Erebos

Pubblicazione di brevi racconti e poesie

 

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L'ELOGIO DELLA FOLLIA

" Se il matto persistesse nella sua Follia andrebbe incontro alla Saggezza " (W. Blake)



" Meglio che sia poeta a caschi morto... Essere pazzo è l'ultimo dei miei crucci " (J. Kerouac)


" Qualunque cosa dicano di me i mortali (so bene che la pazzia gode di pessima reputazione anche tra i folli più folli) ebbene sono io la sola, proprio io in carne ed ossa, grazie ai miei poteri sovrannaturali, a infondere serenità nel cuore degli uomini e degli dèi. La differenza tra un pazzo e un saggio sta nel fatto che il primo obbedisce alle passioni, il secondo alla ragione." (Erasmo da Rotterdam)



 

 

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Il Diadema (3)

Post n°20 pubblicato il 02 Gennaio 2007 da Erebos
Foto di Erebos

Per mia somma fortuna o per la debolezza della mia Mente provata, persi conoscenza e svenni.
Da questo istante in poi i ricordi si fanno confusi e sconnessi e questo darà ulteriori prove a favore di coloro che non credono al mio racconto. Purtroppo non posso invocare le Muse a sostegno di ciò che vidi, ma sperare nella vostra comprensione ed affinità emotiva. C'è, infatti, chi sostiene che quella sorta di epifania che mi si manifestò, costituì un nuovo inizio: il mio comportamento mutò parallelamente al peggioramento di salute. Io continuai e continuo tuttora a sostenere che non è il mio corpo da curare, ma la mia anima e la mia mente. Non vi è ombra di dubbio che il progressivo aumento del terrore mi indebolì i nervi, ma sul fatto che tutto ciò che vissi in prima persona fosse pura fantasia, beh...permettetemi di dissentire.
Quando mi ridestai di soprassalto, sudato ed ansimante, la governante degli H. ebbe quasi una crisi cardiaca. La testa mi doleva in modo spaventoso e quel malefico ronzio cronico che udivo! Il volto esangue e gli occhi sbarrati, come se non volessero più richiudersi per non rivivere immondi sogni di cui non avevo però coscienza alcuna, dovettero avere un preoccupante effetto sui miei osservatori. Alcuni di loro, venni in seguito a sapere, pensarono che quella sorta di stato comatoso in cui mi trovai mi avrebbe accompagnato fino alla fine dei miei giorni, altri dettero per scontato che mi sarei risvegliato senza più il lume della ragione, nessuno sembrava avesse ipotizzato il mio completo, o almeno presunto, recupero. Al fine di essere pronti ad ogni evenienza, nel auspicato caso in cui mi fossi risvegliato, venne fatto chiamare il Dottor M. al quale venne raccomandata massima discrezione. Non vi era alcun bisogno di alimentare le già numerose leggende circolanti su quel luogo. Infatti lo trovai lì al mio capezzale, con un'espressione di curioso ottimismo e malcelata eccitazione. Sembra che, ricevuta la telefonata dagli H., si fosse precipitato a rotta di collo per arrivare il prima possibile: egli sosteneva perché aveva a cuore la mia salute, ma sapevo che il motivo principale era quello di analizzarmi come si fa con una cavia da laboratorio. Vedevo nei suoi occhi una premura ambigua che più che rassicurare, mi agitava maggiormente. Egli già conosceva fin troppo in profondità i miei incubi e le mie ataviche paure, avrebbe potuto usarle contro di me? Cosa aveva in mente?
Ora vi racconterò come feci a risvegliarmi in quel letto. Dovete sapere che tutti gli abitanti della tenuta erano a conoscenza del mio imminente arrivo: giorno e ora precisa del treno diretto da M. Per questo motivo la mia mancata venuta, che sommata al fatto che era ormai notte ha avuto un effetto evocativo terribile, aveva creato un'incredibile agitazione. Il primo a preoccuparsi fu il Signor H. che ben conosceva i pericoli che abitano quelle terre isolate. Si evitò di chiamare la polizia per i ben noti motivi che già ho spiegato in precedenza; di contro organizzarono una piccola squadra di ricerche, formata dai domestici, dallo stesso padrone di casa e dal suo formidabile cane nero di razza danese, per un totale di circa cinque esseri umani più il cane. La magione in questione ha un'estensione di parecchi acri, senza contare le vigne ed il piccolo lago utilizzato per l'allevamento di pesci d'acqua dolce: fino a qualche anno fa venivano organizzati veri e propri tornei di pesca aperti a tutti, fino a quando accadde quello spiacevole incidente...di cui ora preferisco non parlare.
Era da poco passata la mezzanotte quando mi trovarono riverso a terra e mezzo coperto di foglie. Il mio rinvenimento lo devo esclusivamente al migliore amico dell'uomo, mai termine fu più indovinato, quel maestoso danese nero. Indicativamente dovevo aver passato cinque ore in quella posizione, supino con braccia e gambe divaricate. Ma la cosa che più sorprese i miei soccorritori fu l'espressione del volto: un ghigno sardonico e gli occhi spalancati in maniera innaturale dai quali colava un umore rosso bruno di provenienza sconosciuta ed inspiegabile e di consistenza vischiosa. Il cancello ferroso era del tutto aperto e tutto intorno non vi era alcun segno che facesse sottintendere ad una presenza umana; così come del corvo non vi era traccia ed il Diadema era come sempre inanimato e privo di bagliori malefici. Ciò che attirò in modo quasi ossessivo il Signor H. furono le mie mani, che quando mi svegliai ebbero la precauzione, allora per me inspiegabile, di fasciare completamente per impedirmi di vedere: i tre anelli che avevo si erano stretti in maniera sorprendente causandomi una strana enfiagione alle dita. Pareva che qualcuno avesse cercato di strapparmeli con incredibile violenza lacerandomi la pelle in profondità, ma che per reazione gli anelli si fossero avvinghiati con maggior forza alle mie falangi.
continua...

 
 
 
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