Mi commuovo. Ha pensato che il gatto avrà bisogno dei croccantini se verrà a casa con noi.

- “Hai ragione, Dario. Bravo.Lo abbraccio e per una volta non fa resistenza.

Guido piano perché il gatto, per quanto ne so, non è mai salito in macchina e chissà come può reagire agli scossoni  della strada. Continuo a controllare nello specchietto, ma dopo qualche chilometro mi tranquillizzo perché Libero è salito sulle ginocchia di Dario e si sono appisolati tutti e due. Raramente ho visto mio figlio con un’espressione più serena”.

Efficace l’analisi profonda di Maria Rosa su alcune “situazioni cruciali e condizioni” di quel periodo così difficile della sua esistenza,gli anni ’80 del Novecento.Anzitutto i costumi, il modo di pensare, la libertà(pesante responsabilità!) di decidere della propria vita, il superamento delle differenze di genere (la libertà di abortire), e poi gli “elementi” che l’hanno sostenuta nei primi momenti drammatici: la competenza professionale umanamente ricca, la capacità di comprensione  di alcune persone, figure professionali sanitarie, che l’accompagnano nei primi minuti, come l’infermiera pronta a sorreggerla fisicamente nel momento dell’accettazione, la dottoressa della Neonatologia, e il primario che le spiega le difficoltà del suo bambino affinchè lei possa compiere fin da subito le azioni giuste e trovare così la forza per andare avanti giorno dopo giorno.

 
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