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PRIMA GUERRA MONDIALE sugli altipiani italiani

Post n°395 pubblicato il 28 Novembre 2017 da marialberta2004.1
 
Foto di marialberta2004.1

da spigolature.net

clicca sull'immagine 

 Maria Alberta Faggioli Saletti

 

Tullio Liber, Ugo Leitempergher, Andrea Kozlovic, 1914-1918 Folgaria – Lavarone – Vézzena - Monte Cimone di Tonezza -  Pasubio attraverso una documentazione storico-fotografica.Trento 1971, lire 2500.[1]

 

Vale la pena di iniziare la presentazione di questo volume, ormai raro, scorrendone l’indice, dallo scoppio delle ostilità, nel 1915, al 1918, per scoprire  l’importanza di una semplice rassegna cronologica e geografica di momenti e figure della prima Guerra Mondiale, in luoghi ricchi di testimonianze, come Lavarone, Busa Verle, Luserna, Pizzo Levico, VézzenaFolgaria, Monte Coston, Malga Milegna; Malga Pioverna, Costa d’Agra, Monte Maronia, Monte Maggio e Monte Gusella; Monte Cimone di Tonezza, Monte Pasubio, e ancora Folgaria. E’ la zona degli Altipiani di Folgaria, Lavarone, dei Sette Comuni o di Asiago, tra le province di Trento, Vicenza e Verona.

 

Il volume è composto da brani di libri che trattavano la vicenda, negli anni successivi alla guerra, da 150 fotografie inedite e da esplicative cartine geografiche, di parte austriaca e di parte italiana, con l’indicazione dei “forti” (i fortini militari) e dei due schieramenti nel 1916, in occasione della “strafexpedition” (spedizione punitiva, definizione italiana della battaglia combattuta sugli altipiani vicentini, nel maggio-giugno 1916, tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico).

 

Non un’analisi storica, bensì la “documentazione storico-fotografica” di fonte austriaca e italiana, di luoghi e avvenimenti che la foto di copertina ben sintetizza: un sacerdote austriaco in preghiera sopra il corpo di un militare italiano.

 

A rendere particolarmente interessante la pubblicazione è il fatto che, durante il conflitto, questi altipiani ospitavano italiani e tedeschi, perché qui il fronte ricalcava l’antico confine tra il Regno d’Italia e l’Impero austro-ungarico.

 

Struggenti gli scatti del capitolo “Dove vivevano”, con le trincee di pietra sconvolte, la prima e la seconda linea, le antiche fortezze, i forti austriaci, i fortini italiani, “tumuli irti di reticolati” che biancheggiano “nella distesa quasi di cenere” (Orazione pronunciata da Gabriele D’Annunzio il 25 settembre 1915, p. 40), i battaglioni in marcia sotto la neve, il soldato che ha appena seppellito “il compagno caduto”, insomma la guerra di alta montagna, “guerra bianca” in “nude cime”, un palcoscenico che aveva ben pochi precedenti e che poco avrebbe influito sulle sorti del conflitto decise invece dalle grandi battaglie combattute in pianura.

 

Alcune immagini del capitolo dedicato agli “uomini”, raffigurano l’arciduca Carlo,“comandante del XX Corpo d’armata”, erede al trono d’Austria-Ungheria, succeduto all’ Imperatore Francesco Giuseppe, nel 1916. L’arciduca era popolare tra i suoi “eroici soldati” le cui azioni seguiva da un osservatorio e lodava con proclami emessi in tempo reale (p. 91).[2]

 

Le pagine scritte contengono testimonianze poco note rese in modo scarno e incisivo, come il resoconto del primo processo svolto nell’aprile 1915 per il Tribunale di guerra di Trento, dopo la resa del forte di Luserna  dove operavano pochi artiglieri, gendarmi, guardia di finanza, ragazzi dai 16 ai 18 anni e uomini dai 50 ai 65. Dopo tre giorni d’ininterrotto fuoco italiano, “la povera gente sepolta viva  (...) non aveva più mezzi di comunicazione per chiedere aiuto. Del resto, un soccorso sarebbe stato impossibile portarlo, (…) la resistenza era inutile e la morte certa, tanto più che nel forte, era opinione generale che esso fosse circondato dalle truppe italiane. Si temeva da un momento all’altro lo scoppio del deposito della munizione e della benzina. La luce era scarsa, l’aria opaca, asfissiante”. Il comandante e i pochi ufficiali, temendo “una rivolta dei soldati i quali, sepolti vivi, non ubbidivano più, né si potevano calmare”, decisero la resa e ne lessero nel libro di servizio le modalità prescritte: issare la bandiera bianca (un lenzuolo), distruggere documenti, denari, viveri,fucili, mitragliatrici e cannoncini, far uscire dal forte due ufficiali per la consegna”. Gli incaricati attesero per ore l’arrivo degli ufficiali italiani. “D’un tratto venne invece una fitta pioggia di proiettili. Erano i forti austriaci vicini che colpivano quello di Luserna… Dopo qualche minuto giunse una pattuglia di tedeschi che, arrampicatisi sul forte, ne strappò la bandiera bianca”. Il comandante, “più morto che vivo, si portò nella vicina fortezza di Costalta dove fu legato e condotto a Trento dal comandante di fortezza. A questi domandò il permesso e l’arma per suicidarsi. Il poveretto che era sporco e nero come il carbone, dava segno di pazzia e fu perciò condotto all’ospedale. Fu rinchiuso e venne ordinato il processo contro di lui ed i suoi ufficiali, per vigliaccheria e resa di una piazza forte senza essere stati costretti dalla necessità.”

 

La sentenza di assoluzione non fu confermata e il processo fu rifatto altre due volte con la stessa assoluzione, ma “non si finì, perché nel 1918, in autunno, l’armistizio lo troncò” (pp. 26-30).

 

Oggi, tra gli altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna, si svolge un tratto del Sentiero della pace (che va dallo Stelvio alla Marmolada), nel quale si trovano il Museo Storico Italiano della Guerra a Rovereto, e il Forte-Museo austroungarico Belvedere a Lavarone (Corriere Della Sera, 30 giugno 2007).



 

[1]Il volume è stato ristampato: Tullio Liber, Ugo Leitempergher, Andrea Kozlovic, 1914-1918. La grande guerra sugli altipiani. Folgaria, Lavarone, Luserna, Vezzena, Sette Comuni, M.Pasubio, M. Cimone e sugli altri fronti di guerra. Storia complessiva della guerra sugli altopiani, con testi e documenti, con 316 foto e 10 cartine, Valdagno (Vi), Rosato, 1988, € 20,00.

 

[2] L’Arciduca Carlo d’Asburgo Lorena (1887-1922) è stato l’ultimo Imperatored’Austria-Ungheria. Figlio primogenito dell’Arciduca Ottone Francesco d’Austria (fratello più giovane dell’Imperatore Francesco Giuseppe), divenne erede al trono nel 1914 dopo l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando (figlio primogenito dell’Arciduca Carlo Ludovico, fratello dell’Imperatore Francesco Giuseppe): nel 1889 era morto suicida a Mayerling l’Arciduca Rodolfo, erede, nel 1896 morì il nonno Carlo Ludovico, fratello minore dell’Imperatore Francesco Giuseppe e nel 1906 morì il padre. Nel 1916, alla morte di Francesco Giuseppe, Carlo I fu incoronato Imperatore d’Austria e Ungheria, a 29 anni. Giovane intelligente colto e riflessivo, regnerà per due soli anni (Manfredo Gravina, Enciclopedia Italiana, 1931).

 
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