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H1N1

Post n°37 pubblicato il 10 Novembre 2009 da ivanfi

Quello basato sulla paura di una pandemia mortale di influenza è un business da miliardi di dollari. Protagonista assoluta del grande affare è Big Pharma, l'insieme dei grandi colossi farmaceutici, "chiamata" in fretta e furia a preparare "l'antidoto" per il virus H1N1. Nonostante le evidenze cliniche ed epidemiologiche stiano mostrando che il ceppo virale incriminato (A/California/7/2009) è responsabile di una normale influenza, molto contagiosa ma poco pericolosa nei soggetti in buona salute, i governi, sollecitati dagli allarmi a ripetizione lanciati dell'Oms, si apprestano a mettere in atto la più grande vaccinazione di massa che la storia ricordi.
I monopoli farmaceutici stanno rastrellando denaro pubblico a palate in tutto il mondo: ogni singola dose di vaccino costa una decina di euro, ma è il volume delle vendite a fare massa. Una delle maggiori banche d'investimento mondiali, J.P. Morgan dell'impero dei Rockefeller, nell'agosto scorso, aveva calcolato che i governi dei vari paesi hanno prenotato, presso le 3-4 aziende in grado di produrre il vaccino su larga scala, almeno 600 milioni di dosi, per un controvalore di 3 miliardi di euro, circa 4,3 miliardi di dollari. La sola Francia, con un ordine per 94 milioni di dosi ha staccato ai produttori un assegno da 1 miliardo di euro.
All'inizio di novembre ai 600 milioni complessivi di dosi già prenotate se ne sommeranno altri 350 milioni, per un'ulteriore fattura di oltre 2 miliardi e mezzo di dollari, più di 1,8 miliardi di euro. Sebbene dunque il miliardo di dosi prenotate, o in via di prenotazione, è insufficiente a coprire una popolazione mondiale che sfiora i 7 miliardi di persone questa cifra è anche, più o meno, il massimo che gli impianti attuali possano produrre, sotto forma di fiale da iniettare (in Europa) o di spray nasale (negli Usa). In poche parole ad operazione completata non ci saranno rimanenze di magazzino come è accaduto spesso con le passate campagne vaccinali per epidemie stagionali.

Le multinazionali coinvolte
Se ai vaccini si aggiungono le medicine (per lo più inefficaci) il "rischio pandemia suina" vale un profitto di circa 10 miliardi di dollari. A spartirsi questo denaro è un ristretto gruppo di giganti dell'industria farmaceutica: GlaxoSmithKline, Sanofi Aventis, Novartis, Astra Zeneca, poiché Big Pharma domina anche il mercato degli antivirali. Anzitutto con il Tamiflu della Roche. E poi con il Relenza, ancora di GlazoSmithKline. Sempre secondo J.P. Morgan, Tamiflu e Relenza porteranno, rispettivamente a Roche e Glaxo, vendite per 1,8 miliardi di dollari nei "paesi ricchi", più 1,2 miliardi di dollari nei "paesi in via di sviluppo". Complessivamente, altri 3 miliardi di dollari, oltre 2 miliardi di euro. Cifre sottostimate in quanto alla fine di settembre la britannica GlaxoSmithKline aveva venduto già 440 milioni di vaccini per un totale di 3,5 miliardi di dollari, il Tamiflu della Roche aveva già fatturato (nel 2009) 2,7 miliardi di dollari e nel terzo trimestre le vendite si sono decuplicate. La rivista Altroconsumo il 30 luglio 2009 ha denunciato che in Italia 14 farmacie su 20 da loro visitate, hanno venduto l'antivirale Tamiflu senza ricetta medica, pur essendo obbligatoria e ricordiamo una confezione costa la "modica" cifra di 36,80 euro! Non solo, per accontentare anche le persone che non vogliono o non possono muoversi da casa, offrono la primizia della Roche da 64 a 127 euro a scatola.

Diversificare il profitto
Non si fa peccato quindi a pensare che l'operazione vaccinazione da H1N1 nasconde gli interessi delle lobby del farmaco, che hanno fretta di gonfiare gli utili per azione 2009 e le quotazioni in borsa. L'indice Dj Eurostoxx Healthcare, che riunisce una trentina di azioni delle principali società europee operanti nel campo dei prodotti farmaceutici, ha registrato una performance positiva di oltre il 4%, mentre l'indice Eurostoxx 50 è salito del 9% circa nello stesso arco di tempo (elaborazioni Morningstar Direct).
Per quanto riguarda l'intreccio di interessi nel regime neofascista italiano basta dire che Enrica Giorgetti, moglie dell'attuale ministro del Welfare Maurizio Sacconi, è Direttore Generale di Farmindustria, che riunisce le 200 aziende del settore più influenti (fonte, sito ufficiale di Farmindustria).
E sarebbe stata proprio la crisi economica a spingere i monopoli farmaceutici a diversificare le fonti di profitto. Alle pressioni per l'immissione in commercio di "nuovi" e più costosi farmaci per vecchie e nuove "malattie", come la "sindrome da iperattività e deficit di attenzione dei bambini (Adhd)" da curare con potenti psicofarmaci come il Ritalin, si affiancano i vaccini. Cinque anni fa, nell'inverno 2004-2005, negli Usa non si riuscì a mettere insieme le dosi previste di vaccino contro l'influenza ordinaria, prodotte da due aziende relativamente piccole: Aventis Pasteur e Chiron. Big Pharma infatti si teneva per lo più lontana da un settore che appariva poco promettente cosicché nel 2004 le vendite complessive di vaccini in generale - non solo per l'influenza - raggiungevano "appena" gli 8 miliardi di dollari, meno degli incassi di un singolo farmaco fra i più diffusi. Poi è cambiato qualcosa, alcune aziende hanno scoperto che anche con i vaccini, si possono fare molti soldi. La Wyeth lancia un vaccino contro lo pneumococco (84 dollari a dose), la Merck uno contro il papilloma virus, acquistato nel marzo 2008 dal governo italiano per vaccinare tutte le adolescenti tra 11 e 12 anni (130 dollari a dose, per una spesa pubblica di 70 milioni di euro). Immediatamente Big Pharma decide di monopolizzare il settore: Novartis compra Chiron, Sanofi prende possesso di Aventis Pasteur, Astra Zeneca Medimmune, Glaxo ID Biomedical, ancora Sanofi acquista la Acambis, Pfizer assorbe Wyeth per 65 miliardi di dollari.
Questo "concentramento di forze" e di capitali in Borsa ha trasformato una vaccinazione raccomandata solo per i soggetti ad alto rischio come anziani, diabetici, cardiopatici, pazienti con malattie respiratorie, neoplastiche o con deficit immunitari, in una vaccinazione di massa, al punto che già nella stagione 2006-2007, per la prima volta il CDC di Atlanta raccomandava fortemente l'antifluenzale per i bambini con età inferiore a 59 mesi.

L'ignoto vaccino
Il vaccino per l'influenza suina è ancora oggi un grande punto interrogativo: come è stato prodotto? Che sperimentazione è stata fatta? Che tipo di vaccino è? Ci sono adiuvanti tossici o cancerogeni, come lo squalene? Quali sono gli effetti collaterali? In sostanza i governi hanno acquistato e distribuiranno "il miracoloso "antidoto" a scatola chiusa, senza sapere precisamente cos'è e quali effetti avrà.
Gli scienziati della Novartis ad esempio avevano fatto sapere che, nei test di laboratorio sul virus, riescono a produrre solo il 30-50 per cento dell'antigene (l'antigene è l'elemento attivo del vaccino) che normalmente si ottiene per il virus dell'influenza ordinaria, mentre la casa farmaceutica Sanofi-Aventis aveva precisato che il vaccino non poteva essere pronto prima della fine di dicembre.
Nonostante informazioni più dettagliate siano coperte dal segreto di Stato, sappiamo infatti che il processo di fabbricazione è lungo, almeno sei mesi: una volta isolato il virus in laboratorio, le milioni di dosi di vaccino vanno coltivate in altrettanti milioni di uova di gallina, per un periodo di 4-6 mesi, poi va fatta la sperimentazione clinica che prevede numerose fasi. L'emergenza pandemia ha costretto a bruciare i tempi. Per la prima volta è stata autorizzata, come per i farmaci vagliati dalla supercorrotta Fda americana, una procedura più rapida: direttamente su una cultura di cellule, sperimentazione clinica a posteriori.
"Sulla sicurezza del vaccino non si scende a compromessi" ha detto per tranquillizzare i perplessi Keiji Fukuda, il vicedirettore generale dell'Organizzazione maondiale della sanità (Oms), ma secondo il quotidiano britannico "The Guardian", per assicurare le centinaia di milioni di dosi entro l'autunno, l'EMEA (l'ente europeo dei farmaci) ha permesso alle società produttrici di scavalcare la fase dei test su larga scala sugli uomini.

Il ruolo dell'Oms
In questa truffa mondiale anche l'Oms ha avuto un ruolo importante. Dall'11 giugno scorso ha dichiarato il "livello 6", il massimo dell'allerta. Addirittura il portavoce ufficiale dell'Oms, Gregory Hartl, ha dichiarato ultimamente in una conferenza stampa, che la nuova influenza si è "diffusa in quasi il 100% dei paesi". Gli effetti secondari non sono irrilevanti. In caso di pandemia infatti le linee guida dell'Oms hanno un carattere vincolante su tutti i 194 paesi aderenti e l'Organizzazione sovranazionale (ormai gestita dalle lobby del farmaco), può legittimamente "costringere" i propri "sudditi" a farsi vaccinare, a limitare gli spostamenti e imporre quarantene.
Ogni governo sta decidendo come rispondere agli allarmi dell'Oms ma quel che è certo è che paesi come Inghilterra, Francia e Australia hanno già dichiarato l'intenzione di voler vaccinare (forse obbligatoriamente) l'intera popolazione, mentre gli Stati Uniti d'America almeno il 50% (cioè 160 milioni). Addirittura l'esercito svizzero sta facendo incetta di vaccini (16 milioni di dosi che provengono da USA, Germania e Spagna) in vista di una vaccinazione di massa forzata della popolazione. (fonte, "Blaser Zeitung"). Il governo italiano ha ordinato 48 milioni di dosi di vaccino, la metà a Sanofi (con sede a L'Aquila dove ha finanziato la realizzazione di un villaggio con 100 case in legno nel comune di Scoppito) e l'altra a Novartis. Le clausole di questi contratti con i colossi farmaceutici non sono state rese note dal capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ma è trapelato che prevedano ad esempio che le eventuali cause per risarcimento danni siano pagate con soldi pubblici, scaricando completamente da ogni responsabilità i produttori.

Terrorismo mediatico
Anche i media sono controllati dalle grandi multinazionali? Certo è che il terrorismo mediatico in atto ha contribuito non poco all'effetto psicosi che sta dilagando in diverse parti del globo. Ecco un articolo illuminante, tra i mille spazzatura che circolano in questi mesi: "L'influenza partita dal Messico potrebbe compromettere anche lo stato economico di molte nazioni. Oltremanica, ad esempio, gli economisti dell'Oxford Economics (centro di analisi economico-finanziaria del Regno Unito) hanno preventivato che un'epidemia potrebbe mandare in fumo una fetta pari al 5% del Pil del Paese. Secondo gli analisti di Credit Suisse, si legge in una nota, 'è difficile ipotizzare quale potrebbe essere la reazione delle Borse'". Risultato: a metà luglio in Gran Bretagna il nuovo sito web National Flu Pandemic Service è saltato a pochi minuti dall'inaugurazione, bombardato da 1.600 contatti al secondo.
Anche in Italia questo vaccino si doveva acquistare a tutti i costi, con l'autunno bisognava tenere l'attenzione alta, focalizzare l'attenzione, allarmare. Ed ecco che arriva il primo decesso italiano. Che poi viveva a Buenos Aires da almeno 15 anni poco importa. Poi la recente sequenza di decessi a Napoli e in Campania, 9 morti su un totale di 18 a livello nazionale al momento in cui scriviamo, nella stragrande maggioranza già in condizioni di salute gravi o gravissime.
Sull'onda della paura, la corsa alla vaccinazione è cominciata, l'ospedale per le malattie infettive Cotugno di Napoli è assediato ogni giorno dalle mamme con i bambini in braccio, come ai tempi del colera, al Cardarelli e al Santo Bono prevedono una rapida saturazione anche dei posti in barella. Molte scuole sull'onda del panico sono chiuse.
Sembra proprio che si voglia dimostrare che siamo in presenza di una epidemia letale. Ma i numeri confrontati con le precedenti epidemie dicono il contrario. Per quanto riguarda il caso Napoli se ci soffermiamo a ragionare ci appare evidente che le condizioni di salute generali e del sistema immunitario dei soggetti, insieme ai fattori climatici, al sovraffollamento, alla densità abitativa ed alle condizioni igienico-sanitarie, sono determinanti non solo perché avvenga l'infezione, per la durata e l'intensità dei sintomi, ma anche e soprattutto delle complicanze, in prevalenza polmonari. Perché allora il "picco" di mortalità che i mass-media stanno registrando nel capoluogo partenopeo non dovrebbe essere lo specchio delle condizioni di vita della popolazione, soprattutto delle cosiddette fasce a rischio, e della disastrosa condizione delle strutture ospedaliere? Napoli non assomiglia molto da vicino a città del Messico, persino per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico?
Vista poi la confusione che regna assoluta nello stesso personale sanitario e visto lo stato pietoso dei servizi di epidemiologia e prevenzione c'è da chiedersi: chi controllerà che la popolazione non faccia confusione tra il vaccino per l'influenza stagionale, che contiene tra l'altro anche un diverso ceppo di H1N1 (california brisbane 2007), e il vaccino per l'influenza porcina?
Se a Napoli la pandemia è in atto, come può il vaccino avere un effetto preventivo, se è noto che la formazione degli anticorpi specifici richiede alcune settimane di tempo e dunque è possibile essere infettati appena prima della vaccinazione e ammalarsi con il ceppo che dovrebbe essere prevenuto dal vaccino? Nel caso della somministrazione di due vaccini a breve distanza di tempo, evenienza molto probabile e mai verificatasi su scala di massa in passato, chi controllerà gli effetti a breve, medio e lungo termine di un simile bombardamento antigenico? Il direttore generale del Cotugno, Antonio Giordano, appena qualche giorno fa affermava: "Cominceremo a vaccinare i soggetti delle categorie a rischio. Studieremo le risposte anticorpali positive. Non abbiamo esperienze precedenti in merito. Non sappiamo nemmeno se si devono fare una o due dosi. Lo scopriremo nelle prossime settimane" (sic!). E infine: Come fa il ministero del "Welfare" Sacconi a dire che: "La vaccinazione ai bambini e alle donne incinte è fortemente raccomandata" quando appena pochi giorni prima il viceministro con delega alla Salute Ferruccio Fazio aveva affermato: "L'influenza è più mite del previsto. Ha effetti simili a quelli dei malanni stagionali"?

Un precedente dimenticato
La storia, quando di mezzo c'è un sistema corrotto fino al midollo e uomini senza scrupoli, tende a ripetersi... Facciamo un salto indietro e andiamo nel febbraio 1976, ed esattamente negli Stati Uniti d'America. Le televisioni dell'epoca mandavano in onda continuamente spot pubblicitari per terrorizzare gli americani e convincerli a farsi vaccinare contro... l'influenza suina! Avete letto bene: influenza suina. Fu il presidente Gerald Ford ad imporre il vaccino, dopo che l'epidemia colpì la base militare di Fort Dix nel New Jersey uccidendo 19 militari. Non è stato detto che molto probabilmente la vera causa di quei morti è da imputare ai numerosi vaccini che i soldati sono tenuti a fare... Nella rivista britannica "Time" del 27 aprile 2009, si può leggere in che modo il vaccino del 1976 provocò dozzine di morti e gravi effetti collaterali come la Sindrome di Guillan-Barré (progressiva paralisi agli arti): ci furono più morti (oltre 30) per colpa del vaccino che per il virus dell'influenza suina.
Oggi, a distanza di ventitre anni, la storia si sta ripentendo: i media trasmettono spot terroristici, i responsabili della salute pubblica creano paura e spingono alle vaccinazioni di massa, Big Pharma si frega le mani... Ecco perché in America, oltre 3.000 persone si sono offerte di fare da cavia per testare i vaccini, a fronte di 2.800 soggetti richiesti dalla multinazionale che li sta producendo (fonte, Ansa, "Il Sole 24 Ore" 29 luglio 2009).
Cosa possiamo fare subito per fermare questo scempio? Anzitutto, a cominciare dal nostro Paese, batterci per nazionalizzare e rendere pubbliche tutte le case farmaceutiche per strapparle per sempre alla logica del massimo profitto. E inoltre sciogliere e ricostruire su basi nuove gli organismi internazionali come l'Oms, ormai asservita ai monopoli della globalizzazione imperialista. Nell'immediato rivendichiamo che a ciascuno sia garantito il diritto a un'adeguata e scientifica informazione sull'influenza e sul vaccino.

 
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